Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 17-12-2010) 09-03-2011, n. 9446 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione M.G., per tramite del difensore, avverso l’ordinanza pronunziata in data 15 settembre 2010 dal Tribunale di Catania – Sezione del riesame con la quale veniva rigettato l’appello proposto avverso le ordinanze in data 4 marzo e 20 aprile 2010 della Corte d’appello di Catania, di diniego di altrettante istanze di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere – applicata al prevenuto in aggravamento – con quella degli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica per tossicodipendenti "(OMISSIS)" di (OMISSIS), a motivo delle "eccezionali esigenze cautelari", ravvisate dal Tribunale in dipendenza della entità della pena riportata in grado d’appello dall’imputato (anni 6 di reclusione ed Euro 26.000 di multa) quale responsabile del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1 bis; della pericolosità sociale dello stesso, colpito da numerosi e gravi precedenti penali; dalla prolungata ed immotivata evasione dalla comunità terapeutica ove già trovavasi agli arresti domiciliari, contrassegnata peraltro dalla consumazione, medio tempore, di un ulteriore reato di furto ai danni di una tabaccheria.

Deduce il ricorrente, in primo luogo, che il Tribunale, in violazione degli artt. 606 e 274 c.p.p., ha erroneamente omesso di indicare le ragioni in nome delle quali aveva ritenuto sussistere una pericolosità tale da vincere il "valore" sociale rappresentato dal recupero del soggetto tossicodipendente, risultando peraltro ampiamente provato che l’imputato era evaso dalla comunità per assistere la propria convivente, vittima di incidente stradale e che aveva commesso il furto in una tabaccheria per acquistare una dose di sostanza stupefacente, trovandosi in stato di astinenza.

Con la seconda censura lamenta il difensore la violazione dell’art. 606 c.p.p. in relazione agli artt. 284 c.p.p., comma 5 – bis e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89. L’evasione non è d’ostacolo al ripristino della misura cautelare degli arresti domiciliari à sensi dell’art. 284 c.p.p., comma 5 – bis, introducendo la norma una presunzione legale di pericolo di fuga, in realtà insussistente nella concreta fattispecie, avendo l’imputato invocato la speciale disciplina del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 89 derogabile solo in caso di "eccezionali esigenze cautelari". Sul punto il Tribunale di Catania ha del tutto omesso la motivazione. Il ricorso va giudicato inammissibile perchè manifestamente infondato.

Va premesso che con ordinanza emessa in data 14 dicembre 2009 la Corte d’appello di Catania – Seconda sezione penale aveva disposto, nei confronti del M., in aggravamento della misura custodiate degli arresti domiciliari, quella della custodia in carcere,per aver il prevenuto trasgredito al divieto di allontanarsi senza autorizzazione dalla comunità terapeutica per tossicodipendenti (OMISSIS), in data (OMISSIS), venendo poi tratto in arresto per il delitto di evasione e per quello di furto, commesso il (OMISSIS). Ricorre quindi la fattispecie prevista dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 89, comma 3 (T.U. stup.).

Ciò posto – esclusa pacificamente l’applicabilità, nella fattispecie, del disposto dell’art. 284, comma 5 – bis cod. proc. pen. prevalendo, in nome del principio di specialità, le disposizioni dettate dall’art. 89, cit. T.U. stup. (cfr. Sez. 2 ord. n. 19348 del 26 aprile 2006 – dep. 5 giugno 2006 – imp. Gullì) tant’è vero che alla stessa, in termini ineccepibili, neppure accenna il provvedimento impugnato, ad onta delle infondate obiezioni del ricorrente – del tutto correttamente il Tribunale di Catania ha richiamato, onde motivare il rigetto del gravame proposto dalla difesa avverso le ordinanze di diniego del ripristino degli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica, le esigenze cautelari di "eccezionale rilevanza" la cui sussistenza si pone, in linea generale, quale unica causa ostativa sia per la concessione "originaria" – oltrechè a fortiori per l’eventuale successivo ripristino – degli arresti domiciliari presso una comunità residenziale, a fini di recupero del tossicodipendente, giusta il chiaro disposto dell’art. 89, commi 1 e 2, cit. T.U. stup..

Non può non convenirsi con l’assunto del Tribunale che del tutto legittimamente ha qualificato di "eccezionale rilevanza " le esigenze cautelari effettivamente ricorrenti nella fattispecie concreta. In tal senso invero depongono:

– il non contenuto pericolo di reiterazione del reato desumbile sia dai numerosi e gravi precedenti penali, richiamati nell’ordinanza impugnata, anche per il delitto di rapina oltrechè per le violazioni alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. già applicata al M. sia dai reati commessi e dalla condotta serbata dopo l’evasione dalla comunità ove il prevenuto non aveva inteso far più rientro una volta appreso dal responsabile della segnalazione del suo illegittimo allontanamento, da questi doverosamente effettuata all’Autorità Giudiziaria;

– l’ipotizzabile pericolo di fuga, divenuto concreto sia dopo le rocambolesche vicende accadute il (OMISSIS) (allorchè il M., evaso dalla comunità terapeutica, "era sfuggito alla cattura per via mare a mezzo di imbarcazione condotta dal fratello", come è detto nell’ordinanza Impugnata) sia dopo la condanna alla pena di anni SEI di reclusione ed Euro 26.000 di multa (alla cui esecuzione avrebbe del pari il prevenuto ben potuto sottrarsi ove divenuta definitiva) inflittagli nelle more dalla stessa Corte d’appello di Catania con sentenza in data 2 febbraio 2010 quale responsabile del delitto di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 1 – bis (T.U. stup.), una volta escluso il riconoscimento della speciale attenuante di cui all’art. 73, comma 5 dello stesso T.U., applicata dal Giudice di primo grado.

Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale sent. N. 186 del 7 – 13 giugno 2000) al versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 300.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 300 a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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