Parere legale motivato di diritto civile. Responsabilità genitoriale per l’omicido compiuto dal figlio minore.

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

La questione giuridica in esame vede interessati i genitori esercenti la potestà sul figlio minore, che chiedono il risarcimento dei danni per la morte del rispettivo figlio Tizio ucciso nel corso di una lite.
Il figlio Tizio, omosessuale, da tempo importunava con offerte amorose, il giovane Caio minacciandolo in caso di rifiuto di diffondere la voce che era anch’egli omosessuale, ed in particolare di dirlo alla ragazza di lui.
In seguito vi è stato uno scatto d’ira di Caio, suscitato dalla provocazione di Tizio.
In un giovane vicino alla maggiore età, come era per Caio, e lontano dal controllo dei genitori, non può essere imputata la responsabilità educativa dei genitori, ma la responsabilità cade esclusivamente sui comportamenti dell’autore e della vittima dell’illecito, ovvero di Caio.
E’ però da ritenere di dovere imputare anche ai genitori la responsabilità per il delitto compiuto dal figlio diciassettenne.
Responsabilità che vanno ravvisate non in un difetto di vigilanza, data l’età del figlio, ma nell’inadempimento dei doveri di educazione e di formazione della personalità del minore, in termini tali da consentirne l’equilibrato sviluppo psicoemotivo, la capacità di dominare gli istinti, il rispetto degli altri e tutto ciò in cui si estrinseca la maturità personale.
Il minore Caio, era vicino ai diciotto anni, ma ciò non esclude che il suo comportamento, abbia manifestato un fallimento educativo, quanto alla capacità di frenare i propri istinti o di incanalarli in modalità espressive meno gravi e violente.
Proprio con l’avvicinarsi dell’età maggiore, l’incapacità a dominare i propri istinti e le altrui offese, caratterizza l’età immatura, e il particolare bisogno di essere sostenuto, rasserenato ed anche controllato.
I genitori sono ulteriormente responsabili del fatto di non avere indotto il figlio a completare la scuola dell’obbligo, scelta che ha privato il giovane dell’apporto di socializzazione, amicizie, ampliamento dei riferimenti culturali oltre il contesto familiare e di paese, che bene o male la scuola favorisce.
La provocazione da parte della vittima dovrebbe comportare un’attenuazione del risarcimento, ai sensi dell’art. 62 c.p., artt. 1227 e 2046 c.c..
Ma si dimentica che la provocazione attiene all’elemento soggettivo del reato – di cui attenua la gravità, giustificando una riduzione della pena , ma è in linea di principio irrilevante in ordine all’accertamento del nesso causale fra illecito e danno e dell’entità dei danni.
Sicchè, ciò detto non ricorrono i presupposti per l’applicazione degli artt. 2046 e 1227 c.c..
Però ai fini della liquidazione dei danni non patrimoniali, il giudice può tenere conto anche della gravità dell’offesa e dell’intensità dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa, nonché della eventuale provocazione (Cass. Civ. Sentenza n. 18804 del 28 agosto 2009).

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