Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il ricorso in epigrafe, notificato il 4 luglio 2007 e depositato il successivo giorno 18, il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Comune di Torre Annunziata gli ha ordinato la demolizione con ripristino dello stato dei luoghi delle opere abusivamente realizzate alla via Piombiera n. 72 e consistenti nella "realizzazione di un organismo edilizio di forma rettangolare occupante una superficie complessiva di circa mq. 400. Composta da muratura perimetrale in blocchi di laterizio rivestito esternamente da lamiere grecate, con copertura composta da struttura intelaiata metallica e pennellatura di lamiera coibentate. Inoltre, si è riscontrata la presenza di una ulteriore struttura in c.a. composta da pilastri e solaio di copertura costruzione occupante una superficie di circa 30 mq. Utilizzata, mediante l’istallazione di un paranco, al sollevamento e movimentazione dei natanti".
Premette il ricorrente, di essere comproprietario del fabbricato individuato nell’ordinanza al foglio 16 particella n. 344, da anni adibito all’attività di rimessaggio e riparazione di imbarcazioni. Rappresenta, in particolare, l’interessato:
– di aver presentato per il nucleo originario del manufatto in questione domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/1994, non ancora esitata dal Comune;
– di aver successivamente realizzato un ulteriore piano (pari all’intera superficie del lastrico solare dell’edificio preesistente) chiuso perimetralmente, nonché un’altra struttura in cemento adibita ad alloggio dell’argano per la movimentazione delle imbarcazioni;
– di aver richiesto per dette opere la sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003, indicando quale misura della superficie 185 mq.;
– di aver inviato al Comune nel febbraio del 2007 integrazioni documentali volte a precisare che la superficie effettivamente realizzata è di 369 mq. (e non di 185 mq come erroneamente indicato nella domanda di condono, ancora non riscontrata dall’amministrazione).
A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi:
1) violazione degli artt. 4, 7 e 10 della legge n. 241 del 1990, degli artt. 24 e 97 della Costituzione, violazione del giusto procedimento, simulazione procedimentale, difetto di istruttoria ed eccesso di potere in quanto non sono state minimamente considerate le osservazioni formulate in sede di partecipazione al procedimento;
2) violazione dell’art. 38 della legge n. 47/1985, dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere, inesistenza dei presupposti e illogicità in quanto in pendenza dell’esame della domanda di condono, che nella fattispecie è stata presentata il 10 dicembre 2004, l’amministrazione non può adottare provvedimenti repressivi;
3) violazione degli artt. 31 e segg. della legge n. 47/1985 in relazione all’art. 39 della legge n. 724/1994, all’art. 32 della legge n. 326/2003 ed all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione del giusto procedimento, eccesso di potere, carenza di istruttoria e motivazione, illogicità, perplessità e sproporzione in quanto non sussiste alcuna discordanza (se non per pochi metri quadri) tra il bene riportato nella domanda di condono del 2004 e quello descritto nel sopralluogo dell’UTC del 6 febbraio 2007, che, peraltro, non è di 400 mq bensì di 369,52;
4) violazione degli artt. 31, 33 e 34 del D.P.R. n. 380/2001, violazione dell’art. 167 del d.lg. n. 42 del 2004, violazione del giusto procedimento, incompetenza, eccesso di potere, istruttoria erronea e carente, travisamento e inesistenza dei presupposti in quanto l’opera consiste nella sopraelevazione di un preesistente capannone che andava sanzionata ai sensi dell’art. 33 o 34 e non ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, in quanto manca l’accertamento tecnico in merito alla fattibilità della demolizione e all’indicazione dei criteri e delle modalità del ripristino e, in quanto trattandosi di immobile soggetto a vincolo, doveva intervenire nel procedimento l’autorità preposta alla tutela dello stesso;
5) violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 in relazione all’art. 3 della legge n. 241 del 1990, eccesso di potere, difetto di motivazione e di istruttoria sotto vari profili.
Nell’imminenza dell’udienza del 12 maggio 2011, all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria insistendo per l’accoglimento del gravame.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
Oggetto della presente controversia è l’ordinanza con la quale il Comune di Torre Annunziata ha ingiunto la demolizione delle opere abusivamente realizzate dal ricorrente alla via Piombiera n. 72 e consistenti in "un organismo edilizio di forma rettangolare occupante una superficie complessiva di circa mq. 400. Composta da muratura perimetrale in blocchi di laterizio rivestito esternamente da lamiere grecate, con copertura composta da struttura intelaiata metallica e pennellatura di lamiera coibentate. Inoltre, si è riscontrata la presenza di una ulteriore struttura in c.a. composta da pilastri e solaio di copertura costruzione occupante una superficie di circa 30 mq. Utilizzata, mediante l’istallazione di un paranco, al sollevamento e movimentazione dei natanti".
E’ utile ricostruire il quadro fattuale in cui si inserisce la vicenda sottoposta all’attenzione del Collegio così come emerge dagli atti di causa.
Il ricorrente è comproprietario del fabbricato colpito dalla sanzione ripristinatoria che è adibito all’attività di rimessaggio e riparazione di imbarcazioni. Per il nucleo originario del manufatto pende ancora domanda di condono edilizio ai sensi della legge n. 724/1994 mentre per la sopraelevazione (pari all’intera superficie del lastrico solare dell’edificio) è stata chiesta la sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003 parimenti non esitata dal Comune. Il ricorrente ha inoltre realizzato un’altra struttura in cemento adibita ad alloggio dell’argano per la movimentazione delle imbarcazioni (p. 2 del ricorso). A mezzo delle integrazioni documentali inviate al Comune nel febbraio 2007 il ricorrente ha precisato che la sopraelevazione dell’edificio ha riguardato una superficie di 369 mq. e non di 185 mq. come erroneamente indicato nella domanda di condono del 10 dicembre 2004.
Ciò premesso, l’amministrazione ha rilevato una discrasia tra l’opera descritta nell’istanza di sanatoria del dicembre 2004 e quella risultante dal sopralluogo dell’UTC del 6 febbraio 2007. Da tale rilievo è conseguita l’ordinanza impugnata che ha ingiunto la demolizione, da una parte, dell’organismo edilizio di 400 mq. rivestito esternamente da lamiere grecate (ovvero la sopraelevazione) e, dall’altra, "dell’ulteriore struttura in cemento armato" occupante una superficie di 30 mq. utilizzata per la movimentazione dei natanti.
Con il terzo motivo il ricorrente deduce il difetto di istruttoria in quanto l’ufficio non avrebbe considerato che la differenza in questione (tra la consistenza dell’opera quale risulta dalla richiesta di sanatoria e quella reale) è di pochi metri quadri e, che, comunque, la superficie complessiva del manufatto realizzato sul lastrico dell’edificio preesistente è di 369,52 mq. e non di 400 come recato dal provvedimento impugnato.
Il motivo non ha pregio.
In primo luogo, sussiste una differenza di 184 mq. tra la superficie del primo piano dell’immobile dichiarata in sede di condono (185 mq.) e quella effettiva (di 369,5 mq.) che, ragionevolmente, non può definirsi di lieve entità. In proposito, non ha alcun rilievo il coefficiente di abbattimento dello 0,6 da applicarsi alle superfici non residenziali per il calcolo dell’oblazione, dovendo essere riscontrata, così come ha fatto l’amministrazione, la reale consistenza dell’immobile rispetto a quella risultante dalla domanda di condono (a questo riguardo il ricorrente a pag. 11 del ricorso, al fine di dimostrare che la differenza in termini di metri quadri è trascurabile, confronta entità non omogenee, ossia la superficie di 185 mq. dichiarata in sede di condono e quella di 221,71 che emerge dopo il calcolo dell’abbattimento; 369,520,60=221,71).
In secondo luogo, non è indice di difetto di istruttoria dell’amministrazione l’aver indicato nel provvedimento impugnato la dimensione dell’intervento in "ca. 400 mq." in luogo di quella reale di 369,5. Si tratta, in questo caso sì, di una lieve e irrilevante difformità, rispetto a un bene che per il resto risulta puntualmente descritto nell’ordinanza di demolizione. Quanto alla censura della mancata considerazione, da parte dell’amministrazione dell’integrazione documentale inviata dal ricorrente nel febbraio 2007 (sempre terzo motivo), si rileva al contrario che da questa il Comune può aver legittimamente desunto la necessità di reprimere l’abuso edilizio atteso che l’oggetto della domanda di condono è diverso da quello descritto nel sopralluogo. La giurisprudenza in materia di condono ha, infatti, chiarito che non "può ammettersi una modifica della domanda di condono in corso del procedimento, una volta decorso il termine perentorio, stabilito dalla l. 28 febbraio 1985 n. 47, volta a consentire al privato l’integrazione o modificazione dell’oggetto del condono mediante indicazione di beni diversi da quelli inizialmente inclusi nella richiesta di sanatoria" (T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 04 dicembre 2008, n. 1558).
Per le considerazioni che precedono va confutato il secondo motivo con il quale si deduce l’illegittima adozione di un provvedimento repressivo in pendenza dell’esame della domanda di condono presentata il 10 dicembre 2004. La situazione descritta dal Comune nell’ordinanza di demolizione non corrisponde per tabulas a quella dichiarata nell’istanza di condono. Si contesta, infatti, oltre alla realizzazione abusiva di una superfcie di 400 mq. (rectius 369,5) dichiarata nella sanatoria per soli 185 mq., anche l’edificazione (ammessa dallo stesso ricorrente – pag. 2 del ricorso) di una struttura in cemento armato di 30 mq. che non trova alcun riferimento nella domanda di condono.
Osserva il Collegio, che l’applicazione del consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l’adozione di un provvedimento di demolizione prima della pronuncia del Comune sulla domanda di condono pendente deve ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 38 della legge n. 47/1985, presuppone che vi sia coincidenza tra il bene oggetto della sanzione ripristinatoria e quello indicato nell’istanza di sanatoria. Nella fattispecie detta coincidenza non può dirsi verificata per la macroscopica differenza qualitativa e quantitativa tra i beni interessati dalla sanzione ripristinatoria e quelli oggetto di domanda di condono. Del resto è evidente che l’obbligo di sospensione del procedimento sanzionatorio previsto dalla richiamata legge n. 47/1985 in ipotesi di presentazione di domanda di condono edilizio, non è automatico e generalizzato, ma è subordinato alla verifica, seppure sommaria ed estrinseca, della coincidenza tra il bene colpito dalla sanzione e quello oggetto della sanatoria.
Non meritano accoglimento neppure le censure articolate con il quarto motivo di ricorso.
Con una prima censura si deduce che la sopraelevazione andava eventualmente sanzionata in applicazione del D.P.R. n. 380/2001 ai sensi dell’art. 33 (interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità) o dell’art. 34 (interventi eseguiti in parziale difformità del permesso di costruire) e non dell’art. 31 (interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire in totale difformità o con variazioni essenziali).
La censura non ha pregio.
Osserva in proposito il Collegio che l’art. 34 non è applicabile al caso di specie trattandosi di un intervento edilizio abusivo realizzato in totale assenza di permesso di costruire e per il quale non può configurarsi (per definizione) "la parziale difformità" dal titolo voluta dalla norma. In relazione al rapporto tra le disposizioni dell’art. 31 e quelle dell’art. 33, condivisibile giurisprudenza ha affermato che "sebbene l’art. 10, comma 1, lett. c), del t.u. n. 380/2001 preveda la possibilità di ristrutturazioni che comportino modifiche di volume, sagoma, prospetti o superfici (c.d. ristrutturazione pesante), subordinando interventi di questo tipo a permesso di costruire, ciò non significa che qualsiasi ampliamento (abusivo) di edifici preesistenti debba essere automaticamente ascritto alla fattispecie della ristrutturazione. Al contrario, un intervento abusivo che sia tale, per dimensioni e consistenza, da snaturare le caratteristiche dell’edificio originario è legittimamente sanzionato a termini dell’art. 31 (e non dell’art. 33) del testo unico, che qualifica come "interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile" (comma 1), sanzionando con la rimozione o la demolizione – e, in caso di inottemperanza, con l’acquisizione di diritto del bene alla mano pubblica – "l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’art. 32" (T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 18 giugno 2010, n. 2107). Non vi è dubbio che nella fattispecie, le opere eseguite (sopraelevazione di un intero piano di 369,5 mq. e creazione di una struttura in c.a. di 30 mq) non sono ascrivibili alla categoria delle ristrutturazioni edilizie e sono state, pertanto, legittimamente assoggettate alla sanzione ripristinatoria di cui all’art. 31 del citato D.P.R.
Quanto alla mancanza di un accertamento tecnico o, comunque, dell’indicazione di criteri per procedere alla demolizione del primo piano senza pregiudizio per la restante parte dell’edificio, rileva il Collegio che in presenza di opere realizzate in assenza di permesso di costruire l’ordine di demolizione costituisce atto dovuto e la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive, quando ciò metta a rischio le parti legittime, costituisce una eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza della impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi (C. d. S., sez. V, 21 maggio 1999, n. 587). In presenza, peraltro, di un intero piano abusivo, che per definizione non svolge funzioni di sostegno rispetto ad altre porzione dell’edificio, nonché, di una ulteriore autonoma struttura di 30 mq. non può esigersi dal Comune una verifica dell’eventuale pregiudizio derivante dalla demolizione delle opere rispetto al manufatto esistente.
Non sussiste neppure il paventato vizio di incompetenza per mancato intervento nel procedimento dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Infatti, l’ordine di demolizione di opere edilizie abusive, anche se realizzate in zona vincolata, costituisce un atto dovuto al ricorrere dei presupposti stabiliti dalla legge e non necessita della preventiva acquisizione del parere di altre autorità (ex multis T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 30 ottobre 2006, n. 9243).
Con il quinto motivo si deduce il difetto di motivazione e di istruttoria, sotto vari profili, dell’atto impugnato.
Il motivo non ha pregio.
Rammenta il Collegio che in presenza di un abuso edilizio "l’ordinanza di demolizione non richiede, in linea generale, una specifica motivazione; l’abusività costituisce di per sé motivazione sufficiente per l’adozione della misura repressiva in argomento. Ne consegue che, in presenza di un’opera abusiva, l’autorità amministrativa è tenuta ad intervenire affinché sia ripristinato lo stato dei luoghi, non sussistendo alcuna discrezionalità dell’amministrazione in relazione al provvedere" (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 19 luglio 2006, n. 6021); infatti "l’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è atto dovuto e vincolato e non necessita di motivazione ulteriore rispetto all’indicazione dei presupposti di fatto e all’individuazione e qualificazione degli abusi edilizi" (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 12 ottobre 2006, n. 824) ed, ancora, "presupposto per l’emanazione dell’ordinanza di demolizione di opere edilizie abusive è soltanto la constatata esecuzione di queste ultime in assenza o in totale difformità del titolo concessorio, con la conseguenza che, essendo l’ordinanza atto dovuto, essa è sufficientemente motivata con l’accertamento dell’abuso, essendo "in re ipsa" l’interesse pubblico alla sua rimozione e sussistendo l’eventuale obbligo di motivazione al riguardo solo se l’ordinanza stessa intervenga a distanza di tempo dall’ultimazione dell’opera avendo l’inerzia dell’amministrazione creato un qualche affidamento nel privato" (Consiglio di Stato, sez. V, 29 maggio 2006 n. 3270). Non sono stati nella specie violati neppure i principi in materia di motivazione per relationem (pag. 20 del ricorso) in quanto l’amministrazione ha indicato la data del sopralluogo effettuata dall’UTC e non risulta che sia stato negato l’accesso alle risultanze istruttorie che ne sono scaturite.
Infondato in ultimo il primo motivo con il quale si deduce la violazione del giusto procedimento per omessa considerazione delle osservazioni formulate dal ricorrente nel contraddittorio con l’amministrazione. L’apporto partecipativo dell’interessato al procedimento non implica l’obbligo dell’amministrazione di confutare puntualmente tutte le osservazioni presentate essendo sufficiente che il provvedimento finale sia sorretto da un’idonea motivazione, che nella specie sussiste. Sotto questo profilo si osserva che l’ordine di demolizione è provvedimento tipico e vincolato che presuppone un mero accertamente tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere non assentito delle stesse.
In conclusione il ricorso è infondato e va respinto.
2. Non essendosi costituita l’amministrazione resistente, nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, sez. III, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe (R.G. 4285/2007), lo respinge.
Nulla per le spese.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.