Cass. civ. Sez. II, Sent., 11-02-2011, n. 3418 Ordinanza ingiunzione di pagamento: opposizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Calzaturificio Farfalla di Raffaeli Alfeo e C. s.a.s. proponeva tempestiva opposizione, davanti il Tribunale di Ancona avverso l’ordinanza – ingiunzione n. 14/2004 del 29/3/2004 con la quale il responsabile del servizio Certificazioni Cites (acronimo che individua la convenzione sul commercio internazionale di specie di fauna e flora selvatiche in pericolo ci estinzione firmata a Washington il 3 marzo 1973 e ratificata con L. 19 dicembre 1975, n. 874) del Corpo Forestale dello Stato di Macerata gli irrogava una sanzione amministrativa per violazione del D.M. 8 gennaio 2002, artt. 2 e 4, per non avere ritirato e, quindi, omesso di tenere, un registro di detenzione di parti di esemplari animali.

L’opponente assumeva di avere formulato tempestiva richiesta del predetto registro e che, in mancanza del registro, si recava periodicamente presso il servizio certificazioni CITES del Corpo Forestale per compilare, il prescritto modello di carico e scarico;

aggiungeva di avere avuto rassicurazioni da parte degli stessi addetti al servizio CITES sul fatto che, qualora 11 registro (non ancora consegnato dal competente Ministero) fosse stato disponibile, sarebbe stato avvisato; in data 20/1/2003 un dipendente del Calzaturificio si recava presso il CITES e compilava regolarmente il modello di scarico e scarico; in data 23/1/2003 era redatto il verbale di accertamento e trasgressione per la mancata tenuta del registro.

Con sentenza n. 160/05 depositata in data 1/2/2005 il Tribunale di Ancona annullava l’ordinanza ingiunzione ritenendo insussistente l’elemento soggettivo della colpa In quanto l’autore della condotta omissiva aveva agito in presenza di errore scusabile; in particolare rilevava che la condotta del ricorrente era immune da colpa in quanto:

– aveva adempiuto ai suoi obblighi di informazione presso un soggetto qualificato, quali il servizio CITES del Corpo Forestale dello Stato;

– aveva richiesto con lettera 18/7/2001 prot. N. 2028 il rilascio del prescritto registro;

– si era recato ripetutamente presso il servizio CITES di Macerata senza mai avere ricevuto comunicazione della disponibilità del registro.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione il Corpo Forestale dello Stato e il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali in proprio e nella detta qualità deducendo un unico motivo.

Il Calzaturificio Farfalla resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l’omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; assumono che la decisione sarebbe erronea, contraddittoria e illogica nella parte in cui riconosce la mancanza dell’elemento soggettivo per avere, il soggetto, agito in presenza di errore scusabile; rilevano che non può avere valore esimente della colpa la mancata informativa da parte del personale addetto alle certificazioni, nè la circostanza che dipendenti del calzaturificio si fossero recati più volte preso l’ufficio Cites perchè ciò avrebbero fatto (a dire dei ricorrenti) per chiedere informazioni sulla riesportazione nei paesi extra UE; assumono, infine, che non sarebbe stata fornita, da parte dell’opponente, la prova di una condotta incolpevole, tanto più considerando gli obblighi di informativa gravanti sulla ditta in quanto operante da anni nel settore dei pellami.

2. Giova premettere che ai sensi del D.M. 8 gennaio 2002, art. 5, comma 1 (che all’art. 4 istituiva l’obbligo di tenuta del registro de quo a far data dal 31/1/2002) i soggetti obbligati alla tenuta del registro dovevano richiedere il medesimo proprio al servizio certificazione CITES del Corpo Forestale dello Stato competente territorialmente.

Il giudice a quo, in fatto, ha evidenziato che la società opponente aveva adempiuto all’obbligo di informazione presso un soggetto qualificato (il servizio CITES), aveva richiesto il registro con lettera raccomandata del 18/7/2001 e i suoi dipendenti si orano più volte recati presso il servizio CITES senza mai ricevere comunicazione alcuna in merito alla disponibilità del registro.

Il primo giudice ha sostanzialmente fondato la sua decisione sulla ritenuta assenza di colpa dell’agente per errore di fatto, che, appunto, ai sensi della L. n. 689 del 1981, art. 3, esclude; la responsabilità.

Quando il decidente rileva che il Calzaturificio farfalla aveva chiesto con lettera raccomandata al soggetto competente (il servizio CITES) il rilascio del registro e che i suoi dipendenti, recatisi più volte presso il suddetto servizio, mai avevano avuto comunicazione che il registro era disponibile,evidenzia pienamente le ragioni della sua decisione, ossia la condotta incolpevole dell’ingiunto che (come previsto dall’art. 5 del citato D.M.) aveva richiesto a soggetto competente il registro e la condotta colpevole del servizio competente che non aveva mai comunicato a disponibilità del registro.

Ciò premesso, appare del tutto evidente l’infondatezza del motivo di ricorso.

Il richiamo ai principi ripetutamente affermati nella Giurisprudenza di questa Corte relativi all’onere, a carico dell’opponente, di provare l’assenza di colpa e alla necessità che la prova, tendente a dimostrare l’inevitabilità dell’errore, riguardi la presenza di elementi positivi tali da indurre nell’agente la convinzione di operare lecitamente (cfr., ex multis, Cass. nn. 13610/2007, 5426/2006, 10477/2006, 11012/2006, 11253/2004) non è pertinente perchè il Tribunale non si è discostato da tali criteri, ma, come detto, ha ravvisato, da un lato, un diligente comportamento del soggetto sanzionato, che ha assolto gli obblighi di informativa e ha richiesto il prescritto registro e, dall’altro, la condotta colpevole del servizio competente che non ha mai comunicato la disponibilità del registro.

La motivazione della sentenza impugnata, per le ragioni esposte, non è nè omessa, nè insufficiente, nè contraddittoria, mentre i ricorrenti, nella sostanza e inammissibilmente, chiedono una diversa valutazione degli "elementi positivi" disponibili, al fine di escludere la buona fede, ossia una attività che è di stretta competenza del giudice di merito (Cass. n. 911/1996) , costituendo un apprezzamento di fatto non rivedibile, come tale, in sede di legittimità.

Le spese di questo giudizio di Cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza del ricorrenti.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione che liquida in Euro 1.000,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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