Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Con sentenza emessa il 16 febbraio 2007 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Enna, all’esito di giudizio abbreviato, ha dichiarato L.V. responsabile dei reati previsti e puniti: 1. dall’art. 648 c.p. (ricettazione di un fucile a canne mozze semiautomatico calibro 12, con matricola e marca abrase, provento del delitto di alterazione della medesima arma); 2. dalla L. n. 110 del 1975, art. 23, commi 3 e 4; 3. dalla L. n. 895 del 1967, artt. 2, 4 e 7, con successive modifiche; 4. dall’art. 697 c.p.; 5. dalla L. n. 110 del 1975, art. 4, per aver portato, fuori della propria abitazione, senza giustificato motivo, oggetti chiaramente utilizzabili per l’offesa alla persona; 6. dall’art. 707 c.p.; reati tutti commessi, in (OMISSIS), il (OMISSIS), con la contestata recidiva reiterata specifica ed infraquinquennale.
Unificati i predetti reati col vincolo della continuazione e applicata la riduzione di un terzo per la scelta del rito, il Giudice ha condannato il L. alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali.
Con sentenza del 7 gennaio 2010 la Corte di appello di Caltanissetta, investita dell’impugnazione proposta dall’imputato, in parziale riforma della prima sentenza, ha assolto il L. dai reati di cui ai capi 5. e 6., perchè il fatto non sussiste, e ha rideterminato la pena per i residui reati di cui ai capi 1., 2., 3. e 4. in quella di anni tre e giorni 20 di reclusione ed Euro 1.880,00 di multa, così indicata in motivazione mentre nel dispositivo redatto in calce alla motivazione, depositata 111 maggio 2010, la medesima pena è stata indicata in anni quattro e giorni 20 di reclusione ed Euro 1.880,00 di multa.
A ragione la Corte territoriale ha addotto, quanto alla confermata condanna per il delitto di ricettazione di arma clandestina (il predetto fucile a canne mozze con matricola e marca abrase), la costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità circa il concorso della predetta fattispecie delittuosa con i reati di detenzione e porto abusivi della medesima arma, e la sussistenza, nella fattispecie, dell’elemento psicologico del delitto di ricettazione.
2. Avverso la predetta sentenza il L. ha personalmente proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta, in base all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), la violazione degli artt. 533, 535 e 546 c.p.p., recando il dispositivo della sentenza steso in calce alla motivazione l’indicazione della pena di anni quattro e giorni 20 di reclusione, superiore a quella infintagli con la sentenza di primo grado, nonostante la sua assoluzione in appello dai reati di cui ai capi 5. e 6., in palese contrasto con la motivazione della medesima decisione in cui è correttamente indicata la pena di anni tre e giorni 20 di reclusione per i reati di cui ai capi 1., 2., 3. e 4. della rubrica.
2.2. Con il secondo più articolato motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione agli artt. 648 e 133 c.p., il vizio di violazione di legge:
a) per avere la Corte territoriale ritenuto che sia sufficiente a configurare il delitto presupposto della contestata ricettazione l’abrasione della matricola del fucile trovato in possesso dell’imputato, benchè la predetta condotta non configuri un reato contro il patrimonio e nonostante la mancata finalità di profitto nella ricezione del medesimo fucile, casualmente rinvenuto dal L. sul terreno in contrada (OMISSIS), acquistato dal proprio genitore;
b) per avere la Corte territoriale ritenuto provata la provenienza del fucile da terzi, trascurando che l’abrasione della matricola potesse essere stata attuata dallo stesso imputato e da lui non dichiarata nel corso del processo per timore di esporsi ad ulteriori responsabilità, donde, anche per questa ulteriore ragione, l’insussistenza della prova dell’elemento oggettivo del reato di ricettazione;
c) per avere la Corte territoriale riconosciuto l’elemento psicologico del dolo, postulato dal delitto di ricettazione, omettendo di considerare che l’ignoranza dell’abrasione del numero di matricola del fucile e anche il solo dubbio sulla sua cancellazione, nel momento in cui l’imputato è entrato in possesso dell’arma, esclude la sussistenza del dolo necessario per l’integrazione del reato;
d) per avere applicato la pena in misura eccessiva sulla base di un’erronea valutazione dei criteri di cui all’art. 133 c.p.;
e) per avere omesso di applicare in tutto o in parte il beneficio dell’indulto, di cui alla L. n. 241 del 2006, art. 1.
Motivi della decisione
3. Il primo motivo di ricorso è fondato.
La pena è stata erroneamente indicata nel dispositivo della sentenza d’appello (sia quello pubblicato in udienza, sia quello trascritto in calce alla motivazione) in misura addirittura superiore a quella stabilita dal giudice di primo grado, nonostante l’assoluzione dell’imputato dalle contravvenzioni contestate nei capi numeri 5. e 6. della rubrica.
La medesima pena risulta, invece, correttamente calcolata nella motivazione della sentenza della Corte d’appello in anni tre e giorni 20 di reclusione ed Euro 1.880,00 di multa, all’esito della determinazione della pena base per il più grave delitto di ricettazione, di cui al capo 1., e degli aumenti analiticamente indicati per i reati di cui ai capi 2., 3. e 4., in continuazione col primo.
A norma dell’art. 129 c.p.p., va, però, rilevata la compiutasi prescrizione della contravvenzione di cui all’art. 697 c.p., contestata al capo 4., la quale risulta commessa il 13 gennaio 2006 e si è, perciò, estinta il 13 gennaio 2011 per decorso del termine massimo quinquennale di prescrizione previsto dall’art. 157 c.p., comma 1, e art. 161 c.p., comma 2, non ostandovi la pur contestata recidiva reiterata ed infranquinquennale, trattandosi di contravvenzione e non di delitto.
La pena, pertanto, dovrà essere rideterminata per il reato continuato, senza necessità di rinvio, avendo la Corte territoriale specificato l’aumento di giorni 20 ed Euro 80,00 applicato per la suddetta contravvenzione prescritta, in quella di anni tre di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa.
4. Sono, invece, infondati gli altri motivi di ricorso.
4a) Quanto all’inidoneità della clandestinità dell’arma, con numero di matricola abraso, a costituire il presupposto del delitto di ricettazione a carico del possessore della medesima, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che la ricettazione è configurabile anche quando abbia ad oggetto cose provenienti da un delitto che non sia contro il patrimonio, perchè anche in tal caso, dall’acquisizione di beni di illegittima provenienza, che il legislatore ha inteso scoraggiare e punire, deriva un incremento patrimoniale (Sez. 2, n. 11727 del 19/02/2008, dep. 14/03/2008, Donatello, Rv. 239769), cosicchè si ha concorso di reati tra il delitto di detenzione di arma clandestina e quello di ricettazione pur quando il delitto presupposto della ricettazione sia quello di alterazione dell’arma medesima (Sez. 5, n. 40906 del 19/10/2010, dep. 18/11/2010, Perre, Rv. 248605; conformi: Sez. 2, n. 41464 del 29/09/2009, dep. 28/10/2009, Zara, Rv. 244951).
Ab) Riguardo alla prova dell’elemento oggettivo del reato e, segnatamente, della provenienza da terzi del fucile con matricola abrasa rinvenuto in possesso del ricorrente, essa è integrata dalla materiale disponibilità dell’arma da parte dell’imputato, il quale, come da lui stesso ammesso, non ha mai dichiarato di essere stato l’autore della sua alterazione, con la conseguenza che l’accertato possesso integra di per sè la prova del delitto di ricettazione, essendo l’abrasione chiaramente finalizzata ad impedire l’identificazione dell’arma, che è stata privata del numero e dei contrassegni di cui all’art. 11 legge 18 aprile 1975, n. 110 (conformi, tra le molte, Sez. 4, n. 3869 del 20/02/1996, dep. 16/04/1996, Figus, Rv. 205191; e la già citata Sez. 2, n. 41464 del 2009).
4c) In merito alla prova dell’elemento soggettivo del reato, la cancellazione del segno distintivo dell’arma ricevuta e detenuta, di cui il ricorrente non poteva non avere coscienza in quanto circostanza palese, è sufficiente a provare la consapevolezza nell’agente della provenienza delittuosa dell’arma medesima (conformi: Sez. 2, n. 39648 del 23/03/2004, dep. 11/10/2004, Divano, Rv. 230051; Sez. 2, n. 33581 del 28/05/2009, dep. 01/09/2009, Carboni, Rv. 245229).
4d) Inammissibile perchè generica e in fatto è, inoltre, la doglianza relativa all’eccessiva entità del trattamento sanzionatone 4e) E’, infine, inammissibile anche la censura relativa alla pretesa omessa applicazione del beneficio dell’indulto concesso con D.P.R. n. 241 del 2006. In proposito, questa Corte ha già affermato che il problema dell’applicazione dell’indulto può essere sollevato nel giudizio di legittimità soltanto nel caso in cui il giudice di merito lo abbia preso in esame e lo abbia risolto negativamente, escludendo che l’imputato abbia diritto al beneficio, e non, invece, quando abbia omesso di pronunciarsi, riservandone implicitamente l’applicazione al giudice dell’esecuzione (Sez. U, n. 2333 del 03/02/1995, dep. 07/03/1995, Aversa, Rv. 200262, e successive conformi).
Nella fattispecie, la Corte territoriale ha esplicitamente riservato la decisione definitiva sul beneficio al giudice dell’esecuzione, con le testuali parole: "fatta salva la possibilità di un riconoscimento in sede esecutiva" che si leggono nell’ultima pagina della sentenza impugnata, cosicchè, non essendo stato disposto il rigetto dell’istanza di applicazione del provvedimento di clemenza, la questione dell’applicabilità del medesimo beneficio non può formare oggetto di esame in questo giudizio di legittimità. 5. Segue il parziale annullamento senza rinvio della sentenza gravata nei limiti della corretta determinazione della pena, come sopra indicata, attesa l’estinzione della contravvenzione di cui al capo 4., per compiutasi prescrizione, salvo il resto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla indicazione della pena nonchè alla contravvenzione di cui all’art. 697 c.p., estinta per prescrizione; ridetermina la pena in anni tre di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa.
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