Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Ricorso principale.
Il sig. P.C. era proprietario esclusivo di un vasto e pianeggiante terreno sito in contrada Catutè del Comune di Capo d’Orlando individuato in catasto al fg. 6 part.lle 1513 (mq. 311), 1516 (mq. 931) e 992 (mq. 1023), nonché comproprietario, per successione legittima al defunto padre, del terreno individuato in catasto al fg. 6 part.lle 1507 (mq. 1870) e 1515 (mq. 243).
Nel previgente PRG approvato con D.A. n. 169 dell’1.6.1984 detto terreno ricadeva in zona omogenea C1,5 P.E.E.P., denominata "zona di espansione del centro e delle borgate" con destinazione d’uso "Residenza permanente di tipo economico e popolare e sue attrezzature sociali e commerciali", soggetto a piano particolareggiato approvato con delibere n. 83 del 5.6.1986 n. 191 del 21.12.1986.
Detto Piano Particolareggiato prevedeva insediamenti residenziali, l’attuazione della viabilità prevista dal PRG a servizio delle zone residenziali e un’area destinata a servizi di interesse collettivo. L’insediamento residenziale previsto era del tipo misto (il 30% della potenzialità volumetrica di ogni singola proprietà era destinato ad edilizia privata ed il restante 70% ad edilizia pubblica), sicché per dare attuazione a tale previsione venivano previsti n. 5 lotti fondiari per il mantenimento dello stato di fatto e n. 6 lotti fondiari per il nuovo insediamento (quanto a questi ultimi, il volume da destinare ad edilizia pubblica era previsto sui lotti 4, 5 e 6, mentre il volume destinato ad edilizia privata doveva essere insediato sui lotti 1, 2 e 3).
Il Piano Particolareggiato veniva parzialmente realizzato mediante la totale esecuzione dei volumi residenziali di tipo pubblico (case realizzate in fronte alla ampia strada oggi esistente), della viabilità prevista nel PRG (strada oggi esistente) a servizio delle zone residenziali e dei servizi di interesse collettivo (scuola e campetto sportivo polivalente) realizzati sulle aree all’uopo destinate. Non veniva, invece, realizzata la volumetria destinata a edilizia residenziale privata.
Tale stato di cose, comunque, avrebbe reso l’area residua di detto Piano Particolareggiato non ancora attuata, ma completa di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria ivi previste, sicché il quartiere sarebbe stato ormai pronto per l’edificazione privata sulle restanti aree.
Considerato, quindi, che nella zona non era stata attuata soltanto la previsione di edilizia privata, a suo tempo espressamente prevista sulle aree in questione, nel nuovo PRG adottato con deliberazione consiliare n. 3 del 15.1.2003 al suddetto terreno di proprietà del ricorrente, anche in considerazione delle oggettive caratteristiche ormai acquisite per effetto della suddetta parziale realizzazione del Piano Particolareggiato, veniva attribuita destinazione a zona omogenea C2.a denominata "Area di espansione territoriale privata" con destinazione d’uso "Residenza permanente, piccole attività commerciali, uffici e studi professionali, artigianato purché non molesto e non inquinante, attrezzature turistico ricettive, locali di uso pubblico (come sale di riunione, cinematografi, ristoranti ecc.) e annessi rurali", da attuarsi mediante piano particolareggiato facoltativo o piano di lottizzazione.
Detta zona C2.a veniva normata dall’art. 62 delle N.T.A. con la espressa specificazione che la stessa "comprende una parte edificata di recente del territorio comunale secondo le prescrizioni urbanistiche del precedente P.R.G. (ex zone C1,5…) già tutte oggetto di piani di lottizzazione approvati per quasi tutte intere le suddette zone, e già convenzionati e/o in corso di attuazione".
Tale destinazione urbanistica soddisfaceva le aspettative del ricorrente che, pertanto, non presentava alcuna osservazione.
All’esito dell’iter di approvazione regionale il predetto PRG veniva, quindi, approvato con D.D.G. dell’Assessorato Regionale T.A. n. 235 del 12.3.2007, sulla base della proposta di parere n. 25 del 21.7.2006 dell’Unità Operativa 4.1/DRU del medesimo Assessorato e in conformità al parere reso dal Consiglio Regionale dell’Urbanistica con voto n. 591 dell’8.11.2006 e previa deliberazione consiliare n. 1 del 16.1.2007, adottata ai sensi dell’art. 4, c. 6, della l.r. n. 71/78.
Per quanto riguardava la suddetta destinazione a zona C2.a impressa dal PRG il predetto decreto approvativo del PRG prevedeva che "si tratta delle parti del territorio comunale destinate all’espansione dell’edilizia residenziale secondo le prescrizioni urbanistiche del precedente piano regolatore generale".
Tale destinazione, inoltre, non risultava in alcun modo interessata dal rilevato sovradimensionamento delle previsioni di aree con destinazione residenziale, stante che al riguardo il suddetto decreto di approvazione precisava che "pertanto devono essere ridotte le aree interessate da nuove previsioni di espansione residenziale, anche ai fini di contenere i consumi territoriali e conseguentemente si ritiene di disattendere le zone C1 di espansione residenziale nelle frazioni, in quanto interessate da modesti insediamenti edilizi esistenti, fatti salvi ovviamente eventuali piani di lottizzazione in corso di attuazione del precedente strumento urbanistico. Le relative aree sono destinate a zone "E’ di verde agricolo", così risolvendo il problema del sovradimensionamento; precisando pure espressamente che "Inoltre, in ordine alle zone C2a, ritenute condivisibili, per la nuova edificazione si dovrà operare in conformità ai parametri edificatori utilizzati per i "piani attuativi" del piano regolatore generale in corso di realizzazione", così definitivamente confermando le destinazioni a zona C2a del terreno in questione.
Sempre in sede di approvazione, l’Assessorato rilevava che "in ordine agli elaborati cartografici si sono riscontrati errori grafici quali ad esempio il tracciato viario che si sovrappone sul retino a destinazione di zona, parti del territorio non avente nessuna campitura…, etc. Pertanto il comune rimane onerato della rettifica e/o correzione degli errori materiali".
Infine, posto che in sede di esame del PRG l’Unità operativa 4.1 e il CRU avevano rilevato una insufficiente verifica della regolarità amministrativa degli edifici ricadenti nella fascia di 150 metri dalla battigia ai fini della attribuzione della previsione a zona B delle aree indicate, e considerato che il Comune non aveva neppure dato adeguato riscontro a tali rilievi con la deliberazione consiliare n. 1 del 16.1.2007 di presa d’atto del voto del CRU, il suddetto decreto, oltre ad approvare il PRG (cfr. art. 1), prescriveva al Comune di provvedere agli adempimenti di legge conseguenti a detta approvazione e, contemporaneamente, di provvedere alla definizione degli adempimenti ex artt. 3 e 4 della l.r. 71/78 conseguenti alla verifica della regolarità amministrativa degli edifici compresi entro la fascia di 150 metri dalla battigia del mare al fine della definizione della zonizzazione urbanistica delle aree interessate; prescrivendo, ancora, che il Comune avrebbe dovuto curare anche che venissero apportate dal progettista le modifiche e le correzioni agli elaborati di piano discendenti dal medesimo decreto approvativo (cfr. art. 4).
Tale duplice previsione del citato articolo 4 del D.Dir. n. 235/DRU del 12.3.2007 (approvativa del PRG e prescrittiva della corretta definizione della zonizzazione urbanistica delle aree interessate dalle z.t.o. B ricandenti nella fascia di cui all’art. 15 lett. a della l.r. n. 78/76) induceva il Consiglio Comunale ad adottare due distinte deliberazioni al riguardo:
la n. 35 del 3.9.2007 di presa d’atto degli elaborati (grafici, descritti e regolamentari) del PRG redatti dall’UTC in attuazione delle richieste modifiche e correzioni agli elaborati del PRG, prescritti dall’art. 4 del menzionato decreto approvativo;
la n. 36, sempre del 3.9.2007, di presa d’atto ed adozione in variante delle nuove previsioni di z.t.o. "B" e delle relative norme regolamentari.
Il terreno per cui è controversia non ricade nella fascia di 150 metri dalla battigia del mare, quindi non può essere stato interessato dalla deliberazione n. 36 del 3.9.2007, che, per sua stessa ammissione, riguarda soltanto le zone B nella fascia di cui all’art. 15 lett. a l.r. n. 78/76.
Ciononostante, all’esito del procedimento di presa d’atto del PRG approvato, al terreno in questione, con la deliberazione consiliare n. 35 del 3.9.2007 risulta essere stata impressa negli elaborati di piano siccome rielaborati dall’UTC, la destinazione a zona C3 – Area di espansione residenziale PEEP (con destinazione d’uso a "Residenza permanente di tipo economico e popolare e sue attrezzature sociali e commerciali"), anziché quella in precedenza adottata (zona C.2a – Area di espansione residenziale privata, con destinazione d’uso a "Residenza permanente, piccole attività commerciali, uffici e studi professionali, artigianato purchè non molesto e non inquinante, attrezzature turistico ricettive, locali di uso pubblico.
Tale rideterminazione é stata impugnata con il ricorso in epigrafe, affidato ai seguenti motivi di gravame:
I) ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI, FALSA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTÀ, PERPLESSITA" ED ARBITRARIETA’.
Nella specie, in sede di presa d’atto del PRG approvato, il Comune di Capo d’Orlando, con l’atto impugnato, sostiene che al terreno di proprietà del ricorrente sarebbe stata attribuita con gli atti di pianificazione una destinazione urbanistica (C3) diversa da quella che invece è stata realmente adottata ed approvata (C2.a).
L’assunto sarebbe erroneo e la rappresentazione cartografica, risultante a seguito della deliberazione di presa d’atto, contrasterebbe con gli atti di pianificazione generale, siccome adottati ed approvati.
Ed invero, con la deliberazione consiliare n. 3 del 15.1.2003, di adozione del PRG, a tale terreno sarebbe stata attribuita destinazione C2.a (tanto sarebbe confermato dal relativo originario elaborato grafico e dal certificato di destinazione urbanistica del 7.1.2004).
Tale ultima destinazione sarebbe stata confermata dal D.Dir. n. 235/DRU del 12.3.2007 con cui sono stati approvati il PRG e i relativi elaborati grafici.
Dovendosi, pertanto, il Consiglio Comunale, con l’atto deliberativo in questione, limitare a fedelmente prendere atto delle destinazioni impresse dagli atti di pianificazione, e dovendo solo procedere, quanto alle cartografie, ad eventuali rettifiche e/o correzioni di errori materiali (né riguardando il terreno in questione una zona B ricadente nella fascia dei 150 metri dalla battigia del mare, per cui è stata prescritta la corretta definizione urbanistica di detta zona) e, quindi, non sussistendo alcun potere di modifica della destinazione urbanistica riguardo a tale terreno, la deliberazione consiliare n. 35/2007 con la quale è stata mutata la destinazione urbanistica del terreno in questione sarebbe assolutamente illegittima.
In tale contesto, sarebbe evidente il travisamento dei fatti e la falsa rappresentazione della realtà di cui al provvedimento impugnato, nella parte in cui rappresenterebbe erroneamente una diversa destinazione di piano rispetto a quella approvata.
Il Comune, infatti, avrebbe dovuto visualizzare su tale terreno la destinazione impressa dagli atti di pianificazione (C2a) e non la diversa, immotivata, perplessa ed erronea destinazione (C3) che oggi vi si rinviene.
II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.I. E DELL’ART. 3 DELLA L.R. N. 10/1991 E S.M.I.. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO.
La deliberazione consiliare n. 35 del 3.9.2007 sarebbe, comunque, assolutamente immotivata nella parte in cui muta la destinazione urbanistica del terreno di proprietà del ricorrente da zona C2a "Area di espansione residenziale privata" a zona C3 "Area di espansione residenziale PEEP".
III) ECCESSO DI POTERE – VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI DEL PRG APPROVATO CON D.D.G. N. 235/DRU/2007.
Ove mai l’errore fosse contenuto già negli elaborati grafici e descrittivi del PRG approvato, in contrasto con la previsione normativa del D.D.G. 235/DRU/2007, dovrebbe darsi prevalenza a quella inequivoca in quest’ultimo contenuta.
IV) I MOTIVO SUBORDINATO (AVVERSO LA DELIBERAZIONE CONSILIARE N. 36/2007): ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI ED ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI, FALSA RAPPRESENTAZIONE DELLA REALTÀ, PERPLESSITA’, ARBITRARIETA’; VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 3 DELLA LEGGE N. 241/1990 E S.M.I. E DELL’ART. 3 DELLA L.R. N. 10/1991 E S.M.I.. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMENTO; ECCESSO DI POTERE – VIOLAZIONE DELLE PRESCRIZIONI DEL PRG APPROVATO CON D.DIR. N. 235/DRU/2007.
In via subordinata, ove, poi, per ipotesi, la modifica di destinazione urbanistica del terreno in questione fosse stata apportata con la successiva deliberazione n. 36 del 3.9.2007, con la quale sono state dichiaratamente adottate in variante al PRG soltanto le nuove previsioni di z.t.o. "B", tale deliberazione, nella parte in cui avrebbe apportato una tale non prevista modificazione, sarebbe ulteriormente illegittima e quindi andrebbe annullata, oltre che per contrasto col fine dalla stessa dichiaratamente perseguito e con quanto prescritto dal decreto dirigenziale di approvazione del PRG, per le medesime ragioni sopra esposte (ai precedenti motivi nn. I, II e II) avverso la deliberazione n. 35/2007.
V) II MOTIVO SUBORDINATO (AVVERSO GLI ATTI DI ADOZIONE ED APPROVAZIONE DEL PRG). ECCESSO DI POTERE PER CONTRASTO CON LE DIRETTIVE DEL PRG APPROVATO E CON L’ART. 62 DELLE N.T.A. NELLA PARTE IN CUI PREVEDONO LA DESTINAZIONE A ZONA C2.A.
In via del tutto subordinata all’eventuale mancato accoglimento dei precedenti motivi di ricorso, ove al terreno in questione la contestata destinazione urbanistica fosse stata impressa già dagli atti ed elaborati cartografici di approvazione del PRG, oltre agli atti indicati in epigrafe (delibere consiliari n. 35/2007 e n. 36/2007), parte ricorrente ha impugnato, ove occorra e solo se lesivi, anche i seguenti atti di adozione ed approvazione del PRG del Comune di Capo d’Orlando:
– la deliberazione di Consiglio Comunale n. 3 del 15.1.2003,
– la proposta di parere dell’Unità Operativa 4.1D.R.U. n. 25 del 21.7.2006,
– il parere del del C.R.U. reso con voto n. 591 dell’8.11.2006,
– la deliberazione di Consiglio Comunale n. 1 del 16.1.2007,
– il D.D.G. dell’Assessorato Territorio ed Ambiente della Regione Siciliana n. 235 del 12.3.2007 pubblicato sulla GURS parte I dell’11.5.2007 n. 22.
Tali atti sarebbero illegittimi, infatti, perché la destinazione urbanistica C3 – Area di espansione residenziale PEEP attribuita al terreno di proprietà del ricorrente si porrebbe in contrasto con le stesse previsioni e direttive, manifestate nel D.Dir. n. 235/DRU/2007 di approvazione dello strumento urbanistico.
2. Ricorso per motivi aggiunti.
Intanto, con domanda assunta al protocollo del Comune di Capo d’Orlando in data 22.02.2007, il Sig. P.C. chiedeva il rilascio della concessione edilizia per la "realizzazione di tre fabbricati, di civile abitazione, a due elevazioni fuori terra oltre seminterrati e volumi tecnici da insediare in località Certari del Comune di Capo D’Orlando" da edificare sui citati terreni e, stante il silenzio serbato sulla propria istanza, chiedeva ed otteneva da questo Tribunale, con sentenza n. 1436/2008, l’ordine al Comune resistente di pronunciarsi con provvedimento motivato sulla predetta domanda di concessione edilizia.
Dopo il preavviso di rigetto prot. n. 1322/int. del 6 novembre 2008, basato sul parere negativo all’accoglimento della suddetta istanza espresso in data 6 novembre 2008, "in quanto il progetto di lottizzazione presentato risulta in contrasto con l’art. 62 N.T.A. allegate al P.R.G. vigente, stante che non viene previsto un P.d.L. integrale per la zona, con verifica globale dell’indice territoriale, non essendo consentita la facoltà di utilizzare singoli interventi per lotti di minima estensione", essendo deceduto il Sig. P.C., veniva notificato al figlio, coerede insieme alla madre ed alla sorella, tutti odierni ricorrenti, il provvedimento del 3 agosto 2009, prat. 61/07, vol. 130/4, prot. int. 942/09, con cui il Responsabile dell’Area Urbanistica / Edilizia Privata del Comune di Capo d’Orlando rigettava l’istanza volta ad ottenere il rilascio della suddetta concessione edilizia.
Detto diniego, unitamente agli eventuali atti presupposti e all’art. 62 delle NN.TT.AA. del P.R.G. vigente nel Comune di Capo d’Orlando, sono stati impugnati con ricorso per motivi aggiunti, affidato alle seguenti censure:
I) Eccesso di potere per manifesta contraddizione con precedenti atti amministrativi e con i precetti di logica e ragionevolezza. Violazione dell’art. 17 della legge n. 1150/1942. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 62 delle NN.TT.AA. del P.R.G. di Capo d’Orlando.
Asseriscono, preliminarmente, gli odierni ricorrenti che, contraddittoriamente, gli atti impugnati sarebbero stati ricondotti nel disposto normativo di cui all’art. 62 delle NN.TT.AA., che disciplina le aree di espansione residenziale nelle frazioni rientranti nella zona "C2.a", mentre l’oggetto del contendere del ricorso principale verterebbe proprio sulla sostenuta illegittimità della qualificazione da "C2a" a "C3".
Tuttavia, le ragioni poste a fondamento del diniego di concessione edilizia contrasterebbero comunque con detta previsione regolamentare, giacché tale disposizione prevede che "…La nuova edificazione resta subordinata all’approvazione di piani di lottizzazione integrali per singola zona, previa verifica globale dell’indice territoriale; non consentendosi, quindi, la facoltà di utilizzare singoli interventi per lotti di minima estensione…", mentre l’area in questione farebbe eccezione a detta limitazione, in quanto in precedenza regolamentata da piano particolareggiato parzialmente attuato ed ormai scaduto e non già da piano di lottizzazione.
Secondo l’art. 62 delle NN.TT.AA., infatti, la zona "C2.a" "comprende una parte edificata di recente del territorio comunale secondo le prescrizioni urbanistiche del precedente P.R.G. (ex zone C1,5…) già tutte oggetto di piani di lottizzazione approvati per quasi tutte intere le suddette zone, e già convenzionati e/o in corso di attuazione".
Nulla espressamente verrebbe disposto dall’art. 62 delle NN.TT.AA. in relazione alle aree che, come quella per cui è causa, sono state interessate da piano particolareggiato rimasto in parte inattuato ed ormai scaduto.
Nel previgente P.R.G. del Comune di Capo d’Orlando approvato con D.A. n. 169 dell’1.06.1984 detto terreno sarebbe stato inserito in zona omogenea C15 P.E.E.P., soggetta a piano particolareggiato approvato dal Comune di Capo d’Orlando con delibere n. 83 del 5.06.1986 n. 191 del 21.12.1986.
Quel Piano Particolareggiato sarebbe stato solo parzialmente realizzato mediante la totale esecuzione dei volumi residenziali di tipo pubblico (case realizzate in fronte alla ampia strada oggi esistente), della viabilità prevista nel P.R.G. (strada oggi esistente) a servizio delle zone residenziali e dei servizi di interesse collettivo (scuola e campetto sportivo polivalente) realizzati sulle aree all’uopo destinate.
Non sarebbe stata, invece, realizzata la volumetria destinata ad edilizia residenziale privata che, adesso, coinciderebbe con aree di proprietà degli odierni ricorrenti, titolari, pertanto, di superfici allocate nei lotti che avrebbero dovuto essere destinati ad edilizia privata secondo l’ormai scaduto piano particolareggiato.
In ogni caso, tuttavia, il diniego di rilascio di concessione edilizia impugnato, al pari dell’art. 62 delle NN.TT.AA., ove ritenuto applicabile alla fattispecie in esame, risulterebbe comunque illegittimo in forza del disposto di cui all’art. 17, primo comma, della legge n. 1150/1942.
II) Eccesso di potere per difetto di istruttoria sotto ulteriore profilo. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per difetto di motivazione.
Il diniego di concessione edilizia impugnato, inoltre, sarebbe illegittimo per difetto di motivazione e di istruttoria in quanto motivato con un esclusivo e generico riferimento alla mancanza di piano di lottizzazione nella zona interessata dall’intervento edilizio senza alcuna considerazione delle opere di urbanizzazione già presenti e della loro eventuale inadeguatezza in rapporto alla nuova costruzione.
III) Violazione dell’art. 2 della L.R. n. 17/1994. Violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.. Violazione dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990. Violazione e/o elusione del giudicato. Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per erroneità, perplessità ed irragionevolezza della motivazione. Violazione dell’affidamento del privato.
Il provvedimento con il quale è stato opposto il diniego di concessione edilizia in favore degli odierni ricorrenti sarebbe inoltre assolutamente illegittimo perché sulla relativa domanda di concessione edilizia si sarebbe già perfezionata la fattispecie legale del silenzioassenso, in base all’art. 2, comma 5, della L.R. 31 maggio 1994, n. 17, poiché nel caso di specie, tra l’istanza di concessione edilizia presentata in data 22 febbraio 2007 e l’impugnato provvedimento di diniego, risalente al 3 agosto 2009, essendo decorsi i 120 giorni previsti dalla norma, si sarebbe formato tacitamente il titolo abilitativo alla costruzione.
Ogni eventuale revoca incorrerebbe nel nuovo disposto dell’art. 21 quinquies della legge n. 241/1990, siccome modificata dalla legge n. 15/2005 e, quindi, dovrebbe procedersi alla corresponsione di un indennizzo in favore degli interessati.
Peraltro, la ditta Colica aveva pure azionato il procedimento giurisdizionale ex art. 21 bis l. n. 1034/1971, di seguito al quale questo Tribunale, con sentenza n. 1436/08, aveva affermato l’obbligo del Comune di concludere quel procedimento e di rilasciare il "documento formale" nel quale il titolo doveva essere contenuto. Tale pronuncia giurisdizionale non è stata impugnata, sicché sussisterebbe un giudicato sul punto, eluso mediante l’adozione dell’impugnato diniego di concessione edilizia basato su una motivazione del tutto pretestuosa, prima mai opposta alla ditta Colica, se non dopo la menzionata sentenza.
Domanda risarcitoria
Dal ritardo provocato e dalla illegittimità del diniego al rilascio della chiesta concessione edilizia opposto dal Comune resistente deriverebbero in capo agli odierni ricorrenti danni sia "sub specie" di danno emergente (per il maggiore costo di costruzione) e sia "sub specie" di lucro cessante (per la mancata maturazione del reddito per lo sfruttamento degli immobili).
Il risarcimento del danno emergente, qualificabile in relazione alle spese sostenute debitamente documentate, deve essere liquidato in base ai maggiori costi sopportati ed alle spese vive effettivamente sostenute.
Il risarcimento del lucro cessante, consiste nel danno da mancata disponibilità del bene da collocare sul mercato.
Di tali danni, subiti e subendi, è stato pertanto richiesto il risarcimento integrale nella misura ritenuta conforme a ragione e giustizia anche, ove occorra, in via equitativa ex art. 1226 c.c..
Costituitosi, l’Assessorato intimato con costituzione formale ha depositato documenti.
Con Ordinanza n. 19.5.2008. n. 695, questa stessa Sezione ha rigettato la domanda di sospensione del provvedimento impugnato con il ricorso principale, ritenendo non sussistente il danno grave e irreparabile.
Con Ordinanza 9.2.2010 n. 59 ha disposto consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare tutte le circostanze indicate con apposita domanda istruttoria alle pagg. 27 e 28 del ricorso per motivi aggiunti dei ricorrenti.
Alla Pubblica udienza del 10.2.2011, i ricorsi sono stati trattenuti per la decisione.
3. Il ricorso principale è fondato.
La questione, in somma sintesi, si appunta sulla sussistenza del poteredovere del Comune di modificare, di seguito alle prescrizioni contenute nel Decreto Assessorile di approvazione del P.R.G., come sembra emergere dalla deliberazione consiliare n. 35 del 3.9.2007 (e, segnatamente, negli elaborati di piano siccome rielaborati dall’UTC), la destinazione di zona impressa in sede di adozione del piano (e satisfattiva degli interessi dei ricorrenti) C.2a – Area di espansione residenziale privata, con destinazione d’uso a "Residenza permanente, piccole attività commerciali, uffici e studi professionali, artigianato purché non molesto e non inquinante, attrezzature turistico ricettive, locali di uso", in zona C3 "Area di espansione residenziale PEEP" (con destinazione d’uso a "Residenza permanente di tipo economico e popolare e sue attrezzature sociali e commerciali", ritenuta, invece, lesiva.
Al fine di esaminare la fondatezza del primo motivo di gravame, con il quale parte ricorrente si duole, con assorbente motivo, di un comportamento amministrativo viziato sotto il profilo dell’eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti, falsa rappresentazione della realtà, perplessità ed arbitrarieta’, il Collegio ha ritenuto di dover porre apposito quesito al CTU (richiamando espressamente quelli richiesti dai ricorrenti), in ordine alla sussistenza della asserita "macroscopica difformità tra quanto stabilito dal Comune di Capo d’Orlando nella deliberazione consiliare di approvazione del nuovo PRG, approvata per quanto di interesse in sede regionale, con quanto invece arbitrariamente e/o erroneamente previsto per le aree in esame dalla deliberazione consiliare n. 35/2007, che in sede di presa d’atto del P.R.G. approvato, ha attribuito al terreno per cui è causa destinazione a zona "C3", dopo che negli atti di adozione ed approvazione del piano regolatore generale era stata allo stesso attribuita destinazione "C2a".
Ebbene, dalla ricostruzione del CTU, invero già sopra tratteggiata anche dal Collegio, emerge che nel marzo 2007 si conclude l’iter di approvazione del PRG da parte della Regione Siciliana con D.D.G dell’ARTA n°235 del 12/03/2007, "ritenendo il piano meritevole di approvazione obbligando, tuttavia, il comune di Capo d’Orlando ad attenersi ad alcune indicazioni.
L’ART. 1 di tale provvedimento recita testualmente: " (…) in conformità al parere reso dal CRU con il voto n°591 dell’08/11/2006, nonché con le prescrizioni contenute dalle note dell’ufficio del Genio civile di Messina, è approvato il PRG, con annesso regolamento edilizio, del comune di Capo d’Orlando adottato con delibera consiliare n°3 del 15/01/2003" (GURS n.22 del 2007 – Parte I).
Dalla lettura del testo del provvedimento (sopra esplicitato), si evince che:
a. durante lo studio degli elaborati cartografici sono stati riscontrati ERRORI GRAFICI quali ad esempio il tracciato viario che si sovrappone sul retino a destinazione di zona, parti di territorio non aventi nessuna campitura, ecc, e pertanto il comune è stato invitato a predisporne la rettifica/e o correzione;
b. le zone "C2a" (aree di espansione residenziale nelle frazioni) sono definite "parti del territorio comunale destinate all’espansione dell’edilizia residenziale secondo le prescrizioni urbanistiche del precedente PRG e dove sono oggi in fase di attuazione lottizzazioni di completamento";
c. la deliberazione del c.c. n°3 del 15/01/2003 di adozione del piano, con allegati R.E. risulta legittima;
d. all’interno delle zone "C2a" ritenute condivisibili per la nuova edificazione si dovrà operare in conformità ai parametri edificatori utilizzati per i piani attuativi del P.R.G in corso di realizzazione;
e. secondo il parere del Genio civile di Messina, occorre inserire nel R.E. l’obbligatorietà della redazione dello studio geologico a supporto della richiesta di concessione edilizia in coerenza con
quanto ribadito dal Consiglio superiore dei lavori pubblici con voto n. 61 del 24/02/1983. Esso stabilisce che la richiesta di ogni concessione edilizia deve essere supportata da uno studio geologico che evidenzi la fattibilità dell’intervento (…), mentre restano esclusi da tale obbligo solo quegli interventi sulle costruzioni che non comportano la realizzazione di opere soggette alla normativa sismica".
A fronte delle suddette prescrizioni, continua il CTU (cfr. pag. 8 relazione), nell’ottobre del 2007, viene rilasciato all’originario ricorrente un certificato di destinazione urbanistica.
"Il documento attesta che le particelle del foglio di mappa 6 ricadono:
– la n.1507 parte in zona "C3" e parte in area destinata ad attrezzature pubbliche di quartiere "E’ (scuole elementari);
– le partt. n. 992, 1513, 1515, 1516 in zona "C3" denominate "PEEP – AREE DI ESPANSIONE RESIDENZIALE’.
In tali zone è possibile realizzare "residenze di tipo economico e popolare e con attrezzature sociali e commerciali". La tipologia edilizia ammessa è quella caratterizzata "da case a schiera, a ballatoio, a nastro, a corte con i lati pari a due volte l’altezza degli edifici", con n. di piani ammessi pari a due più seminterrato.
Nel "certificato di destinazione urbanistica" datato invece 07/01/2004 le stesse particelle (con in più la n.1514, ma senza la n.992) appartenenti al medesimo foglio di mappa ricadevano in zona "C1,5" PEEP – AREE DI ESPANSIONE DELLE BORGATE’ (secondo previsioni del vecchio P.R.G. approvato con D.A. 169 del 01/06/1984); in queste aree si potevano costruire, secondo le prescrizioni riportate nella tabella dei "TIPI EDILIZI", "residenze permanenti di tipo economico e popolare e sue attrezzature sociali e commerciali", soggette a P.P. obbligatorio per l’intera zona, e dove le tipologie edilizie e n. di piani ammessi erano gli stessi di quelli che si ritrovano nelle attuali zone "C3" con altezza max. pari a m 7,50.
In quello adottato con delibera del C.C. n° 3 del 15/01/2003 le medesime particelle ricadono, diversamente da quanto stabilito nel vecchio P.R.G., in zona "C2a" individuata come area di espansione residenziale privata".
In riferimento alla suddette prescrizioni, continua il CTU (cfr. pag. 14 relazione) viene approvata la delibera del C.C. n° 35 del 03 Settembre del 2007, prendendo atto del D.Dir n° 235/DRU ratificato dall’ARTA il 12/03/2007.
Con il detto provvedimento, "l’amministrazione comunale recepisce senza obiezioni, le prescrizioni imposte dall’ARTA che, in via preventiva, aveva analizzato il progetto di revisione del PRG modificandone parte delle previsioni; pertanto, per comprendere meglio quali siano stati i provvedimenti prescritti dall’organo regionale al comune di Capo D’Orlando, di seguito se ne riportano, sinteticamente, alcuni dei principali contenuti:
– si puntualizza che le procedure di adozione del piano sono regolari vista la legittimità dell’atto di adozione del piano;
si invita alla rettifica e/o correzione di errori materiali?- riscontrati negli elaborati cartografici (tracciato viario che si sovrappone sul retino a destinazione di zona;
– si specifica che le aree ricadenti all’interno dei 150 m dalla battigia del mare (classificate zone B) sono condivise a condizione che gli immobili in esse ricadenti siano stati realizzati con regolare concessione edilizia (..);
nelle zone "C2a", che sono ritenute condivisibili, per la?- nuova edificazione si dovrà procedere in conformità dei parametri edificatori utilizzati per i piani attuativi del P.R.G. in corso di realizzazione;
si prescrive che quando l’attuazione dello strumento?- urbanistico generale avvenga tramite strumenti esecutivi di iniziativa privata, dovranno essere riservate e cedute al comune le aree necessarie alle opere di urbanizzazione primaria; che nella redazione degli stessi (compresi i P.d.L.) dovrà essere predisposto apposito studio geologico;
– che le richieste di ogni concessione edilizia siano corredate da uno studio geologico che evidenzi la fattibilità dell’intervento allorché si tratti di opere che devono rispettare la normativa antisismica e per le quali si prevedano lavori di sbancamento.
Nei pareri espressi dal C.R.U, nell’adunanza del 08/11/2006 e dall’ARTA del 21/07/2006 n° 25 (provvedimenti chiave nella successiva emanazione da parte dell’organo regionale preposto del decreto di approvazione del piano urbanistico comunale) non c’è nessun riferimento a prescrizioni esecutive, relative alle sottozone individuate dal PRG come "C2a"; pertanto la Regione Siciliana con il D.Dir n° 235/DRU emesso dall’ARTA il 12/03/2007, nell’esaminare lo strumento urbanistico del comune di Capo D’Orlando, specificava quali fossero le parti del piano da modificare, tuttavia, senza alcun riferimento alle sottozone in cui ricadono le aree oggetto di odierna contesa. Queste ultime non saranno menzionate, nemmeno, quando si farà riferimento a errori materiali da correggere (sovrapposizione del tracciato viario al retino a destinazione di zona, zone senza campitura, ecc.).
Nella suddetta delibera di approvazione il C.C prendeva atto del lavoro di rielaborazione degli elaborati grafici, descrittivi e regolamentari come redatti dall’U.T.C. che ha tenuto conto delle modifiche imposte dall’organo regionale inerenti:
– le zone "B" e le aree ricadenti all’interno dei 150 m dalla battigia del mare nelle quali bisogna accertare che la loro realizzazione sia avvenuta con regolare C.E;
– degli errori materiali, che sono stati corretti dall’ufficio tecnico comunale e dai progettisti;
– alle zone "C" ed "S" che sono state riconfermate così come previsto nel vecchi P.R.G.
Gli elaborati, recanti l’attestazione della loro corrispondenza a quelli allegati originariamente al provvedimento n°235/DRU del 2007, facenti parte dell’atto deliberativo che l’U.T.C. ha modificato sono:
a) relazione generale;
b) tabelle dei tipi edilizi;
c) regolamento edilizio,
d) N.T.A.;
e) Tavole cartografiche (dalla P0 alla P16).
Dallo studio della delibera del C.C. n° 35/2007, frattanto, non sembrerebbe esservi alcun atto o prescrizione posti in essere al fine di modificare le originarie destinazioni di zona all’interno del comprensorio San MartinoCertari, (in cui sono ubicate le aree in possesso degli odierni ricorrenti); tuttavia è il certificato di destinazione urbanistica, rilasciato al sig. COLICA Pasquale nell’Ottobre del 2007, che sancisce come le particelle catastali su cui si intendeva esercitare attività edificatoria ricadano in zona "C3" diversamente da quanto, invece, comprovato dallo stesso atto, rilasciato però nel 2004 (dopo l’adozione dello strumento urbanistico generale) che specificava che le stesse aree ricadessero in zona "C2a".
Non meno importanti sono gli spunti che si possono trarre dall’analisi del provvedimento del C.C. n°1 del 16/01/2007 riguardante l’atto dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente del 22/12/2006.
Durante la seduta del consiglio comunale, uno dei progettisti del P.R.G. affermava che il parere dell’organo regionale avrebbe confermato le sottozone "C2a", con le sole prescrizioni di utilizzare i parametri edificatori dei piani attuativi previsti dal precedente Piano Regolatore Generale nonchè quelle "C2b" per le quali si applicano le indicazioni previste dall’ART.61 delle N.T.A.
Anche in questo caso, il provvedimento deliberativo non sembrerebbe dare alcunché indicazione tale da giustificare modifiche alla destinazione di zona attribuita alle aree di proprietà dei ricorrenti, che invece, da quanto si è visto nella TAV. P3 (di cui nella presente è stato allegato stralcio) è stata modificata da "C2a" (assegnata con il P.R.G adottato) a "C3" nello s.u. vigente dopo la definitiva approvazione in C".
Sicché, conclude il CTU (cfr. pag. 18 relazione), "da quanto ampiamente argomentato nel Par. 7.3 della presente relazione, la deliberazione consiliare n°35 del 03 Settembre del 2007, non contiene alcun tipo di atto, riferimento a osservazioni e/o interrogazioni di consiglieri comunali, che richiamino ad una volontà di modificare (nemmeno durante la fase di rettifica degli errori materiali, effettuata dall’U.T.C, riscontrati in sede di approvazione regionale) le destinazioni di zona da "C2a a C3" non soltanto nel comprensorio di cui trattasi, ma neppure in altre zone del territorio comunale. Come si è visto, si argomenta su vicende relative alle sottozone "BCA", "B0", sulla variante proposta alle zone "B" ricadenti entro 150 m dalla battigia, mentre unico riferimento a zone "C" (unitamente a quelle "S") viene fatto quando si afferma che queste sono state ricondotte così come previste dal precedente P.R.G. e confermate.
Soltanto il C.D.U. emesso nell’Ottobre 2007, richiama alla delibera C.C. sopracitata asserendo che i terreni in cui si vorrebbe edificare ricadono nella sottozona "C3"; tuttavia le motivazioni che hanno legittimato il diniego della C.E. emesso dal tecnico deputato ad esaminare l’istanza presentata, corredata da progetto, fanno riferimento non al mutamento di destinazione urbanistica della sottozona (da "C2a a C3") bensì al contrasto con l’art. 62 del P.R.G. vigente.
Appare del tutto evidente che esista difformità tra quanto stabilito dall’U.T.C competente che richiama all’art.62 disciplinante le zone "C2a" e quanto espresso, invece, negli elaborati cartografici (vedere ALL.2 "stralcio TAV. P3 di P.R.G. vigente dal quale si evince che alla zona è stata impressa destinazione "C3" cui si fanno riferimento gli all’ARTT. 64 e 65 delle N.T.A.)".
Si può concludere, sulla scorta della puntuale analisi del CTU, che nessuna effettiva modifica di destinazione in zona C3 ha subito l’immobile di interesse e che, ove mai fosse accaduto, andrebbe valorizzato il motivo in esame, secondo il quale il detto mutamento non sarebbe derivabile in nessun modo dalle prescrizioni impartite in sede di approvazione e, quindi, in quanto non fondate su alcuna autonoma motivata esigenza, apparirebbero comunque illegittime.
Deriva, come premesso, assorbiti gli ulteriori motivi di gravame, l’accoglimento del ricorso principale.
4. Con il ricorso per motivi aggiunti, invece, è stato impugnato il diniego di concessione edilizia per l’edificazione di tre fabbricati per civile abitazione, motivato con il contrasto con l’art. 62 delle N.T.A. allegate al P.R.G., volto a regolamentare le aree ad espansione residenziale nelle frazioni rientranti nella zona "C2.a".
Preliminarmente il Collegio ribadisce, così come da ultima osservazione del CTU appena riportata, che il diniego si appunta su questioni ben diverse dalla possibilità edificatoria in considerazione della destinazione di zona, con il che avvalorando la permanenza della classificazione "C2.a" e non "C3".
Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente, oltre a riproporre la contraddittorietà di detta ultima motivazione così come rappresentata dal CTU, si duole della violazione dell’art. 17 L. 1150/1942, poiché la norma regolamentare contenuta nelle N.T.A. (art. 62) limitativa degli interventi edilizi mediante l’approvazione di piani di lottizzazione integrali per singola zona, con esclusione di singoli interventi per lotti di minima estensione (come nel caso di specie, dove è stato richiesto il rilascio di una concessione edilizia ai sensi dell’art. 1 L. 10/1977), nulla stabilirebbe per le aree già in passato oggetto di piano particolareggiato parzialmente attuato ed ormai scaduto.
In altri termini, posto che la zona era stata oggetto di regolamentazione mediante piano particolareggiato scaduto, e che la norma regolamentare limiterebbe la sua previsione all’edificazione per piani di lottizzazione integrali, resterebbero salvi i progetti conformi al piano particolareggiato stesso inattuato e scaduto, nei limiti di cui all’art. 17 L. 1150/1942 citato.
Il Collegio, sul punto, ritiene inutile affrontare la problematica della prevalenza del nuovo p.r.g., approvato qualche giorno dopo la presentazione dell’istanza, rispetto alla pianificazione "particolareggiata" precedente non completamente attuata, poiché, a tacer d’altro, il progetto, per come confermato dalla ctu non rispetta proprio uno degli elementi imprescindibili dell’art. 17 invocato.
Ed invero, la norma così espressamente recita:
"Decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione, rimanendo soltanto fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso".
Ora, secondo quanto stabilito in ctu (cfr. pag. 18), il progetto rispetterebbe le "prescrizioni di zona previste per l’area in cui ricadono le particelle catastali n.992,1513,1516 censite al foglio di mappa 6, poiché i calcoli elaborati nella scheda urbanistica allegata al progetto (relativi alla cubatura di progetto, al rapporto di copertura, alle distanze da confini e filo stradale) mostrano che tutti i parametri stanno nei limiti imposti dagli strumenti urbanistici vigenti come quelli previsti dal piano particolareggiato.
Tuttavia, stessa cosa non si può affermare per quanto attiene agli allineamenti degli edifici che si vorrebbero costruire, con quelli indicati dallo strumento urbanistico attuativo (vedere ALL. 67 TAVV. 2 e 3 del P.P. rispettivamente "ZONIZZAZIONE E SCHEMI TIPOLOGICI" e "PLANIVOLUMETRICO"). La nuova edificazione (nelle intenzioni di piano), infatti, doveva essere costruita secondo la direttrice NordOvest/SudEst rappresentata dall’asse strutturante (strada residenziale) che è stato l’elemento fondante attorno a cui fu strutturato il progetto di P.P. (vedere ALL. 9); tutto ciò allo scopo di dare un assetto ordinato e riconoscibile al nuovo quartiere.
Pertanto, al fine di rendere conforme il progetto al piano particolareggiato, gli edifici di nuova costruzione dovrebbero essere posti, analogamente con quanto già avvenuto nella costruzione dell’edilizia pubblica (stante di fronte all’area su cui si intende costruire) parallelamente alla strada ad una distanza dal filo stradale, pari a quella max ammessa dal P.P. coincidente con i parametri previsti per la stessa zona dal P.R.G. vigente".
Deriva, quindi, l’inapplicabilità della norma invocata proprio per la mancanza dei necessari allineamenti, quale condizione imprescindibile per consentire il riconoscimento del diritto all’edificazione invocato.
Né é condivisibile l’obiezione secondo la quale il mancato allineamento non è dedotto tra i motivi di diniego, posto che è la parte ricorrente che invoca, a sostegno della asserita illegittimità dell’operato amministrativo, l’applicazione della norma, ritenendo sussistere la conformità del progetto alla prescrizione normativa sopra indicata.
Consegue il rigetto del motivo di gravame,
4.a.) Fondato, nei limiti di cui appresso, appare invece il secondo motivo di ricorso con il quale viene eccepito il difetto di motivazione e di istruttoria rispetto alla mancanza di un piano di lottizzazione in zona già ampiamente urbanizzata.
Premette il Collegio che, sempre sulla scorta della puntuale consulenza tecnica d’ufficio, in effetti la zona appare esaustivamente urbanizzata.
Anzi, precisa il CTU (cfr. pag. 17 della relazione), "sembrerebbe che in taluni casi le O.U. realizzate siano, stante la situazione attuale, sovradimensionate rispetto all’attuale patrimonio abitativo fin qui costruito, poiché le previsioni del P.P. indicavano una occupazione di suolo maggiore, con volumetria residenziale di iniziativa pubblica, ad es. da insediare nell’area a Sud Ovest in allineamento dei volumi già costruiti, che tuttavia non è stata realizzata.
Lo stesso discorso vale per il 30% di volumetria destinata ad interventi di edilizia residenziale privata che non è stata costruita (vedere ALL. 7 e 9 e10).
Quindi, il CARICO URBANISTICO presente sull’intera zona risulta essere decisamente inferiore rispetto a quello stimato (in sede di pianificazione) se si assumono a parametri di riferimento la viabilità interna prevista, quasi interamente realizzata, in rapporto agli edifici realizzati ad alla popolazione insediata con il P.P. (dove per CARICO URBANISTICO lo scrivente intende "la pressione esercitata dalle attività umane sul luogo")".
Ed ancora, a pag. 19, " il quadro emerso mostra chiaramente che sono state realizzate tutte le OO.PP. di URB. prim. previste dalla legge e dal PIANO PARTICOLAREGGIATO, ossia viabilità residenziale, aree di parcheggio a servizio dei residenti (distribuite lungo entrambi i lati della strada), la rete di pubblica illuminazione sul lato NordEst della strada, gli spazi di verde attrezzato localizzati in un’area a NordOvest a valle del quartiere. Sono state anche realizzate le reti di adduzione idrica, che portano l’acqua alle residenze e la rete fognante direttamente allacciata a quella esistente nella via Comunale (come specificato nella relazione tecnica descrittiva TAV 1 del P.P.).
Tutt’altro discorso si deve fare, per quanto attiene alle OO.PP. di URB.sec. che non sono state interamente realizzate, così come previsto dal P.P; le dotazioni presenti sono relative all’attrezzatura sportiva (campo di calcetto comunale) mentre quelle destinate all’istruzione coincidono con la scuola edificata prima dell’attuazione del piano.
Tuttavia sono state reperite le aree (visibili nell’elaborato di zonizzazione fatta per l’ambito d’intervento) necessarie per l’insediamento delle nuove attrezzature scolastiche, concentrate nell’area contigua alla scuola esistente (circa 1600 mq) nonché quella destinata ad attrezzatura di interesse comune (poco più di 200 mq) in cui si voleva edificare un piccolo mercato lungo la strada a NordEst, a monte dell’area adibita verde pubblico.
Pertanto, essendo state costruite tutte le OO.PP. di URB.prim. e parte di quelle previste per la Us. l’ambito individuato dal P.P. oggi si presenta con una struttura urbanistica pressoché definita ed attuata, quasi interamente secondo le intenzioni dell’originario disegno; quindi non si ravvisa, a parere dello scrivente, la necessità di dover realizzare ulteriori urbanizzazioni né quella di cederne di nuove al comune tramite la stipula di eventuale convenzione di lottizzazione.
Il comprensorio ha assunto oggi, una identità compiuta che potrebbe essere altresì completata allocando la volumetria residuale nelle aree libere, rispettando semplicemente allineamenti e prescrizioni di zona; per cui una eventuale nuova edificazione non altererebbe una conformazione ormai chiaramente definita e riconoscibile ottenuta mediante un preciso disegno urbanistico concepito al momento della redazione del P.P.".
La giurisprudenza, anche di questo Tribunale, si è occupata della legittimità del diniego di concessione edilizia nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico preveda, in un’area adeguatamente urbanizzata, la necessità del piano di lottizzazione.
In particolare, come già ritenuto in recenti arresti giurisprudenziali (cfr. T.A.R. Catania, I, 3.12.2010, n. 4610; 11.1.2011. n. 8), "l’art. 21, comma 3, della l.r. 27.12.1978, n. 71, così recita:
a modifica di quanto prescritto nel punto II dell’art. 28 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, ferme restando le altre disposizioni agevolative contenute nella predetta norma, l’attuazione degli strumenti urbanistici generali, relativamente alle zone territoriali "B", può effettuarsi a mezzo di singole concessioni, quando esistano le opere di urbanizzazione primaria (almeno rete idrica, viaria e fognante) e risultino previste dallo strumento urbanistico generale quelle di urbanizzazione secondaria. Lo strumento urbanistico attuativo, quindi, non è necessario sia in caso di c.d. " lotto intercluso " sia in altri casi analoghi, per i quali, essendo la zona d’intervento totalmente urbanizzata, il piano esecutivo sarebbe ormai privo d’oggetto (cfr., ex multis, Consiglio Stato, sez. V, 22 giugno 2004, n. 4350; T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 marzo 2007, n. 2195).
In altri termini, la completa urbanizzazione del sito rende inutile il piano di lottizzazione, quale strumento di regia della regolamentazione armonica di dettaglio del territorio.
Per altro, la completa urbanizzazione non sempre comporta la possibilità di soprassedere al piano attuativo, ove il Comune, ovviamente adeguatamente motivando un diniego, fornisca idonee giustificazioni circa le ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione (cfr., T.A.R. Puglia Lecce, sez. III, 02 febbraio 2005, n. 440 e giurisprudenza ivi citata).
Quindi (cfr. Consiglio di stato, sez. IV, 07 novembre 2001, n. 5721), "il principio secondo cui va esclusa la necessità di strumenti attuativi per il rilascio di concessioni in zone già urbanizzate è applicabile solo nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo (si pensi al caso del lotto residuale ed intercluso in area compiutamente urbanizzata: Sez. V, 26 settembre 1995, n. 1351), ma non anche alle ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che assai più di altre esige un piano attuativo idoneo a restituire efficienza all’abitato, riordinando e talora addirittura definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona".
In conclusione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2010, n. 7486), "l’esigenza di un piano di lottizzazione, quale presupposto per il rilascio della concessione edilizia, s’impone anche al fine di un armonico raccordo con il preesistente aggregato abitativo, allo scopo di potenziare le opere di urbanizzazione già esistenti e, quindi, anche alla più limitata funzione di armonizzare aree già compromesse ed urbanizzate, che richiedano una necessaria pianificazione della "maglia", e perciò anche in caso di lotto intercluso o di altri casi analoghi di zona già edificata e urbanizzata (Consiglio Stato: sez. IV, 1 ottobre 2007, n. 5043 e 15 maggio 2002, n. 2592; sez. V, 1 dicembre 2003, n. 7799 e 6 ottobre 2000, n. 5326)".
Il principio sembra al Collegio applicabile al caso in esame, in cui non è carente il piano di lottizzazione in sé, ma uno che determini la regia unitaria dell’intera zona (piano di lottizzazione integrale per singola zona, come da previsione dell’art. 62 N.T.A. e come richiesto dal provvedimento impugnato).
Ed invero, il medesimo art. 62 dà atto che la zona "C2a" è oggetto di piani di lottizzazione approvati per quasi tutte le zone e che in detti "ambiti si conferma la volontà di volere realizzare una più completa attrezzatura sociale e una migliore qualità residenziale, nel rispetto delle caratteristiche dell’ambiente tradizionale".
In somma sintesi sembra, per un verso, che vi sia una regia complessiva nello strumento di pianificazione, dall’altro, anche per quanto sopra affermato in punto di fatto rispetto alla già intervenuta complessiva urbanizzazione della zona, che la stessa sia stata pressoché realizzata.
Ne deriva che il residuo potere che l’Amministrazione si è riservato, individuato nella regia di zona dei piani di lottizzazione, appare in parte già consumato, sicché un eventuale diniego di un piano limitato, non appare di per sé interdetto, anzi è l’ipotesi più aderente al dato regolamentare.
Tuttavia, lo stesso deve contenere una motivazione che dia contezza di una progettualità disarmonica rispetto a quella ipotizzata con lo strumento urbanistico.
Al contrario, il provvedimento impugnato si limita a ripetere il tenore dell’art. 62 N.T.A., senza alcun approfondimento in merito alle ragioni di disturbo del piano rigettato rispetto alla pianificazione attuata ed ideata.
Consegue l’accoglimento del ricorso, facendo espressamente salvi gli ulteriori motivati provvedimenti dell’Amministrazione, orientati a dare la contezza ritenuta omessa.
Conclusivamente, vanno accolti sia il ricorso principale che quello per motivi aggiunti, nei limiti, per quest’ultimo, appena rappresentati.
5. Va rigettata, allo stato, la domanda di risarcimento del danno.
Avuto riguardo anche alla data di introduzione della domanda risarcitoria, il Collegio conferma il proprio precedente orientamento (T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 17 luglio 2009, n. 1348), secondo il quale "l’annullamento di un provvedimento amministrativo per vizi formali o, comunque, per difetto d’istruttoria o di motivazione che non escludano, ma, anzi, consentano il riesercizio del potere, comporta che la domanda di risarcimento del danno non può essere valutata che all’esito della nuova manifestazione di detto potere, poiché la facoltà di rideterminazione che residua in capo al soggetto pubblico esclude il carattere di definitività del rapporto, quale necessario presupposto dell’azione risarcitoria (cfr. T.A.R. Bologna, II, 27.4.2005, n. 668).
Pertanto, l’annullamento dell’atto di diniego opposto ad una domanda pretensiva determinato dalla lesione di interessi legittimi procedimentali (difetto di motivazione) non comporta alcun giudizio in ordine alla spettanza o meno del bene da conseguire (cfr. T.A.R. Puglia, sez. III, 9 marzo 2004, n. 1170), sicché la domanda di risarcimento del danno causato da detto illegittimo provvedimento non può essere accolta ove persistano in capo alla P.A. significativi spazi di discrezionalità amministrativa pura, in sede di riesercizio del potere, e la parte istante non si sia limitata a chiedere il mero danno subito per effetto di un’illegittimità procedimentale sintomatica di una modalità comportamentale non improntata alla regola della correttezza, ma abbia richiesto l’intero pregiudizio derivante dal mancato conseguimento del bene della vita, costituito dalla richiesta pretensiva (Consiglio Stato, sez. VI, 15 aprile 2003, n. 1945; T.A.R Lazio, Roma, Sez. II – Ter, 01 dicembre 2004, n. 14645; Cons. Stato, VI, 31.3.2006, n. 1637).
Qualora, pertanto, la rilevata illegittimità derivi da un vizio formale del procedimento, dal suo semplice annullamento, in mancanza della dimostrazione che la pretesa del ricorrente fosse pienamente fondata, non possono farsi derivare conseguenze ulteriori rispetto al ripristino della situazione preesistente e all’attività rinnovativa dell’Amministrazione (T.A.R. Lazio, sez. II, 10 luglio 2003, n. 6182).
La mera colpa dell’Amministrazione dovuta a carenze procedimentali, suscettibili all’esito del nuovo procedimento di comportare comunque il diniego della pretesa del privato, non è quindi idonea a comportare anche il risarcimento del danno derivante dall’ipotetica accoglibilità della pretesa.
Se è vero che un atto palesemente illegittimo, in quanto non adeguatamente motivato, può originare un danno stante la colpa precontrattuale dell’Amministrazione per imperizia, risiedente nella violazione di elementari regole dell’azione amministrativa delle quali sussiste l’onere di conoscenza, va tuttavia rilevato che la lesione di un interesse legittimo può essere fonte di responsabilità aquiliana, e quindi dar luogo a risarcimento del danno ingiusto, a condizione che risulti danneggiato, per effetto dell’attività illegittima della p.a., l’interesse al bene della vita al quale il primo si correla, e che detto interesse risulti meritevole di tutela alla stregua del diritto positivo.
Qualora rilevi, invece, un interesse cosiddetto pretensivo, il quale assicura solo che il bene in vista del quale è accordato sarà negato o concesso nel rispetto di determinate regole e non garantisce il conseguimento del bene suddetto, consegue che – una volta conclusosi il procedimento con soddisfazione di detto interesse o con legittima negazione dello stesso con un nuovo provvedimento – non vi è più spazio per far valere posizioni giuridicamente garantite e deve escludersi l’esistenza di un pregiudizio risarcibile (Cassazione civile, sez. lav., 20 dicembre 2003, n. 19570).
Conclusivamente, solo dopo la reiterazione della procedura e il correlato riconoscimento della fondatezza dell’aspirazione al bene della vita sarà possibile prendere in considerazione l’istanza di risarcimento".
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, così statuisce:
accoglie il ricorso principale e, per l’effetto annulla, i provvedimenti ivi impugnati;
accoglie il ricorso per motivi aggiunti, facendo espressamente salvi gli ulteriori motivati provvedimenti dell’Amministrazione;
Condanna il Comune intimato al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in complessivi euro duemila, oltre spese generali, IVA, CPA e contributo unificato.
Condanna il Comune intimato al pagamento delle spese per la disposta ctu, che verranno liquidate, previa presentazione di apposita parcella, con decreto presidenziale motivato, ai sensi dell’art. 66, comma 4, e 67, comma 5, c.p.a..
Manda alla Segreteria di inviare il fascicolo di causa al Presidente della Sezione per la liquidazione delle spese di verificazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.