Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-04-2011) 09-06-2011, n. 23227 Sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

HAYE Enrico che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 9-3-2010 la Corte d’Appello di Palermo confermava quella del Gup di Termini Imerese, emessa il 5-6-2007 ad esito di giudizio abbreviato, con la quale P.F. era stato ritenuto responsabile di violazione di domicilio in danno di O. M., in data 11-7-2004, e del tentativo dello stesso reato in danno di T.F., in data 28-7-2004. Entrambi i fatti, che si collocano a breve distanza l’uno dall’altro, erano commessi in Cefalo, in appartamenti affittati a scopo di vacanza.

La T. era stata svegliata da rumori provenienti dalla persiana della camera da letto e, notando all’esterno la sagoma di una persona con i capelli corti e una maglietta di colore scuro che armeggiava con la persiana, aveva telefonato al marito che era fuori, vedendo poi attraverso la finestra la persona allontanarsi in direzione del parcheggio del residence.

Quasi in contemporanea un episodio simile, non oggetto del procedimento, si verificava presso un altro appartamento dello stesso residence, come da denuncia di S.E. la cui moglie gli aveva descritto la stessa scena. I poliziotti intervenuti su richiesta del S., trovavano nel parcheggio questi, il marito della T. – A.M. -, T.G., ed un giovane, con capelli a spazzola e maglietta nera, che, bloccato dai predetti, forniva varie versioni della sua presenza in loco, e veniva poi identificato nell’imputato, nella cui autovettura erano rinvenuti un binocolo ed un perizoma.

A seguito del collegamento di tali episodi con quello occorso, pochi giorni prima, alla O., questa dapprima riconosceva nella fotografia di P., sia pure con qualche dubbio, l’uomo che, nella notte sull’11 luglio, si era trovato accanto al letto mentre stava dormendo (chino su di lei come se la stesse annusando), poi lo riconosceva con certezza in sede di ricognizione personale.

Sulla scorta di tale materiale probatorio la responsabilità di P. era ritenuta per entrambi i fatti.

L’avv. Rosanne Di Vita ha proposto ricorso per cassazione articolando cinque motivi.

1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al capo b) in danno della Orlando. La p.o. era stata ritenuta teste di elevata attendibilità avendo nell’immediatezza fornito indicazioni sulla persona entrata nell’appartamento (età sui 30 anni, capelli corti, altezza 1,70/1,75), asseritamente in linea con le caratteristiche del prevenuto, senza tener conto del non certo riconoscimento fotografico sia in sede di indagini che dinanzi al primo giudice.

2) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza. Per quanto P. avesse già sostanzialmente assunto la veste di indagato, la ricognizione personale da parte della O. era stata eseguita senza l’assistenza di un legale, previo invito alla nomina di un difensore. Inoltre nel verbale non era stato descritto l’abbigliamento dell’attuale ricorrente, così da non renderne possibile il raffronto con quello degli altri due uomini utilizzati per il compimento dell’atto, che deve quindi ritenersi patologicamente inutilizzabile, in quanto contra legem, anche nell’ambito del giudizio abbreviato.

3) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato in danno della T.. La responsabilità è stata ritenuta sulla scorta di indizi meramente elencati, senza dar conto del percorso logico-motivazionale seguito.

4) Violazione di legge in ordine al diniego di attenuanti generiche, basato sull’addebitabilità di altri episodi non oggetto di contestazione.

5) Violazione di legge essendo decorso il termine prescrizionale dei reati.
Motivi della decisione

1) e 2) La prima censura, che addebita alla corte territoriale di non aver tenuto conto dell’incertezza del riconoscimento fotografico di P. da parte della O., va esaminata unitamente alla questione processuale, prospettata con il secondo motivo, relativa alla ricognizione personale, dal momento che la corte territoriale ha ritenuto i dubbi manifestati dalla p.o. in sede di riconoscimento fotografico, superati dalla certa ricognizione de visu dell’imputato da parte della stessa. Va ricordato in proposito che il giudice di secondo grado ha correttamente qualificato l’atto, anche sulla scorta delle norme richiamate nel relativo verbale, come individuazione di persona ex art. 361 c.p.p., ritenendo non necessaria la presenza del difensore. Tale ultimo assunto è condivisibile in quanto conforme alla costante giurisprudenza di questa corte, secondo la quale nessuna norma prescrive per l’individuazione di persona e di cose prevista dall’art. 361 c.p.p., le stesse forme e le stesse garanzie previste dall’art. 214 c.p.p. per la ricognizione di persona (onde la presenza degli altri due soggetti è addirittura superflua, restando quindi del tutto irrilevante la mancata descrizione, nella specie, , dell’abbigliamento dell’imputato), e il suo risultato può essere legittimamente utilizzato, tra l’altro, come prova in sede di giudizio abbreviato, non ostandovi il mancato avviso al difensore, che il codice di rito non prescrive (Cass. n. 18459/2007).

Indiscutibile è poi l’elevato valore probatorio da riconoscere in concreto all’individuazione da parte delle O., che, come evidenziato nelle sentenze di primo e secondo grado, aveva avuto modo di osservare le fattezze dell’intruso – descritto infatti, con dovizia di dettagli, come sui trentanni, con capelli corti, statura sul m. 1,70/1,75, corporatura regolare, assenza di barba e baffi – alla luce che entrava dal sottoporta della camera.

3) Il terzo motivo, con il quale si censura l’omessa manifestazione del percorso motivazionale alla base dell’affermazione di responsabilità del reato in danno della T., è generico, e comunque infondato, risultando delle sentenze di merito che, subito dopo l’episodio, avvenuto di notte, P., che aveva i capelli corti e indossava una maglietta scura (così come l’uomo descritto dalla p.o.), era stato trovato nel parcheggio del residence dove la donna alloggiava, e non aveva fornito valide giustificazioni della sua presenza, mentre, a bordo della sua autovettura, erano stati trovati, e sequestrati, un tanga ed un binocolo.

4) Il diniego di attenuanti generiche si sottrae alla censura di violazione di legge, essendo stato condivisibilmente ancorato alla gravità e pluralità dei fatti e al negativo comportamento processuale (i fatti sono almeno tre, in breve lasso temporale: i due oggetto del procedimento, e il terzo, contestuale a quello in danno della T., ai danni della moglie di S.; senza contare il possesso di oggetti sintomatici di abitualità della condotta).

5) Manifestamente infondata la questione della prescrizione, il cui termine massimo, per il fatto più risalente, è rii gennaio 2012.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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