Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
In data 8 febbraio 1984, il sig. Co.Gr. richiedeva alla Soprintendenza per i Beni ambientali, architettonici, artistici e storici di Catania il nulla osta per aver realizzato n. 2 locali deposito a piano terra, appartamento per civile abitazione a piano primo e appartamento per civile abitazione a piano mansarda nel terreno di sua proprietà ubicato nel territorio di San Giovanni La Punta (CT), in via delle Sciare n. 144, senza la prescritta concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico.
Detta Soprintendenza, con nota prot. n. 2802 del 10 gennaio 1985, rilasciava il nulla osta paesaggistico rilevando che "eseguito esame del progetto relativo ai lavori segnati a margine, trasmesso con la nota che si riscontra, rilevato che le opere de quo sono state realizzate senza la preventiva autorizzazione della scrivente e che le stesse non recano pregiudizio all’ambiente circostante, rilascia il presente provvedimento dichiarativo della non sussistenza di danni al paesaggio – ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497".
In data 1.4.86, con nota prot. n. 9633/34/35, l’interessato – proprietario dell’area – presentava al Comune di San Giovanni La Punta istanza di condono edilizio ai sensi della L. n. 37/85, corredata del nulla osta paesaggistico rilasciato dalla competente Soprintendenza di Catania, della certificazione dell’avvenuto accatastamento delle nuove opere, della prova del versamento della prima rata dell’oblazione nonché della rimanente documentazione richiesta al fine di ottenere la concessione edilizia in sanatoria.
L’oblazione stessa, peraltro, veniva calcolata – con l’ausilio dell’Ufficio urbanistica del Comune – in Lire 16.133.000 che il sig. Co. provvedeva a dilazionare in numero 3 rate: la prima di Lire 5.378.000 pagata in data 27 marzo 1986; la seconda di Lire 5.557.000 pagata in data 24 luglio 1986; la terza ed ultima di Lire 5.743.000 pagata in data 24 novembre 1986, per un totale di Lire 16.581.000.
A distanza di parecchi anni – a seguito di reiterate sollecitazioni dell’interessato – il Comune di San Giovanni La Punta provvedeva a concludere l’iter dell’istanza di sanatoria determinando gli oneri concessori dovuti, peraltro regolarmente versati.
In data 12 febbraio 2007, il settore urbanistica del Comune di San Giovanni La Punta rilasciava la concessione edilizia in sanatoria con prot. n. 1123.
In data 4 febbraio 2010, con nota prot. n. 2961 della VI Unità operativa – Tutela ambientale del Dipartimento beni culturali e dell’identità siciliana dell’Assessorato beni culturali e dell’identità siciliana della Regione Sicilia, al sig. Co.Gr. veniva notificato il D.D.S. n. 8356 dell’1 dicembre 2009 con cui gli veniva intimato il pagamento, ai sensi dell’art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, di Euro 17.760,27 a titolo di sanzione per il profitto conseguito dalla realizzazione dell’opera abusiva, assimilata alla tipologia I della tabella allegata al decreto interassessoriale n. 6137/99, pari al 6% del valore d’estimo dell’opera abusiva, trattandosi di opera eseguita in area di notevole interesse paesaggistico.
Con ricorso al T.A.R. Catania il sig. Co.Gr. impugnava detto ultimo provvedimento affidandosi alle seguenti conclusioni: – intervenuta prescrizione del diritto a riscuotere le somme ex artt. 12 e 28 L. n. 689/81; violazione e falsa applicazione degli artt. 12 e 28 della predetta L. n. 689/1981; violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 35 e 38 della L. n. 47/1985, così come recepiti nella Regione Sicilia dalla L. n. 37/1985; violazione di legge; prescrizione.
Parte ricorrente asseriva che sarebbe maturata la prescrizione del credito, posto che, se è pur vero che il Comune di San Giovanni La Punta ha provveduto al formale rilascio della concessione edilizia in sanatoria "soltanto" nel febbraio del 2007, è altrettanto vero che la stessa era già stata ex lege assentita da parecchio tempo, in virtù del principio legislativo del silenzio-assenso sancito dalla L. n. 47/1985, così come recepita in Sicilia dalla L. n. 37/1985;
– intervenuta prescrizione del diritto a riscuotere le somme ex artt. 12 e 28 L. n. 689/81 sotto altro profilo; violazione dell’art. 15 della L. n. 1497/39, così come modificato e sostituito dall’art. 164 D.Lgs. n. 490/99, oggi art. 167 D.Lgs. n. 42/2004, sotto altro profilo; eccesso di potere per difetto di presupposti, contraddittorietà e illogicità;
– violazione e falsa applicazione del Decreto Ministeriale 26/09/1997; violazione e falsa applicazione del Decreto interassessoriale della Regione Sicilia n. 6137 del 28/05/99; eccesso di potere per difetto di presupposti, contraddittorietà e illogicità; manifesta illogicità.
Costituitasi, l’Amministrazione resistente concludeva per l’infondatezza del gravame.
Con sentenza n. 3440/2010, resa in forma semplificata, il T.A.R. Catania accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il primo motivo di gravame, relativo alla intervenuta prescrizione del credito erariale, ai sensi dell’art. 28 della L. n. 689/1981, per l’inutile decorso del termine quinquennale ivi previsto, decorrente dal momento in cui il sig. Co. ha conseguito il rilascio del condono edilizio; momento che, nel caso di specie, è coinciso, non con la data in cui è avvenuto il formale rilascio dell’atto da parte dell’Amministrazione comunale, ma con quello in cui, in precedenza, si era formato il silenzio-assenso previsto dall’art. 35 della L. n. 47/85.
Avverso detta sentenza l’Amministrazione soccombente ha proposto l’appello in epigrafe, eccependo: "insussistenza della dedotta prescrizione; travisamento degli orientamenti giurisprudenziali di riferimento" ed "infondatezza degli altri motivi di ricorso".
L’odierno ricorrente, ritenendo che il Giudice di prime cure abbia tratto erronee conclusioni dalla giurisprudenza impropriamente richiamata nella sentenza impugnata – che, invece, condurrebbe a risultati diametralmente opposti – ha citato, tra le altre, a sostegno del proprio assunto, la decisione n. 79/2006 di questo C.G.A., con la quale è stato statuito che la permanenza dell’illecito paesaggistico è destinata a cessare, ai fini del decorso del termine di prescrizione, soltanto con l’ordine di rimessione in pristino o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria, senza che alcuna rilevanza possa assumere in tal senso il diverso profilo della regolarizzazione urbanistica dell’abuso.
Risulterebbe evidente, pertanto, l’impossibilità di considerare prescritto il credito erariale connesso all’irrogazione della sanzione ex art. 15 L. n. 1497/1939, stante l’assoluta irrilevanza (ai fini del decorso del relativo termine) del parere favorevole emesso dall’organo di tutela nel diverso procedimento del condono edilizio e dello stesso provvedimento (tacito o espresso che sia) di sanatoria.
Sarebbe poi infondata la censura sollevata dal ricorrente in primo grado, in base alla quale soltanto con la L. n. 662/1996, art. 2, comma 46, sarebbe stata affermata l’irrogabilità della sanzione ex art. 15 sopra richiamato, nonostante l’avvenuto pagamento dell’oblazione di cui alla L. n. 47/1985, attesa la natura interpretativa della predetta L. n. 662/1996, secondo cui il versamento dell’oblazione non esime dall’applicazione dell’indennità risarcitoria prevista dall’art. 15 della citata legge n. 1497/1939. In tal modo sarebbero stati superati i dubbi interpretativi posti dall’art. 38, 4° comma, della legge n. 47/85, che aveva escluso l’applicazione delle sanzioni allorché, nel frattempo, fosse stata concessa la sanatoria.
Infine, l’Amministrazione appellante ha affermato, confutando l’eccezione formulata al riguardo dal ricorrente in primo grado che la sanzione irrogata all’appellato sarebbe stata correttamente commisurata al profitto conseguito dall’interessato con le opere abusivamente realizzate, alla luce della perizia all’uopo redatta dalla Soprintendenza di Catania nel rispetto della normativa di settore. Ha conclusivamente chiesto la riforma della sentenza impugnata, siccome fondata su erronei presupposti di fatto e di diritto, con vittoria di spese.
Ha replicato parte appellata ribadendo le superiori eccezioni sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, accolte dal T.A.R. Catania nei termini sopra riportati.
Inoltre, parte appellata ha lamentato di non aver potuto contestare con motivi aggiunti in prime cure l’ammontare della sanzione irrogata, la cui misura sarebbe frutto di calcoli errati, avendo preso visione della scheda con cui detta sanzione è stata determinata "soltanto pochi giorni prima della camera di consiglio all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione".
Ha quindi conclusivamente chiesto di rigettare l’appello, confermando l’impugnata sentenza, ovvero, in subordine, di ricalcolare la sanzione irrogata dall’Assessorato, secondo quanto previsto dalle norme vigenti, con vittoria di spese e compensi.
Alla pubblica udienza del 28 aprile 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
L’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Punto cruciale della controversia in argomento è rappresentato dal contrasto tra la tesi dell’Amministrazione – secondo cui la permanenza dell’illecito paesaggistico è destinata a cessare, ai fini del decorso del termine di prescrizione, soltanto con l’ordine di rimessione in pristino o con l’irrogazione della sanzione pecuniaria, senza che alcuna rilevanza possa assumere in tal senso il diverso profilo della regolarizzazione urbanistica dell’abuso – e quella dell’odierno appellato, il quale ritiene che, nel caso di specie, sarebbe intervenuta la prescrizione del credito erariale, ai sensi dell’art. 28 della L. n. 689/1981, per l’inutile decorso del termine quinquennale ivi previsto.
Il Collegio rileva che le censure dedotte dal ricorrente nel corso del giudizio di primo grado, e ribadite con controricorso nel giudizio d’appello, sono prive di pregio, alla luce dei precedenti giurisprudenziali di questo stesso Consiglio di Giustizia Amministrativa e del Consiglio di Stato, fondati su motivazioni che vengono ritenute tuttora pienamente condivisibili e, comunque, non contraddette dalle motivazioni con cui il primo giudice ha accolto il ricorso del sig. Co.Gr.
Il Giudice di prime cure ha invocato, a sostegno della propria decisione, la sentenza in data 12/03/2009, n. 1464, emessa dalla IV Sezione del Consiglio di Stato secondo cui, alla luce di numerosa e favorevole giurisprudenza, laddove risulti che il responsabile della violazione non si è limitato a munirsi del prescritto parere endoprocedimentale, ma abbia concluso positivamente la procedura di condono, il provvedimento di concessione in sanatoria non può non determinare la cessazione della permanenza anche dell’illecito paesaggistico, costituendo, pertanto, il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione quinquennale applicabile alla relativa sanzione.
Sennonché, i precedenti giurisprudenziali citati nella suddetta sentenza n. 1464/2009, tra i quali la decisione n. 79/2006 di questo Consiglio di Giustizia Amministrativa, conducono nella direzione opposta.
Questo Collegio, infatti, diversamente opinando, ritiene errata la ritenuta prescrizione del credito di cui alla irrogata sanzione amministrativa, stante che il potere di applicare le sanzioni di cui all’art. 15 della citata legge n. 1497/1939, in cui è compresa quella pecuniaria, permane finché perdura l’illecito, che ha natura permanente e tale permanenza cessa soltanto con la rimessione in pristino o con il pagamento della sanzione, ipotesi nel caso non verificatesi (cfr. decisione C.G.A., sezione giurisdizionale, 2 marzo 2006, n. 79).
Lo stesso Consiglio di Stato, con sentenza n. 1585/2007, impropriamente richiamata nella suddetta decisione n. 1464/2009, lungi dal confortare l’assunto del ricorrente originario, ha ribadito, in un caso analogo a quello in esame, che, trattandosi di un illecito di carattere permanente, caratterizzato dall’omissione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare secondo il diritto lo stato dei luoghi, l’Amministrazione può sempre determinarsi con un provvedimento repressivo (demolizione ovvero irrogazione della sanzione pecuniaria), atteso che la situazione di illiceità può dirsi venuta meno solo quando è stato assolto l’obbligo di ripristino dello stato dei luoghi, ovvero sia stata pagata, in alternativa, la prevista sanzione pecuniaria.
Dal prevalente orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, dal quale non v’è motivo di discostarsi, si evince che l’impugnato provvedimento sanzionatorio trae la propria legittimità da disposizioni volte a tutelare l’ambiente, il paesaggio ed il territorio nonché a reprimere eventuali abusi; disposizioni diverse da quelle previste per sanare abusi edilizi, per cui risultano irrilevanti, ai fini della prescrizione, il parere favorevole emesso dall’organo di tutela nel diverso procedimento di condono edilizio e lo stesso provvedimento di sanatoria.
Detto parere, infatti, siccome finalizzato al rilascio della concessione edilizia in sanatoria, che si consegue nell’ambito del procedimento a tal fine preordinato, non riveste alcuna rilevanza nel diverso procedimento volto ad estinguere l’illecito paesaggistico, che continua a conservare la sua natura di illecito permanente fino a quando non si realizzi la rimessione in pristino dello stato dei luoghi oppure non venga sanato con il pagamento della prescritta sanzione pecuniaria.
Per quel che concerne la misura della sanzione irrogata, l’eccezione sollevata al riguardo dall’odierno appellato va ritenuta inammissibile in quanto sollevata per la prima volta in questa sede. Né può essere accolta la motivazione addotta dall’appellato circa l’impedimento che gli sarebbe derivato, nel proporre motivi aggiunti al ricorso principale, dal fatto che la scheda di determinazione dell’ammontare della sanzione sarebbe stata presentata dalla Sovrintendenza soltanto qualche giorno prima della camera di consiglio, atteso che essa è stata verosimilmente depositata entro il termine prescritto oppure l’asserito ritardo non è stato ritualmente contestato.
Conclusivamente l’appello è fondato e, pertanto, va accolto.
Il Collegio ritiene che ogni altro motivo od eccezione possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.
Le spese del doppio grado di giudizio, determinate in Euro 3.000,00 (tremila/00), sono poste a carico della parte soccombente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello in epigrafe.
Le spese del doppio grado di giudizio, determinate in Euro 3.000,00 (tremila/00), sono poste a carico della parte soccombente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
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