Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-10-2011, n. 22424 Danno

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 12/2/1998 e il 14/2/1998 L.V. R. conveniva in giudizio, rispettivamente, il Condominio di via (OMISSIS) e G.M. per sentirli condannare in solido al pagamento della somma di L. 6.800.00 oltre rivalutazione e interessi a titolo di risarcimento dei danni subiti a causa di infiltrazioni di umidità provenienti dalla mansarda sovrastante al proprio appartamento, che avevano causato danni a beni mobili e la temporanea indisponibilità dell’immobile da essa abitato.

I convenuti sì costituivano e chiedevano il rigetto della domanda.

La stessa attrice produceva C.T.U. effettuata nel corso del giudizio intentato da M.G., proprietario dell’appartamento danneggiato e da essa abitato, contro il condominio.

Con sentenza del 23/6/2001 il Tribunale di Catania rigettava la domanda.

L’attrice proponeva appello al quale resistevano i convenuti.

La Corte di Appello di Catania con sentenza del 9/11/200 3 rigettava l’appello osservando:

– quanto al primo motivo di appello (nel quale si censurava la ritenuta mancanza di prova sulle cause delle infiltrazioni), che la consulenza acquisita in atti da un lato escludeva che le infiltrazioni provenissero dalla copertura dell’edificio (con ciò escludendosi la responsabilità del condominio) e, dall’altro, non aveva individuato la causa dei danni lamentati dall’attrice, ma aveva semplicemente formulato delle ipotesi in forma dubitativa senza peraltro accertare che si fossero verificate rotture di tubazioni o che la finestra della mansarda soprastante fosse stata lasciata aperta o che fosse stata tagliata la copertura di cemento armato;

– che, dato il tempo trascorso e le avvenute riparazioni, era impossibile accertare la causa dei canni con una nuova consulenza;

– quanto ai secondo motivo di appello, che correttamente erano state rigettate le istanze istruttorie di parte attrice in quanto nell’assenza di prova sulla causa del danno diveniva inutile accertare la sussistenza e l’entità dei danni.

L.V.R. propone ricorso, fondato su due motivi, illustrato con memoria. Resistono, con controricorso, i convenuti.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo di ricorso, cos: rubricalo "violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e ss. c.p.c..

Motivazione e falsa applicazione di un punto decisivo della controversia ( art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)" la ricorrente lamenta la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto o il pronunciato e il vizio di motivazione; assume che il giudice di appello non avrebbe preso in considerazione le sue doglianze relative alla mancata ammissione di C.T.U. e di prova per testi; ritrascrive i motivi di appello e sostiene che il giudice di appello avrebbe, da un lato negato la prova (CTU e testimonianze) richiesta e dall’altro rigettato la domanda per difetto di prova.

2. Il motivo contiene censure in parte infondate e in parte inammissibili e deve essere rigettalo.

Premesso che resta esclusa "in radice" la violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la norma riguarda le domande di merito e non le richieste istruttorie, le censure che attengono alla mancata ammissione della C.T.U. e delle prove per testi sono altresì infondate nel merito perchè il giudice di appello ha preso in considerazione le richieste istruttorie e le ha respinte con motivazione congrua e non illogica; il giudice ha, infatti, rilevato che il tempo trascorso e l’intervenuta riparazione delle superfici danneggiate rendevano impossibile l’accertamento mediante nuova CTU sulla causa dei danni e, d’altra parte, la mancata prova della causa dei danni rendeva inutile la prova testimoniale relativa alla loro esistenza ed entità; e del tutto priva di fondamento l’obiezione, solo suggestiva, per la quale il giudice avrebbe da un lato ritenuta non provata la causa dei danni e, dall’altro non ammesso la relativa prova: il giudice si è limitato a non ammettere mezzi istruttori reputati inutili, senza impedire prove che potessero assumere rilevanza e che parte attrice ben avrebbe potuto procurarsi tempestivamente (e non dopo quasi due anni), mediante un accertamento tecnico preventivo.

Con riferimento alla prova per testi e alla sua rilevanza, il giudice di appello ha correttamente rilevato che le prove riguardavano l’esistenza e l’ammontare del danno, ma non la causa così che risultavano irrilevanti; la lettura dei capitoli di prova, trascritti alla nota 1 della pagina 14 del ricorso, consente di affermare che la motivazione è sufficiente, pertinente e non illogica; occorre solo precisare che la provenienza dell’infiltrazione da un solaio soprastante, oggetto del primo capitolo di prova non era circostanza di per sè rilevante per l’individuazione della causa dell’infiltrazione, in una situazione processuale nella quale la stessa attrice si era onerata di provare la causa dei danni e non essendo in discussione, in questo giudizio di cassazione, la ripartizione dell’onere probatorio.

In ordine alle ulteriori censure che attengono alla motivazione per la quale è stata esclusa l’idoneità dei precedenti accertamenti peritali a dimostrare la causa dei danni, la censura e inammissibile perchè si chiede una nuova valutazione di merito del materiale probatorio già adeguatamente valutato dal giudice di appello senza indicare specifiche carenze motivazionali perchè e contestazioni non riguardano la fondamentale ratio decidendi per la quale le ipotesi del CTU formulate in forma dubitativa sono rimaste mere ipotesi non riscontrate da emergenze istruttorie.

Non può assumere rilievo la circostanza dell’intervenuta conciliazione giudiziale (pure addotta per sostenere la tesi della erroneità della decisione dei giudici del merito) tra il G., proprietario dell’appartamento soprastante, e il M., proprietario dell’appartamento abitato dalla L.V., poste che la mera deduzione di una intervenuta conciliazione, della quale peraltro non si conoscono i contenuti perchè non riportati nel ricorso, non costituisce riconoscimento di responsabilità e soprattutto, con prova la causa dei danni.

3. Con il secondo motivo di ricorso, cosi rubricato "violazione, e falsa applicazione degli artt. 115 e ss. c.p.c.. Motivazione insufficiente e contraddittoria in relazione alla mancata ammissione della prova" il ricorrente ripropone, sotto altro profilo, la censura della decisione di non ammettere la consulenza e le prove testimonia e il motivo deve rigettato per le stesse considerazioni sopra svolte:

il giudice di appello ha correttamente e motivatamente esercitato il potere discrezionale di non ammettere prove testimoniali e consulenza di ufficio in quanto inidonee ad apportare al processo elementi di giudizio influenti ai fini della decisione.

Infatti, con riferimento alla mancata ammissione della consulenza tecnica, si deve, ricordare (v. Cass. 9 dicembre 1996, n. 10938, e Cass. 9 maggio 2002, n. 6641) che la mancata nomina di un consulente tecnico di ufficio, regolarmente sollecitata dalla parte, è censurabile in cassazione sotto il profilo della omessa od insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia quando la consulenza sia l’unico possibile mezze di accertamento di un fatto determinante per la decisione, a condizione, in ogni caso, che sussistano presupposti per disporla e che, inoltre, l’esito dell’accertamento peritale sia idoneo ad incidere sulla risoluzione della controversia e il giudice di appello, ma, come detto, tale ultimo presupposto e stato motivatamente ritenuto insussistente.

4. In conclusione il ricorso deve essere rigettato con la condanna della ricorrente, in quanto soccombente, al pagamento delle spese liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna L.V.R. a pagare al Condominio di via (OMISSIS) e a C.M. le spese di questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di leqge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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