Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso proposto dinanzi al TAR Liguria il sig. G.G., ora appellato, ha impugnato il provvedimento di ammonimento di cui all’art. 8 d.l. n.11/2009 (convertito in l. n.38/2009), adottato dal Questore di Savona su richiesta della di lui moglie signora.C. S., la quale aveva denunciato "atti persecutori" nei suoi confronti in occasione della separazione giudiziale della coppia e dell’affidamento della figlia.
Con sentenza n. 8145 del 30 settembre 2010 il TAR adito ha accolto il ricorso avendo ritenuto fondato e assorbente il motivo con il quale si lamentava la violazione delle garanzie partecipative di cui all’art. 7 l. n. 241/1990, anche per non essere state esplicitate le particolari ragioni di urgenza che potevano giustificare il mancato rispetto del contraddittorio. Con la stessa sentenza è stata invece dichiarata inammissibile la richiesta risarcitoria avanzata dal ricorrente, non essendo stata comprovata la sussistenza del danno.
Nei riguardi della anzidetta sentenza il Ministero dell’Interno ha interposto appello censurando la pronuncia di primo grado sotto un duplice profilo:
– in quanto non ha tenuto conto delle esigenze di celerità che nella fattispecie giustificavano l’omissione della fase partecipativa, stante l’esigenza di prevenire aggressioni alla incolumità fisica e/o psichica della donna;
– in quanto il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso, avendo ritenuto il Questore più che fondata la richiesta della signora S. alla luce della attività istruttoria svolta dalla Squadra Mobile mediante l’escussione dei testimoni.
Si è costituito in giudizio l’appellato G. il quale ha contestato la fondatezza dei motivi d’appello ed ha riproposto i motivi di gravame dedotti in primo grado e dichiarati assorbiti, che possono essere così riassunti:
1) illegittimità del provvedimento impugnato per carenza di adeguata motivazione;
2) illegittimità dello stesso per assenza dei requisiti richiesti dalla legge per la sua adozione;
3) illegittimità costituzionale dell’art.8 d.l.n.11/2009 conv. in l. n.38/2009, se interpretato nel senso che non si ritenga necessaria la partecipazione del soggetto destinatario dell’ammonimento.
Con successive memorie l’appellato ha ribadito e ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.
Alla pubblica udienza del 27.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
L’appello è fondato.
Secondo quanto esposto in narrativa con la sentenza impugnata il TAR ha ritenuto illegittimo il provvedimento di "ammonimento" emesso dal Questore ai sensi dell’art.8 d.l. 23 febbraio 2009, n.11 (convertito in l. 23 aprile 2009, n.38) per non essere state esplicitate le ragioni di urgenza che giustificavano la mancata concessione delle garanzie partecipative di cui all’art. 7 l. n.241/1990; e segnatamente per avere proceduto all’"ammonimento" sulla richiesta del coniuge (che aveva denunciato "atti persecutori" nei suoi confronti), senza interpellare minimamente l’accusato.
Al riguardo il Collegio deve osservare che il provvedimento in questione (del quale non possono disconoscersi gli effetti particolarmente lesivi, dal momento che esso comporta non solo la procedibilità d’ufficio, ma anche l’aumento di pena, per il delitto previsto dall’art.612bis C.P.) assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, essendo preordinato a che gli "atti persecutori" posti in essere contro la persona non siano più ripetuti, e non abbiano a cagionare esiti irreparabili.
Queste essendo le finalità proprie del provvedimento questorile, è del tutto palese l’esigenza che la sua adozione avvenga in tempi rapidi, in ragione della necessità di interrompere con immediatezza l’azione persecutoria. E del resto è lo stesso legislatore a configurare l’"ammonimento" come provvedimento caratterizzato da "esigenze di celerità", laddove ne ha previsto la esternazione in forma orale (art. 8, 2° comma), ed ha stabilito che la richiesta della sua emissione sia trasmessa al Questore "senza ritardo" (art.8, 1° comma).
Si può aggiungere che la generalità degli atti del Questore è suscettibile di ricorso gerarchico ed è dunque questa la via attraverso la quale il destinatario di tali atti può esporre quelle deduzioni di merito che non ha avuto modo di formulare in precedenza. Peraltro nel sistema della legge n. 241/1990 si può ritenere implicito che quando l’avviso di procedimento viene legittimamente omesso per ragioni di urgenza, la parte interessata, qualora non sia ammesso il ricorso gerarchico ovvero anche in alternativa a questo, possa presentare una motivata richiesta di riesame che l’autorità sarà tenuta a prendere in considerazione. Queste considerazioni non sono direttamente rilevanti nella fattispecie in esame, ma sono utili a far intendere che la giusta tutela delle ragioni del privato non postula necessariamente una interpretazione rigorosamente restrittiva del concetto di "urgenza" ai fini di cui si discute.
Ciò posto, deve ritenersi che nella fattispecie in esame ricorrano esattamente quelle "particolari esigenze di celerità del procedimento" che, ai sensi di quanto stabilito dall’art.7, 1° comma, l. n.241/1990 esonerano l’Amministrazione dal dare la comunicazione dell’avvio del procedimento al soggetto destinato a subirne gli effetti.
Deve essere pertanto condiviso il motivo di gravame con cui l’appellante Ministero censura la sentenza di primo grado per la ritenuta violazione del citato art. 7, 1° comma.
Passando all’esame dei motivi di ricorso di primo grado che erano stati dichiarati assorbiti, e che l’odierno appellato ha riproposto, se ne deve rilevare la loro manifesta infondatezza.
Non sussiste invero né il dedotto difetto di motivazione, né la carenza dei presupposti dell’"ammonimento", in quanto il provvedimento del Questore dà puntualmente conto degli accertamenti effettuati dalla Squadra Mobile, dai quali emerge la condotta ingiuriosa e intimidatoria tenuta dall’odierno appellato nei confronti della moglie, tale da suggerire "la necessità e l’urgenza di dover prevenire il compimento di ulteriori atti persecutori".
Tantomeno è dato ravvisare la prospettata illegittimità costituzionale dell’art. 8 d.l. n.11/2009 (conv. in l. n.38/2009) per violazione del principio di imparzialità di cui all’art.97 Cost. (ove interpretato in modo da escludere la necessità della comunicazione dell’avvio del procedimento), poiché il principio di imparzialità cui deve conformarsi l’azione amministrativa a norma dell’art. 97 Cost. non esclude che in presenza di situazioni che reclamano un intervento immediato possa procedersi senza la "partecipazione" del soggetto destinatario dell’atto, il quale ha comunque la possibilità di tutelare la propria sfera giuridica eventualmente lesa dal provvedimento sia in via amministrativa che in via giurisdizionale. Come del resto era previsto nel caso in esame ove il provvedimento del Questore recava in calce l’informazione che avverso il provvedimento stesso poteva essere esperito sia il ricorso gerarchico al Prefetto di Savona, sia il ricorso giurisdizionale al TAR Lazio.
Per quanto precede l’appello in esame deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso introduttivo.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese processuali del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza),definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2011 con l’intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente
Marco Lipari, Consigliere
Vittorio Stelo, Consigliere
Angelica Dell’Utri, Consigliere
Lanfranco Balucani, Consigliere, Estensore
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