T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 13-07-2011, n. 1207 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Con nota del 4 gennaio 2010 l’Ufficio Servizio di Trasporto non di linea su acqua del Comune di Venezia ha comunicato a D.T., titolare della licenza di taxi acqueo n.306, che in data 14 febbraio 2010 sarebbe venuto a scadere il termine di validità quinquennale della stessa, invitandolo a presentare tempestiva domanda di rinnovo.

B. In data 5 febbraio 2010 il T. ha presentato una richiesta di trasferimento della licenza n.306 a B.P., iscritto nel ruolo dei conducenti di natanti adibiti al trasporto di persone non di linea e dei conducenti addetti al servizio di noleggio, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma I del Regolamento Comunale di attuazione della legge n.63/1993.

C. Nel corso del procedimento avente ad oggetto il rinnovo della licenza – valutato dall’amministrazione comunale preliminare rispetto a quello avviato con la presentazione della domanda di trasferimento suddetta – è stato acquisito il certificato generale del casellario giudiziale di D.T., al fine di verificare la sussistenza dei requisiti prescritti. Da tale certificato è emersa la condanna del T. per cessione illecita di sostanze stupefacenti, divenuta irrevocabile il 18 giugno 2008. L’amministrazione ha, dunque, comunicato all’interessato, con nota dell’11 febbraio 2010, l’avvio del procedimento di decadenza della licenza di taxi acqueo n.306, ai sensi dell’art. 25 del Regolamento Comunale di attuazione della legge n.63/1993, a motivo della perdita del requisito previsto dall’art. 3, lettera c) del Regolamento medesimo, ai sensi del quale, ai fini del rilascio della licenza, è richiesto che l’interessato non abbia riportato condanne per "qualsiasi altro delitto non colposo per il quale la legge preveda la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni e nel massimo a cinque anni, salvo che non sia intervenuta sentenza di definitiva riabilitazione". Con la suddetta nota, inoltre, è stato anche specificato che il "titolare, poiché la richiesta di trasferimento non può essere motivo per consentire il prosieguo della prestazione del servizio dalla data successiva della scadenza quinquennale della licenza (15.02.2010), è tenuto al rispetto della previsione di cui all’art. 5, comma 5 del vigente Regolamento Comunale" e, inoltre, è stata anche rappresentata la possibilità di presentare, nel termine di quindici giorni dal ricevimento della medesima comunicazione, memorie scritte e documenti ai sensi dell’art. 10 della legge n. 241 del 1990.

D. Il T. ha, quindi, presentato, in data 9 marzo 2010, per il tramite del suo legale, le osservazioni, precisando che la condanna risaliva al 24 ottobre 2007 (data in cui il GUP presso il Tribunale di Venezia aveva applicato, su richiesta, la pena di due anni ed otto mesi di reclusione, interamente condonata, e una multa di euro 11.560,00, ridotta ad euro 10.000,00) ed evidenziando che per la pena irrogata era intervenuto l’indulto, con conseguente applicabilità, in via analogica, dell’art. 166 c.p., che la licenza, nonostante l’irrevocabilità della condanna, era stata sempre regolarmente vidimata senza contestazioni da parte dell’Amministrazione e che il trasferimento della licenza era comunque intervenuto prima che al T. venisse notificata la comunicazione di avvio del procedimento di decadenza.

E. Successivamente all’avvio del procedimento di decadenza, B.P. ha presentato, in data 15 febbraio 2010, presso l’Ufficio Servizio Trasporto non di linea su acqua, un’istanza di rinnovo della licenza de qua; tale istanza è stata riscontrata dall’amministrazione con nota del 23 febbraio 2010, con la quale è stata rappresentata la preclusione alla presa in carico della richiesta "in quanto la licenza stessa risulta in capo al Sig. T. D. e oggetto di avvio di procedimento di decadenza" nonché evidenziato che il "trasferimento a suo nome di detta licenza è, allo stato, solo mera istanza priva di istruttoria".

F. In data 9 marzo 2010 il Trevisa ha presentato ulteriori osservazioni ai sensi dell’art. 10 della l. n. 241 del 1990 e, successivamente, in data 9 aprile 2010, l’amministrazione comunale ha adottato il provvedimento di decadenza della licenza.

G. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, D.T. e B.P. hanno impugnato il suddetto provvedimento di decadenza e, nei limiti dell’interesse, gli artt. 25 comma 5 e 3 lett. c del Regolamento Comunale di attuazione della l.r. n.63 del 1993.

H. Con il primo motivo di ricorso la difesa dei ricorrenti ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, I comma lett. c) e 25, comma V del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 nonché l’erronea equiparazione della sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. alla sentenza di condanna.

I. Il secondo mezzo di gravame si appunta sull’illegittimità dell’art. 25 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93, a motivo della violazione del principio del giusto procedimento e dei principi sanciti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione nonché sulla sussistenza del vizio di eccesso di potere per difetto di presupposto in relazione all’art. 6 della l. n. 241 del 1990.

L. Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma V e 3 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 ed è stata invocata l’applicazione, in via analogica, dell’art. 166, II comma c.p..

M. Il quarto motivo di ricorso attiene alla violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 e dell’art. 20 della l.r. n.63 del 1993 nonché alla sussistenza del vizio di eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità e contraddittorietà.

N. Successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, con nota dell’8 agosto 2010, la Sezione Proprietà Navale della Capitaneria di Porto di Venezia ha richiesto alla F.N.S.T.E.N. Scarl – cooperativa della quale il T. è socio – la restituzione della licenza di navigazione del motoscafo "Butterfly", con annesso Ruolino Equipaggio.

O. Anche il suddetto provvedimento è stato impugnato, con ricorso per motivi aggiunti, dal T., dal Piasenti nonché della Cooperativa F.N.S.T.E.N. Scarl.

P. Il Comune di Venezia, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e la Capitaneria di Porto si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame, concludendo per la reiezione del ricorso introduttivo e di quello per motivi aggiunti in quanto infondati.

Q. Con ordinanza collegiale n.186 del 16 dicembre 2010 questa Sezione, valutando che le ragioni e le esigenze di parte ricorrente potessero essere tutelate adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito, ne ha disposto la trattazione ai sensi dell’art. 55, comma 10 c.p.a..

R. All’udienza del 5 maggio 2011 i difensori comparsi hanno ribadito le rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

1.Il Collegio ritiene di poter procedere direttamente all’esame del merito, non essendo stata sollevata alcuna eccezione preliminare e non emergendo questioni rilevabili d’ufficio.

2 Con il primo motivo di ricorso la difesa dei ricorrenti ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, I comma lett. c) e 25, comma V del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 nonché l’erronea equiparazione della sentenza patteggiata ex art. 444 c.p.p. alla sentenza di condanna.

2.1 La difesa di parte ricorrente sostiene, nello specifico, l’illegittimità del provvedimento di decadenza, posto che l’art. 3, I comma, lett. c) del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93, nel richiedere ai fini del rilascio della licenza che l’interessato non abbia riportato condanne per "qualsiasi altro delitto non colposo per il quale la legge preveda la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni e nel massimo a cinque anni, salvo che non sia intervenuta sentenza di definitiva riabilitazione", postula un accertamento in ordine alla responsabilità penale del condannato che nella fattispecie non può ritenersi sussistente.

Viene evidenziato, infatti, che il GUP presso il Tribunale di Venezia ha applicato al T., in data 24 ottobre 2007, su richiesta delle parti, la pena di due anni ed otto mesi di reclusione, interamente condonata, e una multa di euro 11.560,00, ridotta ad euro 10.000,00 sicché, trattandosi di sentenza resa a seguito di patteggiamento, non è legittima alcuna equiparazione ad una sentenza di condanna, in quanto la sentenza resa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. non implica un accertamento positivo dei fatti e non comporta, neanche indirettamente, il riconoscimento degli addebiti da parte dell’imputato bensì solo la rinuncia a far valere le proprie eccezioni e difese in un giudizio.

A sostegno di tale deduzione, la difesa di parte ricorrente evidenzia, inoltre, che ai soggetti che optano per questo tipo di sentenza sarebbe preclusa la riabilitazione di cui all’art.. 178 c.p., essendo prevista solo l’estinzione delle pena nel caso in cui non commettano reati nei cinque anni successivi al passaggio in giudicato della sentenza, con la conseguenza che, del tutto irragionevolmente, in base alle previsioni del Regolamento Comunale, chi ottiene la riabilitazione nel termine generale più breve di tre anni non incorre in alcun pregiudizio ai fini del riconoscimento del requisito dell’inidoneità morale in argomento mentre coloro che, successivamente alla sentenza pronunciata a seguito di patteggiamento, ottengono l’estinzione della pena nel più lungo termine di cinque anni non beneficiano del medesimo trattamento.

Viene sostenuto, inoltre, che, comunque, l’amministrazione avrebbe dovuto avviare il procedimento disciplinare di cui all’art. 26 del Regolamento Comunale suddetto, operando il generale principio dell’illegittimità di provvedimenti sanzionatori automatici, dovendosi sempre accertare la rilevanza sul piano amministrativo della condanna subita dal dipendente.

2.2 La censura è infondata e va disattesa.

Il Collegio, conformemente all’orientamento giurisprudenziale maggioritario ed ormai consolidato in materia, evidenzia che la sentenza pronunciata a seguito di patteggiamento, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., è equivalente a quella di condanna, per l’espressa equiparazione al riguardo sancita dall’art. 445 c.p.p.; del resto, il patteggiamento investe la pena e non il titolo di imputazione, tanto che il Giudice può disattendere la richiesta delle parti quando ritiene di pervenire ad una pronuncia di assoluzione o di estinzione del reato. Il Giudice, infatti, prima di emettere la sentenza, accerta positivamente, con riguardo all’accordo delle parti, la correttezza della qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle eventuali circostanze, nonché la congruità della pena ed accerta negativamente la sussistenza di cause liberatorie, ex art. 129 c.p.p., nei riguardi dell’imputato che implicitamente e volontariamente rinuncia ad avvalersi della presunzione di non colpevolezza accettando una pena ridotta (cfr., ex multis, Cassazione penale, sez. VI, 25 febbraio 2011, n. 10094; Consiglio Stato, sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4006; T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 07 settembre 2010, n. 1932; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 14 maggio 2010, n. 1479).

Come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione comunale, peraltro, nella fattispecie oggetto di giudizio la sentenza penale pronunciata nei confronti del T. dà ampiamente conto dell’insussistenza di elementi idonei a fondare il proscioglimento degli impuntati con la formula ampia ai sensi dell’art. 129 c.p., considerando gli elementi raccolti, comprovanti la responsabilità degli imputati.

In relazione alla disparità di trattamento prospettata dalla difesa di parte ricorrente tra condannati riabilitati ai sensi degli artt. 178 e 179 del codice penale e coloro che successivamente alla sentenza pronunciata a seguito di patteggiamento ottengono l’estinzione della pena, il Collegio ritiene opportune talune precisazioni.

In primo luogo si osserva che, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, in presenza di una sentenza di patteggiamento non è preclusa al condannato la possibilità di chiedere la riabilitazione prima che maturi il termine di cinque anni previsto dall’art. 455 c.p.p., comma 2 per l’estinzione del delitto (cfr. Cassazione penale, sez. I, 12 aprile 2006, n. 16026), riabilitazione che non è stata neanche richiesta dal T..

Si sottolinea, inoltre, che l’eliminazione di ogni effetto penale della condanna, che consegue alla riabilitazione è equivalente agli effetti che conseguono all’avvenuta estinzione del reato nel termine di legge in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti ma, nella fattispecie, il termine di cinque anni prescritto dall’art. 445, comma II c.p.p. non è ancora decorso.

La censura si palesa, dunque, in parte qua inammissibile per carenza di interesse.

Quanto alla deduzione diretta a contestare l’omesso avvio del procedimento disciplinare di cui all’art. 26 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 il Collegio ne rileva l’infondatezza.

La suddetta disposizione, infatti, ha uno specifico ambito di applicazione, limitato all’irrogazione delle sanzioni della sospensione e della revoca per fatti imputabili agli autorizzati, elencati al primo comma dell’art. 25 del Regolamento, mentre, nella fattispecie oggetto di giudizio, l’amministrazione comunale, riscontrato il venir meno di uno dei requisiti prescritti per il rilascio della licenza, ha adottato il provvedimento dichiarativo della decadenza, che, come nei successivi capi della presente pronuncia si avrà modo di specificare, non ha carattere sanzionatorio.

L’art. 25 del Regolamento, infatti, nel disporre che "la perdita di uno dei requisiti prescritti per il rilascio dell’autorizzazione e della licenza (…) comportano la decadenza dei relativi provvedimenti", prevede delle ipotesi di decadenza automatica che opera dal momento in cui si verifica il relativo presupposto.

3. Con il secondo motivo di ricorso è stata dedotta l’illegittimità dell’art. 25 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93, a motivo della violazione del principio del giusto procedimento e dei principi sanciti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione nonché censurata sussistenza del vizio di eccesso di potere per difetto di presupposto in relazione all’art. 6 della l. n. 241 del 1990.

La difesa dei ricorrenti sostiene, infatti, che l’art. 25 del Regolamento Comunale sopra indicato, è illegittimo nella parte in cui àncora la sanzione della decadenza automatica dai titoli autorizzatori all’esistenza di una sentenza penale di condanna senza prevedere l’avvio di un apposito procedimento disciplinare, condotto nel rispetto dei principi del giusto procedimento. La stessa difesa, inoltre, lamenta la violazione dell’art. 6 della l. n. 241 del 1990, avendo l’amministrazione violato il fondamentale principio di adeguatezza e completezza dell’istruttoria procedimentale.

3.1. La censura è infondata.

3.2 Come evidenziato nel precedente capo della presente pronuncia, nella fattispecie oggetto di giudizio, il provvedimento di decarenza adottato dall’amministrazione non ha natura sanzionatoria.

Dall’esame del Regolamento Comunale emerge, infatti, che, a garanzia del corretto esercizio del servizio pubblico non di linea di taxi, sono state previste, all’art. 3, comma I, lett. c), specifiche ipotesi riferite alla condanna a pena detentiva passata in giudicato per una serie di reati che precludono il rilascio della licenza per l’esercizio dell’attività, in quanto chiaramente idonee a palesare l’assenza del requisito di c.d. idoneità morale. Coerentemente l’art. 25 del medesimo Regolamento prevede che il venir meno di tale requisito determina la decadenza automatica della licenza.

Il provvedimento adottato, dunque, non è qualificabile in termini di provvedimento sanzionatorio ma costituisce una diretta conseguenza della perdita del requisito dell’idoneità morale che, se fosse mancato "ab origine", avrebbe precluso il rilascio della licenza medesima.

Né sussiste la violazione del principio di adeguatezza e completezza dell’istruttoria procedimentale, emergendo per tabulas il corretto adempimento da parte dell’amministrazione delle regole procedimentali; il contraddittorio è stato correttamente instaurato ed il T. ha avuto ampia possibilità di presentare le proprie osservazioni, adeguatamente esaminate dall’amministrazione.

4. Con il terzo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 25, comma V e 3 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 ed invocata l’applicabilità, in via analogica, dell’art. 166, II comma c.p..

4.1. Anche questa censura è infondata.

4.2. Come correttamente rilevato dalla difesa dell’amministrazione, infatti, l’art. 3, comma I, lett. c) del Regolamento sopra indicato, nell’escludere l’idoneità morale nel caso in cui il titolare della licenza abbia subito condanne per determinati reati, fa salvi unicamente gli effetti della riabilitazione.

Né può essere avallata la tesi di parte ricorrente volta a sostenere l’ammissibilità dell’applicazione analogica dell’art. 166 c.p., comma II – ai sensi del quale la "condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sé sola, motivo per l’applicazione di misure di prevenzione, né d’impedimento all’accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificatamente previsti dalla legge, né per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa" – anche alle ipotesi in cui, come nella fattispecie, sia stato concesso l’indulto.

La sospensione condizionale della pena costituisce, infatti, causa estintiva del reato mentre l’indulto costituisce causa estintiva della pena; i due istituti operano con modalità, tempi ed effetti diversi, come anche recentemente ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 36837 del 15 luglio 2010, con la quale, peraltro, risolvendo un contrasto interpretativo, è stato affermato che l’indulto non può concorrere con la sospensione condizionale della pena, prevalendo quest’ultimo beneficio sul primo.

5. Con il quarto motivo di ricorso è stata dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93 e dell’art. 20 della l.r. n.63 del 1993 nonché censurato per il vizio di eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità e contraddittorietà.

5.1 La difesa di parte ricorrente evidenzia, nello specifico, che l’art. 20 della l.r. n. 63 del 1993 prevede, al I comma, che "le licenze e le autorizzazioni per i servizi pubblici non di linea di cui all’art. 3, comma 2 sono trasferite, su richiesta del titolare a persona dallo stesso designata, purché iscritta nel corrispondente ruolo di cui all’art. 13 ed in possesso dei requisiti prescritti, quando il titolare stesso di trovi in una delle seguenti condizioni: a) sia il titolare di una licenza o di un’autorizzazione da cinque anni; b) abbia raggiunto il sessantesimo anno di età; c) sia divenuto permanentemente inabile o inidoneo al servizio per malattia, infortunio o per ritiro definitivo dei titoli professionali". Analoga previsione è contenuta nell’art. 6 del Regolamento Comunale di attuazione della legge regionale n.63/93.

Su tali basi la difesa dei ricorrenti sostiene che il trasferimento costituisce un effetto automatico della richiesta del titolare che versi in una delle condizioni previste dalla norma, prescrivendosi quale unica condizione che il designato sia iscritto nell’apposito ruolo previsto di cui all’art. 13 ed abbia i requisiti richiesti. La stessa difesa evidenzia, inoltre, che l’amministrazione non esercita alcuna discrezionalità in quanto lo stesso subentrante è scelto dal titolare della licenza e la sussistenza dei requisiti di idoneità è in re ipsa, in quanto richiesta per l’iscrizione nel ruolo.

Nella fattispecie oggetto di giudizio il provvedimento di decadenza è stato illegittimamente adottato in quanto la domanda di trasferimento è stata presentata il 5 febbraio 2010 e, dunque, prima della comunicazione di avvio del procedimento di decadenza; l’amministrazione comunale, in altri termini, avrebbe dovuto, ad avviso della difesa di parte ricorrente, limitarsi a prendere atto dell’avvenuto trasferimento e non proseguire il procedimento di decadenza nonostante gli effetti già prodotti dalla comunicazione di trasferimento.

A sostegno di tale deduzione la difesa dei ricorrenti adduce anche – con la memoria del 16 marzo 2011 – le previsioni contenute nel Regolamento per l’esercizio degli autoservizi pubblici non di linea taxi e noleggio con conducente con autovettura dello stesso Comune di Venezia (la cui fonte normativa primaria è la stessa del regolamento per il trasporto acqueo, posto che, in forza della l. n. 21 del 1990, i servizi acquei sono equiparati a quelli terrestri fatte salve le norme sulla sicurezza della navigazione), dalle quali è possibile desumere che il provvedimento di decadenza, anche nell’ipotesi di perdita del requisito della c.d. idoneità morale, è da qualificare quale provvedimento costitutivo non meramente dichiarativo di un effetto già prodotto ex lege. Ciò con la conseguenza che, avendo il T. richiesto il trasferimento della licenza prima dell’avvio del procedimento di decadenza, l’amministrazione avrebbe dovuto limitarsi unicamente a verificare la sussistenza dei requisiti prescritti in capo al Piasenti.

5.2 Il Collegio rileva che la richiesta di trasferimento della licenza è stata presentata dal T. in data 5 febbraio 2010, in prossimità della decorrenza del termine quinquennale di scadenza previsto dall’art. 5 del Regolamento Comunale.

Del tutto legittimamente e doverosamente l’amministrazione ha preliminarmente proceduto alla verifica della persistenza in capo al T. dei requisiti richiesti per il rilascio della licenza, in specie considerando che, come sopra esposto, la decadenza della licenza è da correlare alla sentenza pronunciata ai sensi dell’art. 444 c.p.p., divenuta irrevocabile ben prima della presentazione dell’istanza volta al trasferimento della licenza medesima al Piasenti – sicché il T. non era più titolare della licenza al momento della presentazione della domanda di trasferimento – e che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa di parte ricorrente, il trasferimento non opera automaticamente, essendo previsto uno specifico procedimento.

Dalla documentazione versata in atti emerge, infatti, che l’interessato deve richiedere l’autorizzazione al trasferimento della licenza, richiesta che determina l’avvio del relativo procedimento volto a verificare la sussistenza dei requisiti prescritti in capo al soggetto designato nonché degli altri presupposti previsti dalla legge, tra i quali deve essere ricompresa anche la legittima titolarità della licenza.

Si evidenzia, peraltro, che dalla scheda di settore allegata al regolamento per i procedimenti amministrativi (all. 13 delle produzioni documentali dell’amministrazione comunale) emerge che per la conclusione di tale procedimento è espressamente previsto il termine di 15 giorni dal ricevimento della documentazione richiesta e che il trasferimento è privo di efficacia in assenza del provvedimento autorizzatorio, produttivo di effetti ex nunc (cfr., in tal senso, anche T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 25 giugno 2002, n. 5849).

Quanto alle argomentazioni sviluppate nella memoria di parte ricorrente del 16 marzo 2011 e riferite alle previsioni contenute nel regolamento del servizio in terraferma, il Collegio ritiene che, anche a prescindere dall’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa dell’amministrazione comunale, non sia possibile desumere dalle disposizioni richiamate alcun elemento idoneo a sostenere la tesi prospettata, posto che tali disposizioni hanno uno specifico ambito di applicazione ed attengono a fattispecie sottoposta ad una disciplina normativa regionale e comunale diversa da quella in esame.

6. In conclusione, per le suesposte considerazioni, il ricorso introduttivo va rigettato in quanto in parte inammissibile e per la restante parte infondato.

6.1 Al rigetto del ricorso introduttivo segue anche quello del ricorso per motivi aggiunti, con il quale la difesa dei ricorrenti ha dedotto unicamente censure di illegittimità derivata dal provvedimento di decadenza della licenza.

7. Appaiono sussistere giustificati motivi, in considerazione della natura della controversia e della sua peculiarità, per compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe indicato, lo dichiara in parte inammissibile e per la restante parte infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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