Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-07-2011, n. 15291 Rovina e difetti dell’immobile Parti comuni dell’edificio Cosa in custodia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

E. e G.R. convenivano in giudizio il condominio di via (OMISSIS) per sentir dichiarare illegittima la deliberazione adottata dall’assemblea condominiale il 18/3/1994 ed accertare la competenza del condominio in relazione all’effettuazione dei lavori di straordinaria manutenzione necessari per eliminare i danni derivanti dalle infiltrazioni provenienti dalle parti comuni, con conseguente condanna del condominio ad effettuare detti lavori a sue spese.

Il condominio, costituitosi, chiedeva il rigetto della domanda sostenendo che la responsabilità doveva essere imputata al costruttore dell’edificio e al direttore dei lavori in quanto non esisteva nell’edificio quella intercapedine che era stata progettata al fine di evitare le infiltrazioni, circostanza ben nota agli attori figli del geometra che, quale rappresentante della società costruttrice, aveva sottoscritto gli elaborati progettuali. La mancanza dell’intercapedine era quindi riconducibile a fatto proprio del dante causa degli attori. Inoltre le infiltrazioni non provenivano dalle parti comuni.

Con sentenza n. 192/03 l’adito tribunale di Trieste rigettava la domanda degli attori.

Avverso la detta sentenza i G. proponevano appello al quale resisteva il condominio.

Con sentenza 9/10/2004 la corte di appello di Trieste rigettava il gravame osservando: che la questione in esame non riguardava la validità della delibera impugnata dagli appellanti, ma il merito, ossia la sussistenza di un obbligo del condominio di effettuare i lavori richiesti; che l’edificio condominiale era stato collocato lungo un pendio per cui era stato effettuato un ampio sbancamento e costruito un muro di contenimento del detto pendio; che al livello 3^ e al livello 4^ si trovava l’unità immobiliare dei G. gravemente danneggiata dall’umidità; che, come osservato dal c.t.u., tale unità immobiliare doveva nel progetto iniziale essere isolata dal pendio da alcune intercapedini che erano state poi incorporate nella proprietà esclusiva in questione; che i solai relativi a detta unità immobiliare erano stati innestati nel muro di contenimento del pendio; che il tratto di disimpegno privo di intercapedine ed incorporato nella proprietà esclusiva era il più danneggiato essendo a contatto con il pendio; che il vano previsto nel progetto originario come intercapedine e, cioè, come vano tecnico destinato ad essere inagibile e di pertinenza condominiale, era stato incorporato nella proprietà esclusiva ed era aderente al pendio senza alcuna intercapedine per la protezione dal freddo e dall’umidità; che questo tratto parte dell’abitazione era il più danneggiato; che l’azione promossa dagli appellanti era inquadrarle tra quelle volte al risarcimento dei danni per responsabilità ex art. 2051 c.c.; che nella specie non vi erano i presupposti per la detta azione in quanto i danni lamentati non erano stati causati da "cose" appartenenti al condominio; che, eliminata l’intercapedine prevista nell’originario progetto e creato al suo posto un vano di proprietà esclusiva dei G., non vi era alcuna opera di proprietà condominiale da ritenere causa dell’umidità lamentata dagli appellanti; che l’umidità non arrivava attraverso il contatto diretto con il pendio, ma attraverso la struttura dei solai innestati nel muro di contenimento del pendio; che le opere di isolamento dovevano essere eseguite a valle, ossia a difesa delle proprietà singole, e non a monte nelle strutture comuni dell’edificio; che in conclusione il vizio costruttivo era riferibile alla adibizione di un vano, avente funzione di isolamento, ad uso di vano di proprietà esclusiva, per cui era da escludere un vizio costruttivo relativo a bene condominiale; che l’isolamento dei vani abitabili dall’umidità proveniente dal pendio doveva essere previsto a carico della proprietà individuale e non della proprietà comune; che le proposte dei tecnici per risolvere il problema attenevano ad interventi sui solai, ossia su proprietà individuale; che non si verteva quindi in una ipotesi di responsabilità ex art. 2051 c.c..

La cassazione della sentenza della corte di appello di Trieste è stata chiesta da E. e G.R. con ricorso affidato a due motivi illustrati da memoria.

Il condominio di via (OMISSIS) ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso E. e G.R. denunciano violazione degli artt. 2051 e 1669 c.c. deducendo che le deficienze strutturali lamentate da essi ricorrenti risultano causati dalla variante, eseguita durante la costruzione dell’edificio, con la quale è stata esclusa l’intercapedine che avrebbe dovuto contribuire ad isolare i muri condominiali dalle infiltrazioni provocate dal contatto con il terreno in cui era stato eseguito lo sbancamento per costruire l’immobile. L’intercapedine sarebbe servita a far circolare l’aria, a difendere dall’umidità, ad evitare infiltrazioni a vantaggio delle parti necessarie per l’intero edificio. La detta esclusione sarebbe stata ragione sufficiente per agire da parte del condominio nei confronti dell’appaltatore ex art. 1669 c.c. per i vizi riguardanti le parti comuni dell’edificio. Il titolare di una porzione di proprietà esclusiva può invece agire nei confronti del condominio ex art. 2051 c.c. per i danni subiti a causa dei vizi delle parti comuni imputabili al venditore-costruttore. Il condominio, infatti, è obbligato ad adottare tutte le misure al fine di evitare che le cose comuni rechino pregiudizi ad alcuno e risponde dei danni in base all’art. 2051 c.c. pur se tali danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore ex art. 1669 c.c.. La corte di appello ha confuso la responsabilità di cui all’articolo 2051 con quella prevista dall’art. 2053 c.c. e che si riferisce alla proprietà e non alla custodia.

Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano vizi di motivazione deducendo che la corte di appello ha errato nell’applicare il principio di diritto che si riferisce alla umidità proveniente dalle fondamenta. Nella specie, invece, deve essere applicato il diverso principio stabilito in relazione a parti che, come i solai o i lastrici solari, seppur di pertinenza esclusiva, svolgono comunque una funzione comune all’intero edificio. Da ciò consegue che l’obbligo di provvedere alla riparazione o ricostruzione di tali parti grava su tutti i condomini con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c.. Quindi il condominio, quale custode ex art. 2051 c.c., risponde dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione delle dette parti dell’edificio.

La Corte rileva la fondatezza delle dette censure che possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione ed interdipendenza riguardando tutte le stesse questioni sia pur affrontate sotto aspetti e profili diversi.

La corte di appello – come sopra riportato nella parte narrativa che precede – ha accertato in fatto che:

– l’unità immobiliare di proprietà esclusiva dei G. nel progetto iniziale dell’edificio condominiale doveva essere isolata dal pendio da alcune intercapedini incorporate poi nella proprietà esclusiva grazie ad una variante, sicchè questa parte dell’unità abitativa aderisce direttamente al pendio senza alcuna intercapedine per cui è la più danneggiata;

– i solai di detta unità immobiliare sono stati innestati nel muro di contenimento del pendio;

– l’umidità proveniente dal pendio giunge ai vani dell’unità abitativa attraverso i solai;

– la cause tecniche delle infiltrazioni vanno individuate nell’assenza di idonea intercapedine e nella realizzazione dei solai su un muro contro terra senza opere di difesa.

La corte di merito, sulla base dei detti accertamenti in fatto, ha escluso l’applicabilità della disposizione dettata dall’art. 2051 c.c. affermando che i "danni lamentati non sono stati causati da cose appartenenti al condominio" non potendo essere attribuita la causa dell’umidità ad opere di proprietà condominiale in quanto l’umidità alla unità immobiliare in questione arriva attraverso i solai – di proprietà individuale – innestati nel muro di contenimento del pendio.

Ciò posto è evidente l’errore commesso dalla corte di appello la quale non ha correttamente applicato i seguenti principi che questa Corte ha avuto modo di affermare:

– riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all’originario costruttore-venditore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell’art. 1669 cod. civ., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all’art. 2051 in relazione alla ricollegabilità di quei danni all’inosservanza da parte del condominio medesimo dell’obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa (sentenza 21/6/1993 n. 6856);

– il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all’art. 2051 cod. civ. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorchè i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore – venditore, ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., non potendosi equiparare i difetti originari dell’immobile al caso fortuito, che costituisce l’unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 cod. civ.; qualora la situazione dannosa sia potenzialmente produttiva di ulteriori danni, il condominio può essere obbligato anche a rimuovere le cause del danno stesso, ex art. 1172 cod. civ. (sentenza 20/8/2003 n. 12211);

– ai fini dell’attribuzione della responsabilità prevista dall’art. 2051 c.c. è necessaria una relazione tra la cosa in custodia e l’evento dannoso; se, pertanto, la cattiva coibentazione delle parti comuni si riverbera sulle unità immobiliari di proprietà esclusiva, il condominio non è responsabile allorquando tale difetto non sia dovuto alle caratteristiche intrinseche dell’edificio, ma ad altri fattori che causano effettivamente il danno (sentenza 18/2/2011 n. 4012);

– l’umidità conseguente ad inadeguata coibentazione delle strutture perimetrali di un edificio, può integrare, ove sia compromessa l’abitabilità e il godimento del bene, grave difetto dell’edificio ai fini della responsabilità del costruttore ex art 1669 c.c. Tuttavia, qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (sentenza 15/4/1999 n. 3753).

E’ evidente che la corte di appello non ha correttamente applicato i detti principi non avendo considerato che i danni lamentati dai ricorrenti derivano dai difetti costruttivi dell’edificio condominiale, ossia dall’errata eliminazione dell’intercapedine tra il muro di contenimento del pendio retrostante – di proprietà condominiale e l’unità immobiliare dei condomini G., nonchè dall’innesto dei solai di detta unità immobiliare direttamente nel muro di sostegno. Da tali errori costruttivi discende l’infiltrazione delle acque meteoriche della falda retrostante l’edificio attraverso il muro di contenimento; da detto muro l’acqua penetra nell’unità dei ricorrenti attraverso i solai realizzati con innesto diretto nel muro di sostegno senza la creazione di una discontinuità tra detto muro e la testa dei solai.

In definitiva i danni lamentati dai G. trovano la loro causa nelle infiltrazioni d’acqua provenienti dal muro di contenimento di proprietà condominiale. L’acqua poi penetra e si propaga nella proprietà esclusiva dei G. attraverso i solai di tale proprietà che si innestano direttamente nel muro di sostegno a seguito di un palese errore nella costruzione dell’edificio.

Quindi, al contrario di quanto affermato dalla corte di appello, nella specie trova puntuale applicazione la disposizione dettata dall’art. 2051 c.c., norma invocata dai ricorrenti a sostegno della domanda proposta nei confronti del condominio.

Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata ad altra sezione della corte di appello di Trieste che procederà ad un nuovo esame tenendo conto dei rilievi sopra esposti ed uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati. Il designato giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della corte di appello di Trieste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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