a cura del dott. Domenico CIRASOLE
La questione giuridica in esame vede interessato SEMPRONIO, che con scrittura privata si era obbligato a vendere a CAIO, che si era obbligato ad acquistare, un locale in Roma con atto da stipularsi.
I promettenti venditori si erano obbligati a cancellare l’ipoteca accesa sul locale, nonché ad esibire contestualmente alla stipula dell’atto definitivo la documentazione relativa alla pratica di condono.
Alla data concordata non si era proceduto alla stipula del definitivo in quanto SEMPRONIO non aveva consegnato al notaio la documentazione necessaria relativa alla pratica di condono.
CAIO con telegramma aveva comunicato ai promettenti venditori la sua volontà di risolvere il preliminare per la grave inadempienza di SEMPRONIO.
CAIO e SEMPRONIO in seguito avevano convenuto di evitare inutili contenziosi decidendo di procedere alla stipula dell’atto pubblico, malgrado ciò, SEMPRONIO, convocato innanzi al notaio per la stipula, aveva comunicato con telegramma che nessuna intesa era mai intercorsa, e che al contrario era già intervenuta la risoluzione.
SEMPRONIO inoltre aveva locato a terzi l’immobile in contestazione.
CAIO chiedeva valutava la possibilità che venisse emessa sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., dando atto della sua disponibilità versare a SEMPRONIO il residuo prezzo di L. 920.000.000; suo malgrado valutava anche la possibilità di pronunciare la risoluzione del preliminare per inadempimento dei convenuti.
Dopo ulteriori comunicazioni fatte dal legale di CAIO a SEMPRONIO, questi eccepivano che le parti, con le reciproche comunicazioni avevano risolto il preliminare per mutuo consenso, e contestavano poi ogni loro addebito di responsabilità.
Chi scrive rileva l’infondatezza delle pretese di SEMPRONIO, escludendosi la possibilità di ravvisare nel contenuto dei due telegrammi, l’avvenuto e raggiunto accordo dei contraenti di risolvere consensualmente il contratto preliminare stipulato, con la caducazione delle obbligazioni scaturenti da tale contratto.
Sempre a parere di chi scrive è evidente che dalla locazione dell’immobile promesso in vendita – in virtù di contratto stipulato dai promettenti venditori dopo il preliminare ed all’insaputa del promissario acquirente – discendeva una “indubbia” diminuzione di valore di tale bene con conseguente e correlata riduzione del prezzo di acquisto come fissato nel preliminare.
Ciò determina la violazione dell’art. 1489 c.c. e fonda una eventuale richiesta di riduzione del prezzo.
La Corte di Cassazione ha già altre volte riconosciuto l’autonomia della domanda di riduzione del prezzo avendo affermato che nel contratto preliminare di vendita, nel caso che la cosa sia affetta da vizi, il promissario acquirente che non voglia domandare la risoluzione del contratto, può agire contro il promittente per l’adempimento, chiedendo, anche disgiuntamente dall’azione prevista dall’art. 2932 c.c., l’eliminazione dei vizi, oppure, in alternativa, la riduzione del prezzo; tali due azioni, infatti, mirando entrambe ad assicurare, in modo alternativo tra loro, il mantenimento dell’equilibrio del rapporto economico di scambio previsto dai contraenti, costituiscono mezzi di tutela di carattere generale che, in quanto tali, devono ritenersi utilizzabili anche per il contratto preliminare, non rinvenendosi nel sistema positivo, né in particolare nel disposto dell’art. 2932 c.c., ragioni che impediscano di estendere anche a tale tipo di contratto la tutela stabilita, a favore della parte adempiente dai principi generati in tema di contratti a prestazioni corrispettive (Cass. civ., Sez. II, Sentenza 26 Gennaio 2010 , n. 1562; 15/12/2006 n. 26943; 29/10/2003 n. 16236; 17-4-2002 n. 5509; 3-1-2002 n. 29; 8-10-2001 n. 12323; 19-12-2000 n. 15958; 19-4-2000 n. 5121).
Va altresì aggiunto che, in materia di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto la condizione di identità della cosa oggetto del trasferimento con quella prevista nel preliminare non va intesa nel senso di una rigorosa corrispondenza, ma del rispetto dell’esigenza che il bene da trasferire non sia oggettivamente diverso per struttura e funzione da quello considerato e promesso e che pertanto in presenza di difformità non sostanziali, non incidenti sull’effettiva utilizzabilità del bene, ma soltanto sul relativo valore, il promissario acquirente non resta soggetto alla sola alternativa della risoluzione del contratto o dell’accettazione senza riserva della cosa viziata o difforme, ma può esperire l’azione di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo a norma dell’art. 2932 c.c. chiedendo cumulativamente e contestualmente l’eliminazione delle accertate difformità o la riduzione del prezzo nella misura del 25% del valore dell’immobili (Cass. civ., Sez. II, Sentenza 26 Gennaio 2010 , n. 1562; 16/7/2001 n. 9636; 18-6-1996 n. 5615; 26-1-1995 n. 947; 24-11-1994 n. 9991; 26-4- 1993 n. 4895).
Inoltre a parere di chi scrive, CAIO ha diritto al risarcimento del danno derivante dal mancato godimento dell’immobile.
La giurisprudenza afferma che il danno derivante dal mancato godimento di un immobile è in re ipsa, ovvero il titolare del diritto di proprietà di tale immobile non è quindi tenuto a provare il detto danno subito (9/6/2008 n. 15238).
Ma non solo, allo stesso CAIO spetterebbe il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale, che deve riparare il pregiudizio subito dallo stesso danneggiato.
Sicché, nel caso di inadempimento di contratto preliminare di vendita, è necessario tenere conto, in linea di principio, dell’incidenza economica positiva, nel patrimonio del compratore, del mancato pagamento del prezzo e, specificamente, dell’utilizzazione concreta che il promissario acquirente abbia fatto del prezzo non versato al venditore (Cass. Civ. 10/9/1991 n. 9485).
In altri termini il ritardo del compratore nel pagamento del prezzo dell’immobile, in conseguenza del ritardo nella consegna dello stesso da parte del venditore, crea un pregiudizio subito dal compratore, per non aver versato il denaro in altri investimenti lucrosi (Cass. Civ. 16/3/1981 n. 1457).
Concludendo, CAIO può agire per l’adempimento, chiedendo, anche disgiuntamente dall’azione prevista dall’art. 2932 c.c., l’eliminazione dei vizi, oppure, in alternativa, la riduzione del prezzo.