T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 04-03-2011, n. 1301 Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, titolare di un’impresa individuale dedita al commercio di materiale video fotografico e di prodotti di argenteria, è proprietaria di un suolo sito nel Comune di Arzano, individuato al Foglio n. 1, particella n. 641 della mappa catastale, ricadente in zona "E – verde agricolo" del Piano di Fabbricazione approvato con decreto del Presidente della Giunta della Regione Campania del 4 febbraio 1977.

Con il gravame in epigrafe, l’interessata ha impugnato gli atti di approvazione del P.R.G. del Comune di Arzano, adottato con delibere n. 9 dell’1.3.2004 e n. 11 del 28.4.2009.

Espone che, nella fase di adozione della suddetta variante, gli immobili del ricorrente, in virtù della tavola di zonizzazione allegata al P.R.G, erano stati collocati in "zona D3p – zone commerciali di progetto".

Di contro, in sede di approvazione, le aree in esame venivano diversamente classificate per effetto delle prescrizioni introdotte dalla Provincia (delibera n. 47 del 16.9.2008) e dalla Regione (decreto dirigenziale n. 48 del 16.4.2009).

In particolare, la Regione imponeva una riclassificazione delle zone stralciate con conseguente riequilibrio degli standards mancanti.

L’adeguamento alle suddette prescrizioni veniva assicurato dal Comune di Arzano con le delibere n. 95 dell’11.5.2009, n. 102 del 19.5.2009 e n. 114 del 9.6.2009.

Secondo la ricorrente la Provincia avrebbe stravolto i criteri di classificazione posti a base dello stesso, prescrivendo modifiche di rilevante entità.

In virtù delle modifiche apportate dall’Ente Comunale, i suoli di proprietà della interessata, che attualmente hanno destinazione agricola, ricadranno in zona "F8p parcheggio a raso di progetto" del nuovo P.R.G. e non più in zona "D3p zone commerciali di progetto".

Avverso i provvedimenti in epigrafe sono stati dedotti i seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del titolo 11 della l.r. n. 14/1982 – violazione e falsa applicazione dell’art. 9 della legge n. 1150/1942 – violazione del principio di partecipazione al procedimento amministrativo – violazione del giusto procedimento di legge – eccesso di potere – contraddittorietà estrinseca ed intrinseca – irragionevolezza – illogicità manifesta – ingiustizia manifesta – difetto di istruttoria – erronea ponderaziome della fattispecie contemplata – travisamento dei fatti – altri profili.

Le modifiche al piano, introdotte d’ufficio dalla Provincia di Napoli in sede di approvazione ai sensi del paragrafo 4 della l.r. n. 14/82, avrebbero stravolto lo strumento urbanistico adottato, determinando una consistente rielaborazione da parte del Comune di Arzano, il che avrebbe comportato l’obbligo per l’Ente locale di depositare e pubblicare nuovamente la delibera commissariale di adozione, ai sensi del paragrafo 3, commi 3 e 4, della L.R. n. 14/1982 (che recepisce quanto o previsto dall’art. 9 della l. n. 1150/1942) per consentire la presentazione di osservazioni da parte degli interessati.

Le modifiche apportate in ambito comunale, a seguito delle prescrizioni formulate dalla Provincia e delle condizioni poste in sede di conformità dalla Regione Campania, avrebbero inciso in modo determinante sul piano, stravolgendolo in punti fondamentali, con cambiamento in alcuni casi della destinazione urbanistica,

Lo stralcio dello strumento urbanistico in precedenza adottato di intere zone omogenee, come quelle D3p, D4p, H1p e D1p, ha comportato la riclassificazione di numerose aree comunali e la conseguente modifica degli standards urbanistici, senza adeguata motivazione.

In luogo dell’area con destinazione "D4p" (area artigianale e produttiva attrezzata) è stata prevista un’area destinata al "Parco Nord di Napoli", in conformità a quanto prescritto dal P.T.C.P della Provincia.

La stessa provincia, inoltre, al punto 3 delle prescrizioni contenute nella deliberazione di approvazione, dopo aver ordinato di stralciare le zone omogenee a destinazione produttiva D3p, prescriveva, "al fine di riequilibrare gli standards", l’adozione di una variante da predisporre entro 6 mesi, trascurando l’obbligo di redazione del P.U.C. introdotto dalla l.r. n. 16/2004.

Il Comune resistente, come evidenziato nella delibera di Commissione straordinaria n. 114/2009, al fine di ottemperare alle richieste della Regione, ha incaricato i redattori del piano di rielaborare lo stesso, adeguando le norme tecniche di attuazione e riclassificando, nel rispetto degli standards urbanistici, le aree stralciate, tutto ciò senza permettere alcun intervento ai privati.

Da quanto sopra deriverebbe l’obbligo del Comune di ripubblicare, ai sensi del paragrafo 3 della L.R n. 14/82 e art. 9 della Legge n. 1150/42, la deliberazione di "riapprovazione" del piano impugnata, che pertanto dovrebbe essere annullata;

2) violazione e falsa applicazione del paragrafo 4, commi 1 e 2, della legge regionale n. 14/1982 – violazione del paragrafo 4, comma 4, della legge regionale n. 14/1982 – violazione degli artt. 22, 23, 24 e 45 della legge regionale n. 16/2004 – violazione del principio tempus regit actum – violazione e falsa applicazione dell’art. 114 della costituzione – violazione del principio di leale collaborazione tra enti – eccesso di potere – sviamento – erroneità nei presupposti di fatto e di diritto – travisamento – illogicità manifesta – irragionevolezza – manifesta ingiustizia – altri profili.

La Provincia di Napoli, attese le rilevanti carenze tecniche e le incongruità riscontrate in sede di approvazione, invece di introdurre con l’impugnata delibera n. 47/2008 le modifiche di ufficio di cui paragrafo 4, comma 1, della l. n. 14/82, avrebbe dovuto, ai sensi del successivo comma 4 del predetto paragrafo, restituire il piano al Comune per la rielaborazione.

La Provincia ha stralciato dal piano adottato intere zone omogenee, ovvero le D3p, D4p, H1p e D1p, con conseguente riclassificazione e modifica dei relativi standards urbanistici, modificando in modo sostanziale lo strumento urbanistico.

Appare illogico lo stralcio dell’area con destinazione D4p (area artigianale e produttiva attrezzata) per destinarla al "Parco Nord di Napoli", in conformità a quanto prescritto dal P.T.C.P della Provincia.

L’Amministrazione provinciale, ai sensi del paragrafo 4, comma 5, della l.r. n. 14/1982, avrebbe dovuto restituire il piano al Comune per la rielaborazione anziché introdurre modifiche d’ufficio, per cui si sarebbe dovuto applicare, ai sensi dell’art. 45 della l.r. n. 16/2004 (che disciplina il Regime transitorio della strumentazione in itinere), il nuovo regime vigente in materia di pianificazione territoriale, in particolare gli artt. 22, 23 e 24 della citata l.r. n. 16/2004, che disciplinano la procedura di adozione dei piani urbanistici comunali.

Se la Provincia avesse restituito il piano al Comune per la sua rielaborazione, si sarebbe dovuto applicare lo jus superveniens introdotto dalla l.r. n. 16/2004 e non la disciplina prevista dall’abrogata l.r. n. 14/82;

3) violazione e falsa applicazione del paragrafo 5, comma 2, della legge regionale n. 14/82 – incompetenza relativa – eccesso di potere – inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto – travisamento – illogicità manifesta – irragionevolezza – manifesta ingiustizia – altri profili.

Il Dirigente dell’Area Governo del Territorio della Regione Campania con il decreto n. 48 del 16.4.2009, ha adottato il visto di conformità del piano urbanistico approvato in precedenza senza la preventiva delibera di Giunta Regionale, come prescritto dal paragrafo 5, comma 2, della L. R. n. 14/82, che affida tale incombenza al presidente della Giunta regionale o all’Assessore competente;

4) violazione e falsa applicazione del paragrafo 5, comma 2, della legge regionale n. 14/82 – violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge regionale n. 16/2004 – falsa applicazione dell’art. 20 della legge regionale n. 16/2004 – eccesso di potere – inesistenza dei presupposti – illogicità manifesta – irragionevolezza – manifesta ingiustizia – altri profili.

Il decreto del Dirigente dell’A.G.C. della Regione Campania n. 48/2009 condiziona il rilascio del visto di conformità alla verifica di compatibilità tra lo strumento urbanistico comunale ed il Piano territoriale della Provincia non ancora formalmente adottato e che, non essendo esecutivo, non rende nemmeno efficaci le misure di salvaguardia di cui all’art. 10 della l.r. n. 16/2004.

La Regione, all’atto della valutazione di conformità del piano agli strumenti urbanistici sovraordinati, avrebbe erroneamente equiparato una mera delibera di proposta del P.T.C.P. di Napoli, ex art. 20, comma 1, della l.r. n. 16/2004, alla delibera di adozione del piano, ai sensi del successivo comma 7 della richiamata disposizione, ordinando al Comune di conformarsi ad un piano sovraordinato ancora non formalmente adottato e come tale privo di effetti.

Il visto di conformità condizionato rilasciato dalla Regione Campania sarebbe pertanto illegittimo per violazione del paragrafo 5, comma 2, della L.R. n. 14/82, nella misura in cui viene demandato alla Regione il potere di verificare la compatibilità degli strumenti di pianificazione territoriale con i piani ad esse sovraordinati entrati in vigore o quanto meno adottati.

L’illegittimità di tale atto regionale inficerebbe, quindi, la procedura di approvazione del P.R.G. in esame, giacché la deliberazione della commissione straordinaria del Comune di Arzano n. 114/2009 risulta adottata sull’erroneo presupposto che il P.R.G. debba essere conformato ad una proposta di piano del tutto inefficace e non vincolante.

Con motivi aggiunti depositati il 9.12.2009 la ricorrente ha impugnato la deliberazione del Consiglio Provinciale di Napoli n. 84 del 29 settembre 2009, avente ad oggetto l’adeguamento al controllo di conformità regionale del piano regolatore generale del Comune di Arzano, deducendo la illegittimità in via derivata della determinazione per la quale sono richiamate le censure del ricorso introduttivo.

Con motivi aggiunti depositati il 25.2.2010 l’istante ha impugnato il decreto n. 519 del 27.10.2009, pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Campania n. 73 del 7.12.2009, con cui il Presidente della Provincia di Napoli ha approvato in via definitiva il Piano Regolatore del Comune di Arzano, denunciando la illegittimità in via derivata della determinazione, sulla base delle censure espresse nel ricorso introduttivo, e deducendo i seguenti nuovi motivi:

violazione e falsa applicazione dei paragrafi 4 e 5, del titolo II, dell’allegato 1, della legge regionale n. 14/82 violazione e falsa applicazione dell’art. 114 della Costituzione – violazione del principio di leale collaborazione tra enti – eccesso di potere – sviamento – erroneità nei presupposti di fatto e di diritto – travisamento illogicità manifesta – irragionevolezza – manifesta ingiustizia – altri profili.

La Provincia non ha trasmesso alla Regione il nuovo strumento urbanistico approvato dopo le modifiche introdotte dal Comune, come previsto dal paragrafo 5, titolo II, dell’allegato 1, della l. r. n. 14/1982, per consentirle di verificare se nel nuovo P.R.G. fossero state osservate le condizioni poste a suo tempo dalla Regione in sede di visto di conformità.

La Provincia di Napoli infatti, dopo aver approvato con delibera di Consiglio Provinciale n. 84 del 29.9.2009 il P.R.G. del Comune di Arzano in cui erano state introdotte le modifiche, (in esecuzione delle prescrizioni formulate dalla Provincia e delle condizioni poste dalla Regione) ha pubblicato sul B.U.R.C. l’avversato decreto n. 519 del 27.10.2009, con cui il Presidente della Provincia di Napoli ha recepito le delibere comunali di adozione e quella provinciale di approvazione del P.R.G. del Comune di Arzano.

La Provincia di Napoli e la Regione Campania si sono costituite in giudizio depositando memoria difensiva con le quali replicano alle argomentazioni della ricorrente, concludendo per la reiezione del ricorso. In particolare eccepiscono l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti sull’assunto che le modifiche apportate al PRG possano essere considerate sostanziali.

All’udienza del 20.1.2011, il patrono della ricorrente ha illustrato i motivi della impugnazione insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso in esame ha ad oggetto la deliberazione n. 114 del 9.6.2009 con cui la Commissione Straordinaria del Comune di Arzano ha approvato il nuovo P.R.G..

Con i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, attesa l’unitarietà della prospettazione, la ricorrente, proprietaria di un’area interessata dalle modifiche, sostiene che lo stralcio dallo strumento urbanistico di intere zone omogenee, come quelle D3p, D4p, H1p e D1p, e la conseguente riclassificazione di cospicue porzioni di territorio, cui si è accompagnata la modifica degli standards urbanistici, avrebbe stravolto l’originaria impostazione dello schema di piano, per cui – ricorrendo i presupposti di una variante sostanziale – s’imponeva la ripubblicazione del piano medesimo onde garantire l’intervento partecipativo dei soggetti interessati.

Secondo l’interessata le significative modificazioni di carattere quantitativo, strutturale, distributivo, rese necessarie a seguito degli interventi della Provincia di Napoli e della Regione Campania, obbligavano tali Enti alla restituzione degli atti al Comune per la successiva rielaborazione.

Com’è noto, la legge regionale della Campania 20 marzo 1982, n. 14, recante gli indirizzi programmatici e le direttive fondamentali relative all’esercizio delle funzioni delegate in materia di urbanistica, ed applicabile alla controversia in esame ratione temporis, al titolo secondo, prevede tre ipotesi di possibile conclusione dell’iter di approvazione degli strumenti urbanistici: la prima, di "approvazione" dello strumento; la seconda di "approvazione con modifiche apportate d’ufficio", la terza di "restituzione" ai comuni per la rielaborazione.

L’ipotesi di approvazione con modifiche di ufficio è specificamente disciplinata dai primi tre capoversi dell’art. 4 del titolo secondo, che ne prescrivono l’iter procedimentale ed individuano le tipologie di modifiche che possono essere apportate d’ufficio, ossia senza "restituire" lo strumento urbanistico adottato al Comune, che potrà solo controdedurre nei termini assegnati. Le tipologie di modifiche d’ufficio, che "non mutino le caratteristiche essenziali, quantitative e strutturali del piano ed i suoi criteri di impostazione", sono tipizzate ed hanno in comune la caratteristica di adeguare le previsioni di piano a norme di legge (osservanza degli standard urbanistici e delle prescrizioni della legge regionale), a piani di livello superiore (rispetto delle disposizioni del Piano territoriale) o ad interessi di natura sovraordinata (di coordinamento e di tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici ovvero la razionale e coordinata organizzazione e realizzazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato e della Regione, della Provincia e della Comunità montana e per l’eventuale coordinamento con i Comuni contermini).

La disciplina regionale sopra richiamata sostanzialmente riproduce il contenuto della previsione statale, di cui all’art. 10 della legge urbanistica n. 1150 del 1942 (nel testo modificato dall’art. 3 della legge n. 765 del 1967), che consente un’approvazione con modifiche che non comportino sostanziali innovazioni, tali cioè da mutare le caratteristiche essenziali del piano stesso ed i suoi criteri di impostazione, nonché (con modifiche) indispensabili a garantire il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la coordinata sistemazione delle opere di interesse statale e la tutela del paesaggio.

Le coordinate normative sopra richiamate consentono, in sintesi, di perimetrare con un sufficiente margine di precisione l’apporto innovativo che gli Enti sovraordinati possono arrecare nell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica, di cui sono contitolari: ed, invero, possono introdurre, in sede di approvazione degli strumenti urbanistici generali, le modifiche indispensabili per tutelare interessi primari quali l’ambiente, il paesaggio o il necessario raccordo con la pianificazione regionale di coordinamento; tali interventi devono, però, essere mirati e non possono, dunque, porsi come sostanziale riesercizio della potestà pianificatoria generale, riservata, nelle scelte fondamentali, al Comune.

Le uniche alternative praticabili nell’ipotesi di mancata condivisione dell’assetto complessivo del piano sono quelle del rifiuto dell’approvazione del piano ovvero l’approvazione parziale con stralcio di alcune zone.

Di contro, resta inibito alla Regione (e, per essa, agli Enti delegati) la possibilità di sostituirsi – al di fuori delle ipotesi contemplate dalla disciplina di settore – direttamente all’amministrazione comunale nelle scelte di politica urbanistica.

Il regime normativo come sopra definito ha immediate ricadute sul piano della concreta gestione del procedimento urbanistico, in quanto condiziona, entro un ventaglio di opzioni limitate e predefinite, gli sbocchi decisionali delle singole fasi procedimentali, ciascuna delle quali risulta strettamente influenzata dall’arresto immediatamente precedente.

Tanto premesso, avuto riguardo al caso in esame, giova rammentare la particolare scansione che, in modo del tutto peculiare, ha caratterizzato l’iter del procedimento di approvazione del nuovo p.r.g. del Comune di Arzano.

Giusta quanto già anticipato nella premessa in fatto, in sede di approvazione del P.R.G., per effetto delle modifiche introdotte dalla Provincia, venivano stralciate talune aree (le zone D3p "zone commerciali di progetto", l’area D4p di recepimento di un P.I.P, le zone omogenee H1p – art. 25 – Zone turistiche ricettive e D1p – Zone industriali di progetto, così come la possibilità di realizzare nuove strutture nelle zone B1 del centro abitato).

Da parte sua, la Regione imponeva una riclassificazione delle zone stralciate con conseguente riequilibrio degli standards mancanti; e ciò in ragione della rimarcata necessità che lo strumento urbanistico generale rechi, ab imis, una disciplina puntuale dell’intero territorio comunale.

L’adeguamento alle suddette prescrizioni veniva assicurato dal Comune di Arzano con le delibere n. 95 dell’11.5.2009, n. 102 del 19.5.2009 e n. 114 del 9.6.2009.

In particolare, ai fini di una compiuta percezione delle significative modifiche introdotte a seguito dei rilievi mossi nel corso dell’iter di approvazione del nuovo strumento urbanistico, occorre dare conto, in dettaglio, delle prescrizioni conformative che hanno scandito i passaggi procedimentali più rilevanti: anzitutto, come già sopra sinteticamente anticipato, l’impianto originario compendiato nella delibera comunale di adozione è stato approvato con prescrizioni dalla Provincia di Napoli con delibera consiliare n. 47 del 16.9.2008.

L’intervento manipolativo del suddette Ente si è sostanziato nelle prescrizioni di seguito riportate "(…) 2) Le zone D3p "zone omogenee commerciali di progetto" sono stralciate per le motivazioni espresse dal C.T.R., sezione Prov.le di Napoli, con il suindicato parere n. 1/2007. Nelle more che il Comune di Arzano provveda a mezzo di apposita variante a ridestinare le aree della zona D3p stralciata, si applicano i limiti previsti dall’art. 4 della legge 17/82;

3) al fine di riequilibrare gli standards il Comune, con la variante di cui precedente punto, da adottarsi entro 6 mesi dalla data di approvazione P.R.G. in esame provvede anche all’individuazione delle aree standards mancanti;

4) l’opportuna dotazione di servizi potrà essere realizzata nell’ambito ristrutturazioni urbanistiche e dei cambi di destinazione d’uso consentiti dalle Norme di Attuazione per i comparti di tipo B2;

5) l’area D4p, di recepimento di un P.I.P., il cui iter urbanistico, non è stato mai completato, è stralciata e ricondotta ad area omogenea destinata al Parco Nord di Napoli, come individuato dalla proposta del P.T.C.P. adottato;

6) si prescrive il recepimento delle condizioni poste dall’Autorità di Bacino Nord – Occidentale della Campania nell’esprimere il parere favorevole n. 31 del 21.12.2006:

– lo stralcio della possibilità di realizzare nuove strutture nelle zone B1 del centro abitato (ex aree agricole) non ancora urbanizzate;

– verifica della possibilità di recuperare, nell’ambito dei 770 vani indicati come frutto del recupero nel centro storico, di parte dei volumi necessari a soddisfare il fabbisogno standards;

(…) 8) stralciare al fine di impedire la saturazione territoriale la zona omogenea H1p – art. 25 – Zone turistiche ricettive e D1p – Zone industriali di progetto e destinarle a zona omogenea per attrezzature di quartiere (…)".

L’incidenza di tali modifiche, ancorché significativa, ben poteva ritenersi attenuata dalla tecnica concretamente privilegiata, cd. dello "stralcio", quale soluzione alternativa alla non approvazione della variante ovvero alla introduzione da parte dell’Ente tutorio di modifiche d’ufficio definitive; ed, invero, il provvedimento di stralcio, pur dettando una provvisoria tipizzazione urbanistica della zona stralciata come agricola, lascia integro ed impregiudicato il potere del Comune di riproporre una nuova disciplina urbanistica.

Si è efficacemente evidenziato in giurisprudenza che, con lo "stralcio", la Regione restituisce al Comune l’iniziativa, mentre con le "modifiche d’ufficio" sovrappone ultimativamente la propria volontà a quella del Comune, sicché, ai fini dello stralcio, non è necessaria quella preventiva consultazione del Comune, che la legge richiede, invece, rispetto alle modifiche (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 7 settembre 2006, n. 5203), né operano i limiti di cui all’art. 10 l. n. 1150 del 1942 ovvero sussiste un obbligo di ripubblicazione del piano adottato (Consiglio Stato, sez. IV, 3 febbraio 2006, n. 400).

Pur tuttavia, lo schema di piano, come emendato dalla Provincia di Napoli, è stato ulteriormente inciso a seguito e per l’effetto del successivo controllo esercitato dalla Regione.

Ed, invero, il P.R.G. è stato ammesso, con decreto dirigenziale n°48 del 16.4.2009, a visto di conformità condizionato, però, all’introduzione dei seguenti adeguamenti:

"- sia verificata da parte dell’Amministrazione Provinciale di Napoli la compatibilità tra il P.T.CP. ed il P.R.G. del Comune diArzano;

– è necessario riportare sugli atti l’esatto perimetro della zona ASI, comprensivo della fascia di rispetto;

– le zone D3p "zone omogenee commerciali di progetto che sono state stralciate dall’Amministrazione Provinciale di Napoli, devono essere riclassificate, non potendo allo stato approvare un P.R.G. che non normi l’intero territorio comunale;

– con la nuova classificazione bisogna provvedere al "riequilibrio degli standards mancanti"

– l’area D4p deve essere ricondotta a zona destinata a Parco Nord di Napoli, così come riportato nel P.T.C.P. e deve contenere la normativa di attuazione dello stesso".

A seguito dei rilievi mossi dalla Regione Campania (che aveva bocciato l’opzione dello stralcio), lo schema del nuovo piano regolatore generale del Comune di Arzano è risultato, per ampi tratti del territorio comunale, manifestamente incompleto.

All’esito della suddetta fase di approvazione non residuavano, infatti, per le zone già oggetto di stralcio, prescrizioni sostitutive in grado di conformare il territorio e, dunque, di regolare, in via consequenziale, i relativi interessi.

Né è possibile dubitare della significativa incidenza dell’opera di nuova classificazione delle suddette aree (indotta dai rilievi in commento) rispetto agli equilibri complessivi del piano: sul punto, è sufficiente notare che la stessa Provincia, operando lo stralcio di tali zone e ben consapevole della necessità di una complessiva revisione anche dei relativi standards, aveva rimesso ad una successiva variante – da predisporre nel termine di sei mesi a cura del Comune di Arzano – la definizione del regime urbanistico delle aree stralciate.

Come già anticipato, la Regione Campania ha preteso, invece, che l’intero territorio ricevesse, da subito, una pertinente disciplina urbanistica e, nell’impostazione privilegiata dal suddetto Ente, incombeva sull’organo delegato (id est la Provincia) l’onere di colmare – dopo aver sentito il Comune di Arzano – siffatte lacune; ciò in ragione del fatto che, esaurita la fase di adozione, l’autorità procedente (nella fase di approvazione) andava identificata nella Provincia.

Di contro, il procedimento ha ricevuto nuovo impulso dallo stesso Comune di Arzano che, con delibera della Commissione straordinaria n. 95 dell’11.5.2009, approvava la (nuova) zonizzazione e le norme tecniche di attuazione del P.R.G., che venivano adeguate alle condizioni poste dalla Regione Campania.

Da qui l’iter ha preso nuovamente abbrivio attraverso un’ulteriore interlocuzione con la Provincia (quale organo deputato all’approvazione), di fatto doppiando il procedimento già precedentemente svolto.

Ed, invero, la Provincia di Napoli, con nota n. 694 del 15.5.2009 (i cui contenuti sono riportati nella relazione istruttoria allegata alla deliberazione della commissione straordinaria n. 114/2009), comunicava al Comune che la delibera n. 95/2009 e gli elaborati ad essa allegati non erano conformi alle prescrizioni, rilevando in particolare che:

"1) Non venivano soddisfatti i 18 mq/ab, come richiesti dal D.M. n. 1444/68 per il riequilibrio degli standard mancanti;

2) Nelle Zone D3p, stralciate e riclassificate B2 (sottoposte ad intervento di ristrutturazione urbanistica) non venivano individuate le superfici da destinare a standards di quartiere;

3) Le zone H1p stralciate dovevano essere riclassificate in zona omogenea per attrezzature di quartiere e non in zone F12p Attrezzature ricettive;

4) Nelle zone F10p destinate ad attrezzature tecnologiche -servizi e residenza a servizio delle industrie, stralciate le aree destinate ad alberghi e residence, una quota parte poteva essere riclassificate a standards per compensare la carenza e rendere il P.R. G. conforme alla legge Regionale nr. 14/82".

Pertanto, con delibera della Commissione straordinaria n. 102 del 19.5.2009, l’Ente locale integrava la delibera n. 95 del 11.5.2009.

Tuttavia, il Comune, avendo a sua volta rilevato delle difformità tra la tavola di zonizzazione e le norme tecniche di attuazione delle due delibere sopra citate, con delibera n. 114 del 9.6.2009, annullava le precedenti delibere (nn. 95/2001 e 102/2009) e approvava un nuovo schema di piano.

Tanto premesso, appare di tutta evidenza che, a seguito e per effetto dei rilievi mossi dalla Regione, si è determinata una regressione del procedimento allo stadio iniziale (id est innanzi al Comune di Arzano, quale Ente titolare del potere di pianificazione generale) per la rielaborazione – alla stregua delle coordinate evincibili dalle prescrizioni della Provincia e della Regione – delle aree (già stralciate) rimaste prive di una specifica disciplina urbanistica.

L’opzione concretamente seguita nel procedimento in esame si rivela, dunque, in plateale distonia con il modello legale di riferimento che, come già sopra anticipato, prevede tre ipotesi di possibile conclusione dell’iter di approvazione degli strumenti urbanistici: la prima, di "approvazione" dello strumento; la seconda di "approvazione con modifiche apportate d’ufficio", la terza di "restituzione" ai comuni per la rielaborazione.

Nel caso in esame, si è, invece, realizzata un’evidente distorsione del modello ordinario di procedimento, dal momento che si è proceduto al "completamento" del piano regolatore, ripartendo dallo stadio iniziale (di adozione) attraverso la rielaborazione del progetto di piano curata dalla stesso Comune di Arzano, in dispregio, però, delle forme procedimentali tipiche della fase di adozione.

In tal modo, è rimasta del tutto snaturata la fase di approvazione, cui si è, invece, sovrapposta una nuova iniziativa da parte del Comune di Arzano, sebbene questi avesse già esaurito il proprio potere di impulso, dapprima, elaborando lo schema di piano adottato e, poi, uniformandosi, per silentium, alle modifiche introdotte d’ufficio dalla Provincia di Napoli.

Ne è derivato un effetto di sostanziale restituzione degli atti all’Autorità procedente (il Comune di Arzano), maturata, però, al di fuori delle forme e delle garanzie che, nell’economia della disciplina di settore, governano la fase di (nuova) adozione del piano, nell’ambito della quale si colloca evidentemente la "rielaborazione" che consegue alla formale restituzione degli atti.

Né può essere trascurata, ai suddetti fini, l’incidenza dello ius superveniens rappresentato dalla legge urbanistica regionale n°16/2004, che prescrive, per ogni nuova adozione degli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, l’obbligo di prestare ossequio alla nuova disciplina.

Tale disposizione prevede, infatti, che "..gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione".

In definitiva, è pur vero che la regressione del procedimento alla fase di adozione era oramai ineludibile, essendo rimasto il piano (a seguito dei rilievi della Regione Campania), per buona parte, incompleto, di modo che la Provincia non avrebbe potuto direttamente introdurre una nuova disciplina urbanistica delle ampie zone stralciate. Il potere regionale di introdurre modifiche d’ufficio agli strumenti urbanistici non può spingersi, infatti, fino a variare le scelte del Comune circa il mutamento di destinazione di aree e di zone, trattandosi di innovazioni sostanziali (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 15 giugno 2010, n. 2850; T.A.R. Puglia – Bari, Sez. II, 13.5.2002, n. 2279), dovendo, viceversa, ribadirsi che le scelte di pianificazione urbanistica, che si traducono nell’impressione a determinate aree di una destinazione piuttosto che di un’altra, afferiscono alla discrezionalità amministrativa pura, che pertiene unicamente all’ente locale (T.A.R. Sicilia – Catania, Sez. I, n. 706/2007).

Nello schema legale di riferimento delineato dalla disciplina di settore la riedizione (ancorché parziale) del potere di pianificazione, da parte del Comune, poteva avvenire solo per effetto di una formale restituzione degli atti, cui avrebbe, dunque, dovuto far seguito un nuovo atto di adozione nel rigoroso rispetto degli adempimenti di legge all’uopo prescritti.

Si è efficacemente evidenziato in giurisprudenza che il potere di procedere d’ufficio alla redazione di un nuovo piano regolatore generale, oppure di adottare, sempre d’ufficio, un piano parzialmente elaborato o modificato, è legittimamente esercitabile quando sussistano ragioni che ne giustifichino l’esercizio e, dal punto di vista formale, vengano osservate le formalità prescritte dalla legge, con particolare riferimento alla nuova pubblicazione del piano e consequenziale riapertura dei termini per le osservazioni dei proprietari interessati (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 22 maggio 1989, n. 347).

A tal riguardo, secondo una consolidata giurisprudenza – da cui la sezione non intende discostarsi – nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall’art. 9 l. 17 agosto 1942, n. 1150 (e dalle corrispondenti norme regionali), è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal comune, ma non è richiesta, di regola, per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell’accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 26 aprile 2006 n. 2297, sez. IV, n. 4980 del 5 settembre 2003; sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1197; sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; 20 febbraio 1998, n. 301 cit.; 11 giugno 1996, n. 777).

Nel diritto vivente si registrano, però, talune eccezioni, ben messe in risalto da un autorevole orientamento del Giudice d’appello (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2297).

In una prima ipotesi, dall’accoglimento delle osservazioni formulate dai privati, comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato, si fa discendere una modifica immediata del testo del piano stesso; nel qual caso si dovrà fare luogo a nuova pubblicazione ed alla conseguente raccolta delle ulteriori osservazioni (cfr. ex plurimis, Consiglio di stato, sez. IV, n. 4980 del 5 settembre 2003; sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178).

In altre ipotesi, la delibera comunale di controdeduzioni può non implicare volontà di modifica immediata del piano regolatore, ma solo accettazione delle richieste e proposta di modifiche d’ufficio rivolta alla regione; per cui non occorrerà nuova pubblicazione, con la conseguenza che il testo del piano agli effetti di salvaguardia, sarà quello adottato con la prima deliberazione, ancorché destinato ad essere modificato (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 20 febbraio 1998, n. 301).

Viceversa, se il comune, controdeducendo alle proposte di modifica regionali, introduce variazioni rilevanti al piano adottato, la delibera si presenta come una sostanziale nuova adozione che necessita di pubblicazione (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, n. 4980 del 5 settembre 2003; sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; sez. IV, 20 febbraio 1998, n. 301 cit.; 27 marzo 1995, n. 206).

Ciò vale viepiù nei casi – com’è quello di specie – in cui difetta, a monte, una proposta di modifica da parte della Regione (ovvero dell’Ente delegato), che, dopo aver semplicemente stralciato ampie zone dallo schema di piano adottato, si limita a rimettere al Comune l’iniziativa per la rielaborazione della relativa disciplina urbanistica.

E’ necessario soggiungere che tale soluzione s’impone se si tiene, altresì, conto della natura delle modifiche medio tempore intervenute, senza mai trascurare il dato – di per se stesso rilevante – che le variazioni introdotte risultano apportate dallo stesso Comune a seguito della già evidenziata (irrituale) regressione del procedimento di pianificazione.

Anche sotto tale diverso profilo giova richiamare i consolidati arresti della giurisprudenza di settore (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 26 aprile 2006, n. 2297): com’è noto, occorre distinguere a seconda della natura e della rilevanza delle modifiche. Le modifiche obbligatorie – in quanto riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standards urbanistici minimi – non danno luogo a ripubblicazione; mentre quelle facoltative – che consistono in innovazioni non sostanziali – e le concordate – ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune – se superano il limite del rispetto dei canoni guida del piano adottato obbligano il comune alla ripubblicazione (cfr. in termini sez. IV, n. 1197 del 2003 cit.).

Sul punto, è sufficiente fare rinvio alle considerazioni già svolte sulla significativa incidenza dell’opera di nuova classificazione delle aree stralciate rispetto agli equilibri complessivi del piano, nuova classificazione che, avuto riguardo alle stesse motivazioni evincibili dagli atti scrutinati, non appare riconducibile a nessuna delle ipotesi tipizzate sopra richiamate.

Opinare diversamente – e, dunque, ritenere legittima una rielaborazione (ancorché parziale) del piano senza che ad essa segua la ripubblicazione – significherebbe ammettere come evenienza fisiologica del procedimento di pianificazione urbanistica il sacrificio incondizionato degli interessi privati antagonisti, con integrale vanificazione delle facoltà, pur espressamente riconosciute dalla disciplina di settore, di partecipazione al suddetto procedimento.

Tanto basta ai fini dell’accoglimento del ricorso con assorbimento delle residue censure non scrutinate.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso va accolto e, per l’effetto, s’impone l’annullamento degli atti impugnati.

Le spese processuali possono essere in parte compensate, quanto al Comune di Arzano, ed in parte poste in solido a carico della Regione Campania e della Provincia di Napoli nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania Sezione Seconda, dispone quanto segue:

– accoglie il ricorso indicato in epigrafe e, per l’effetto, annulla la delibera della Commissione Straordinaria del Comune di Arzano n. 114 del 9.6.2009, il Decreto dirigenziale dell’A.G.C. Gestione del Territorio della Regione Campania n. 48 del 16.4.2009; la Delibera del Consiglio Provinciale di Napoli n. 47 del 16.9.2008, di approvazione, con prescrizioni, del P.R.G. del Comune di Arzano; il parere del Comitato Tecnico Regionale – sezione Provinciale di Napoli rep. n. 1 del 27.2.2008 (pratica n. 17 del 9.5.2007); la delibera della Giunta della Provincia di Napoli n. 497 del 6.8.2009;

– accoglie i motivi aggiunti depositati il 9.12.2009 e, per l’effetto, annulla la deliberazione del Consiglio Provinciale di Napoli n. 84 del 29 settembre 2009 di adeguamento del P.R.G. al controllo di conformità regionale;

– accoglie i motivi aggiunti depositati il 25.2.2010 e, per l’effetto, annulla il decreto n. 519 del 27.10.2009 di approvazione definitiva del P.R.G. del Comune di Arzano;

– condanna la Regione Campania e la Provincia di Napoli al pagamento, in solido, delle spese processuali, complessivamente liquidate in Euro 1.500 (millecinquecento) e le compensa per il Comune di Arzano.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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