Cass. pen., sez. II 14-03-2008 (06-03-2008), n. 11734 Omesso pagamento pedaggio autostradale – Configurabilità del reato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
1.1. Con sentenza in data 15-12-2005 la Corte di appello di Campobasso rigettava l’appello del Procuratore Generale, confermando la sentenza in data 4-8-2004 con cui il Tribunale di Larino, sez. distaccata di Termoli, aveva condannato P.A. alla pena di Euro 450,00 di multa, pena sospesa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile Autostrade s.p.a., ritenendo l’imputato responsabile del reato di cui agli artt. 81 cpv. e 641 c.p. per avere, dissimulando il proprio stato di insolvenza, ripetutamente transitato in autostrada alla guida di automezzo e, impegnando la corsia viacard ai vari caselli di uscita specificati nel capo di imputazione, omesso di pagare il relativo pedaggio.
1.2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale di Campobasso, deducendo violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. B per erronea applicazione dell’art. 641 c.p., nonchè violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. e per manifesta illogicità della motivazione. Il ricorrente deduce che nel caso in esame non era configurabile l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 641 c.p., bensì l’illecito amministrativo di cui all’art. 176 C.d.S., comma 17, in quanto mancava la prova dell’insolvenza. Rileva a tal riguardo che, l’imputato non si dichiarò "sprovvisto di danaro", per cui il mancato pagamento potrebbe dipendere da motivi diversi dallo stato di insolvenza; nel caso di specie, quindi, la Corte territoriale avrebbe finito per confondere il fatto stesso dell’inadempimento, rilevante sotto il profilo civilistico, con lo stato di insolvenza occorrente a integrare la fattispecie penale.
2. Ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia fatto corretta applicazione di principi consolidati (cfr. SS.UU. 9 luglio 1997, n. 7738), secondo cui l’art. 176 C.d.S., comma 17, che punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, si pone in rapporto di sussidiarietà e non già di specialità rispetto ad altre fattispecie penali eventualmente concorrenti. In particolare il reato di insolvenza fraudolenta – in ipotesi di mancato adempimento, da parte dell’automobilista, dell’obbligazione di pagamento del pedaggio autostradale, inerente al negozio di utilizzo della relativa rete – non è escluso nè dalla coesistenza di una figura integrante un illecito amministrativo, stante la sua funzione sussidiaria della norma penale, nè dalla natura del pedaggio, che ha funzione di corrispettivo e non di tassa.
Spetta al giudice di merito verificare di volta in volta se, nella fattispecie sottoposta al suo esame, sussistano gli elementi dell’insolvenza fraudolenta, sia sotto il profilo materiale che psicologico. Il che nel caso di specie risulta puntualmente avvenuto, posto che la Corte di appello ha delibato con riguardo a tutti i profili rilevanti nella fattispecie con argomentazioni immuni da rilievi logici o giuridici. Valga considerare quanto segue.
A) Innanzitutto risulta correttamente individuata la condotta materiale, descritta dalla norma penale nel triplice momento della "dissimulazione dello stato di insolvenza", dell’"assunzione dell’obbligazione" e dell’"inadempimento". A tal riguardo la Corte territoriale evidenzia che il P. ha (più volte) accettato, con il fatto stesso del ritiro del tagliando, la prestazione offertagli dall’ente gestore dell’autostrada e così assunto l’obbligazione corrispettiva (mentre avrebbe potuto non aderire all’offerta, scegliendo un percorso alternativo); che l’imputato ha, inoltre, approfittato della fiducia che l’ente gestore del servizio prestava nell’assolvimento del pedaggio, avuto riguardo alla modestia del corrispettivo e alla qualità del debitore (che, per il fatto stesso di transitare alla guida di un automezzo, induceva a confidare sulla sua solvibilità); che il medesimo imputato ha, quindi, omesso di provvedere al pagamento del relativo pedaggio (per complessive di L. 741.000 con riguardo ai percorsi autostradali contestati nel capo di imputazione) lasciando insoluta la prestazione del corrispettivo anche in prosieguo. Si rammenta, a tal riguardo, che la dissimulazione di cui all’art. 641 c.p. può realizzarsi con comportamenti diversi, positivi o negativi, tra i quali ultimi rientrano la reticenza o il silenzio; in particolare, questa sezione, con argomentazioni condivise dal Collegio, ha precisato che, trattandosi dell’utilizzazione dell’autostrada, che la società concessionaria fornisce prima del pagamento del pedaggio, il contratto si stipula per facta concludentia ed il mancato pagamento è riconducibile ad un elemento soggettivo, non caratterizzato dall’induzione in errore, ma da un mero atteggiamento negativo dell’autore nei confronti dell’errore sulla solvibilità in cui versa la parte offesa, alla contrattazione (Cass. pen., Sez. 2^, 04/07/2000, n. 43730).
B) Con specifico riguardo all’atteggiamento psicologico – vale a dire al dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza dello stato di insolvenza e dall’elemento volitivo, costituito dal preordinato proposito di non adempiere – la sentenza impugnata da conto della consapevolezza da parte del P. di non poter adempiere, desumendola da elementi induttivi seri e univoci, quali sono quelli ricavati dalla reiterazione delle condotte dissimulatorie e dal persistente inadempimento, che lasciano intendere che sin momento della stipula del contratto fosse già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti. Risulta, dunque, correttamente colto il discrimine tra il mero inadempimento di natura civilistica e la commissione del reato, che poggia sull’elemento ispiratore della condotta, giacchè il comportamento consistente nel tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha rilievo, agli effetti della norma penale, quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce il delitto di cui all’art. 641 c.p. e ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile.
C) Infine – relativamente alla prova dello stato di insolvenza, su cui specificamente si appuntano le censure del ricorrente – la Corte territoriale ha correttamente rimarcato non solo la circostanza del mancato pagamento, ma anche il fatto che, già all’epoca, il P. avesse accumulato debiti per L. quattro milioni per mancati pagamenti di pedaggi autostradali e che neppure in epoca successiva abbia provveduto al pagamento dei corrispettivi indicati nel capo di imputazione, dimostrando chiaramente di trovarsi nell’impossibilità di pagare le somme dovute. La questione risulta, dunque, delibata in conformità a principi costantemente espressi da questa Suprema Corte e ribaditi dalle SS.UU., nella sentenza Gueli, secondo cui la prova della condizione di insolvenza può desumersi dal comportamento precedente e successivo dell’imputato (Cass. 20 novembre 1986, Locorotondo) o anche da quello da medesimo tenuto al momento dell’inadempimento (Cass. 23 settembre 1996, Baglieri). Nè rileva la circostanza evidenziata dal ricorrente che, nel caso specifico, l’agente abbia imboccato, all’uscita, la pista riservata agli utenti viacard (come si legge nel capo di imputazione) e non abbia, dunque, espressamente dichiarato di essere "sprovvisto del danaro". Invero attribuire esclusiva rilevanza – come fa il ricorrente – alla circostanza che il soggetto agente abbia dichiarato o meno di non volere pagare, significa non considerare che, per un verso, l’"inadempimento" si verifica per il fatto stesso del mancato pagamento del corrispettivo alla scadenza (e quindi, nello specifico, al termine del percorso autostradale), indipendentemente da ciò che dichiara il debitore e, per altro verso, che la "situazione di insolvenza" è una situazione di carattere obiettivo, da intendersi come impossibilità, totale o parziale, di adempiere all’obbligazione e da rapportarsi sia al momento dell’assunzione dell’obbligazione sia a quello dell’inadempimento (come si desume dalla previsione della causa di non punibilità prevista dal cpv. dell’art. 641 c.p.).
In definitiva i motivi addotti a fondamento del ricorso si rivelano manifestamente infondati, avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione della norma penale e non emergendo alcun contrasto disarticolante nelle argomentazioni svolte. Di conseguenza il ricorso del P.G. va dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

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