Corte di Cassazione, Sezione Seconda Penale, 14 giugno 2010 n. 22663. Sulla prova dell’elemento soggettivo nel delitto di cui all’art. 648-bis c.p.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con sentenza 10.10.08 la Corte d’Appello di Palermo confermava la condanna emessa il 22.5.07 dal GUP del Tribunale della stessa sede nei confronti di XXX per il delitto di riciclaggio di un ciclomotore di provenienza furtiva.
Tramite il proprio difensore il XXX ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti:
a) omessa, contraddittoria e manifestamente illogica motivazione nella parte in cui la Corte territoriale aveva dato credito alle s.i.t. di YYY, che aveva riferito di aver prestato al XXX la targa della sua moto APE in disuso, dichiarazioni inattendibili (vista la recente conoscenza fra i due) e prive di riscontri esterni;
b) mancando la prova della consapevolezza, in capo al ricorrente, dell’illecita provenienza del ciclomotore e dell’idoneità della sua condotta ad ostacolarne l’identificazione, il reato andava riqualificato come incauto acquisto ex art. 712 c.p. e dichiarato estinto per prescrizione;
c) in subordine, il reato era da riqualificarsi come ricettazione ex art. 648 cpv. c.p., vista anche la particolare tenuità della condotta criminosa attribuita al XXX;
d) era insufficiente ed illogica la motivazione del diniego delle attenuanti dell’art. 62 bis c.p. e dell’art. 62 n. 4 c.p., attenuanti di cui il ricorrente era meritevole anche in ragione del tempo trascorso dal fatto (14 anni) e che dovevano concedersi come prevalenti o almeno equivalenti alla contestata recidiva.
1- Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il motivo che precede sub a) si colloca al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perché in esso sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno evidenziato l’attendibilità del YYY (le cui dichiarazioni, non trattandosi di chiamante in reità o correità, non abbisognano di riscontri esterni) e la responsabilità dell’odierno ricorrente in quanto trovato in possesso di un ciclomotore di provenienza furtiva recante la targa appartenente ad altro mezzo, nonché numero di telaio e certificato di conformità contraffatti.
Ogni ulteriore considerazione a riguardo scivola sul piano dell’apprezzamento di merito, precluso in sede di legittimità.
2- Ancora da disattendersi sono i motivi che precedono sub b) e sub c): a differenza di quanto avviene nel delitto di ricettazione, in quello di riciclaggio il dolo è generico e comprende la volontà di compiere le attività relative ad impedire l’identificazione della provenienza delittuosa di beni od altre utilità nonché la consapevolezza di tale provenienza, senza alcun riferimento a scopi ulteriori (cfr. Cass. Sez. VI n. 16980 del 18.12.2007, dep. 24.4.2008, rv. 239843; Cass. Sez. IV n. 6350 del 30.1.2007, dep. 15.2.2007, rv. 231053; Cass. Sez. II n. 13448 del 23.2.05, dep. 12.4.05, rv. 231053). Non è, invece, necessario che il soggetto attivo sia consapevole anche dell’idoneità della condotta tesa ad ostacolare l’identificazione del mezzo.
A ciò si aggiunga, quanto alla consapevolezza dell’illecita provenienza del bene, che per costante insegnamento di questa S.C. la prova dell’elemento soggettivo, non solo nel delitto di ricettazione, ma anche in quello di riciclaggio, come nel caso di specie, può essere raggiunta -così come correttamente hanno fatto i giudici del merito- anche sulla base dell’omessa, o non attendibile, indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede.
La conferma della qualificazione giuridica del reato, anche sotto il profilo del dolo, come violazione dell’art. 648 bis c.p. assorbe ogni ulteriore discorso circa la configurabilità, nel caso di specie, del delitto p. e p. ex art. 648 cpv. c.p. o della contravvenzione p. e p. ex art. 712 c.p.
Quanto all’elemento materiale, le doglianze di cui al ricorso collidono -senza addurre motivo alcuno per superarla- con la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo cui integra il delitto di riciclaggio la condotta del soggetto che, per occultare la provenienza delittuosa di un’autovettura o di un ciclomotore, ne alteri in tutto o in parte gli identificativi (targhe, numero di telaio, documenti di circolazione: cfr. Cass. Sez. II n. 38581 del 25.9.07, dep. 18.10.07, rv. 237989; Cass. Sez. II n. 44305 del 25.10.05, dep. 5.12.2005, rv. 232770; Cass. Sez. II n. 9026 dell’11.6.97, dep. 3.10.97, rv. 208747; Cass. Sez. I n. 3373 del 14.5.97, dep. 21.6.97, rv. 207850; Cass. Sez. I n. 7558 del 29.3.93, dep. 3.8.93, rv. 194767).
3- Ancora manifestamente infondata è la censura sub d), noto essendo in giurisprudenza che ai fini della determinazione della pena e dell’applicabilità delle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis c.p. non è necessario che il giudice, nel riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., li esamini tutti, essendo invece sufficiente che specifichi a quale di essi ha inteso fare riferimento. Ne consegue che con il riferimento ai precedenti penali dell’imputato, indice concreto della personalità criminale del reo, l’impugnata sentenza ha adempiuto l’obbligo di motivare sul punto (cfr. ad esempio Cass. Sez. I n. 707 del 13.11.97, dep. 21.2.98; Cass. Sez. I n. 8677 del 6.12.2000, dep. 28.2.2001 e numerose altre).
Le argomentazioni svolte in ricorso circa il carattere risalente nel tempo del reato (motivatamente considerato irrilevante dai giudici del gravame, che -anzi- hanno sottolineato una sorta di escalation criminale del XXX, visti i successivi precedenti penali accumulati nel tempo) finiscono solo con il sollecitare un diverso apprezzamento del quantum di pena, non consentito innanzi a questa S.C.
Infine, il diniego dell’attenuante dell’art. 62 n. 4 c.p. risulta correttamente motivato in relazione al valore commerciale del ciclomotore all’epoca del riciclaggio, che aveva seguito il furto del mezzo ad appena 4 mesi di distanza.
4- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente alle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 19.5.10.
DEPOSITATO IN CANCELLERIA IL 14 GIUGNO 2010

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