Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
igetto del ricorso incidentale.
Svolgimento del processo
La società contribuente ed i relativi soci proposero ricorsi avverso avvisi di accertamento emessi dall’Ufficio per le annualità 1991 e 1992 – a fini ilor, a carico della società e, a fini irpef, a carico dei relativi soci – fondati sull’asserita indebita deduzione di costi relativi ad operazioni inesistenti intervenute con l’impresa Dilor Pel. Gli accertamenti erano fondati sul rilievo che Dilor Pel non disponeva di dotazioni strutturali e personali idonee a garantire la realizzazione dei servizi di lavorazione delle pelli risultanti dalle fatture.
L’adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li accolse in parte, ritenendo comprovata l’esistenza delle operazioni oggetto della contestazione solo in misura pari al 50% dell’accertato. In esito all’appello dei contribuenti, la decisione fu, tuttavia, riformata dalla commissione regionale, che, ritenuta l’esistenza della contestate operazioni, affermò l’integrale illegittimità del recupero a tassazione dei costi correlativi.
Posto che già i primi giudici avevano riscontrato la ricorrenza di effettive relazioni tra Conceria del Soccorso e Dilor Pel, seppur in misura inferiore al fatturato, e che, sul punto, l’Amministrazione aveva prestato acquiescenza, i giudici di appello rilevarono che, mentre l’Amministrazione aveva basato l’inesistenza delle operazioni "esclusivamente sulla rilevata mancanza di mezzi della Dilor Pel fornitrice dei servizi di lavorazione pelli ritenuti inesistenti, l’appellante ha fornito prova diversa con documenti fiscali, pagamenti documentati da titoli bancari regolarmente quietanzati ecc, questi si elementi certi su cui fondare il convincimento della reale effettuazione delle operazioni".
I giudici di appello rivelarono, inoltre, il difetto di motivazione degli accertamenti a carico dei soci.
Avverso la decisione di appello, l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione in due motivi.
La società contribuente, G.A., Ga.Am. e P.R. hanno resistito con controricorso, deducendo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivamente promosso, ed hanno, altresì, proposto ricorso incidentale condizionato in due motivi.
Motivi della decisione
1) – Siccome proposti contro la stessa sentenza, i due ricorsi, devono essere riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c.;
Il ricorso principale – che, dal relativo frontespizio, risulta consegnato per la notifica all’ufficiale giudiziario il 12.12.2005 – è ammissibile nella prospettiva di cui all’art. 327 c.p.c., posto che, incidendo su sentenza depositata il 27.10.2004, è intervenuto entro il termine di un anno e 46 giorni dal deposito della sentenza impugnata.
Il ricorso in rassegna è, peraltro, supportato da idonea legittimazione ad agire con riferimento alla sola Agenzia delle Entrate. Ciò perchè, a seguito dell’istituzione dell’Agenzia delle Entrate (divenuta operativa dall’1.1.2001), si è verificata la successione a titolo particolare della stessa nei poteri e nei rapporti giuridici strumentali all’adempimento dell’obbligazione tributaria, con conseguente acquisizione della legittimazione ad causam e ad processum nei correlativi giudizi, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., commi 3 e 4; mentre il Ministero delle Finanze, estraneo al giudizio di appello, deve ritenersi carente di legittimazione, per effetto di legittima estromissione (cfr. Cass. s.u. 3116/06, Cass. 4936/06).
Con riferimento a quanto prospettato dai contribuenti in memoria, deve, inoltre, rilevarsi che le doglianze espresse nel ricorso principale dell’Agenzia si rivelano connaturalmente inidonee a collidere con le previsioni di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, esaurendosi in una mera critica giuridica delle determinazioni assunte del giudice di appello e nel puro rilevamento di incongruenza e lacune motivazionali (v. Cass. 12028/10).
2) 1. – Con il primo motivo del ricorso principale, l’Agenzia – deducendo omessa motivazione violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1972, art. 39, dell’art. 2697 c.c., dell’art. 2727 c.c. e segg. – censura la decisione impugnata per aver affermato l’effettività delle operazioni attestate dalla contestate fatture con violazione del criterio dell’onere della prova e mediante allegazione di elementi del tutto generici e non dettagliatamente specificati.
Con il secondo motivo del ricorso principale deducendo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 – l’Agenzia censura la decisione impugnata per aver affermato l’inidoneità della motivazione degli accertamenti a carico dei soci in quanto risolventesi in mero rinvio all’accertamento a carico della società, senza aver considerato che si trattava di redditi accertati in capo ai soci "per trasparenza" D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 5.
Con i due motivi di ricorso incidentale condizionato, la società contribuente lamenta, sul piano della violazione di legge e su quello del difetto di motivazione, il mancato rilievo da parte del giudice a quo della preclusione determinata da giudicati favorevoli verificatisi in merito agli accertamenti iva, per gli anni 1990, 1991 e 1992, scaturiti dal mede s imo p.v.c..
2. – Il ricorso incidentale condizionato proposto dalla società contribuente e dai soci A. e Ga.Am. e P. R., va esaminato prioritariamente, giacchè introduce questioni, rilevabili di ufficio, non esaminate nel giudizio di merito (cfr.
Cass., sez. un., 23019/07).
Le doglianze di cui si sostanzia non risultano rispondenti al criterio dell’"autosufficienza del ricorso", poichè, in mancanza di compiuta descrizione dei pretesi giudicati e di precise indicazioni circa la relativa deduzione in sede di giudizio di merito, non offrono come richiesto (v. Cass. 15.910/05, 6972/05, 6225/05) tutti gli elementi necessari a questa Corte per valutare, immediatamente sulla scorta delle sole risultanze del ricorso e della sentenza impugnata, ammissibilità e fondatezza delle censure proposte.
Le doglianze in esame sono, comunque, infondate, posto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, la diversità di rapporto giuridico dedotto in lite (nella specie: controversia concernente tributi diretti, in rapporto ad altra concernente l’iva) impedisce l’estensione del giudicato dall’una all’altra causa (cfr. Cass. 25200/09, 16816/08, 15396/08, 5943/07).
3. – Fondati e meritevoli di accoglimento si rivelano, invece, entrambi i motivi del ricorso principale dell’Agenzia.
Quanto al primo, occorre, innanzitutto, rilevare che questa Corte ha puntualizzato che la fatturazione fittizia ingenera, almeno nella prospettiva di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, una presunzione di corrispondente indebito vantaggio economico e che – qualora l’Amministrazione fornisca validi elementi, anche meramente presuntivi purchè specifici, atti ad asseverare la contabilizzazione di fatture emesse per operazioni inesistenti con la conseguenza indebita deduzione dei costi correlativamente esposti – è onere del contribuente dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni (cfr. Cass. 15395/08, 2847/08, 21953/07, 1727/07).
Tanto premesso in linea di principio, va, in concreto, rilevato che, dallo stessa decisione dei giudici di appello, risulta che dal p.v.c. della G.d.F. emerge il riscontro della strutturale inadeguatezza di Dilor Pel rispetto al complesso delle prestazioni riportate nelle fatture dedotte in controversia (inadeguatezza, peraltro, analiticamente descritta nel ricorso dell’Agenzia) e che tale circostanza – di per sè idonea, in base alla richiamata giurisprudenza, a determinare il ribaltamento dell’onere della prova sul contribuente – non può considerarsi superata in funzione del solo rinvenimento di quietanze di pagamento che rappresentano una costante nella fatturazione di operazioni inesistenti.
Il secondo motivo del ricorso principale risulta fondato, poichè, trattandosi di accertamento di reddito di partecipazione imputato "per trasparenza" D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ex art. 5, sufficiente a fini motivazionali si rivela (con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis) il richiamo al maggior reddito accertato, nell’annualità, a carico della società.
Questa Corte ha, infatti, reiteratamente affermato (cfr. Cass. 8230/08) che – nel sistema precedente alla modifica introdotta dal D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 1 al D.P.R. n. 600 del 1973, art 42, applicabile alla fattispecie – il requisito motivazionale degli avvisi di accertamento poteva essere soddisfatto anche mediante il riferimento ad ulteriori documenti conosciuti o conoscibili dal contribuente (cfr. Cass. 2462/07, 15842/06, 26119/05. 1034/02) e che peraltro, trattandosi di atto che l’interessato poteva conoscere avvalendosi dei suoi poteri di controllo e consultazione della documentazione in possesso della società, doveva, altresì ritenersi legittimo sul piano della motivazione l’avviso di accertamento dell’irpef dovuta dal socio, che fosse stato motivato con richiamo il maggior accertamento a carico della società. (C. Cass. 4749/06, 8407/02, 6330/02).
3) – Alla stregua delle considerazioni che precedono, s’impongono la declaratoria dell’inammissibilità del ricorso dell’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze, l’accoglimento dei due motivi del ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate ed il rigetto del ricorso incidentale proposto dagli intimati costituiti.
La sentenza impugnata va, dunque, cassata in relazione ai motivi del ricorso accolto, con rinvio della causa, anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
P.Q.M.
LA CORTE riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso dell’Amministrazione dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate e rigetta il ricorso incidentale dei contribuenti costituiti; cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, e rinvia la causa anche per la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
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