Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-04-2011) 27-04-2011, n. 16512

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 27.05.2010 la Corte d’appello di Caltanissetta, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riduceva la pena a B.S. e S.R. ad Euro 600,00 di ammenda ciascuno, avendoli ritenuto colpevoli di concorso nel reato di cui all’art. 677 c.p., comma 3. – Entrambi i giudici del merito ritenevano invero provato che, come accertato da sopralluogo del (OMISSIS), i due imputati non avessero ottemperato all’ordinanza sindacale di rimozione della terra di riporto, derivante da lavori eseguiti dalla S., depositata su particella di proprietà del B., accumulo che aveva comportato concreti rischi per l’incolumità pubblica per il conseguente smottamento franoso in corrispondenza di una zona urbana interessata da vie di libro transito.

2. Avverso tale sentenza non interponeva impugnazione l’imputato B.. Proponeva invece ricorso per cassazione l’imputata S. che motivava l’impugnazione svolgendo le seguenti deduzioni: a) violazione di legge, per essere stata ritenuta integrata la contravvenzione di cui all’art. 677 c.p., comma 3 nel pericolo di rovina non di un edificio o costruzione, come esige la norma, ma di un terreno, ipotesi non riconducibile al paradigma di legge; b) concreta mancanza, comunque, di un concreto pericolo per la pubblica incolumità; c) essa ricorrente non rivestiva le qualifiche soggettive richieste dalla norma in questione, non essendo proprietaria dell’area nè diversamente obbligata; d) era pur disposta ad eseguire i lavori necessari, ma il proprietario B. non l’aveva autorizzata.

3. Il ricorso, fondato nella sua prima, assorbente, deduzione, deve essere accolto. Ed invero è del tutto certo che il contestato reato di cui all’art. 677 c.p.p., comma 3, è integrato, nella sua materialità, dalla minaccia di rovina, da cui derivi pericolo per le persone, di un "edificio" o di una "costruzione". Nella presente fattispecie ciò che minacciava rovina con conseguente pericolo per le persone era, come recita l’imputazione e come è stato ritenuto dai giudici del merito, uno "smottamento del terreno". Si trattava, infatti, di terra di riporto accumulata, a causa dei lavori effettuati dalla S., e riversata su una particella di proprietà del B.. Ora, deve ritenersi che un accumulo di terra non possa essere qualificato nè come edificio, nè come costruzione, esulando dai confini semantici di tali definizioni che entrambe comunque rimandano a manufatto (case, ponti, strade) ma non a materia inerte, quale la terra, sia pur accumulata e riversata. Nè a tal fine può rilevare che si trattasse di terra proveniente da un cantiere di lavori, perchè quel che conta, per integrare il reato in esame, è ciò che minaccia rovina, non la sua causa, prossima o remota che sia. Tale conclusione, che già si impone per il principio di tipicità e per il divieto di analogia in malam partem, è avvalorata dall’uso, nella norma, del termine "rovina" che è proprio e pertinente in relazione a manufatti (edifici e costruzioni che ben possono rovinare), ma che sarebbe poco corretto in relazione ad un accumulo di terra (ed invero lo stesso capo di imputazione parla, più propriamente, di smottamento). Infine deve essere rilevato come per lo smottamento di terreni il codice penale contiene una previsione specifica, quella del reato di frana, di cui all’art. 426 c.p., punito anche nella sua forma colposa ai sensi dell’art. 449 c.p. (in tali ipotesi salvo sempre il giudizio concreto di sufficiente ampiezza e rilevanza). Risulta allora evidente che lo smottamento di un accumulo di terra, pur con possibile pericolo per l’incolumità pubblica, non può rientrare nella previsione dell’art. 677 c.p., comma 3, non potendo la nuda terra essere classificata nella categoria degli "edifici" o "costruzioni", e non essendo consentita operazione interpretativa analogica, anche per i rilevati limiti linguistici e di sistema. L’impugnata sentenza deve dunque essere annullata senza rinvio per violazione di legge, con assoluzione conseguente della ricorrente S. (per il significato oggettivo della presente decisione se ne potrà eventualmente giovare anche il B., qui non ricorrente, in altra sede), con assorbimento delle altre questioni proposte.
P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *