Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 04-11-2010) 26-01-2011, n. 2568 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

B.R. veniva tratto a giudizio per rispondere del reato di omicidio colposo commesso, secondo la contestazione, per violazione delle norme sulla circolazione stradale, ed in particolare: perchè, mentre procedeva lungo un tratto di strada con andamento caratterizzato dalla presenza di curve, l’una sinistrorsa e l’altra destrorsa, aveva omesso colpevolmente di adeguare la velocità dell’auto da lui condotta alle condizioni critiche del tracciato stradale, andando così ad invadere parzialmente l’opposta corsia di marcia ed impattando con il bordo anteriore sinistro della vettura contro il motoveicolo proveniente dall’opposta direzione sul quale viaggiava A.N. il quale, a causa dell’impatto, era stato catapultato a terra riportando un politraumatismo con esiti mortali (fatto accaduto in (OMISSIS)). Il Tribunale di Rovereto, con sentenza resa il 28 novembre 2006, condannava l’imputato alla pena di mesi quattro di reclusione con il riconoscimento delle attenuanti generiche valutate prevalenti sull’aggravante contestata, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile, sul presupposto dell’accertamento della responsabilità in capo all’imputato nella misura di 1/3. Per come accertato dal giudice di prima istanza, in base alle acquisite risultanze processuali, la collisione tra i due veicoli coinvolti nell’incidente si era verificata all’interno della corsia di pertinenza dell’autovettura ed era stata causata, per un verso, dalla violazione da parte dell’imputato dell’obbligo, imposto dall’art. 143 C.d.S., di viaggiare sulla parte destra della semìcarreggiata, e, per altro verso, dalla invasione della semicarreggiata di pertinenza dell’autovettura da parte dell’ A. il quale, non avvedendosi della presenza di questa, aveva "tagliato" la curva. Il Tribunale fondava, dunque, l’affermazione di colpevolezza a carico dell’imputato, pur nel preponderante concorso di colpa della vittima, sulla ritenuta sussistenza di profili di colpa specifica, quest’ultima individuata nella violazione dell’art. 143 (circolazione senza osservare la destra rigorosa) del C.d.S.. A seguito di gravame dell’imputato, la Corte d’Appello di Trento confermava l’impugnata decisione disattendendo tutte le doglianze della difesa. La Corte territoriale, per la parte che in questa sede rileva, ed in risposta alle deduzioni difensive – basate essenzialmente sull’affermazione che al momento dell’incidente il B. viaggiava ad una distanza di circa un metro dal margine destro, e quindi osservando una condotta da ritenersi, ad avviso dell’appellante, "usuale se non addirittura doverosa" -evidenziava che: a) secondo gli accertamenti svolti dal perito, l’autovettura si trovava, al momento della collisione, con la ruota di sinistra a 65 cm dalla linea di mezzeria;

b) appariva quindi conclamata l’inosservanza da parte dell’imputato del precetto di cui all’art. 143 del C.d.S.; c) appariva sussistente il nesso di causalità tra detta violazione e l’evento, posto che sarebbe stato sufficiente un margine di 30 centimetri per evitare il tragico impatto.

Ricorre per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, riproponendo sostanzialmente le argomentazioni già sottoposte al vaglio dei giudici di merito, con particolare riferimento al principio della destra rigorosa, osservando che al momento dell’incidente il B. viaggiava a non più di 70 cm dal guard- rail che delimitava la carreggiata sul margine; ad avviso del ricorrente sarebbe evento imprevedibile l’invasione, da parte di un veicolo, della corsia di marcia destinata ai veicoli provenienti dall’opposta direzione, e, comunque, non sarebbe ravvisabile il nesso di causalità tra la condotta addebitata al B. e l’evento, sulla scorta dei principi enunciati dalle Sezioni Unite con la sentenza Franzese. Con "memoria integrativa" trasmessa a questa Corte, il ricorrente ha poi evocato, con riferimento alla tesi difensiva sostenuta con il ricorso, la sentenza n. 46741/09 di questa Quarta Sezione Penale in tema di applicazione del principio dell’affidamento in relazione ai reati colposi commessi a seguito di violazione di norme sulla circolazione stradale.
Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

Per quel che concerne le censure di vizio motivazionale in ordine alla ritenuta colpevolezza, le stesse riguardano apprezzamenti di merito che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione. Nella concreta fattispecie la decisione impugnata si presenta formalmente e sostanzialmente legittima ed i suoi contenuti motivazionali – quali sinteticamente sopra riportati (nella parte relativa allo "svolgimento del processo") e da intendersi qui integralmente richiamati onde evitare superflue ripetizioni – forniscono, con argomentazioni basate su una corretta utilizzazione e valutazione delle risultanze probatorie, esauriente e persuasiva risposta ai quesiti concernenti l’incidente stradale oggetto del processo. Con le dedotte doglianze il ricorrente, per contrastare la solidità delle conclusioni cui è pervenuto il giudice del merito, non ha fatto altro che riproporre in questa sede – attraverso considerazioni e deduzioni svolte in chiave di puro merito – tutta la materia del giudizio, adeguatamente trattata, in relazione ad ogni singola tematica, dalla Corte territoriale. Sicchè le critiche mosse dal ricorrente alla sentenza impugnata si risolvono in censure che tendono sostanzialmente ad una diversa valutazione delle risultanze processuali non consentita nel giudizio in Cassazione. Ed invero, in tema di sindacato del vizio di motivazione, compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici del merito, ma solo quello di stabilire se questi ultimi abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, dandone una corretta e logica interpretazione, con esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti; se abbiano, quindi, correttamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass., Sez. Un., 13.12.1995, n. 930/1996; id., Sez. Un., 31.5.2000, n. 12). E poichè il vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità deve, per espressa previsione normativa, risultare dal testo del provvedimento impugnato, o – a seguito della modifica apportata all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8 – da "altri atti del procedimento specificamente indicati nei motivi di gravame", tanto comporta, quanto al vizio di manifesta illogicità, per un verso, che il ricorrente deve dimostrare in tale sede che l’iter argomentativo seguito dal giudice è assolutamente carente sul piano logico e, per altro verso, che questa dimostrazione non ha nulla a che fare con la prospettazione di un’altra interpretazione o di un altro iter, quand’anche in tesi egualmente corretti sul piano logico; ne consegue che, una volta che il giudice abbia coordinato logicamente gli atti sottoposti al suo esame, a nulla vale opporre che questi atti si presterebbero ad una diversa lettura o interpretazione, ancorchè, in tesi, munite di eguale crisma di logicità (cfr. Cass., Sez. Un., 27.9.1995, n. 30; id., Sez. Un., 30.4.1997, n. 6402; id., Sez. Un., 24.11.1999, n. 24; in termini sostanzialmente identici, ancorchè con riferimento alla materia cautelare, id., Sez. Un., 19.6.1996, n. 16;

e non dissimilmente, id., Sez. Un., 27.9.1995, n. 30; id., Sez. Un., 25.10.1994, n. 19/1994; e, con riguardo al giudizio, id., Sez. Un., 13.12.1995, n. 930/1996; id., Sez. Un., 31.5.2000, n. 12). Inoltre, l’illogicità della motivazione, censurabile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, proprio perchè l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi – come s’è detto – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Cass., Sez. Un., 24.9.2003, n. 47289; id., Sez. Un., 30.11.2000, n. 5854/2001; id., Sez. Un., 24.11.1999, n. 24). Con riguardo alla specifica materia della circolazione stradale, nella giurisprudenza di legittimità è stato altresì enunciato, e più volte ribadito, il principio secondo cui "la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione" (in tal senso, tra le tante, Sez. 4^, N. 87/90, imp. Bianchesi, RV. 182960).

Alla stregua di tali consolidati, ed ormai pacifici principi, e dei conseguenti limiti del giudizio di legittimità in tema di vizio della motivazione, deve riconoscersi che la sentenza impugnata, quanto alla ricostruzione della dinamica dell’incidente ed alla ritenuta colpevolezza del B., risulta priva di qualsiasi connotazione di illogicità. Ciò posto, risulta infondata la tesi prospettata dal ricorrente secondo cui il principio della destra rigorosa non implicherebbe l’obbligo di rasentare il margine destro della carreggiata trattandosi di condotta che potrebbe essere addirittura fonte di pericolo. In proposito mette conto sottolineare, invero, che la giurisprudenza ha avuto più volte modo di affermare il condivisibile principio di diritto in virtù del quale la disposizione di cui all’art. 143 del nuovo C.d.S., (art. 104 del codice abrogato) deve essere interpretata nel senso dell’obbligo dell’osservanza della destra rigorosa, proprio al fine di contrastare il pericolo derivante dalla eventualità che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza (proprio come è avvenuto nella concreta fattispecie): "Le norme di comportamento, dettate dall’art. 104, C.d.S., sono volte inequivocabilmente a contrastare situazioni di pericolo conseguenti alla eventualità che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza. Ne deriva che l’inosservanza dell’obbligo imposto di "circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quanto la strada è libera", si caratterizza come condotta specificamente colposa, atta a contribuire alla produzione dell’evento, qualunque sia la causa di invasione della mezzeria da parte di altro veicolo e quindi anche se si tratta di causa pur essa colposa" (in termini, Sez. 4^, n, 3538 del 07/03/1988 Ud., dep. 17/03/1988, Rv. 177902; conf.: Sez, 4^, n. 6365 del 28/03/1983 Ud., dep. 08/07/1983, Rv. 159840; Sez. 5, n. 753 del 18/11/1975 Cc, dep. 16/01/1976, Rv. 131918).

Nè appare pertinente il richiamo del ricorrente al principio di affidamento di cui alla sentenza n. 46741/09 citata nella memoria integrativa; nella fattispecie oggetto di detta sentenza, è stata ritenuta in concreto imprevedibile per l’imputato – che, a bordo di una autovettura, percorreva una strada statale, e stava avviando manovra di svolta a sinistra per accedere ad un’area di servizio che si trovava sul lato opposto della carreggiata, profittando del fatto che alcuni veicoli, tra cui in particolare un autoarticolato, che procedevano nell’opposto senso di marcia, si erano fermati per favorire la manovra – la condotta della parte lesa, una ciclomotorista che aveva sorpassato scorrettamente sulla destra la colonna ferma di autoveicoli, omettendo inoltre di fermarsi o rallentare in prossimità dell’ingresso all’impianto di distribuzione di carburanti: orbene, appare di tutta evidenza che, a fronte della manovra di svolta a sinistra correttamente eseguita dall’imputato, questi non poteva prevedere certo che la ciclomotorista sorpassasse scorrettamente sulla destra un’intera colonna di veicoli che si erano fermati proprio per consentire la manovra di svolta della vettura condotta dall’imputato che proveniva dall’opposta direzione. Venendo al caso che ci occupa, l’imputato, dunque, avrebbe dovuto osservare la destra rigorosa, essendo la disposizione di cui all’art. 143 del C.d.S., (art. 104 del vecchi codice) finalizzata proprio, come innanzi detto, a prevenire i pericoli derivanti dall’invasione da parte di un veicolo della semicarreggiata non di sua pertinenza (circostanza evidentemente valutata come prevedibile dallo stesso legislatore).

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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