Cons. Stato Sez. III, Sent., 27-06-2011, n. 3819 Detenzione abusiva e omessa denuncia Porto abusivo di armi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con l’appello in esame il signor L. L., guardia particolare giurata, membro della direzione nazionale della LIDA e coordinatore di 30 guardie giurate, ha esposto di aver proposto ricorso davanti al T.A.R. per la Puglia per l’annullamento del decreto 10 marzo 2010 n. 1243/6G/Area O.P.I° Bis del Prefetto di Bari, recante reiezione dell’istanza di rilascio di licenza di porto di pistola per difesa personale, nonché per l’esibizione dei pareri emessi dagli organi di polizia posti a base del provvedimento ed oggetto di denegata domanda di accesso. Con la sentenza appellata il T.A.R. ha dato atto della cessata materia del contendere e dichiarato l’intero ricorso improcedibile, senza provvedere ad esaminarne l’oggetto principale.

L’appellante, convenuto che sulla domanda concernente l’esibizione di documenti era effettivamente venuta a cessare la materia del contendere, ha lamentato che erroneamente la declaratoria abbia coinvolto anche la domanda di annullamento del diniego di rilascio di porto d’armi, in merito alla quale ha richiamato e riprodotto nell’appello stesso l’atto introduttivo del giudizio – con cui deduceva eccesso di potere per difetto di motivazione, eccesso di potere per manifesta illogicità, omessa valutazione dei requisiti e disparità di trattamento – e la successiva memoria difensiva.

Il Ministero dell’interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Bari si sono costituiti in giudizio, ma non hanno prodotto scritti difensivi.

Con memoria datata 5 aprile 2011 il signor L. ha insistito sull’illegittimità del diniego.

All’odierna udienza pubblica l’appello è stato introitato in decisione.

Ciò posto, va innanzitutto dato atto dell’omessa pronuncia da parte del primo giudice sulla domanda principale formulata dall’attuale appellante nel suo ricorso di primo grado, diretta all’annullamento del provvedimento di diniego di porto di pistola per difesa personale ed a titolo personale.

Tale domanda va pertanto qui esaminata nel merito, stante l’effetto devolutivo dell’appello. E appunto nel merito deve ritenersi infondata, dal momento che il provvedimento impugnato risulta esente dai prospettati vizi.

Il medesimo provvedimento si fonda, infatti, sulla mancata emersione in sede istruttoria, ulteriormente approfondita dopo le osservazioni prodotte dal signor L. a seguito del preavviso di diniego, della sussistenza di un effettivo bisogno concreto ed attuale di circolare armato a causa, in particolare, delle addotte minacce di morte, subite a seguito delle varie operazioni svolte in relazione all’attività di vigilanza volontaria finalizzata a contrastare il commercio illegale degli animali esotici e dei rifiuti, la coltivazione di sostanze stupefacenti, il bracconaggio. Tanto tenuto anche conto, per un verso, dell’onere gravante sul richiedente di provare la presenza dei presupposti per l’adozione del titolo abilitativo derogatorio rispetto alla regola generale; e, per altro verso, dell’eccezionalità dell’autorizzazione in questione, giacché l’autotutela non può essere consentita se non nei casi di estrema necessità, in cui il bisogno prospettato non possa essere altrimenti soddisfatto.

Al riguardo, si osserva che l’art. 42 del t.u.l.p.s. n. 773 del 1931 – dopo aver disposto il divieto di portare fuori della propria abitazione armi ed altri strumenti impropri di offesa ivi elencati – rimette alla valutazione dell’autorità di pubblica sicurezza la facoltà di rilasciare licenza di porto d’armi sul presupposto del "dimostrato bisogno".

Ora, secondo pacifico orientamento giurisprudenziale, il rilascio della licenza a portare le armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia che rimuove il limite ad una situazione giuridica soggettiva, la quale già fa parte della sfera del privato, ma assume contenuto permissivo in deroga al generale divieto di portare armi sancito dall’art. 699 c.p. e dall’art. 4, co. 1, della legge n. 110 del 1975; in tale contesto, il controllo effettuato al riguardo dall’autorità di pubblica sicurezza assume connotazioni particolarmente pregnanti e severe, sicché l’atto autorizzatorio può intervenire soltanto in presenza di condizioni di perfetta e completa sicurezza ed a prevenzione di ogni possibile vulnus all’incolumità di terzi, cui può contribuire ogni aumentata circolazione di armi d’offesa. In altri termini, in materia di autorizzazioni di polizia inerenti il porto e l’uso delle armi, la predetta autorità dispone di una lata discrezionalità nell’apprezzare la sussistenza del menzionato "bisogno" del titolo, oltre che dei requisiti soggettivi del richiedente, stanti le evidenti ricadute che tali atti abilitativi possono avere ai fini di una efficace protezione di ordine e sicurezza pubblica, ossia di due beni giuridici di primario interesse pubblico (cfr., tra le tante, Cons. St., sez. VI, 22 maggio 2008 n. 2450 e 28 marzo 2007 n. 1432; nonché 6 aprile 2010 n. 1925 e 28 luglio 2008 n. 3700).

Nella specie, dalla pur copiosa documentazione prodotta dall’attuale appellante non risulta alcuna specifica ed espressa minaccia di morte o pericolo per la sua vita o incolumità; neppure in questa sede egli ha depositato alcuna attestazione in tal senso. Pertanto, deve ritenersi che il richiedente il porto di pistola – giova sottolineare: a titolo esclusivamente personale e quindi anche al di fuori dell’attività svolta – non abbia dimostrato l’asserito "bisogno" in questione.

D’altro canto, nei limiti in cui è sindacabile, in assenza della prova appena detta il provvedimento di diniego non appare manifestamente irrazionale, sproporzionato o travisante i fatti, laddove ha ritenuto i compiti espletati dal signor L., ancorché apprezzabilissimi, non siano di per sé forieri dell’addotto rischio di ritorsioni, rappresaglie o reazioni.

Pertanto, nel merito l’appello non può che essere respinto.

Tuttavia, nella peculiarità del caso sottoposto all’esame del Collegio si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese del.giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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