Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
M.C. ricorre in cassazione avverso la sentenza, in data 19.03.2010, della Corte d’Appello di Torino che, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal GIP presso il Tribunale di Novara il 22.11.2006 in ordine al delitto di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, ha ridotto a mesi due il periodo di sospensione della patente di guida.
In sintesi il fatto per una migliore comprensione dei motivi posti a base del ricorso:
Alle ore 16.10 del 3.10.1004 sulla s.s. (OMISSIS), in territorio del Comune di (OMISSIS), il fuoristrada Nissan Trail guidato da M.C., proveniva da (OMISSIS). Giunto nell’abitato di (OMISSIS), effettuava una breve fermata nello spiazzo antistante il mobilificio Divani Idea, riprendeva il movimento e intraprendeva una manovra di inversione a U per ritornare verso (OMISSIS). Secondo la prima ricostruzione della Polizia Stradale, nell’eseguire la manovra, il M. non si sarebbe accorto che da tergo – nella sua stessa direzione di marcia, quindi verso (OMISSIS) – sopraggiungeva il motociclo Honda guidato dal cittadino rumeno P.C.S..
Nel momento in cui stava per completare la manovra e si trovava in posizione obliqua rispetto all’asse stradale, il fuoristrada entrava in collisione con il motociclo, con urto di tipo frontale laterale, che interessava la parte anteriore del motociclo e la fiancata destra dell’altro veicolo. L’urto era talmente violento che la moto veniva sbalzata verso destra, e dopo avere urtato contro una pietra chilometrica, finiva con l’impattare contro un manufatto in cemento delimitante un’area privata, indi terminava la propria corsa nel fossato.
A seguito dell’urto, si verificava il distacco della ruota anteriore della motocicletta ed altri danni, mentre il fuoristrada Nissan subiva strisciature laterali.
Nell’urto, il P. decedeva pochi minuti dopo sull’autoambulanza del 118 per arresto cardiocircolatorio.
In occasione dei primi accertamenti della Polizia stradale, si evidenziava la presenza sull’asfalto di una traccia gommosa di scarrocciamento lasciata dai pneumatici del motociclo.
Al M. veniva contestata la violazione dell’art. 154 C.d.S. perchè, nell’eseguire la manovra di inversione ad U, non aveva dato la precedenza al motociclista.
Veniva accertato che la vittima aveva, a propria volta, concorso nel sinistro tenendo una velocità eccessiva in relazione alle condizioni del traffico e al centro abitato.
Infatti, secondo le dichiarazioni di altri due motociclisti che procedevano nella stessa direzione del rumeno, questi, ad un certo punto, li aveva superati ad una velocità stimata intorno agli 80/100 km orari, in un tratto di strada ove vige il limite dei 50 km/h e il divieto di sorpasso.
Il Gip ha affermato la penale responsabilità del ricorrente, pur riconoscendo un concorso di colpa del P. nella causazione del sinistro, ritenendo provato che la morte del P. sia da ascrivere alla colposa condotta dell’imputato, per avere egli violato l’art. 154 C.d.S. e cioè per avere omesso di dare precedenza a veicoli in movimento, ed, in ogni caso, ascrivendogli una condotta genericamente colposa di guida imprudente che portò al violento impatto con il motociclista che percorreva la propria corsia di pertinenza.
La Corte d’Appello, nel fare proprio l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado, ha ritenuto infondati i motivi del gravame.
Il M. con un unico motivo denuncia violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 154 C.d.S..
Si argomenta che nessuna norma, nè tanto meno il richiamato art. 154 C.d.S., impone al conducente, in procinto di effettuare una manovra di inversione ad U, di ispezionare più volte le corsie che sta per impegnare di spettanza dei veicoli con diritto di precedenza. Non vi era alcun motivo che il M. dovesse prevedere l’imprevedibile cioè il sopraggiungere di un motociclista a forte di velocità. Era costui che avrebbe dovuto scorgere il furgone nella manovra di inversione che aveva già impegnato la carreggiata e diminuire la velocità. La Corte Distrettuale non ha adeguatamente motivato, perchè non dice in base a quale norma prudenziale il M. dovesse ispezionare più volte la strada alla sua destra e perchè, invece, la condotta del motociclista non sia da ritenersi assorbente nonostante la gravità delle violazioni commesse e la imprevedibilità delle stesse. Si richiama il principio dell’affidamento del rispetto delle norme di circolazione da parte degli utenti della strada che è contitio sine qua non per la stessa circolazione stradale. Il M. segnalò tempestivamente la sua manovra che doveva e poteva essere percepita da qualunque utente della strada, tant’è che dei tre motociclisti che stavano sopraggiungendo solo la parte offesa continuò la sua corsa senza prestare attenzione alla presenza del fuoristrada del M..
Il ricorso va dichiarato inammissibile essendo manifestamente infondato il motivo su cui si basa.
La giurisprudenza di questa sezione della Corte, in tema di circolazione stradale, tende ad escludere o limitare al massimo la possibilità di fare affidamento sull’altrui correttezza. Si afferma, così, che poichè le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sè condotta negligente. Di recente (V. Sez. 4, Sentenza n. 46741 del 08/10/2009 Ud., Rv. 245663) si è affermato, anche, che un’istanza di sensatezza del sistema e di equità induce con immediatezza a cogliere che il principio di affidamento debba essere in qualche guisa riconosciuto nell’ambito della circolazione stradale. La soluzione contraria non solo sarebbe irrealistica, ma condurrebbe a risultati non conformi al principio di personalità della responsabilità, prescrivendo obblighi talvolta inesigibili e votando l’utente della strada al destino del colpevole per definizione o, se si vuole, del capro espiatorio.
Nè può esercitare un’influenza contraria (come sostiene il ricorrente) il fatto che gli altrui comportamenti imprudenti siano tanto gravi quanto diffusi, un tale approccio condurrebbe, addirittura, ad un effetto paradossale: quello di svuotare la forza cogente della disciplina positiva e di generare un patologico affidamento inverso da parte dell’agente indisciplinato sulla altrui attenzione anche nel prevedere le proprie audaci intemperanze comportamentali.
Per tentare di definire la concreta portata del principio nell’ambito della circolazione occorre considerare che i contesti fattuali possibili sono assolutamente indeterminati; e non è quindi realistico che l’affidamento concorra a definire i modelli di agenti, le sfere di rischio e di responsabilità in modo categoriale, come invece accade nel ben più definito contesto del lavoro in equipe (soprattutto nell’ambito della colpa medica) e, entro confini peraltro assai limitati, nell’ambito della sicurezza del lavoro.
Le esigenze di limitazione del dovere di prudenza sono scorte dalla giurisprudenza che richiede che l’altrui irregolarità sia prevedibile: un limite che, naturalmente, assume diversa ampiezza in relazione alle diverse norme, più o meno rigide, più o meno rigorose, che possono entrare in questione. E’ tuttavia importante che tale limite sia enunciato; che esso sia scorto, per così dire, come un attributo che modella la colpa; che soprattutto ne siano definiti i tratti essenziali: non una prevedibilità astratta che risulterebbe in fin dei conti insignificante, ma piuttosto concreta, rapportata alle circostanze del caso concreto. Occorre, in breve, che le circostanze di ciascun accidente mostrino segni, indizi anche tenui che consentano di rendere concretamente non insignificante la probabilità di condotte inosservanti. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte ha in numerose occasioni sottolineato il ruolo fondante della prevedibilità ed evitabilità dell’evento. Anche nell’ambito della circolazione stradale, che qui interessa, è stata ripetutamente affermata la necessità di tener conto degli elementi di spazio e di tempo, e di valutare se l’agente abbia avuto qualche possibilità di evitare il sinistro: la prevedibilità ed evitabilità vanno cioè valutate in concreto (Cass. 4, 25 ottobre 1990, Rv. 185559; Cass. 4, 9 maggio 1983, Rv. 159688; Cass. 5, 2 febbraio 1978, Rv. 139204). Tali enunciazioni generali abbisognano di un ulteriore chiarimento, già del resto ripetutamente proposto di recente da questa Corte (Cass. 4, 06 luglio 2007, Rv. 237050; Cass. 4, 7 febbraio 2008, Rv. 239258): l’esigenza della prevedibilità ed evitabilità in concreto dell’evento si pone in primo luogo e senza incertezze nella colpa generica, poichè in tale ambito la prevedibilità dell’evento ha un rilievo decisivo nella stessa individuazione della norma cautelare violata; ma anche nell’ambito della colpa specifica la prevedibilità vale non solo a definire in astratto la conformazione del rischio cautelato dalla norma, ma rileva pure in relazione al profilo squisitamente soggettivo, al rimprovero personale, imponendo un’indagine rapportata alle diverse classi di agenti modello ed a tutte le specifiche contingenze del caso concreto. Certamente tale spazio valutativo è pressochè nullo nell’ambito delle norme rigide la cui inosservanza da luogo quasi automaticamente alla colpa; ma nell’ambito di norme elastiche che indicano un comportamento determinabile in base a circostanze contingenti, vi è spazio per il cauto apprezzamento in ordine alla concreta prevedibilità ed evitabilità dell’esito antigiuridico da parte dell’agente modello. Non può essere escluso del tutto che contingenze particolari possano rendere la condotta inosservante non soggettivamente rimproverabile a causa, ad esempio, della imprevedibilità della condotta di guida dell’altro soggetto coinvolto nel sinistro. Tuttavia, tale ponderazione non può essere meramente ipotetica, congetturale, ma deve di necessità fondarsi su emergenze concrete e risolutive, onde evitare che l’apprezzamento in ordine alla colpa sia tutto affidato all’imponderabile soggettivismo del giudice. L’esigenza di una indagine concreta, si è pure affermato dalla giurisprudenza da ultimo indicata, non viene meno neppure quando, come nella circolazione stradale, la condotta inosservante di altri soggetti non costituisce in sè una contingenza imprevedibile, si è chiarito che lo spazio per l’apprezzamento che giunga a ritenere imprevedibile la condotta di guida inosservante dell’altro conducente è ristretto e va percorso con particolare cautela.
A tali principi si ispira la sentenza impugnata quando, nell’esaminare il caso, evoca la ragionevole prevedibilità e la rapporta, con implicita evidenza, alle particolarità del caso concreto. L’imputato aveva avviato la manovra di inversione di marcia accedendo, prima, alla corsia di competenza, e, poi, a quella opposta, premurandosi di guardare una sola volta, circostanza non contestata, verso sinistra onde verificare la presenza di altri veicoli sulla carreggiata, accorgendosi che, effettivamente, stavano sopraggiungendo tre motociclisti; si è fidato che costoro si fermassero, ma non si è accorto che uno di essi aveva frattanto superato gli altri, e che si avvicinava a velocità sostenuta, andando a collidere con l’autocarro del M. che, in pochi secondi, si trovava in posizione obliqua rispetto all’asse stradale:
l’accertamento in fatto compiuto dal giudice di merito non può essere qui posto in discussione. L’imputato non ha, quindi, agito con la doverosa cautela, avrebbe dovuto, anche nel corso della manovra di immissione dall’area di sosta nella corsia e di successiva conversione verso sinistra in quella opposta, tenere sotto controllo il sopraggiungere degli altri veicoli, soprattutto in considerazione del fatto che trattatasi di un rettilineo e che era ben possibile che altri utenti potessero violare il divieto di velocità. E’ da precisare che l’art. 154 C.d.S. alla lett. a) prescrive che i conducenti che intendono eseguire la manovra di cui trattasi devono "assicurarsi di poter effettuare la manovra senza creare pericolo o intralcio agli altri utenti della strada, tenendo conto della posizione, distanza, direzione di essi". Il verbo "assicurarsi" già di per sè estende al massimo l’obbligo di attenzione e prudenza, sino a comprendere il dovere di prospettarsi le altrui condotte irregolari.
In tale situazione di fatto appare adeguatamente supportato il giudizio di "ragionevole prevedibilità" della condotta di guida della vittima. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
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