T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 20-05-2011, n. 733 Rapporto di pubblico impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 14.10.2008 e depositato il 6.11.2008, la ricorrente impugnava l’epigrafato provvedimento, premettendo di essere stata assunta, nel gennaio 1994, presso la Casa Circondariale di Monza con la qualifica di Agente Scelto di Polizia Penitenziaria e poi trasferita, nel luglio 1996, presso la Casa Circondariale di Catanzaro, per poi essere distaccata, l’anno successivo, presso la Casa Circondariale di Cosenza, dove rimaneva in servizio fino all’anno 2002.

Precisava che, dal gennaio 2003, era stata distaccata presso il PRAP (Provveditorato Regionale Amministrazione Penitenziaria) di Catanzaro e che, pur avendo ricevuto, alla successiva data del 12.02.2003, ordine di rientro presso la Casa Circondariale di Catanzaro, non riusciva, tuttavia, a riprendere servizio, a causa di una lunga convalescenza.

Esponeva che, nel mese di agosto 2004, veniva sottoposta a visita medica da parte della Commissione Medica Ospedaliera 3^ Sezione del Centro Militare di Medicina Legale di Catanzaro, all’esito della quale veniva giudicata "non idonea permanentemente ed in modo assoluto al servizio di istituto" ed "idonea al transito nelle corrispondenti qualifiche del personale civile dell’amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, ai sensi dell’art. 75 del D.L. 30/10/1992 n. 443, risultando affetta da "sindrome disadattativa", con aspetti emozionali misti in labile d’umore.

Precisava che, pertanto, con Decreto Ministeriale dell’11.02.2005, in accoglimento della propria istanza del 30.8.2004, transitava nei ruoli civili dell’Amministrazione Penitenziaria e veniva inquadrata nel profilo professionale di Collaboratore – area B, posizione economica B2, con contestuale assegnazione presso la Casa Circondariale di Catanzaro.

Produceva altresì in atti il Decreto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria -Direzione Generale del Personale e della Formazione – Ufficio II – Sezione 3°- Servizio Amministrativo Sanitario del 23.5.2008, con cui si disponeva che la ricorrente "Agente Scelto del Corpo Polizia Penitenziaria….cessa dal servizio per transito, ai sensi degli artt. 75 e 76 del Decreto Legislativo 443/92…."

Esponeva che, nel luglio 2006, veniva distaccata presso la Casa Circondariale di Cosenza in forza della legge n. 104/92 e, nel giugno 2007, veniva applicata presso l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Cosenza, dove, al momento della proposizione di questo gravame, svolgeva ancora la propria attività lavorativa.

Lamentava che erano stati assunti a proprio carico, da parte del Direttore della Casa Circondariale di Cosenza, alcuni provvedimenti disciplinari, di cui, rispettivamente, il n. 1 del 24.07.2007, con cui, a seguito della contestazione di addebito n. 5497 del 13.4.2007, le veniva irrogata la sanzione disciplinare del rimprovero scritto per essersi assentata dal luogo di lavoro alle ore 14.43 del giorno 5.04.2007 senza autorizzazione del Dirigente dell’Ufficio, in violazione dell’obbligo previsto dall’art. 23, comma 3, lett. c), del CCNL; i n. 2/2007 e n. 3/2007 del 24.07.2007, con cui le venivano irrogate ulteriori due sanzioni disciplinari di rimprovero scritto, che traevano origine dalle contestazioni di addebito n. 5498 del 13 aprile 2007, per omessa esecuzione di un non ben individuato ordine di servizio, in violazione dell’art. 23 comma 3 lett. h) del CCNL; e n. 6215 del 27 aprile 2007, con cui si addebitava alla ricorrente l’omessa esecuzione di un altro ordine di servizio, in violazione dell’art. 23 comma 3 lett. h) del CCNL.

Con il presente ricorso, impugnava l’epigrafata decisione conclusiva del Collegio Arbitrale di Disciplina, con cui, nel rigettare i ricorsi proposti avverso i suddetti provvedimenti disciplinari del Direttore della Casa Circondariale di Cosenza, applicava l’unica sanzione disciplinare del rimprovero scritto.

A sostegno del proprio gravame, deduceva svariati profili di illegittimità, quali il difetto di competenza del Direttore nell’irrogazione della sanzione, ai sensi dell’art. 55 d.lgs. 165/2001; violazione del termine di 20 giorni per portare a conoscenza dell’interessata la contestazione; violazione del principio di proporzionalità della sanzione al comportamento; omessa valutazione dell’incidenza dello stato di salute della ricorrente, già dichiarata affetta dalla "sindrome disadattativa", con aspetti emozionali misti in labile d’umore, quale causa di giustificazione per tutti gli atti posti in essere dalla stessa, in violazione dei doveri di ufficio.

Con atto depositato in data 16.11.08, si costituiva la difesa erariale per l’Amministrazione intimata, che, con memoria depositata in data 22/02/11, deduceva il difetto di giurisdizione e, in subordine, l’infondatezza nel merito del ricorso, concludendo per la sua reiezione, con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Alla pubblica udienza del 24 marzo 2011, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

Viene impugnata la Delibera del Collegio Arbitrale di Disciplina, Sezione Quinta, presso il Ministero della Giustizia del 21 dicembre 2007, depositata il 17.04.2008 e comunicata in data 4.07.2008 (ed altri atti connessi), con cui è stata applicata la sanzione disciplinare del rimprovero scritto nei confronti della odierna ricorrente, già Agente Scelto di Polizia Penitenziaria, transitata nei ruoli civili dell’Amministrazione Penitenziaria ed inquadrata nel profilo professionale di Collaboratore – area B, posizione economica B2, con contestuale assegnazione presso la Casa Circondariale di Catanzaro, giusto Decreto Ministeriale dell’11.02.2005, emanato in accoglimento della sua istanza del 30.8.2004.

Va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, sollevata dalla difesa erariale.

Com’è noto, il rapporto di lavoro dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili, degli avvocati e procuratori dello Stato, del personale militare e delle Forze di Polizia, del personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia, in quanto non "contrattualizzato" e disciplinato dai rispettivi ordinamenti, ricade nella sfera di giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, ai sensi dell’art.3, comma 1, e dell’art. 63, comma IV, del D. Lgs. 3032001 n. 165.

Nel novero della previsione "Forze di Polizia" vanno ricompresi anche gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, istituito con la legge n. 395 del 1990 (che ha anche soppresso il "Corpo degli Agenti di Custodia), che lo ha espressamente qualificato come "Corpo civile", precisando che il medesimo "fa parte delle forze di polizia".

Né argomenti in senso contrario possono desumersi dalla qualificazione come "corpo civile", perchè ciò discende dalla operata "smilitarizzazione" -al pari di quanto previsto per le altre forze di polizia- che non comporta la "privatizzazione" del rapporto, come confermato dal precitato art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 165, art. 3 (conf.: Cass. Civ. Sez. Un.: 24 marzo 2010 n. 6997; T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. II, 13 gennaio 2010, n.11; T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 17 aprile 2007, n. 3315).

Nel caso di specie, si è verificato il "transito" della ricorrente nei ruoli dell’impiego civile "contrattualizzato" del Ministero di Giustizia, ai sensi dell’art. 75 del D.L. 30/10/1992 n. 443, giusto Decreto Ministeriale dell’11.02.2005, che ne ha disposto anche l’inquadramento nel profilo professionale di Collaboratore – area B, posizione economica B2, per ragioni di salute, siccome accertati nella seduta dell’agosto 2004 della Commissione Medica Ospedaliera 3^ Sezione del Centro Militare di Medicina Legale di Catanzaro, che l’ha ritenuta "non idonea permanentemente ed in modo assoluto al servizio di istituto" ed "idonea al transito nelle corrispondenti qualifiche del personale civile dell’amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, ai sensi dell’art. 75 del D.L. 30/10/1992 n. 443, risultando affetta da "sindrome disadattativa", con aspetti emozionali misti in labile d’umore.

Ciò risulta altresì dal Decreto del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria -Direzione Generale del Personale e della Formazione – Ufficio II – Sezione 3°- Servizio Amministrativo Sanitario del 23.5.2008, con cui si dispone che la ricorrente "Agente Scelto del Corpo Polizia Penitenziaria….cessa dal servizio per transito, ai sensi degli artt. 75 e 76 del Decreto Legislativo 443/92….".

La posizione della ricorrente nei ruoli dell’impiego civile "contrattualizzato" ha, quindi, assunto i connotati della definitività e stabilità, ponendola, in sostanza, quanto a tutti gli elementi prestazionali e retributivi del sinallagma contrattuale, in posizione corrispondente a quella di tutti gli altri impiegati che si trovano inquadrati nella medesima qualifica funzionale, senza essersi avvalsi di alcun "transito".

Per comprendere il rilievo di questi connotati, basta considerare che l’art. 80 del D.LG 30 ottobre 1992 n. 443, nel testo originario, prevedeva il divieto "assoluto" di riammissione nel posto di ruolo precedentemente occupato, poi mitigato dall’intervento manipolativo della sentenza della Corte Costituzionale 13 novembre 2009 n. 294, che, argomentando dal fatto che la disciplina organizzativa del personale del Corpo di Polizia Penitenziaria esige un rigoroso controllo del possesso e della conservazione dei requisiti di idoneità psicofisici richiesti per l’assolvimento degli specifici compiti ad esso assegnati, nonché dal fatto che il trasferimento ad altro ruolo della Amministrazione penitenziaria o di altra amministrazione dello Stato, seppur attivato da una specifica richiesta dell’interessato, risulta sostanzialmente fondato sullo stato di inidoneità all’assolvimento dei compiti di istituto per motivi di salute (indipendente dalla volontà dell’interessato e non concernente alcun profilo sanzionatorio), che, come tale, non può considerarsi in assoluto irreversibile, alla luce delle odierne cognizioni della scienza medica, ha dichiarato l’illegittimità costituzione dell’art. 80 del D. Lgs. 30 ottobre 1992 n. 443, nella parte in cui non consente al dipendente, allorché sia intervenuta la guarigione, la possibilità di presentare istanza di riammissione nel ruolo di provenienza da parte del dipendente transitato a domanda in altri ruoli della amministrazione penitenziaria o di altre amministrazioni dello Stato, perché giudicato assolutamente inidoneo per motivi di salute, anche conseguenti a causa di servizio, all’assolvimento dei compiti di istituto.

Comunque, fino a quando non si sia intervenuta ed accertata la completa guarigione – circostanza non verificatasi nel caso di specie, in cui la condizione patologica della ricorrente viene implicitamente data per ancora in atto, tanto che viene invocata a giustificazione del comportamento oggetto dell’addebito contestato- e l’interessato/a non abbia presentato un’istanza di riammissione nel posto di ruolo ricoperto precedentemente al trasferimento richiesto per motivi di salute (che la P.A. è tenuta ad accertare, ferma, comunque, la titolarità di un ampio potere discrezionale nella valutazione dell’esistenza dell’interesse pubblico, in relazione alle proprie complessive esigenze, anche di organico), devesi ritenere che la collocazione del dipendente nel ruolo civile sia assistita da condizioni di stabilità e certezza.

Per le suesposte ragioni, devesi ritenere che la questione dedotta nel presente giudizio, afferente ad rapporto di lavoro avente i connotati dell’impiego "contrattualizzato" ricade nell’ambito di previsione dell’art. 2 e dell’art. 63, comma I, del D. Lgs. 3032001 n. 165.

Ne consegue l’inammissibilità dell’impugnazione, con preclusione al Collegio di procedere alla disamina di ogni altra questione in rito e nel merito della controversia, riservata al Giudice Ordinario.

Alla declaratoria del difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo ed all’affermazione di quella del Giudice Ordinario consegue, peraltro, la conservazione degli effettivi processuali e sostanziali della domanda ove il processo sia tempestivamente riassunto dinanzi al Giudice Ordinario territorialmente competente, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, ai sensi dell’art. 11, comma II° del D. Lgvo 2.7.2010 n. 104, che regola la fattispecie sulla scorta dell’orientamento espresso da Corte Cost. n. 77/2007 e Cass. S.S.U.U. n. 4109/2007 e poi recepito dal previgente art. 59 della legge n. 69/2009.

Le spese di lite possono essere compensate, in ragione della peculiarità della fattispecie.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando essa al Giudice Ordinario territorialmente competente, presso il quale la causa potrà essere riassunta nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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