Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-03-2011) 17-06-2011, n. 24419 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con decreto in data 17.5.2010 il P.M. ha respinto la richiesta di dissequestro dell’immobile sito in (OMISSIS), presentata dal difensore dell’indagato, L.F., legale rappresentante della società proprietaria dell’immobile, indagato per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72;

D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, L. n. 395 del 1991, artt. 6 e 30 e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), ritenendo infondate le doglianze contenute nella stessa, atteso che l’annullamento da parte del Tribunale del riesame per motivi formali del decreto di sequestro preventivo emesso dal g.i.p. il 25/2/2010 non aveva inciso sul vincolo del sequestro probatorio imposto sull’immobile, tempestivamente convalidato.

Il g.i.p. del Tribunale di Roma, con ordinanza del 19/7/2010, rigettava l’opposizione al diniego di dissequestro.

In primo luogo il g.i.p. – dopo aver premesso che con l’opposizione contro il decreto del P.M. che respinge la richiesta di dissequestro, possono farsi valere esclusivamente censure concernenti la cessazione della necessità di mantenere il sequestro a fini di prova – ha rilevato che l’esigenza probatoria del "corpo del reato" era in re ipsa e che l’immobile in sequestro poteva essere restituito all’avente diritto soltanto quando non fosse stato più necessario il mantenimento del sequestro per finalità di prova.

Nella specie il g.i.p. riteneva che, a fini probatori, fosse ancora necessario il mantenimento del sequestro: pur non risultando depositata la richiesta di rinvio a giudizio, un’attività integrativa di indagine ben potrebbe essere necessaria – secondo il g.i.p. – dopo l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari ex art. 415 bis cod. proc. pen.; in ogni caso, attesa la natura delle opere edilizie oggetto di contestazione, il vincolo appariva necessario onde evitare qualunque modifica della situazione dell’immobile e consentire eventualmente al giudice del dibattimento, con accertamento tecnico in contraddittorio, di apprezzare la consistenza delle opere che si assumevano abusivamente realizzate.

2. Avverso questa pronuncia l’imputato propone ricorso per cassazione con quattro motivi.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso, articolato in quattro motivi, il ricorrente deduce che in data 8 aprile 2010 gli era stato notificato avviso di conclusione delle indagini preliminari. Essendo le stesse iniziate a partire dall’8 luglio 2009, la difesa del ricorrente rileva che le indagini erano proseguite fino al giorno 8 aprile 2010 senza che risultasse notificato ai difensori alcun provvedimento di proroga del relativo termine. Ne deduce che le esigenze probatorie relative all’immobile erano chiaramente venute meno. In sostanza il sequestro dell’immobile era stato mantenuto per più di un anno senza che fosse espletato alcun tipo di indagine o rilievo o sopralluogo, laddove l’attività di ispezione dello stato dei luoghi effettuata dagli agenti operanti del servizio di guardia parco aveva concretamente esaurito l’accertamento dei fatti necessari ai fini probatori.

Deduce ancora il ricorrente che gli interventi edilizi abusivi sull’immobile in sequestro – modificazione delle divisioni interne del corpo centrale e manufatti rudimentali abusivi nella corte condominiale – risultavano già realizzati alla data dell’I 1 gennaio 1995, quindi in epoca assai remota; da ciò anche l’eccepita assoluta estraneità dell’indagato agli abusi edilizi contestatigli in quanto appunto già esistenti in epoca di molto anteriore all’acquisizione della proprietà da parte della società Polo Roma immobiliare.

Il ricorrente poi richiama l’ordinanza del tribunale di Roma del 6 aprile 2010 che ha dichiarato fondato il ricorso proposto dalla difesa dell’indagato e in accoglimento della richiesta di riesame ha annullato l’ordinanza emessa dal g.i.p. il 25 febbraio 2010 che aveva disposto il sequestro preventivo dell’immobile. Secondo la difesa del ricorrente l’originario sequestro probatorio non poteva sopravvivere all’ordinanza del tribunale del riesame senza l’emissione di un nuovo decreto da parte del pubblico ministero.

2. Va premesso innanzi tutto che il ricorso è ammissibile.

In proposito le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 30 ottobre 2008 – 4 marzo 2009, n. 9857), componendo un contrasto di giurisprudenza, hanno chiarito che l’ordinanza del g.i.p., che a norma dell’art. 263 c.p.p., comma 5, provvede sull’opposizione degli interessati avverso il decreto del P.M. di rigetto della richiesta di restituzione delle "cose" in sequestro o di rilascio di copie autentiche di documenti, è ricorribile per cassazione per tutti i motivi indicati dall’art. 606 c.p.p., comma 1. 3. Nel merito il ricorso è fondato.

Risulta dagli atti che all’indagato è stato comunicato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. in data 8 aprile 2010 e che a quella data nessuna accertamento peritale era stato ancora espletato sull’immobile in sequestro al fine di accertare gli abusi edilizi contestati al ricorrente.

Deve in generale considerarsi che con tale avviso – con cui l’indagato viene a conoscenza dei fatti addebitatigli e della contestazione mossagli, nonchè della documentazione relativa alle indagini espletate (documentazione che deve essere depositata presso la segreteria del pubblico ministero e di cui l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia) – viene fissata la conclusione della fase delle indagini preliminari.

E’ possibile sì la proroga, a richiesta del pubblico ministero e per "giusta causa", del termine per il compimento di ulteriori atti di indagine ed in tal evenienza la sola richiesta di proroga, ove successivamente non respinta dal g.i.p., rende utilizzabili gli atti compiuti pur dopo la scadenza del termine suddetto ( art. 406 c.p.p., comma 8); ma da ciò si desume anche – in sintonia con il disposto dell’art. 407 c.p.p., comma 3, – che sono inutilizzabili gli eventuali atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine senza che alcuna richiesta di proroga sia stata presentata e successivamente accolta (Cass., sez. 3^, 12 luglio 2006 -13 ottobre 2006, n. 34417, in motivazione). Peraltro, secondo un orientamento giurisprudenziale (Cass., sez. 1^, 29 novembre 2006 – 18 gennaio 2007, n. 1295), seppur non univoco, non sarebbe possibile apprezzare neppure le esigenze cautelari al fine della proroga della custodia cautelare quando il pubblico ministero abbia già spedito l’avviso di conclusione delle indagini preliminari in mancanza di atti di indagine in corso di esecuzione e di richiesta di proroga del termine.

Quindi, ove non ci sia – come non c’è stata nella specie – la richiesta del p.m. di proroga del tennine suddetto ex art. 406 cod. proc. pen., nè sia stata proposta alcuna (pur astrattamente possibile) istanza dello stesso indagato di indagini ulteriori (ex art. 415 bis c.p.p., comma 4) e neppure sia stata successiva emessa l’eventuale ordinanza del g.u.p. che, ritenendo incomplete le indagini preliminari, ne disponga l’integrazione (ex art. 421 bis cod. proc. pen.), la fase delle indagini preliminari deve considerarsi interamente esaurita.

Ciò non comporta – come correttamente rileva il g.i.p. nell’ordinanza impugnata – che vengono meno ex se le esigenze probatorie che giustificano il mantenimento del sequestro probatorio cui non abbia fatto seguito alcun accertamento peritale o altro atto di indagine prima della scadenza del termine suddetto. Il p.m. potrebbe ben ritenere acquisiti aliunde gli elementi di prova che giustifichino una richiesta di rinvio a giudizio; e contestualmente potrebbero perdurare le esigenze probatorie giustificatrici del vincolo apposto con il sequestro probatorio.

Nè – può aggiungersi con riferimento al caso di specie – il vincolo del sequestro probatorio viene meno automaticamente per effetto dell’annullamento dell’ordinanza del g.i.p. di adozione della misura cautelare reale del sequestro preventivo, stante la diversità dei presupposti e l’autonomia del vincolo stesso.

Ma certo il mantenimento del vincolo del sequestro probatorio dopo la conclusione delle indagini preliminari non può essere piegato alle esigenze del sequestro preventivo.

Ed allora occorre una più specifica motivazione in ordine alle perduranti esigenze probatorie nella particolare ipotesi in cui si è conclusa la fase degli atti di indagine e nessun accertamento peritale o altro atto di indagine sia stato, fino a quel momento, compiuto sulle cose in sequestro (nella specie, un edificio sul quale sarebbero stati realizzati abusi edilizi).

Il g.i.p. invece, nell’impugnata ordinanza, si limita a predicare la permanenza delle esigenze probatorie pur dopo la chiusura delle indagini preliminari ipotizzando in termini generici – e quindi meramente assertivi – l’eventualità di un’attività integrativa di indagine dopo l’avviso di cui all’art. 415 bis cod. proc. pen., che invece, se ad iniziativa del p.m., necessita della sua richiesta ex art. 407 cod. proc. pen.; se ad iniziativa dell’indagato, presuppone l’istanza di quest’ultimo ex art. 415 bis c.p.p., comma 4; se disposta dal g.u.p. ex art. 421 bis cod. proc. pen., implica che quest’ultimo sia stato investito con la richiesta del p.m. di rinvio a giudizio ex art. 416 cod. proc. pen.; evenienza tutte queste non verificatesi nella specie.

In conclusione, l’impugnata ordinanza del g.i.p. risulta essere, sul punto, carente di motivazione.

4. Pertanto il ricorso va accolto con annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio al g.i.p. presso il tribunale di Roma per nuovo esame.
P.Q.M.

la Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Roma.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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