Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 11-01-2011) 21-01-2011, n. 1836 Armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza predibattimentale in data 15.03.2010 il Tribunale di Milano in composizione monocratica dichiarava estinto per oblazione, nei confronti di M.D.A.M.d.Y.J. M., quale legale rappresentante di un istituto di vigilanza, il reato di cui all’art. 697 c.p. in tal senso qualificata la detenzione illegale di n. 38 pistole cal. 9 non denunciate.

2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore generale territoriale che motivava il gravame deducendo:

errata qualificazione giuridica, dovendosi il fatto, relativo ad armi comuni da sparo, ricondurre alla L. n. 895 del 1967, art. 2.

Motivi della decisione

3. Il ricorso, fondato, deve essere accolto. Ed invero è del tutto pacifico che la detenzione illegale di armi comuni da sparo, nella fattispecie n. 38 pistole, in quanto non denunciate alla competente autorità di pubblica sicurezza, integra il delitto di cui alla L. n. 895 del 1967, artt. 2 e 7 e non la contravvenzione di cui all’art. 697 c.p.. E’ fondato dunque il ricorso del Procuratore generale territoriale che rileva come l’ammissione all’oblazione e la conseguente sentenza di estinzione del reato per oblazione siano state pronunciate sull’erroneo presupposto di una qualificazione giuridica – trattarsi di contravvenzione – non pertinente (non trattandosi di munizioni) e dunque del tutto errata. L’impugnata sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio per l’evidente errata qualificazione giuridica del fatto storico contestato, il che integra violazione di legge ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b). L’errata qualificazione giuridica del fatto ha comportato poi anche l’erronea attribuzione di competenza al Tribunale monocratico, atteso che la detenzione illegale di più armi comuni da sparo (che non possono essere comprese in quelle di cui alla L. n. 110 del 1975, art. 2, comma 3) comporta la competenza del Tribunale in composizione collegiale, ex art. 33 bis c.p.p., comma 1, lett. a), con riferimento all’art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a) n. 5.

E’ dunque inevitabilmente travolto anche l’atto introduttivo della citazione diretta a giudizio emesso sull’erronea imputazione contravvenzionale. Nè potrebbe questa Corte rinviare la decisione allo stesso giudice, non competente per materia. Si impone dunque la trasmissione degli atti al P.M. perchè provveda di conseguenza con le forme previste per i reati di competenza del Tribunale collegiale, così non precludendosi all’imputato anche eventuali riti alternativi.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Milano per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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