Cass. civ. Sez. V, Sent., 25-11-2011, n. 24952 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il contribuente impugnava in sede giurisdizionale il silenzio rifiuto, opposto dall’Amministrazione Finanziaria, alla domanda presentata al fine di ottenere il rimborso dell’IRPEF, relativa agli anni 2000, 2001, 2002 e 2003, pagata indebitamente per somme percepite in dipendenza di lavoro dipendente prestato all’estero.

L’adita CTP di Pescara rigettava il ricorso, con decisione che veniva confermata in appello.

Con ricorso notificato il 12.12.2007, il contribuente ha chiesto l’annullamento della decisione di secondo grado. Resiste con controricorso l’Agenzia Entrate, chiedendo il rigetto dell’impugnazione.

Motivi della decisione

Il contribuente censura l’impugnata decisione per violazione e falsa applicazione di legge, nonchè per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Il Collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile. Rileva, infatti, che le doglianze non investono entrambe le rationes decidendi dell’impugnata sentenza, risultando così formulate in violazione del consolidato principio secondo cui "Allorquando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su due diverse "rationes decidendi", idonee entrambe a giustificarne autonomamente le statuizioni, la circostanza che l’impugnazione sia rivolta soltanto contro una di esse, e non attinga l’altra, determina una situazione nella quale il giudice dell’impugnazione (ove naturalmente non sussistano altre ragioni di rito ostative all’esame nel merito dell’impugnazione) deve prendere atto che la sentenza, in quanto fondata sulla "ratio decidendi" non criticata dall’impugnazione, è passata in cosa giudicata e desumere, pertanto, che l’impugnazione non è ammissibile per l’esistenza del giudicato, piuttosto che per carenza di interesse" (Cass. n. 14740/2005, n. 3965/2002, n. 4424/2001).

Il Giudice di merito, nel caso, ha rigettato la domanda di rimborso, sia per insussistenza dei relativi presupposti, sia pure notando che il contribuente non aveva fornito alcuna prova al riguardo.

Come è agevole desumere dall’esame del ricorso, le censure sono rivolte solo contro la prima ratio decidendi e non anche contro la seconda.

Va, peraltro, rilevato che vertendosi in tema di domanda di rimborso, per consolidato orientamento giurisprudenziale, l’onere della prova grava sul contribuente (Cass. n. 8439/2004).

Vanno, altresì, colti ulteriori profili di inammissibilità, sia avuto riguardo alla inconferenza dei quesiti ed alla loro formulazione cumulativa, sia pure per la mancanza di adeguata specificità delle censure.

Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate in Euro millecento, oltre quelle prenotate a debito.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’Agenzia controricorrente, delle spese del giudizio, in ragione di Euro millecento, oltre quelle prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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