Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con il ricorso in epigrafe Meriggi Francesco, professore associato presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Pavia, al contempo impegnato nell’attività medico – sanitaria in regime di convenzionamento presso le strutture del Policlinico San Matteo, ha impugnato gli atti in oggetto, compresa la D.G.R. n. 10806/2009, deducendo: con il primo motivo il difetto di motivazione e di istruttoria, nonché sviamento, atteso che non sarebbero state sussistenti le ragioni d’urgenza che hanno determinato l’adozione del decreto del Rettore n. 202/2010; con il secondo e il terzo motivo la violazione di legge in quanto lo schema di protocollo d’intesa approvato dall’Università non sarebbe conforme alla disciplina sostanziale di cui al D.Lgs. n. 517/1999, al D.P.C.M. 24 maggio 2001 e alla L.r. n. 33/2009.
La Regione Lombardia si è costituita in giudizio eccependo in via preliminare la tardività dell’impugnazione della D.G.R. n. 10806/2009, con la quale é stato approvato lo schema di convenzione successivamente sottoscritto dall’Università. Nel merito ha sostenuto la conformità del proprio operato al quadro normativo di riferimento, chiedendo la reiezione del ricorso.
L’Università di Pavia si è costituita in giudizio, eccependo anch’essa, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso sia per la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri Atenei lombardi che hanno sottoscritto l’accordo, sia in virtù della natura ampiamente discrezionale dell’impugnato protocollo d’intesa che non consentirebbe di riconoscere in capo al ricorrente alcuna posizione giuridica tutelabile. Nel merito ha confutato le avverse censure, chiedendo la reiezione del ricorso.
All’udienza pubblica dell’8 giugno 2011 la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
2. Il ricorrente ha esposto in ricorso l’intera sua vicenda professionale e l’attività giudiziaria intrapresa per tutelare le sue ragioni.
Tali antecedenti, tuttavia, non rilevano ai fini del presente giudizio, atteso che l’incipit della vicenda per cui è causa risiede nell’emanazione della L.r. n. 15/2009, "Disciplina dei rapporti tra la Regione e le università della Lombardia con facoltà di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca" poi trasfusa nella L.r. n. 33/2009 "Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità" in osservanza delle quali la Regione Lombardia ha adottato la D.G.R. n. VIII/10806 del 16 dicembre 2009 recante "Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Università della Lombardia con Facoltà di Medicina e Chirurgia per lo svolgimento di attività assistenziali, formative e di ricerca".
Con tale deliberazione la Giunta Regionale ha approvato un nuovo schema di protocollo d’intesa con le Università lombarde, successivamente sottoposto all’attenzione delle stesse per l’approvazione.
L’Università di Pavia ha approvato detto Protocollo con decreto rettorale d’urgenza n. 202 del 16 febbraio 2010, ratificato in data 2 marzo 2010 dal Consiglio della Facoltà di Medicina e Chirurgia.
In particolare nel decreto n. 202/2010 il Rettore ha motivato l’urgenza, ai sensi dell’art. 7 dello Statuto dell’Università, con l’imminenza della scadenza del termine di cui all’art. 28 della legge regionale n. 33/2009, fissata per il 27 febbraio 2010, per la stipula del Protocollo di Intesa.
Nelle premesse il Rettore ha dato atto da una parte che le altre Università lombarde interessate avevano già provveduto alla sottoscrizione, dall’altro che, nella riunione del 9 febbraio, era stato espressamente assunto, dal Direttore Generale Sanità della Regione, l’impegno alla stesura di un testo di Protocollo più aderente ai contenuti della L.r. n. 33/2009 e alla posizione più volte manifestata dall’Università di Pavia.
Sulla base di tali premesse, nonché sull’ulteriore conferma del suindicato impegno da parte del dott. Lucchina, Direttore Generale della Sanità della Regione, data con nota n. 7315 del 22 febbraio 2010, il Consiglio di Amministrazione dell’Università, con deliberazione n. 32 del 2 marzo successivo, ha ratificato l’operato del Rettore.
3. Dai dati fin qui riportati emerge ictu oculi l’infondatezza del primo motivo di ricorso, atteso che l’urgenza di provvedere non soltanto è stata adeguatamente motivata, ma risulta essere sussistente in fatto.
Né è ravvisabile la denunciata contraddittorietà nel comportamento del C.d.A., consistente nell’aver ratificato la sottoscrizione del Protocollo pur non condividendone in toto i contenuti, come sostenuto dal ricorrente, dal momento che la ratifica è avvenuta proprio in considerazione dell’impegno assunto dalla Direzione Generale Sanità e del mandato già conferito al Rettore dell’Università di Brescia, in qualità di coordinatore, a trasmettere una bozza di integrazione al Protocollo, nonché una bozza di schema tipo di convenzione, ai sensi dell’art. 31, comma 4, della L.r. n. 33/2009.
Le considerazioni che precedono comporterebbero l’inammissibilità delle ulteriori censure formulate dal ricorrente in ordine alla non conformità del Protocollo d’Intesa sottoscritto alla disciplina sostanziale di cui al D.Lgs. n. 517/1999, al D.P.C.M. 24 maggio 2001 e alla L.r. n. 33/2009.
Invero, come innanzi evidenziato, l’approvazione in via d’urgenza del Protocollo d’Intesa è avvenuta sulla premessa della non satisfattività del relativo contenuto e dell’impegno a migliorarlo mediante una bozza integrativa di schema tipo di convenzione: il che lo rende, nella sostanza, un atto non definitivo.
Il Collegio, tuttavia, ritiene opportuno esaminare nel merito tutti i motivi.
4. Con il secondo motivo, invero, il ricorrente in sintesi lamenta che il Protocollo d’Intesa abbia ancorato il trattamento retributivo dei docenti universitari, che esercitino anche funzioni assistenziali, ai contratti collettivi della dirigenza medica; inoltre censura la disposizione contenuta nell’art. 9 del Protocollo relativa al riconoscimento dell’indennità di esclusività che, a suo dire, contrasterebbe con la previsione di cui all’art. 35, comma 4, della L.r. n. 33/2009 secondo cui "l’indennità di esclusività è riconosciuta per intero a coloro che abbiano optato per l’attività professionale intra moenia".
Il motivo è infondato.
In primo luogo il riferimento ai contratti collettivi per la dirigenza medica è di diretta derivazione legislativa, atteso che l’art. 35 della citata L.r. n. 33/2009, al comma 2, stabilisce che "per remunerare il contributo offerto alle finalità del servizio sanitario regionale, ai professori e ai ricercatori universitari, nonché alle figure equiparate compete, oltre alla retribuzione corrisposta dall’università, un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico, pari all’intera retribuzione di posizione conseguente alla graduazione delle funzioni dirigenziali, prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza della sanità pubblica…".
Quanto all’indennità di esclusività il Collegio ritiene che il contenuto dell’art. 9 del Protocollo, laddove subordina detta indennità alla prevalenza dell’attività svolta in regime istituzionale in termini di orario di lavoro e di prestazioni effettuate, da una parte non comprima in alcun modo la portata dell’omologa previsione di legge regionale; dall’altra compendi in se le ulteriori previsioni contenute nella stessa norma, ove alla seconda parte del primo comma, è previsto che "l’impegno orario del personale universitario convenzionato, onnicomprensivo delle tre funzioni, è pari a quello del corrispondente personale ospedaliero. La presenza nelle strutture aziendali è comunque rilevata secondo modalità oggettive e deve essere pari almeno al cinquanta per cento dell’orario complessivo".
In altri termini, il concetto di "prevalenza" espresso nel Protocollo d’Intesa altro non è che la proiezione in sede convenzionale dell’oggettiva prevalenza (il 50% su un complesso di tre attività) contemplata dalla disposizione legislativa.
5. Con il terzo motivo, infine, il ricorrente censura il Protocollo d’Intesa nella parte in cui non prevede che gli emolumenti stipendiali di cui al D.Lgs. 517/99 debbano essere rapportati all’anzianità in campo assistenziale complessivamente maturata dai professori universitari, computando, cioè, anche quella maturata prima dell’assunzione della docenza universitaria.
L’assunto del ricorrente è che lo stretto legame riconosciuto ex lege tra funzioni assistenziali, didattiche e di ricerca postuli la valorizzazione dell’attività assistenziale dei medici universitari e che da tanto non possa che discendere la commisurazione degli emolumenti stipendiali all’anzianità complessiva.
Tale assunto è destituito di fondamento in quanto non trova riscontro alcuno nelle disposizioni di legge regionale la cui applicazione lo stesso ricorrente invoca.
Invero, il trattamento aggiuntivo da riconoscere ai docenti universitari che svolgano anche funzioni assistenziali e di ricerca deve comprendere: una parte graduata in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico, pari all’intera retribuzione di posizione conseguente alla graduazione delle funzioni dirigenziali, prevista dal contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza della sanità pubblica (così l’art. 35, comma 2, della L.r. 33/2009) e una parte ulteriore "in relazione all’effettivo raggiungimento dei risultati ottenuti nell’attività assistenziale, pari all’intera retribuzione di risultato così come disciplinata dalla struttura sanitaria, nel rispetto dei vincoli contrattuali della sanità pubblica" (id. comma 3).
In definitiva sono soltanto quelli surriportati i parametri oggettivi di riferimento previsti dalla legge per la quantificazione degli emolumenti stipendiali e tra essi non figura l’anzianità complessiva maturata nel solo campo assistenziale.
Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.
Condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dell’Università degli Studi di Pavia e della Regione Lombardia, nella misura del 50% a ciascuna, di spese e competenze del giudizio che liquida in complessivi Euro 6.000,00 (seimila), oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 12,50%, nonché degli oneri previdenziali e fiscali come per legge.
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