Domenico CIRASOLE
PRESIDENTE COMITATO S.p.A.
-Sanitari precari Altamurani-
Gent.mo e stim.mo
Sig. Presidente della Repubblica
GIORGIO NAPOLITANO
Palazzo del Quirinale
00187 – ROMA
Fax 06.46993125
Oggetto: Appello a difesa del diritto alla stabilità lavorativa dei professionisti sanitari precari.
Altamura, 23 dicembre 2010
Mi permetto di disturbarLa con questa lettera, signor Presidente, poiché so che è impossibile poter parlare con Lei direttamente al Quirinale.
Pertanto Le invio, signor Presidente, il presente scritto, attraverso il quale voglio innanzitutto esprimerLe la mia umile e grata riconoscenza per il suo mandato, condotto con estrema terzietà, al fine ultimo di garantire l’unità del nostro paese.
Io Le scrivo, da semplice e umile cittadino, sapendo di non avere nessuna autorità come anche di non avere quasi nessuna dimestichezza con questioni legate alla politica.
Io mi rivolgo umilmente e direttamente a Lei, prima di tutto come libero cittadino dello Stato Italiano, e poi anche come credente in Dio, per chiederLe se Lei può intervenire per difendere il diritto alla stabilità, dei professionisti sanitari precari.
Lei, sicuramente può invitare le Camere (art. 87.Cost) a invertire nuovamente la rotta sui diritti dei LAVORATORI.
A mio avviso, signor Presidente, gli avvenimenti degli ultimi periodi devono fare riflettere la classe politica, le istituzioni e le forze sociali, sul distacco e disappunto del popolo italiano.
L’assenza di un confronto pacato costringe a forme di manifestazioni non comprensibili.
La crisi economica internazionale, causata da speculazione finanziaria, normativa stranamente permissiva, poco vigilante e quasi mai sanzionatoria, obbliga gli stati ad un’ulteriore cambiamento di rotta.
Già da tempo, assistiamo ad un’abrogazione dei diritti del lavoratore, che da ultimo si conclude con l’attacco alla formazione universitaria, orgoglio della nostra nazione, da sempre, che si traduce in una lesione della democrazia, cosi come altre riforme (riduzione del numero dei parlamentari, rafforzamento dei poteri del Capo del Governo, Bicameralismo, impunità dei parlamentari, federalismo fiscale).
Non può esservi democrazia quando manca il dialogo, la partecipazione politica, e la formazione culturale.
Solo la formazione culturale è il seme della democrazia, e questa oggi è fortemente lesa, assieme al futuro dei giovani e meno giovani.
Su loro cade la responsabilità della politica che abrogando lentamente e silenziosamente i diritti dei lavoratori, ha creato terreno fertile alla crisi economica-sociale-ideale-morale.
Dette scelte politiche hanno causato la caduta nelle tenebre, delle famiglie, che sono in grave difficoltà economica sin dal loro sorgere, a causa del diffondersi dei contratti di lavoro atipici, che non permettono loro di ottenere delle certezze quali un’abitazione propria, e che continua nell’impossibilità di crescita delle stesse famiglie, quando a causa della produttività, e del poco tempo a disposizione, le costringe a rinunciare o quantomeno ridurne il numero della prole, vista le difficoltà nel crescerli.
E’ impensabile sostituire la dignità del lavoratore con piccoli finanziamenti, con prestiti agevolati o con soluzioni alternative.
Il lavoratore, signor Presidente, necessita di stabilità e prospettiva di futuro certo, e la politica ha l’obbligo di ascoltare dette richieste, cosi come ha l’obbligo di rispettare il dettato Costituzionale, che riconosce l’importanza del lavoro (art. 1 Cost), della famiglia (art. 2 Cost), dell’uguaglianza davanti alla legge (art. 3 Cost), dello sviluppo della persona (art. 3 Cost co. 2), e impone di rimuovere ogni ostacolo per raggiungere la pari dignità sociale.
Signor Presidente, il mio appello è appunto quello che la politica intervenga affinché la dignità sia restituita al lavoratore, inteso come persona, come cittadino, al quale riconoscere “ l’effettivo diritto al lavoro” (art. 4 Cost).
La ringrazio dal più profondo del cuore per quanto potrà fare a tal proposito.
Signor Presidente, a mio avviso vi è una delusione nella politica, molto attenta ai propri elettori, ai sondaggi, e un po’ meno attenta al rispetto della Carta Costituzionale.
La crisi economica internazionale merita un’accurata analisi, e un intervento drastico ed urgente, al fine di bloccare la crescita della disoccupazione, che non è più solo giovanile, ma anzi interessa sempre più cinquantenni fortemente scolarizzati, ed il più delle volte laureati.
La scelta di delocalizzare le imprese, è la nuova forma di colonizzazione del capitalismo, alla ricerca di paesi sottosviluppati, con enorme forza lavoro sottopagata, priva di diritti e tutele; in altre parole, alla ricerca di “nuovi schiavi”.
Nella gerarchia del fare di un paese democratico cristiano d’occidente, non può che esservi un contrasto a questo dilagante problema, contrasto da attuare attraverso gli strumenti, i mezzi, e le energie più opportune per colmare appunto gli effetti negativi dello sfruttamento della globalizzazione.
L’intervento a livello internazionale a difesa e tutela del lavoratore, si può e si deve fare.
L’economia reale stenta ad ripartire, l’attenzione e gli interventi delle nazioni, purtroppo cadono solo sui sistemi bancari e finanziari, tralasciando il mondo del lavoro, globalmente inteso.
La crisi economica ha imposto tagli lineari, imponendo riduzioni dei costi, che hanno interessato “in primis”, il taglio del personale precario, impiegato da anni, con contratti semestrali, nella pubblica amministrazione.
Cronologicamente, da ultimo, il 16 dicembre, nella conferenza stato-regione, si è firmato il nuovo patto di stabilità, che precisa all’art. 52 che il blocco automatico del turn-over, non interessa la sanità, tranne che per quelle regioni aventi piani di rientro, alle quali applicare la legge 122/10, che invece non solo impone il blocco automatico del turn-over, ma prevede anche che il 50% del fabbisogno di personale sia coperto attraverso forme atipiche di contratto.
La necessità della tenuta dei conti pubblici in regola, ed il federalismo fiscale, Signor Presidente, causerà ulteriore disoccupazione, perché non tengono conto delle differenze economiche del nostro paese.
Inevitabilmente le conseguenze sull’unita della Repubblica si faranno sentire, come da molti volute, e a gran voce pretese.
Signor Presidente, a mio avviso, quale cittadino cristiano, interpreto l’abrogazione del principio di sussidiarietà e solidarietà, nascosta nella parola “federalismo”, un chiaro intento d’attacco all’unita del paese.
Per questo, allora, molto preoccupato e triste – come Lei e come tantissimi altri – dal presente stato sociale della Nazione, a causa dell’annullamento del diritto alla stabilità lavorativa e alla continuità assistenziale, che nuocciono grandemente allo sviluppo del paese soprattutto nel sud.
Mi rivolgo fiduciosamente a Lei, “supremo garante della Costituzione”, della quale conosce a fondo “la lettera” e “lo spirito”, per chiederLe, come ho scritto sopra, se Lei può fare anche qualcosa di più, per far rispettare la legalità la Costituzione, e il diritto dei lavoratori alla stabilità, negata dall’uso sconsiderato, anche nella pubblica amministrazione di contratti atipici, nonché il ricorso esagerato a società appaltatrici di servizi, estendendo questo termine, servizi, anche ai diritti Costituzionalmente garantiti, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.) garantito appunto dai Professionisti (medici, infermieri, tecnici) della sanità.
Mi rivolgo direttamente a Lei, signor Presidente, perché Lei è il Primo Cittadino d’Italia, garante del rispetto della Costituzione e delle leggi che governano il vivere civile di questa Nazione, e garante dei diritti anche dell’“ultimo” dei cittadini, tra i quali mi ci sento anch’io.
A mio avviso garantire un diritto quale appunto quello alla salute, con sanitari precari, significa garantire un diritto precario.
Allora scrivo a Lei direttamente e fiduciosamente, signor Presidente della Repubblica, perché, se non Le crea incomodo e lo ritiene opportuno od utile, e possibile possa anche, se vuole, inoltrare la copia della mia lettera stessa ad altre Autorità.
Concludendo questa mia lettera, voglio di nuovo esprimerLe, signor Presidente, tutta la mia più viva riconoscenza per tutto quanto di bene, e con tanto immane sacrificio, ha già fatto nel lungo arco del Suo mandato presidenziale e che non dubito farà ancora nel tempo rimastoLe, specie per il Suo "impegno" "per l’uomo", "per ogni uomo" "italiano", e quindi anche "per il mondo del lavoro".
Di nuovo ancora La ringrazio e La saluto con la più viva cordialità ed affetto, assicurandoLe la mia quotidiana preghiera.
In ultimo, mi viene spontaneo ricordare, alle porte del Santo Natale, una "consolante" e "sicura" "promessa", che travalica ogni evento: "FINALMENTE IL MIO CUORE IMMACOLATO TRIONFERA’"
Con viva cordialità.
Domenico CIRASOLE
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