T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 18-03-2011, n. 499 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 11 ottobre 2007 e depositato il seguente 24 ottobre, la ricorrente, assegnataria di un contributo finanziario di Euro 1.551.692,54 erogato dalla resistente Amministrazione, corrispondente al 60 per cento dell’importo progettuale proposto pari ad Euro 2.531.154,23, ha impugnato – chiedendone l’annullamento, vinte le spese – il d.d.g. n. 88/Pesca/2007 datato 4 maggio 2007, con cui il resistente Assessorato regionale ha ridotto il contributo in argomento dall’importo sopraindicato a quello di Euro 1.200.000,00.

2. Il ricorso si articola in due motivi con cui si deducono i seguenti vizi:

a) Violazione degli artt. 8 e 10 della l.r. n. 10 del 1991 e violazione del principio di effettività della partecipazione al procedimento amministrativo, stante, in tesi, la mancata comunicazione di avvio del procedimento amministrativo in relazione alla nota del 13 ottobre 2006 e la mancata assegnazione di un termine entro cui consentire alla ricorrente l’esercizio delle facoltà di cui all’art. 10 della l.r. n. 10 del 1991;

b) Violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della l. 7 agosto 1990, n. 241, violazione del principio di affidamento, violazione per mancata applicazione dell’art. 1, comma 136 della l. n. 311 del 2004, nonché eccesso di potere sotto il profilo della incongrua motivazione ed irragionevolezza, in quanto sarebbe stato posto in essere un atto di secondo grado in assenza dei presupposti previsti dalla legge ed in asserita mancata considerazione degli interessi dei destinatari del provvedimento.

3. Con ricorso per motivi aggiunti notificato il 25 settembre 2009 e depositato il seguente 2 ottobre, la ricorrente ha impugnato, chiedendone la declaratoria di nullità, la nota (prot. n. 2071/09) con cui il resistente Assessorato regionale ha rideterminato la misura parziale della liquidazione in favore della stessa.

4. Si è costituita l’Amministrazione intimata che, con memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione ha chiesto la reiezione del ricorso.

5. All’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2011, presenti i procuratori delle parti che si sono richiamati alle già espresse domande e conclusioni, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Ai fini di una migliore comprensione delle questioni sottoposte alla cognizione del Collegio occorre ricostruire succintamente la vicenda sulla quale si è innestata la presente controversia.

Con avviso pubblicato nella G.U.R.S. n. 18 del 23 aprile 2004, l’Assessorato regionale della cooperazione, del commercio, dell’artigianato e della pesca ha indetto la procedura per la presentazione di istanze a valere sulla misura 4.16 – sottomisura c) del P.O.R. Sicilia 2000/2006, nello specifico finalizzate al "potenziamento e adeguamento degli impianti esistenti per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici e ammodernamento dei mercati ittici tramite sistemi di collegamento telematico".

Con decreto n. 231/Pesca/2005 del 16 dicembre 2005, il Dirigente generale del Dipartimento regionale della pesca ha ammesso a finanziamento il progetto proposto dalla ricorrente, il cui quadro economico recava un costo complessivo di Euro 2.531.154,24, con assegnazione di un contributo pari al 60 per cento di tale importo, per complessivi Euro 1.518.692,54. Detto decreto ha stabilito che il pagamento sarebbe stato effettuato, per il 50 per cento della somma complessiva concessa, mediante anticipazione a richiesta dell’interessato (e previa presentazione di polizza fideiussoria) e, quanto al saldo, a seguito di "presentazione dei documenti giustificativi relativi alle spese effettuate".

Una volta notificato il decreto di finanziamento la ricorrente – secondo quanto esposto – ha dato avvio ai lavori di cui al progetto, siccome comunicato all’Assessorato – con nota acquisita agli atti dello stesso- in data 28 dicembre 2005, allorché l’Amministrazione ha emesso un primo mandato di pagamento a titolo di anticipazione per un importo pari ad Euro 759.346,27.

In data 6 luglio 2006 un’unità di personale direttivo del resistente Assessorato ha effettuato una visita di controllo sui luoghi interessati dal progetto, a seguito della quale è stata redatta specifica relazione (del 9 agosto 2006) inerente allo stato di avanzamento dei lavori edili e di sbancamento, nonché, sotto il profilo amministrativo. Con la medesima relazione il funzionario incaricato ha rilevato come l’importo ammesso a contributo (peraltro in parte erogato a titolo di anticipazione) ed oggetto del primo decreto risultasse "maggiore di quello previsto dal bando".

Con note del 2 e 13 ottobre 2006, l’Amministrazione ha, dapprima, invitato la ricorrente a prendere contatti con i medesimi uffici e, poi, ha rappresentato alla stessa l’esigenza di "fornire delucidazioni in ordine all’iniziativa finanziata" le quali sarebbero state rese note nel corso di un incontro presso l’Assessorato da tenersi il successivo giorno 18 (al quale i rappresentanti della società ricorrente non hanno preso parte).

Il 27 aprile 2007, con nota prot. n. 1350 (anticipata a mezzo fax e ricevuta il 4 maggio 2007), il Dirigente responsabile del Servizio disciplina comunitaria del Dipartimento pesca, ha reso nota alla ricorrente Società Recca la "predisposizione" di un provvedimento a rettifica del d.d.g. n. 231/Pesca del 18 novembre 2005, di concessione del contributo.

2. Il ricorso è meritevole di accoglimento e va accolto secondo quanto di seguito specificato.

3. Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 8 e 10 della l. r. n. 10 del 1991 per la asserita impossibilità di partecipare al procedimento amministrativo.

In particolare, ad avviso della ricorrente, la nota del 27 aprile 2007, con la quale è stata comunicata la predisposizione del provvedimento di rettifica dell’importo del contributo, emanato, poi, a distanza di pochi giorni (sette), non integrerebbe gli estremi formali e sostanziali di una comunicazione di avvio del procedimento. Questa, in realtà, avrebbe dovuto, in tesi, concretizzarsi – cosa che in realtà non è stata – con la nota del 13 ottobre 2006, allorché la ditta ricorrente era stata invitata a presenziare all’incontro previsto (come sopra detto, fissato per il successivo giorno 18). Ad avviso della ricorrente non sarebbe stata rispettata né la previsione legislativa che obbliga alla comunicazione di avvio del procedimento, né, tanto più, quella secondo la quale è data la facoltà al privato di presentare memorie ed osservazioni che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare.

La tesi di parte ricorrente è contrastata dall’Avvocatura dello Stato la quale sottolinea che:

a) la ricorrente era, secondo quanto esposto, a conoscenza della problematica inerente al quantum (non) finanziabile sin dalla data del sopralluogo di verifica di cui sopra, e che, nel caso di specie, non sarebbe stata comunque necessaria alcuna comunicazione di avvio del procedimento poiché trattavasi di attività vincolata della p.a. ("contenuto dovuto e vincolato", pag. 4 memoria);

b) l’utilità sostanziale cui aspira la ricorrente, ossia un contributo superiore a quello previsto dal bando, avrebbe dovuto necessariamente muovere da un’impugnativa del decreto originario (di concessione dell’intero contributo), la mancata proposizione della quale determinerebbe, secondo la prospettazione della difesa erariale, l’inammissibilità del gravame.

Il motivo è fondato.

Muovendo dall’adombrata inammissibilità del ricorso, osserva il Collegio che al cospetto di un provvedimento a sé favorevole, è da ritenere che nessun onere di impugnativa dello stesso gravasse in capo alla ricorrente.

Nel merito, l’impugnato decreto è un vero e proprio provvedimento di autotutela che promana dalla necessità di rimuovere il precedente decreto che, in modo erroneo, ha concesso il contributo di che trattasi per una misura superiore a quella prevista dall’avviso.

La natura del vizio che inficia il provvedimento originario del quale, con un atto di ritiro, è disposta la parziale rimozione (ossia della parte che implica un’erogazione in misura superiore a quella prevista dall’Avviso), non vale a mutare le caratteristiche proprie del potere (di autotutela) esercitato, il quale, per la natura dei presupposti da cui muove – quale, ad esempio, la valutazione (discrezionale) dell’amministrazione circa la ponderazione dell’interesse pubblico sottostante -, deve essere comunque sempre espressione del momento valutativo di tutti gli interessi in gioco.

Nel caso di specie, al di là della asserita effettiva conoscenza o meno, da parte della ricorrente, della problematica amministrativa inerente all’erogazione del contributo, non è revocabile in dubbio che l’unico atto configurabile quale comunicazione di avvio è quello del 27 aprile 2007 il quale, tuttavia, non incarnato la funzione per la quale il legislatore l’ha prevista: ossia quella di consentire al privato la partecipazione al procedimento mediante apporto degli interessi di parte, da valutarsi nel corso dell’istruttoria, con le connesse refluenze nella motivazione della scelta posta in essere.

Non è superfluo ricordare che il contraddittorio garantito dalla possibilità di dedurre nel procedimento attraverso memorie scritte fa sì che sia consentito adeguatamente all’interessato di mettere in evidenza i propri interessi ed illustrare in maniera compiuta le ragioni poste a sostegno delle proprie richieste, dovendosi ritenere, che quantunque la legge generale sul procedimento (sia statale che regionale) non prescriva espressamente che la comunicazione di avvio del procedimento debba contenere un termine entro il quale l’interessato può presentare memorie scritte e documenti, tale diritto (riconosciuto dall’art. 10 l. n. 241 del 1990 e della omologa disposizione legislativa regionale ex l.r. n. 10/1991) deve pur essere esercitato in un termine congruo, connotazione, questa, che i sette giorni del caso di specie, ad avviso del Collegio, non riveste, avuto riguardo anche ad una possibile analogia – come, peraltro, condivisibilmente sottolineato dalla ricorrente – con quanto espressamente previsto dall’art. 10 bis l.r. n. 10 del 1991 (che prevede un termine minimo di dieci giorni).

Va aggiunto che il tenore delle superiori considerazioni non muterebbe ove il parametro legislativo di riferimento fosse ritenuto quello di cui all’art. 1, comma 136 della l. n. 311 del 2004, e ciò sul rilievo che anche nell’applicazione di detta disposizione, finalizzata a conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, il momento della valutazione o del giudizio mantiene una posizione di primissimo ordine.

Ciò detto, nessun richiamo – con ciò qui anticipando la trattazione delle due ultime censure del secondo motivo – ad apporti partecipativi della ricorrente e, men che mai alla necessaria valutazione degli interessi della stessa, è dato evincere dal provvedimento impugnato, di guisa che lo stesso non resiste ai dedotti profili di eccesso di potere: frutto, questo anche della oggettiva conduzione del procedimento che ha visto, a parte l’errore nell’individuazione della soglia di contributo erogabile, evidenti ritardi (si noti, ad esempio, che la segnalazione dei vizi operata dal funzionario verificatore, come si evince dalla produzione documentale dell’Avvocatura dello Stato, è del 9 agosto 2006, e che i primi tentativi di affrontare la questione si rinvengono nel successivo mese di ottobre, con un’ulteriore successiva stasi che si è protratta fino al maggio 2007, allorché è stato emanato il provvedimento impugnato).

La tempestiva adozione del provvedimento di annullamento, ove preceduto dalle prescritte attività procedimentali di garanzia, avrebbe consentito di assumere la decisione in un termine nel quale – come dimostrato dalle fatture versate agli atti del giudizio – non si sarebbe posto il problema dei gravosi oneri finanziari sostenuti dalla ricorrente per la realizzazione del progetto, per buona parte concentrati nel primo semestre del 2007.

4. Per le suesposte considerazioni, assorbita ogni altra questione od eccezione inifluente od irrilevante ai fini della presente decisione, il ricorso va accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Vanno fatte salve, ovviamente, le ulteriori determinazioni di competenza dell’Amministrazione.

5. Le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensati avuto riguardo agli specifici profili della controversia.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione terza, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nella stessa epigrafe indicati, salvi gli ulteriori provvedimenti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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