T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 30-06-2011, n. 5774

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

– che al sig. F., odierno ricorrente, è stata rilasciata, il 26.10.1998, dal Questore di Rieti, licenza di porto di fucile, per uso di caccia;

– che in data 03.1.2000 lo stesso F. è stato deferito alla competente A.g.o. per rispondere sia: a) del reato di porto abusivo d’armi, in quanto sorpreso all’interno della propria autovettura, da personale della Polizia di Stato, a puntare una carabina marca Marlin, cal 22, in direzione del fiume Turano; che: b) del reato di cui all’art.13 della L. n.152/1992 (per aver cacciato con mezzi non consentiti. Nell’occasione sono state contestate le violazioni amministrative previste dagli artt. 23/22 della legge n.17/1995 e dall’art.12/8 della legge n.157 del 1992 per aver, fra l’altro, esercitato l’attività venatoria a meno di 100 mt da strade carrozzabili e senza il pagamento ella tassa regionale);

– che, per i fatti dianzi descritti, la licenza di p.s. di cui il F. era detentore è stata, con provvedimento del 18.1.2000, sospesa dal Questore di Rieti sino all’esito del procedimento penale connesso alle denunce sopra menzionate: procedimento che si è definito in data 11.12.2003 mandando assolto il F. per intervenuta prescrizione dei reati contestatigli;

– che, in esito ad istanza, azionata dal F., di revoca del provvedimento (sopra indicato) di sospensione della licenza di caccia, il Questore ha decretato la revoca (non della sospensione, ma) del detto titolo di polizia con provvedimento del 14.1.2004 (successivamente notificato): provvedimento che ripercorre le circostanze originatrici della iniziale sospensione del titolo, dando corretta contezza, dell’intervenuta archiviazione, per prescrizione, dei reati sopra ricordati e che impernia il giudizio prognostico ivi esternato di non affidabilità nell’uso dell’arma, oltre che su tali fatti, anche sulle ulteriori circostanze date:

a) dalla condanna (a giorni 15 di arresto ed Euro50 di ammenda) inflitta all’interessato dal Tribunale di Rieti con sentenza del 20.5.2002 (appellata dall’interessato), per il reato di cui agli artt.4 e 7 della L. n.895/1967 di porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo (si trattava di una carabina marca Winchester cal. 44, e quindi di carabina diversa in premessa specificata);

b) dalle continue liti fra il ricorrente e la coniuge per sedare le quali il personale della p.s. è dovuto intervenire più volte;

– ch successivamente alla revoca della licenza del porto di fucile, il Prefetto di Rieti, con proprio decreto del 12.2.2004 adottato su proposta della locale Questura, ha vietato al F., per le medesime ragioni, la detenzione di armi, munizioni e materiale esplodente ex art.39 del Tulps (nel provvedimento si dà, peraltro, atto che, allo stato, non è detentore di armi o munizioni).

Rilevato, ancora, in fatto:

– che avverso i citati decreti, del Questore e del Prefetto di Rieti, il F. si è gravato con l’atto introduttivo del corrente giudizio, deducendone, oltre alla violazione dell’art.7 della legge n.241 del 1990 per omissione delle garanzie partecipative regolamentate da detta novella, l’eccesso di potere per errata valutazione e/o travisamento dei fatti presupposti al giudizio prognostico effettuato dal Questore ed acriticamente recepito dal Prefetto di Rieti. Osserva il ricorrente:

a) che i decreti gravati fanno riferimento ad una denuncia per porto illegale di arma che è stata archiviata e ad una condanna che è stata inflitta dal Tribunale di Rieti per reato diverso da quello evidenziato nei decreti stessi;

b) che l’evocazione del contrasto familiare ha una mera valenza "suggestiva" e non tiene conto che è stato proprio il ricorrente a richiedere l’intervento degli agenti di p.g.

– che la resistente amministrazione si è costituita in giudizio proponendo, con articolata memoria, la reiezione del ricorso avversario;

Motivi della decisione

– che, ai sensi dell’art. 39 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, il Prefetto ha facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti, alle persone ritenute capaci di abusarne e, parimenti, ai sensi degli articoli 11 e 43 R.D. 18 giugno 1931 n. 773, la licenza di porto d’armi può essere ricusata dal Questore a coloro che non danno affidamento di non abusare delle armi: disciplina, quella racchiusa nelle disposizioni appena citate, che è diretta al presidio dell’ordine e della sicurezza pubblica, alla prevenzione del danno che possa derivare a terzi da indebito uso ed inosservanza degli obblighi di custodia, nonché della commissione di reati che possano essere agevolati dall’utilizzo dell’arma;

– che, in sintonia con detti principi:

a) i provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano, quindi, che il beneficiario di essi sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli ed ordinati rapporti con gli altri consociati;

b) i provvedimenti di ricusazione (categoria che include sia il diniego del titolo che il diniego della sua rinnovazione nonché la revoca, facoltativa od obbligatoria, dello stesso), avendo finalità preventive, non richiedono che vi sia stato un oggettivo ed accertato abuso delle armi, essendo sufficiente un’erosione anche minima del requisito della totale affidabilità del soggetto. Al riguardo si ricordi che la Corte Costituzionale, già con sentenza nr. 24 del 1981, ha affermato che il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto rappresentando, invece, un’eccezione al normale di vieto di portare le armi e che può divenire operante solo nei confronti di persone riguardo alle quali esista la completa e perfetta sicurezza circa il buon uso delle armi stesse, in modo da scagionare dubbi e perplessità sotto il profilo dell’ordine pubblico e della tranquilla convivenza della collettività, dovendo essere garantita anche l’intera massa restante dei consociati dall’assenza di pregiudizi (di qualsiasi genere) per la loro incolumità;

– che, se pur vero che la denuncia penale di un soggetto titolare o richiedente l’autorizzazione al porto d’armi assume rilevanza (non come evento penalmente sanzionabile, ma) come fatto storico ai fini di un giudizio prognostico sul suo comportamento; sicché sono i fatti oggetto della denuncia che, a prescindere dalla loro punibilità, costituiscono motivo per il diniego o la revoca dell’autorizzazione;

– è, altresì, vero che il giudizio di pericolosità di un soggetto circa l’abuso delle armi deve pur sempre essere fondato su circostanze di fatto assistite da sufficiente "fumus" ed oggetto di autonoma valutazione dell’amministrazione: valutazione (da elaborarsi all’occorrenza anche sulla base di circostanze ulteriori e distinte che consentano di meglio ricostruire e definire la personalità del titolare dell’autorizzazione) che renda plausibile il convincimento della capacità del titolare di abusare del titolo;

Considerato, ancora, in diritto:

– che, nella fattispecie per cui è causa, gli impugnati decreti appaiono inficiati dal vizio, dedotto dal ricorrente col primo mezzo di gravame, di errata valutazione e/o travisamento dei presupposti di fatto (vizio che si è, ovviamente, riflettuto sul giudizio prognostico di non affidabilità); e ciò in quanto, non apparendo revocabile in dubbio che la valutazione di inaffidabilità sia stata tratta dal complesso delle circostanze rassegnate nei provvedimenti di cui trattasi, deve rilevarsi quantomeno un’erronea rappresentazione di alcune di tali circostanze. E difatti:

a) parte ricorrente non è stata condannata dal Tribunale di Rieti, come specificato nel decreto di revoca del Questore del 14.1.2004, per il reato di cui agli artt.4 e 7 della L. n.895/1967 (che presuppone il porto illegale in luogo pubblico di arma comune da sparo e cioè di un’arma di cui il detentore abbia la pronta disponibilità per un uso immediato), ma (è stata condannata) per il diverso reato p. e p. dagli artt.34 c.2 del Tulps e 19 della legge n.110 del 1975 e cioè per non aver comunicato all’autorità di p.s. il trasporto di un’arma inerte e non suscettibile di pronta utilizzazione (come appurato in sede processuale, la carabina Winchester non era da tempo più funzionante in quanto inceppata e il F., di seguito ad accordi con un armiere cui aveva ordinato dei pezzi di ricambio per la relativa manutenzione e riutilizzo, la stava trasportando all’armeria per le necessarie riparazioni);

b) le ripetute richieste di intervento di personale della p.s. per sedare le liti familiari correnti con la consorte, sono state, come documentato in gravame e confortato anche dalla memoria della resistente, tutte, eccetto una, avanzate dallo stesso F. (e non dalla consorte); il che induce, quanto meno in linea di principio, a ritenere che il F. non sia persona aggressiva, impulsiva ovvero animata da indole violenta e tale da rendere plausibile il convincimento che possa, in un momento di ira, ricorrere all’arma detenuta per intimorire la consorte ovvero per comporre diversamente il diverbio insorto.

Considerato, pertanto:

– che, come sopra ampiamente specificato, la coerenza dell’Ordinamento impone all’amministrazione di procedere ad una prognosi che tenga conto di concreti ed effettivi elementi di fatto a carico ed a favore dell’interessato, che presentino interesse e rilevanza; al fine di rendere plausibile il giudizio prognostico circa la mera probabilità di abuso dell’arma da parte di costui;

– che il giudizio valutativo esternato nei provvedimenti impugnati è tratto, non solo sulla base della pregressa condotta del ricorrente che aveva originato la sospensione della licenza di porto di fucile, ma anche su distinte ed ulteriori circostanze delle quali:

a) l’una (ci si riferisce ai diverbi familiari) che non appare considerata nella sua reale portata omettendosi l’apprezzamento della circostanza data dall’iniziativa, assunta sempre dall’interessato, di chiedere l’intervento degli operatori della p.s.;

b) l’altra data dalla erronea rappresentazione della condanna inflitta per un reato significativamente diverso e ben più grave di quello per il quale il ricorrente è stato effettivamente punito;

– che, conclusivamente, il ricorso si rivela fondato con riguardo al primo mezzo di gravame; il che consente di ritenere assorbita la residua censura;

– che rimane impregiudicata la facoltà dell’amministrazione di rideterminarsi; e quindi sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti adottati nel rispetto delle normae agendi sopra sintetizzate;

– che le spese di lite possono, attesa la peculiarità della controversia, compensarsi tra le parti in causa;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) accoglie, come da motivazione, il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i decreti del Questore e del Prefetto di Rieti con lo stesso impugnati.

Salvi gli ulteriori provvedimenti della p.a.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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