Cass. civ. Sez. II, Sent., 10-03-2011, n. 5741 Aggravamento delle servitù Servitù coattive di passaggio Servitù prediali

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto del 1993, C.R., proprietario di un fondo gravato di servitù di passaggio coatta (sentenza del pretore di Monselice) in favore di altro fondo contiguo, di proprietà di P.M. e Pa.Ma., esponeva che tra il 1977 ed il 979 sul fondo dominante era stato eretto un fabbricato, locato ad uso commerciale, di talchè il passaggio era usato in modo diverso da quello previsto dal titolo originario, sì da costituire aggravamento ex art. 1067 c.c.; nel 1996 poi, l’attuale proprietario del fondo dominante aveva acquistato altro fondo che, risultando intercluso, era andato a comporre un fondo unico di ben più ampie dimensioni, divenuto nella sua interezza fondo dominante.

Egli conveniva pertanto in giudizio i predetti, nonchè il loro avente causa, P.G., per ottenere che la servitù di passaggio sul suo fondo fosse esercitato solo a favore del fondo originariamente dominante, di natura agricola, con autorizzazione alla chiusura del passaggio.

I convenuti, costituitisi, resistevano alla domanda attorea, chiedendone il rigetto; con sentenza del 1997, l’adito pretore di Monselice rigettava la domanda e regolava le spese.

Proponeva appello il C., cui resistevano i convenuti.

Con sentenza in data 9.1/22.5.2004, il tribunale di Padova respingeva il gravame e regolava lo spese; osservava quel Collegio che per un verso, il fondo acquisito a quello originariamente dominante (di mq.

1420 e con destinazione agricola) non risultava intercluso a seguito della compravendita, siccome dotato di accesso alla pubblica via in forza della servitù di passaggio costituita con la sentenza del pretore di Monselice del 1968, anteriore alla vendita, donde l’insussistenza di aggravio per il fondo servente; d’altro canto, le prove richieste erano inconferenti, atteso che non poteva essere condivisa le tesi secondo cui l’aggravio sarebbe stato in re ipsa.

Quanto a mutamento di destinazione, l’aggravamento lamentato era risultato privo di prova, atteso che gli elementi significativi al riguardo non erano compresi nel capitolato come articolato.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre, sulla base di tre motivi, illustrati anche con memoria, il C.; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione

Con il primo motivo si lamenta vizio di motivazione, violazione dell’art. 1065 c.c. ed erronea interpretazione del titolo costitutivo della servitù di passaggio, in ragione del fatto che la sentenza del pretore di Monselice del 1968 faceva riferimento al solo mappale 188 e non al mappale 771, di diverso proprietario, che aveva accesso alla pubblica via, anteriormente alla divisione di esso.

A sostegno di tale asserzione, viene riportato testualmente in ricorso il dispositivo della surricordata sentenza; dalla lettura dello stesso può pianamente evincersi che il detto mappale non usufruiva di quell’accesso alla pubblica via, di talchè risulta non pertinente alla richiesta d inibizione all’uso della servitù anche a favore del mappale 771 l’argomento su cui si basa la sentenza impugnata, secondo cui, già prima dell’acquisto dello stesso dalle controparti, detto mappale godesse di quel passaggio per accedere alla pubblica via, sicchè il C. non aveva provato l’aggravio conseguente all’uso della servitù anche in favore di tale ulteriore fondo e che tale aggravio non potesse ritenersi in re ipsa.

In ragione di lauto, il motivo merita accoglimento.

Il secondo ed il terzo mezzo, basati su vizio di motivazione, violazione dell’art. 1065 c.c. ed omessa valutazione delle prove possono essere esaminati congiuntamente, atteso che, sotto profili solo parzialmente diversi, propongono la stessa tematica.

Nell’escludere l’aggravamento della servitù infatti, la sentenza impugnata non avrebbe infatti tenuto conto della sentenza del tribunale di Padova n 1290 del 1996, passata in giudicato tra le parti nel corso del presente giudizio., che ha accertato l’aggravamento della servitù; era peraltro ovvio che la destinazione ad uso artigianale di un fondo che al momento dell’atto costitutivo risultava agricolo comportava un aggravamento.

La doglianza in esame risulta inammissibile, per difetto di autosufficienza quanto al profilo probatorio ed al dedotto vizio di omesso esame della sentenza, non essendo specificato in ricorso quando e dove se ne avesse richiesto l’esame, e per assoluta novità allorchè fa riferimento ad una difficilmente inquadrabile "perenzione" del fondo per effetto del mutamento di destinazione.

F’ invece fondato quanto alla dedotta questione dell’aggravamento della servitù per mutamento di destinazione: la giurisprudenza di questa Corte infatti (v. Cass. 1.3.1995. n 2351) è consolidata nel senso che si incorre nel divieto di aggravamento della servitù di cui all’art. 1067 c.c. nell’ipotesi in cui alla destinazione esclusivamente agricola del fondo dominante si aggiunga la destinazione a civile abitazione, poichè in tal caso la funzione originaria della servitù viene ad essere alterala dall’imposizione al fondo servente di un sacrificio ulteriore rispetto a quello originariamente contemplato.

Tale avviso, cui si presta convinta adesione, trova applicazione alla ben più significativa ipotesi di destinazione del fondo, originariamente agricolo, ad uso artigianale ed è pertanto senz’altro applicabile al caso che ne occupa.

Entro tali limiti devono essere pertanto accolte anche tali censure e, con esse, il ricorso.

L’impugnata sentenza deve pertanto esser cassata con rinvio alla Corte di appello di Venezia, che deciderà anche sulle spese relative al presente procedimento per cassazione.
P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso; cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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