Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 27.101997 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 7.11.1997 (rubricato al n. 1408/97 RGR), C.E. si grava avverso il provvedimento con il quale è stata respinta e dichiarata improcedibile la domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata dal medesimo in data 14.9.1997, relativa alla realizzazione, sul mapp. 747, di due ripostigli e di un servizio igienico sotto una rampa di accesso (preesistente) nonché per la realizzazione di un manufatto in legno.
Il ricorrente articola le seguenti doglianze:
1) Eccesso di potere per carenza di motivazione;
2) Eccesso di potere per contraddittorietà dell’atto;
3) Violazione del PRG.
Si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Lovere, chiedendo il rigetto del gravame.
Con ricorso notificato il 18.12.1997 e depositato presso la Segreteria della Sezione il 5.1.1998 (rubricato al n. 5/98 RGR) il medesimo C. si grava avverso il provvedimento con il quale è stata ingiunta la demolizione delle opere eseguite in assenza di titolo.
Il ricorrente articola le seguenti doglianze:
1) Eccesso di potere per carenza di motivazione;
2) Eccesso di potere per contraddittorietà dell’atto;
3) Violazione del PRG;
4) impossibilità di eseguire il provvedimento impugnato, in quanto il 16.10.1997 le opere sono state fatte oggetto di sequestro da parte della polizia municipale per conto del P.M.
Anche in questo secondo ricorso, si è costituito in giudizio l’intimato Comune di Lovere, chiedendone il rigetto.
A seguito del ricevimento della comunicazione di Segreteria, il ricorrente e il legale dello stesso, con atto depositato in data 30.4.2008, hanno chiesto, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 9, comma 2° della L. n. 205 del 2000, la fissazione del ricorso n. 6/98.
Entrambi i ricorsi sono stati fissati per la pubblica udienza del 10.3.2010, alla quale, avendo il legale di ricorrenti dichiarato di aderire all’ "astensione dalle udienze proclamata dall’Organismo Nazionale del’Avvocatura" (cfr. nota depositata il 6.3.2010), i ricorsi sono stati rinviati ad altra udienza.
In vista della pubblica udienza del 12.1.2011 le pari hanno depositato documenti e memorie difensive.
Alla pubblica udienza del 12.1.2011- – alla quale il legale del ricorrente ha reso la dichiarazione di cui all’art. 82 c. 2 del c.p.a., confermando la permanenza dell’interesse alla decisione – i ricorsi sono stati definitivamente trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente il Collegio procede alla riunione dei ricorsi all’esame, i quali – attesa la stretta connessione (oggettiva e soggettiva) esistente possono essere decisi con un’unica sentenza.
Va rilevato che oltre ai due ricorsi portati alla pubblica udienza odierna, ne sussiste un terzo (rubricato al n. 207/2007), con il quale dr. E.C. ha impugnato il provvedimento in data 30.11.2006 di diniego di condono edilizio ex art. 32 del D.L. n. 269/03 conv. in L. 326/03 in relazione alla "… realizzazione deposito attrezzi per giardino, legato da vincolo di pertinenzialità con l’edificio principale privo di autonoma funzionalità e privo di urbanizzazioni: prefabbricato in legno…".
Entrambe le parti avevano richiesto la riunione anche di tale gravame: ma, per un disguido della Segreteria, ciò non è avvenuto.
Peraltro, il Collegio ritiene che non vi sia la necessità di rinviare gli stessi per riunione al ricorso n. 207/2007, il quale riguarda atto (diniego di condono edilizio ex D.L. n. 269/2003 presentata il 10.12.2004) che si pone a valle di quelli oggetto di esame, sicchè può procedersi alla decisione degli stessi.
Con il primo ricorso si impugna il provvedimento con il quale è stata rigettata e dichiarata improcedibile la richiesta di concessione edilizia in sanatoria presentata in data 17.09.1997 dal dr. E.C. (in quanto alcune delle opere realizzate non risultavano conformi allo strumento urbanistico); con il secondo ricorso è invece impugnato l’ordinanza di demolizione in data 1.10.1997 con la quale il Sindaco del Comune di Lovere ha intimato al Dott. E.C. "… la demolizione della casetta in legno e la messa in pristino dello stato precedente dei luoghi relativamente al manufatto in legno e al piano d’appoggio su cui insiste il fabbricato, entro non oltre 90 (novanta) giorni dalla notifica della presente…".
In punto di fatto, sulla base della documentazione versata in atti dalla parti, è possibile rilevare che:
1) In data 28.8.1997 (cfr. doc. 6 del Comune in entrambi i ric.) l’U.T.C. ha eseguito un sopralluogo nella proprietà del C., rilevando che erano "in corso di realizzazione opere edilizie (tramezze e tamponamenti) finalizzate alla chiusura di un porticato esistente ed alla suddivisione degli spazi
interni ricavati";
2) il medesimo giorno, richiamato il verbale di accertamento, veniva emessa ordinanza di sospensione lavori iniziati senza titolo edilizio (doc. n. 7 Comune);
3) Il 17.9.1997 il C. presentava istanza di concessione in sanatoria per le opere eseguite sul mapp. 747 consistenti in: 1) "due ripostigli ed un servizio igienico sotto la esistente rampa di accesso di Via D. Celeri"; 2) "realizzazione di un manufatto in legno vicino alla rampa stessa da adibire a deposito degli attrezzi da giardino e da serra per i fiori durante il periodo invernale. (doc. 8 Com.)";
4) in data 25.09.1997 l’U.T.C. eseguiva un secondo sopralluogo (doc. 9 Com.), rilevando che " i lavori oggetto dell’ordinanza sindacale di sospensione dei lavori n. 40/1997 del 28.08.1997 sono proseguiti ed hanno comportato la costruzione di manufatto in legno di dimensioni ml 7,00 x 4,00 e vano di collegamento tra i locali eseguiti nel sottorampa ed il manufatto in legno; su detti locali inoltre sono state eseguite parziali opere di finitura interne ed esterne", soggiungendo che "l’ufficio tecnico comunale esaminata la domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata ritiene che debba essere respinta in quanto le opere sono state eseguite in parziale difformità dello strumento urbanistico vigente e inoltre non a distanza regolamentare dal confine";
5) in data 1.10.1997 (doc. n. 3 del ric.) il Sindaco di Lovere comunicava al C. che la richiesta di sanatoria presentata in data 17.9.1997 "non può essere accolta in quanto alcune delle opere realizzate non risultano conformi allo strumento urbanistico vigente" (atto impugnato con il ric. N. 1408/97);
6) il 16.10.1997 agenti della polizia municipale di Lovere – su delega del 4.9.1997 del P.M. dott. Anna Ponsero – provvedevano al sequestro dell’opera abusiva (doc. n. 11 del ric. N. 6/98);
7) in data 21.10.1997 l’U.T.C. eseguiva un ulteriore sopralluogo (doc. 10 Com.) dal quale emergeva che:
a) "è stato realizzato un piano di appoggio tramite getto in c.l.s. appoggiato su blocchi di cemento e tavelloni in cotto, sorretti da putrelle in ferro nella parte a sbalzo onde regolarizzare la pendenza del sito, in cui si è poi eseguita la installazione della casetta in legno, ed è stato pavimentato con piastrelle";
b) "la casetta in legno ed il collegamento con i locali dell’ex portico sono dotati di pavimentazione e delle necessarie tubature per predisposizione all’ allacciamento di impianti tecnologici (impianto di riscaldamento, elettrico ed idrico), il manto di copertura è stato realizzato con tegole del tipo canadese e canali e pluviali del tipo a doccione in rame. Le aperture nelle pareti perimetrali sono predisposte per eventuale alloggiamento di porte ed infissi del tipo a monoblocco. Inoltre la pavimentazione realizzata non presenta giunti di dilatazione tra i locali interni al’immobile in legno e i locali del sottoportico";
c) "nei locali siti nell’ex porticato sono state eseguite opere di pavimentazione, alloggiamento dell’impianto elettrico con canalizzazioni murate e idrotermosanitario, è stato realizzato un locale completamente piastrellato per la installazione di un servizio igienico stati completo, è stata realizzata la finitura di intonaco al civile su tutte le murature esterne e sulle tramezzature interne con alloggiamento dei futuri comandi dell’impianto elettrico, sono stati murati i falsi telai necessari per l’istallazione delle porte interne ai locali e delle due finestre ricavate nella muratura di tamponamento posta a chiusura delle preesistente arcate del porticato, comprese di davanzali in pietra".
d) "nello spazio retrostante la casetta si notano impianti per il trasporto di acqua, completi di collettore di distribuzione e tubi in rame completi di rubinetto di chiusura per futuro allacciamento di una eventuale fornitura di combustibile per l’impianto di riscaldamento. All’esterno del fabbricato in legno attualmente non si nota nessun tipo di gancio o altri sistemi per la eventuale rimozione o spostamento del manufatto".
8) Il 22.101997 (doc. 11 Com.) il ricorrente presentava una ulteriore istanza di concessione in sanatoria, precisando che sul terreno di sua proprietà, inserito in zona B2 esisteva uno scivolo di accesso carraio dalla via Castelli sostenuto da un sistema ad archi, sul quale aveva ricavato "due ripostigli ed un servizio igienico realizzati senza peraltro modificare il profilo esterno dello scivolo stesso".
9) Il 20.11.1997 l’U.T.C. comunicava (doc. 13 Com.) al C. che la Commissione Edilizia Comunale, nella seduta del 13.11.1997, aveva espresso parere negativo sulla domanda di sanatoria presentata il 22.10.1997 "perchè l’intervento eseguito non risulta conforme all’art. 34 dello strumento urbanistico vigente che non prevede aumenti di volumetria in tale zona urbanistica".
10) in data 28.101997 il Sindaco emetteva ordinanza con la quale ordinava al C. "la demolizione della casetta in legno e la messa in pristino dello stato precedente dei luoghi relativamente al manufatto in legno e al piano d’appoggio su cui insiste il fabbricato, entro non oltre 90 (novanta) giorni dalla notifica della presente…" sul rilievo che:
– con verbale di sopralluogo del 21.10.1997 l’U.T.C. ha rilevato che il C. ha eseguito, in assenza di c.e., opere di chiusura di portico sottorampa esistente nonché di posa sul terreno, previa realizzazione di soletta in calcestruzzo, di casetta in legno collegata con i locali del sottoportico tramite passaggio coperto, così da dar vita ad una nuova costruzione;
– tali opere non sono conformi al PRG dato che si tratta di zona B2 per la quale l’art. 34 NTA consente solo interventi su edifici esistenti e non nuove costruzioni;
– l’area è soggetta a specifico vincolo ambientale con DM 19.6.1968;
– che le opere eseguite in assenza di titolo possono essere demolite senza pregiudizio della parte conforme.
Così ricostruiti la complessa fattispecie, va rilevato che il secondo diniego di concessione edilizia in sanatoria (di cui ai punti n. 8 e 9) non è stato fatto oggetto d’impugnazione da parte del dr. C..
Tanto precisato, è ora possibile procedere alla disamina dei motivi di ricorso articolati dal ricorrente.
Con il primo ricorso, impugnando il diniego di sanatoria del 1.10.1997, si deduce: a) il difetto di motivazione per non essere stato specificato quali sono le opere non conformi allo strumento urbanistico e in che cosa consista la difformità, b) la contraddittorietà esistente fra l’avere prima respinto la domanda e l’averla poi dichiarata improcedibile; c) la violazione dell’art. 34 delle NTA del PRG di Lovere il quale consente in zona B 2 la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, il restauro e il risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia.
I motivi sono infondati.
Partendo dal profilo sostanziale, di cui sub c), va rilevato che l’intervento edilizio posto in essere dal ricorrente (cfr. i p. da 1 a 5) è consistito a) nella realizzazione di opere edilizie (tramezze e tamponamenti) finalizzate alla chiusura di un porticato esistente (sottorampa) e alla suddivisione degli spazi interni ricavati e b) nella costruzione di manufatto in legno di dimensioni ml 7,00 x 4,00 con vano di collegamento tra i locali eseguiti nel sottorampa ed il manufatto in legno esecuzione parziale in detti locali di opere di finitura interne ed esterne.
L’art. 34 delle NTA del PRG all’epoca vigente (prodotto come doc. n. 6 del ric. n. 1408/97) – nel normare la "Zona omogena B2: giardini privati esistenti o di nuova formazione con o senza preesistenze edilizie"- prevedeva solo interventi sull’edilizia esistente (dalla manutenzione ordinaria sino alla ristrutturazione) mentre non prevedeva alcuna possibilità di nuova edificazione.
In tale contesto, il diniego appare correttamente opposto: infatti sia la chiusura – mediante pareti – di una rampa di accesso sia la posa in opera di un manufatto in legno rientrano a pieno titolo all’interno della nozione di nuova costruzione.
Quanto all’asserita contraddittorietà (di cui sub b), va rilevato che l’espressione "la pratica viene di conseguenza respinta e giudicata improcedibile" altro non è che una superfetazione linguistica, risultando chiaro il disposto di reiezione derivante alla precedente parte motivazionale "la richiesta di concessione edilizia in sanatoria…non può essere accolta in quanto…".
Infine non può ritenersi sussistente l’invocato difetto di motivazione (di cui sub a).
E’ pur vero che la giurisprudenza ha costantemente affermato che il diniego di concessione edilizia necessita di una motivazione esplicativa delle reali ragioni impeditive, da individuarsi nel contrasto del progetto presentato con specifiche norme urbanistiche, esplicitamente indicate. Peraltro, la ratio sottesa a tale indirizzo è quella di consentire al richiedente di conoscere le reali ragioni del diniego là dove sono possibili più ipotesi normative.
Tale ratio viene peraltro meno là dove – come nella fattispecie – la specifica norma urbanistica di zona vieta qualsiasi nuova edificazione.
A comprova di ciò va rilevato che, nonostante l’utilizzo di una formula criptica da parte del provvedimento (la mancata conformità allo strumento urbanistico vigente), il ricorrente ha potuto agevolmente individuare l’oggetto del contrasto, tanto è vero che, con il terzo motivo, ha censurato la sussistenza del contrasto con l’art. 34 delle NTA che regolano la zona in questione.
Con il secondo ricorso, il C. impugna l’ordinanza di demolizione, innanzi tutto riproponendo le tre censure di cui al primo ricorso (quali motivi di invalidità derivata) sicché la reiezione degli stessi più sopra pronunziata va estesa alla loro reiterazione. Con la quarta doglianza, il ricorrente afferma che l’intervenuto sequestro delle opere – il 16.10.1997 da parte della Polizia municipale per delega del P.M. di Bergamo – rende impossibile l’esecuzione del provvedimento impugnato.
La censura non merita accoglimento.
La circostanza che l’immobile abusivamente realizzato sia sottoposto a sequestro penale non osta all’adozione dell’ordine di demolizione, dal momento che è possibile motivatamente domandare all’autorità giudiziaria il dissequestro dell’immobile proprio al fine di ottemperare al predetto ordine (cfr. T.A.R. Napoli, sez. IV, 29 luglio 2010 n. 17066).
I due gravami, così come proposti negli atti introduttivi del giudizio, risultano dunque infondati, dovendosi soggiungere che il Collegio non è tenuto a pronunciarsi sulle ulteriori questioni sollevate dalla parti con le memorie illustrative, risultando inammissibile tale estensione del contenzioso, poiché nel processo amministrativo d’impugnazione, la domanda giurisdizionale è posta con specifico riferimento ad un atto amministrativo di cui si chiede l’annullamento e non si configura, quindi, come mera pretesa sostanziale di cui si potrebbe chiedere l’accertamento giudiziale (cfr. TAR Brescia, Sez. I, 5 novembre 2009 n. 1917).
Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste – alla stregua del principio victus victori – a carico del ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) preliminarmente riuniti i ricorsi in epigrafe, li respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore del Comune di Lovere che liquida in Euro 4000, oltre ad accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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