Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
il Tribunale di Perugia accoglieva l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta dall’avvocato C.F. nei confronti della società Ferretti F.A.O s.r.l..
Il decreto ingiuntivo era stato emesso su richiesta della Ferretti F.A.O s.r.l. nei confronti dell’avvocato C. per la restituzione delle spese di lite ammontanti a L. 6.655.000, spese che la società Ferretti aveva corrisposto direttamente allo stesso difensore, a seguito di condanna in un giudizio svoltosi nei confronti di tale S.O., di cui l’avvocato C. era stato il difensore. A seguito dell’annullamento della sentenza nei confronti della S., la società Ferretti F.A.O s.r.l. richiedeva con il decreto ingiuntivo la restituzione delle somme pagate per le spese legali.
Il Tribunale, nell’accogliere l’opposizione, rilevava che il difensore non aveva titolo di credito nei confronti della società, che una creditrice della società era la S., che il difensore aveva agito come mandatario della S. stessa.
La Corte di Appello di Perugia, con sentenza del 3-5-2007 respingeva l’impugnazione proposta dalla s.r.l. Ferretti Fao.
La Ferretti F.A.O s.r.l. proponeva ricorso per Cassazione con unico articolato motivo.
Resisteva con controricorso l’avvocato C.F..
Motivi della decisione
La Corte di Appello ha rigettato l’impugnazione della società Ferretti FAO ritenendo provata la circostanza che l’avvocato C. nella riscossione del credito per le spese legali aveva agito quale mandatario della S. e che la sua qualità di adiectus solutionis causa per conto della S. era evidente perchè, diversamente ritenendo, il C. non avrebbe avuto titolo a ricevere neanche gli assegni.
Inoltre la missiva della S. contenente mandato alla riscossione, se pure successiva al pagamento,valeva comunque come ratifica del pagamento con gli effetti liberatori dell’art. 1188 c.c., comma 2.
Con il ricorso la società Ferretti denunzia vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e violazione e falsa applicazione dell’art. 2033 c.c..
Deduce che la Corte di Appello aveva travisato completamente la deposizione del teste F. dalla quale si ricavava che il C. aveva ricevuto nel proprio interesse il pagamento.
Inoltre la ratifica del pagamento effettuata dalla S. non escludeva che l’avvocato C. avesse trattenuto per sè il pagamento divenendo quindi l’accipiens nei cui confronti esercitare l’azione di ripetizione di indebito. Formulava il seguente quesito di diritto: "se l’azione di ripetizione di indebito ex art. 2033 c.c. possa essere esercitata nei confronti dell’accipiens ove questi non abbia ricevuto il pagamento quale rappresentante o persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo ai sensi dell’art. 1188 c.c.".
Il ricorso è infondato.
La Corte di appello, con motivazione logica e non contraddittoria, ha elencato gli elementi probatori dai quali ha tratto la conseguenza che l’avvocato C. avesse incassato per conto di della sua cliente le spese di lite pagate dalla società Ferretti.
Ha evidenziato il contenuto della deposizione del teste F. che si recò dall’avvocato C. proprio per pagare le spese di lite dovute alla S., chiaramente consapevole che l’avvocato C. poteva incassare la somma per conto della cliente altrimenti non avrebbe consegnato gli assegni. Inoltre i giudici di merito hanno valorizzato il contenuto del mandato alla riscossione rilasciato successivamente dalla S., che conferma la qualità di adiescus solutionis causa del C..
La consequenzialità logica degli argomenti non presenta alcuna contraddittorietà, del resto neanche espressamente indicata dalla società ricorrente che si limita ad una lettura diversa e contraria a quella adottata in sentenza, degli elementi probatori.
Il quesito di diritto relativo alla dedotta violazione dell’art. 2033 c.c. non è aderente alla ratio decidendi della sentenza, in quanto parte da presupposti di fatto mai accertati dai giudici di merito:vale a dire che il pagamento fosse stato ricevuto non quale rappresentante o persona indicata dal creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice a riceverlo ai sensi dell’art. 1188 c.c. circostanze tutte contrarie a quanto accertato nella sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione liquidate in Euro 1.500,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori e spese generali come per legge.
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