Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-01-2011) 02-03-2011, n. 8092 Costruzioni abusive e illeciti paesaggistici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catania ha confermato la pronuncia di colpevolezza di S.A. in ordine ai reati: a) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c); b) di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95; c) di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1; d) di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 30, a lui ascritti per avere eseguito, in qualità di legale rappresentante della ditta MAVICAR S.r.l., in zona sottoposta a vincolo paesaggistico e ricadente nell’area naturale protetta (Riserva Naturale Orientata Oasi del Simeto), lavori di sostituzione del solaio di copertura di un corpo di fabbrica preesistente con altro a due falde, di rivestimento esterno del predetto corpo di fabbrica con pannelli ignifughi e di realizzazione di un atrio in retrocamera e metallo in ampliamento dell’edificio per una superficie di mq 6 circa, senza il permesso di costruire, senza il nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo e senza avere osservato le prescrizioni per i lavori da eseguirsi in zona dichiarata a rischio sismico. La Corte territoriale, in particolare, ha escluso che il certificato di compatibilità paesaggistica rilasciato dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. di Catania abbia prodotto l’estinzione del reato per la violazione paesaggistica, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter, osservando che in detto certificato si da atto che le opere in questione hanno cagionato un impatto ambientale e si invita la ditta a presentare un progetto di riqualificazione dei corpi esistenti e dell’intera area, prevedendo soluzioni compatibili ed adeguate opere di mitigazioni che ne riducano l’impatto, sicchè la certificazione di compatibilità paesaggistica non risulta incondizionata. La sentenza ha altresì rigettato i motivi di gravame con i quali era stato dedotto che gli interventi realizzati non necessitavano del rilascio del permesso di costruire, nè erano soggetti alle prescrizioni della normativa antisismica.

Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori dell’imputato, che la denunciano per violazione di legge e vizi di motivazione.
Motivi della decisione

Con il primo mezzo di annullamento i difensori del ricorrente denunciano vizi di motivazione, nonchè violazione ed errata applicazione di legge in relazione ai reati di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142, lett. f), e art. 181, comma 1, e della L. n. 394 del 1991, art. 30.

In sintesi, si deduce che le prescrizioni dettate dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. nel certificato di compatibilità paesaggistica si riferiscono ai corpi esistenti ed alla intera area, sicchè l’invito a riqualificare la zona non è affatto connesso all’impatto ambientale determinato dagli interventi di cui alla imputazione, riferendosi alla esecuzione di opere che non hanno nulla a che vedere con quelle per le quali è stata chiesta ed ottenuta l’attestazione di compatibilità paesaggistica. Si osserva inoltre che non può essere attribuito alcun significato negativo all’espressione contenuta nel predetto certificato, secondo la quale le opere hanno modificato l’aspetto esteriore del bene tutelato, trattandosi di formula di stile, peraltro, riferibile a qualsiasi intervento che necessita del parere di compatibilità paesaggistica da parte della Soprintendenza.

Si deduce, infine, che la sentenza è del tutto carente di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 30.

Con il secondo mezzo di annullamento si denuncia carenza di motivazione e violazione di legge in relazione al reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30.

Si deduce che con la concessione edilizia in sanatoria, rilasciata dal Comune di Catania in data 29.5.2007 e di cui da atto la stessa sentenza, sono stati assentiti i lavori eseguiti sul fabbricato preesistente, come descritti in imputazione, così risultando dalla relazione tecnica allegata alla istanza di sanatoria. Si rileva, quindi, che la sentenza è totalmente carente di motivazione sul punto.

Con riferimento alla struttura in vetrocamera e metallo della superficie di mq 5,40 si deduce che la stessa non è soggetta al permesso di costruire ai sensi della L.R. Siciliana n. 4 del 2003, art. 20, comma 1 che consente la chiusura di terrazze di collegamento o di terrazze non superiori a mq 50 senza alcuna autorizzazione.

Con l’ultimo mezzo di annullamento si denuncia mancanza di motivazione e violazione di legge in relazione ai reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95.

Si deduce che le prescrizioni da osservarsi nelle zone dichiarate a rischio sismico si riferiscono esclusivamente alla realizzazione delle strutture portanti dell’edificio e non alla installazione di pannelli coibentati o ignifughi quali quelli installati sull’immobile preesistente.

All’odierna udienza la parte civile ha fatto pervenire una comparsa conclusionale.

Il ricorso non è fondato.

Il primo motivo di gravame si risolve nella contestazione in punto di fatto della interpretazione della certificazione di compatibilità paesaggistica rilasciata dalla Soprintendenza ai BB. CC. AA. Di Catania in relazione alla natura degli interventi posti in essere dall’imputato.

Peraltro, i rilievi di cui al motivo di gravame sono altresì infondati in punto di diritto.

La certificazione di compatibilità paesaggistica produce l’estinzione del reato per l’esecuzione di lavori senza la prescritta autorizzazione, ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter, allorchè i lavori non abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati (lett. a).

Orbene, nel caso in esame, risulta accertato che, oltre ad interventi qualificabili come di manutenzione straordinaria, vi è stata la realizzazione di un’ulteriore volumetria rispetto a quella preesistente, costituita dall’ampliamento mediante una struttura in vetrocamera, con la conseguente inapplicabilità della sanatoria invocata dal ricorrente.

Sussiste, inoltre, il reato di cui alla L. n. 394 del 1991, art. 30.

Sul punto il ricorso è del tutto generico, non venendo specificate le ragioni per le quali era stata impugnata la pronuncia di condanna.

In ogni caso deve essere ribadito il principio di diritto, più volte affermato da questa Suprema Corte in materia, secondo il quale "Gli interventi per la realizzazione di opere e costruzioni in aree protette necessitano di tre distinti provvedimenti: la concessione edilizia (ora sostituita dal permesso di costruire), l’autorizzazione paesaggistica ed il nulla osta dell’Ente Parco. Questi due ultimi provvedimenti possono essere attribuiti con legge regionale anche ad un unico organo il quale è in questo caso chiamato a compiere una duplice valutazione, in difetto può configurarsi sia la violazione del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163 che quella della L. 6 dicembre 1991, n. 394, artt. 6 e 30". (sez. 3^, 30.5.2003 n. 26863, Pasca ed altri, RV 225392; sez. 3^, 11.12.1998 n. 12917; sez. 3^, 15.12.2003 n. 47706; sez. 3^, 10.10.2006 n. 33966).

Nel caso in esame, pertanto, gli interventi di cui alla contestazione dovevano essere autorizzati anche dall’Ente Oasi del Simeto.

Anche il secondo motivo di gravame è infondato.

Emerge dalle pronunce di merito e, peraltro, non ha formato oggetto di contestazione in quella sede da parte dell’imputato che la concessione in sanatoria ottenuta si riferiva alla struttura originaria, sicchè in ogni caso la stessa non riguarda l’ampliamento realizzato abusivamente.

La sentenza impugnate ha, poi, escluso, con motivazione giuridicamente corretta, che non forma neppure oggetto di contestazione, che nella specie ricorra la nozione di pertinenza edilizia.

Riguardo al citato ampliamento, inoltre, è del tutto inconferente il riferimento alla legislazione regionale, in quanto il manufatto realizzato con aumento di volumetria, in ogni caso, non interessava una terrazza.

E’, infine, infondato l’ultimo motivo di gravame, riferendosi il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 93 anche alle riparazioni e, quindi, agli interventi di manutenzione straordinaria.

E’ stato infatti, affermato da Questa Suprema Corte che "In tema di vigilanza sulle costruzioni eseguite in zone sismiche, anche dopo la entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, qualsiasi intervento, ad eccezione di quelli di semplice manutenzione ordinaria, ove eseguito in zona sismica, deve essere preventivamente denunciato al competente ufficio, alfine di consentire i previsti controlli, configurandosi in difetto il reato di cui all’art. 95 del citato D.P.R. n. 380" (sez. 3^, 26.10.2005 n. 45958, Crisafulli e altro, RV 232649).

Peraltro, è evidente, nel caso in esame, che, a parte la realizzazione di una nuova volumetria, la installazione di una nuova copertura e di rivestimenti laterali si palesa idonea a incidere sulla statica del fabbricato preesistente.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Nulla deve essere liquidato, invece, in favore della parte civile, trattandosi di udienza pubblica alla quale la stessa non ha partecipato.

Peraltro, la comparsa conclusionale pervenuta non costituisce neppure memoria difensiva.
P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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