Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
a impugnata sia annullata senza rinvio per difetto di querela.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con sentenza in data 1.10.2008, il Giudice di Pace di Vallo della Lucania dichiarò C.A. responsabile del reato di cui all’art. 633 c.p., e lo condannò alla pena di Euro 300,00 di multa, nonchè al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio) ed alla rifusione delle spese a favore della parte civile D.M.A..
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma il Tribunale di Vallo della Lucania, con sentenza in data 26.1.2010, confermò la decisione di primo grado e condannò l’imputato alla rifusione a favore della parte civile delle ulteriori spese di giudizio.
Ricorre per cassazione l’imputato deducendo:
1. violazione della legge processuale e mancata assunzione di una prova decisiva in relazione alla revoca implicita dell’ordinanza che aveva ammesso i testi a discarico, ritenuta legittima dal giudice d’appello sull’assunto che il giudice di primo grado avrebbe implicitamente autorizzato la citazione dei testi a difesa, sicchè la difesa sarebbe decaduta dalla prova per la mancata citazione degli stessi;
2. violazione di legge in relazione alla mancanza di prova della legittimazione della persona offesa proporre querela ed a costituirsi parte civile, posto che la contestata condotta invasiva ascritta all’imputato riguarda un terreno di proprietà della madre della persona offesa, espropriato dall’IACP di (OMISSIS) per l’edificazione di alloggi popolari; la dichiarazione di successione avrebbe solo valore fiscale; il soggetto che assume di agire quale erede deve provare il decesso della parte originaria e la propria qualità di erede; tale qualità non potrebbe essere provata con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà; sarebbe erronea la decisione del giudice d’appello laddove rileva la mancata allegazione di elementi di segno contrario da parte della difesa dell’imputato;
3. violazione della legge processuale in relazione alla mancata corrispondenza fra fatto contestato e fatto ritenuto in sentenza;
nell’imputazione era descritta la condotta di invasione al fine di occupare il terreno depositandovi ferraglia e legna, mentre nella sentenza si afferma che l’occupazione sarebbe avvenuta mediante deposito di materiale e coltivando il fondo;
4. mancanza di prova circa la responsabilità dell’imputato ed assenza di offensività della condotta.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Determina una nullità a regime intermedio, da dedursi quindi nel termine di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2, la revoca, in assenza di contraddittorio, del teste precedentemente ammesso perchè non citato all’udienza dibattimentale. (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24302 del 12.5.2010 dep. 25.6.2010 rv 247878. In motivazione la Corte ha ulteriormente precisato che ove detta nullità si verifichi in presenza della parte che aveva interesse a dedurla, il silenzio di quest’ultima equivale a rinuncia, con conseguente sanatoria ai sensi dell’art. 183 c.p.p., comma 1, lett. a).
La nullità, essendo avvenuta in presenza della parte, andava perciò immediatamente eccepita.
Non essendo ciò avvenuto (e comunque non essendo dedotto che sia avvenuto) la nullità è sanata.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Anche il legittimo detentore dell’immobile che non ne sia proprietario è parte offesa del reato di invasione di terreni od edifici ed è pertanto titolare del relativo diritto di querela.
(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2670 del 5.10.1982 dep. 25.3.1983 rv 158092. Conf mass n 153161).
Nel caso di specie non è contestato che il querelante fosse legittimo detentore del bene, a prescindere dai titoli di proprietà.
Quanto alla costituzione di parte civile, oltre alla considerazione che anche il detentore può essere danneggiato dall’invasione dell’immobile, va rilevato che il giudice d’appello ha rilevato che al momento della costituzione di parte civile non fu contestata la qualità di erede da parte dell’imputato o della sua difesa.
L’onere di provare la qualità di erede, gravante sul soggetto che agisce in giudizio in tale qualità, viene meno quando la controparte abbia tardivamente sollevato eccezioni in proposito (nella specie con la comparsa conclusionale di primo grado), dopo avere accettato il contraddittorio senza alcuna contestazione al riguardo. (Cass. Sez. 2 Civ., Sentenza n. 25341 del 15/12/2010 (Rv. 615203).
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Infatti, secondo l’orientamento di questa Corte condiviso dal Collegio, "per aversi violazione del principio della correlazione tra accusa e sentenza – che è espressione della necessità, ribadita dall’art. 6, punto 3, lett. A, della convenzione europea dei diritti dell’uomo, di garantire, in un "processo giusto", il contraddittorio sul contenuto dell’accusa – Occorre una sostanziale immutazione del fatto contestato, nel senso che il complesso degli elementi di accusa formalmente portati a conoscenza dell’imputato abbia subito una tale trasformazione, sostituzione o variazione, da incidere concretamente sul suo diritto di difesa, comportando una effettiva menomazione dello stesso". (Cass. Sez. 1 sent. n. 8328 del 22.3.1982 dep. 28.9.1982 rv 155229 nella specie, contestato il delitto di omicidio volontario consumato, è stato ritenuto quello di tentato omicidio, e la cassazione ha ritenuto che non vi sia stata immutazione del fatto, v. Mass n. 149140; n. 148470; n. 148029; n.147852; n.146925; n. 146913; n.146684; n.146552; n.145163; n. 145098, e vedi inoltre, parere commissione europ., dir. Uomo, ric. Ofner c. Austria, ann. 3, p. 323).
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.
Il giudice di appello ha fondato la conferma della responsabilità dell’imputato in ragione delle dichiarazioni della persona offesa e dei testi G. e Ga.. Ha altresì ritenuto irrilevante lo stato di abbandono del fondo.
In tale motivazione non si ravvisa alcuna manifesta illogicità che la renda sindacabile in questa sede.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente. (Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2A, sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
Del resto va ricordato che il vizio di motivazione implica o la carenza di motivazione o la sua manifesta illogicità.
Sotto questo secondo profilo la correttezza o meno dei ragionamenti dipende anzitutto dalla loro struttura logica e questa è indipendente dalla verità degli enunciati che la compongono.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.
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