Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
A.D., tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento, in data 21.4.2010, con cui la Corte d’Appello di Palermo rigettava l’appello proposto avverso il decreto del Tribunale di Palermo, sez. Misure di Prevenzione del 20.2.2009 che aveva disposto la confisca, tra l’altro, delle quote sociali e dell’intero patrimonio degli eredi Vincenzo Aiello s.n.c. ed, in particolare, del 50% delle quote sociali (e del relativo patrimonio) di competenza del ricorrente.
Il ricorrente chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato e la restituzione dei beni a lui appartenenti, deducendo:
violazione, erronea applicazione della L. 31 maggio 1965, n. 575, artt. 1 e segg. nonchè mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione alle allegazioni difensive, da intendersi integralmente richiamate; la Corte d’appello aveva apoditticamente affermato che la società Eredi di Vincenzo Aiello, di cui il ricorrente deteneva il 50% delle quote, fosse nella esclusiva disponibilità di A.E. (sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni tre) e che il patrimonio sociale fosse la risultante di un sodalizio instaurato con l’organizzazione mafiosa; alla stregua dei rilievi difensivi, svolti nel procedimento di prime cure, doveva, invece, ritenersi che gli interessi economici di A.D. fossero distinti ed autonomi rispetto a quello riconducibili al fratello, A.E.;
incombeva, peraltro, all’accusa spiegare le ragioni della ritenuta interposizione fittizia sulla base di elementi fattuali gravi, precisi e concordanti. Il ricorso è manifestamente infondato.
Va, innanzitutto, rilevato che, in materia di misure di prevenzione reali, il giudizio di legittimità della Corte è circoscritto al vizio di violazione di legge o difetto assoluto di motivazione; le doglianze proposte esulano, pertanto, dal sindacato di legittimità, in quanto attinenti ad una valutazione alternativa rispetto a quella del giudice di merito in ordine alla affermata interposizione fittizia del ricorrente nella gestione di quote sociali, ritenute di provenienza illecita e facenti capo al proposto, A.E., sottoposto a misura di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e già condannato, ex art. 416 bis c.p., per concorso esterno all’associazione mafiosa" Cosa Nostra".
La Corte territoriale ha dato conto degli elementi di prova posti a base della misura patrimoniale in esame, considerato, essenzialmente, l’esito della consulenza contabile in sede penale, con cui era stato accertato che la società dell’ A., a fronte di limitati interventi della finanza bancaria,disponeva di risorse estranee all’attività aziendale, ritenute originate "dall’operare sul mercato di un’impresa a partecipazione mafiosa". Va, peraltro, ribadito l’onere di allegazione,incombente sull’interessato, circa la esclusiva disponibilità dei beni sottoposti a confisca, stante la presunzione, L. n. 575 del 1965, ex art. 2 bis, della loro effettiva disponibilità in testa al proposto,raggiunto da misura di prevenzione personale.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, somma determinata in via equitativa, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
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