Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-04-2011, n. 8983 Patto di esclusiva

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Biocosmesi conveniva in giudizio la Davines s.p.a. chiedendo l’accertamento della natura di concessione di vendita con patto di esclusiva del negozio intercorso fra le parti, la condanna della società convenuta all’adempimento dello stesso, nonchè la condanna al risarcimento dei danni per inadempimento contrattuale e concorrenza sleale.

Si costituiva in giudizio la Davines contestando tutte le domande avversarie e chiedendone l’integrale rigetto. In via riconvenzionale la stessa chiedeva la risoluzione del contratto stipulato con la Biocosmesi s.n.c. per grave inadempimento di quest’ultima che a suo dire non aveva adeguatamente collaborato, non raggiungendo i budgets prefissati e vendendo prodotti di altra marca.

Il Giudice di primo grado, ritenuto insussistente il patto di esclusiva, respingeva le opposte domande di risoluzione dell’attrice e della convenuta.

Proponeva appello la Biocosmesi lamentando l’erronea valutazione delle prove sul patto di esclusiva, l’esistenza di atti di concorrenza sleale, l’omessa pronuncia sull’inadempimento e chiedendo il risarcimento del danno.

La controparte replicava sui singoli punti.

La Corte d’Appello confermava l’impugnata sentenza per quanto riguarda la reiezione della domanda principale di risoluzione (per violazione del patto di esclusiva o concorrenza sleale), dando atto che il rigetto della domanda riconvenzionale era passato in giudicato.

In parziale accoglimento della domanda attrice di risoluzione per inadempimento, la medesima Corte dichiarava il contratto del 28.11.1996 risolto per colpa della s.p.a. Davines e condannava quest’ultima a versare alla Biocosmesi la somma di Euro 318.963,78, oltre accessori.

Proponeva ricorso per cassazione la Davines s.p.a. con quattro motivi. Resisteva con controricorso la Biocosmesi s.n.c. che presentava memoria.
Motivi della decisione

Con i primi due motivi del ricorso, che per la loro stretta connessione devono essere congiuntamente trattati, parte ricorrente rispettivamente denuncia: 1) "Violazione o falsa applicazione degli artt. 1324, 1326 e 1327 c.c., delle norme e dei principi in tema di conclusione del contratto e di comportamento concludente – Violazione o falsa applicazione degli artt. 1324, 1362, 1363 e 1366 in tema di interpretazione delle dichiarazioni negoziali, anche unilaterali – Violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 2043 c.c. e dei principi in tema di quantificazione del danno da inadempimento contrattuale ( art. 360 c.p.c., n. 3)"; 2) "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5)".

Secondo la ricorrente la Corte d’Appello avrebbe dovuto concludere che non esisteva in causa la prova che il negozio intercorso tra Davines e Biocosmesi fosse stato concluso per un periodo di 11 anni, posto che la relativa condizione, se pure menzionata nella lettera del 28.11.1996 non risultava accettata nè espressamente, nè tacitamente; al contrario avrebbe dovuto ritenere, applicando le regole generali, che il rapporto doveva considerarsi instaurato a tempo indeterminato e che il regolamento contrattuale si integrava con le disposizioni suppletive di legge, con le naturali conseguenze sia in tema di recesso, sia in tema di risarcimento danni.

In sintesi, per le ragioni esposte, parte ricorrente ritiene che la Corte d’Appello ha errato nel qualificare come accordo semplici dichiarazioni unilaterali non produttive di obbligazioni così configurando un regolamento contrattuale più ampio e comunque diverso rispetto a quello reale.

Lamenta poi la ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nel ritenere esistente un patto sul termine, omettendo qualsiasi motivazione e dando per scontato che quello che era scritto nella lettera potesse essere un accordo.

I motivi devono essere entrambi rigettati.

Dalla lettera del 28.11.1996, inviata da Davines a Biocosmesi, risulta infatti che sono stati concordati tra le parti vari punti fra i quali quelli relativi alla durata del rapporto, stabilita in 11 anni, alla fissazione di obiettivi minimi di fatturato dal 1997 al 2007 ed alla zona operativa di competenza. Tali elementi inducono a ritenere che tra Davines e Biocosmesi sia stato raggiunto un accordo da qualificare come contratto di concessione di vendita a tempo determinato, mentre non risulta alcuna manifestazione di dissenso.

La motivazione della Corte d’Appello sul punto è comunque adeguata ed immune da vizi logici o giuridici.

Con il terzo motivo si denuncia "Violazione o falsa applicazione degli artt. 1324, 1326 e 1327 c.c., delle norme e dei principi in tema di formazione dell’atto negoziale unilaterale e di comportamento concludente – Violazione o falsa applicazione degli artt. 1324, 1362, 1363 e 1366 in tema di interpretazione delle dichiarazioni negoziali, anche unilaterali – Violazione o falsa applicazione degli artt. 1373 e 1569 c.c. in tema di recesso unilaterale – Violazione o falsa applicazione degli artt. 1218, 1453, 1455 e 1460 c.c. in tema di inadempimento contrattuale e di risoluzione per inadempimento – Violazione e falsa applicazione dell’artt. 1175 e 1375 c.c. ( art. 360 c.p.c., n. 3)".

Lamenta il ricorrente che la Corte d’Appello ha errato nella parte della decisione in cui ha ritenuto che Davines abbia tacitamente manifestato una volontà di recesso dal rapporto di concessione e di vendita intercorrente di fatto con Biocosmesi e che ha altresì errato nella parte della decisione in cui ha stabilito che Davines si sia resa inadempiente in modo non lieve ai suoi doveri contrattuali, tanto da rendere fondata la domanda della stessa Biocosmesi volta a sentire risolvere giudizialmente il rapporto.

Il motivo è infondato.

Con valutazione di merito insindacabile in questa sede in quanto correttamente motivata ed immune da vizi logici o giuridici, la Corte d’Appello ha ritenuto che il comportamento della Davines equivalse di fatto ad un recesso unilaterale dal contratto, del tutto ingiustificato perchè la Biocosmesi non era inadempiente agli obblighi assunti e perchè qualsiasi modifica del contratto – in assenza di specifici fatti nuovi – avrebbe dovuto essere approvata dalle parti senza che sussistesse il diritto o la facoltà della medesima Davines di "spingere" unilateralmente la produttività oltre i limiti promessi dalla controparte. Il contratto di concessione deve perciò ritenersi risolto dal gennaio 2001 per fatto e colpa della committente. Ne consegue l’obbligo risarcitorio a carico della Davines.

Con il quarto motivo si denuncia infine "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., n. 5)".

Sostiene parte ricorrente che la sentenza gravata è totalmente carente di motivazione e comunque di motivazione sufficiente o logica per quanto attiene alle ragioni che avrebbero indotto la Corte d’Appello, da un lato a ritenere Davines recedente dal rapporto e, dall’altro, a considerare la medesima Davines inadempiente ai suoi doveri contrattuali.

Il motivo è infondato.

L’iter argomentativo seguito dalla Corte per affermare l’inadempimento di Davines e pronunciare la risoluzione del contratto de quo non presenta infatti alcuna lacuna nè incoerenze o contraddizioni e da analiticamente conto delle ragioni che hanno indotto la Corte stessa ad accogliere la domanda proposta da Biocosmesi.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorario, oltre rimborso forfettario delle spese generali ed accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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