Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il 28 e 29 marzo 2010 si svolgevano presso il Comune di Grisolia, di popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, le consultazioni per l’elezione del Sindaco e dei componenti del Consiglio Comunale, operazioni cui partecipavano, in particolare, l’attuale ricorrente sig. A. M. C., quale candidato a sindaco della lista n. 2, "Grisolia nel cuore", ed il sig. A. L., candidato a sindaco per la lista n. 1, "Insieme".
All’Adunanza dei Presidenti di Sezione del 30 marzo 2010 risultava eletto alla carica di Sindaco, con 867 voti, il candidato della lista "Insieme", sig. Longo, odierno controinteressato, alla cui lista venivano attribuiti 8 seggi di consigliere comunale.
La lista concorrente otteneva invece 862 voti e 4 seggi di consigliere, con uno scarto di soli 5 voti rispetto alla prima.
Avverso tali risultati insorgevano dinanzi al TAR per la Calabria attraverso un unico ricorso collettivo il sig. A. M. C., quale candidato non eletto alla carica di sindaco, e gli altri nominati in epigrafe, candidati consiglieri comunali.
Con un unitario, articolato motivo essi denunciavano i seguenti vizi:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 57 DPR 570/60;
2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 64 T.U. 570/60;
3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 41 T.U. 570/60;
4) violazione dell’art. 3 d.lgs. 12 aprile 1996 n. 197;
5) violazione del principio della personalità del voto e di segretezza;
6) eccesso di potere per ingiustizia manifesta e sviamento.
In particolare, formavano oggetto di doglianza:
a) l’illegittimo annullamento, nella sezione I, di una scheda nella quale era stato barrato il contrassegno della lista ricorrente invadendo, in minima parte, anche il contrassegno della lista n. 1;
b) l’illegittimo annullamento, nella sezione II, di una scheda nella quale l’elettore aveva barrato entrambi i contrassegni di lista indicando in corrispondenza di ciascuno il nome di "B. V.", candidato della lista ricorrente;
c) l’illegittima attribuzione, nella sezione II, alla lista avversaria di una scheda nella quale non risulta essere stato barrato il contrassegno di lista, ma segnati alcuni puntini a matita attorno al suddetto contrassegno;
d) l’illegittimo annullamento nella sezione III di due schede riportanti una "x" tracciata al di fuori dell’apposito riquadro corrispondente al contrassegno della lista n. 2;
e) l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale a fianco al contrassegno della lista n. 2 l’elettore aveva riportato il nome e cognome del candidato sindaco della suddetta lista anziché quella del consigliere preferito;
f) l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale l’elettore aveva indicato, in corrispondenza del simbolo della lista n. 2, il candidato consigliere "Longo Giovannina", anziché Barbara;
g) l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale non era stato barrato alcun contrassegno di lista, ed era riportato nello spazio riservato alla lista avversaria il nome di "N. G.", consigliere candidato della lista ricorrente;
h) l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale era stato barrato il simbolo della lista n. 2 e indicato, nello spazio riservato alla lista avversaria, la preferenza per T. C., candidato consigliere della lista n. 1;
i) l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale in corrispondenza della lista ricorrente era stato indicato il nome "Rino", da attribuirsi al candidato C. G., detto "Rino".
In via subordinata, per il caso di mancato accoglimento delle suesposte censure gli stessi ricorrenti deducevano, altresì:
a) l’illegittima ammissione al voto assistito, in tutte e tre le sezioni, in violazione dell’art. 41 d.P.R. 570/60, di complessivi venti elettori, in mancanza di infermità tali da giustificare il diritto al voto assistito, quando non in mancanza di specifica certificazione;
b) l’illegittima ammissione al voto del cittadino straniero G. M. M., la cui pratica di residenza era stata regolarizzata soltanto il 17/3/2010, vale a dire oltre il termine di legge del 16 febbraio 2010, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 197/1996.
I ricorrenti concludevano chiedendo la correzione del risultato delle votazioni, con la proclamazione a Sindaco del sig. Crusco e l’attribuzione dei pertinenti seggi ai candidati della loro lista, ovvero, in subordine, domandavano l’integrale annullamento delle operazioni elettorali con tutti gli adempimenti conseguenti; in via istruttoria, venivano richieste l’acquisizione e la verificazione delle schede e dei verbali di scrutinio delle tre sezioni, dei certificati medici rilasciati per il voto con accompagnatore per le stesse sezioni e, infine, dell’attestazione del Sindaco di ammissione al voto del cittadino straniero G. M. M..
Si costituiva in giudizio il Comune di Grisolia per eccepire l’inammissibilità del ricorso e resistere nel merito. Si costituivano anche alcuni controinteressati, che, oltre a contrastare nel merito l’impugnativa, proponevano ricorso incidentale, chiedendo l’invalidazione di quattro voti assegnati alla lista dei ricorrenti nella Sezione III.
Il TAR adìto definiva il giudizio con la sentenza n. 1412/2010, con la quale rigettava il ricorso principale e dichiarava improcedibile quello incidentale.
Avverso tale pronuncia i ricorrenti in prime cure proponevano, separatamente, due distinti atti di appello, nei termini di cui in epigrafe, sottoponendo a censura la sentenza del Tribunale e riproponendo le loro deduzioni e domande.
Il Comune ed i controinteressati si costituivano anche in questo grado di giudizio, deducendo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza degli appelli e concludendo per la loro reiezione; veniva inoltre riproposto il ricorso incidentale già articolato in primo grado.
Le tesi delle parti venivano ulteriormente sviluppate con apposite memorie.
Con ordinanza collegiale n. 587 del 26 gennaio 2011 la Sezione, riuniti gli appelli, incaricava il Prefetto di Cosenza dei seguenti adempimenti istruttori:
– verificare, tra le schede che nell’ambito delle tre Sezioni sono state ufficialmente dichiarate nulle, l’esistenza di esemplari aventi le caratteristiche indicate dai ricorrenti, quali si trovano sopra descritte alle lettere a), b), d), e), f), g), h), i);
– rimettere a questo Consiglio una relazione con indicazione delle schede riscontrate come aventi le suddette caratteristiche (allegandone copia), recante altresì le valutazioni della Prefettura in ordine agli elementi emersi e alla loro eventuale incidenza sulla proclamazione degli eletti;
– trasmettere i certificati medici allegati a verbale, nelle Sezioni, e l’eventuale altra documentazione di supporto esistente agli atti, a giustificazione dei casi di voto con accompagnatore che sono stati ammessi nelle tre Sezioni del Comune, nonché, per gli elettori ammessi a voto assistito sulla scorta di apposita annotazione (AVD) nella tessera elettorale personale, la documentazione esistente agli atti del Comune a giustificazione della stessa annotazione.
Dopo l’espletamento degli incombenti e l’acquisizione agli atti di causa del relativo materiale documentale, le difese degli appellanti riprendevano le proprie doglianze, precisandole e focalizzandole (anche mediante la notificazione di un atto di motivi aggiunti) sulle risultanze dell’istruttoria, ed insistevano per l’accoglimento delle impugnative.
Le difese del Comune e dei controintressati, dal canto loro, traevano dagli esiti dell’istruttoria argomenti per ribadire l’infondatezza delle censure avversarie e concludere per la reiezione degli appelli.
Alla pubblica udienza del 5 luglio 2011 le cause sono state nuovamente trattenute in decisione.
Gli appelli, per quanto ammissibili in ragione della specificità delle doglianze svolte, sono infondati.
Con gli odierni gravami, come si è detto, i candidati alle elezioni a Sindaco e Consigliere comunale di Grisolia della lista n. 2 ("Grisolia nel cuore") impugnano, attraverso l’appello alla medesima sentenza in epigrafe del TAR per la Calabria, i risultati elettorali che li hanno visti ottenere 862 voti, a fronte degli 867 riconosciuti alla lista n. 1 ("Insieme").
1 La Sezione ritiene di avviare la disamina della controversia a partire dalle doglianze degli appellanti in tema di voto assistito.
Gli interessati hanno infatti ripreso in questa sede la loro censura riguardante l’illegittima ammissione al voto assistito, in tutte e tre le sezioni, di complessivi venti elettori in violazione dell’art. 41 d.P.R. 570/60, in quanto in carenza di infermità tali da giustificare il ricorso alla procedura di voto assistito, quando non in mancanza di specifica certificazione medica.
1a La censura è stata respinta dal primo Giudice con la seguente motivazione.
"A seguito della modifica apportata dall’art. 9 l. 11 agosto 1991 n. 271, l’art. 41 d.P.R. n. 570 del 1960 stabilisce che i certificati debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore.
Ne consegue che, ai fini del voto assistito, l’attitudine dell’infermità fisica ad impedire l’autonoma manifestazione del voto da parte dell’elettore può essere apprezzata unicamente dal funzionario medico, designato dai competenti organi dell’unità sanitaria locale che dell’attestazione dell’esistenza dell’impedimento si assume la piena responsabilità giuridica. Il presidente del seggio elettorale, pertanto, non è tenuto ad effettuare la c.d. "prova empirica", volta a verificare se l’impedimento lamentato dell’elettore rientri effettivamente tra quelli elencati dalla legge, in quanto siffatta valutazione è stata affidata dalla norma in questione ad un altro organo pubblico, direttamente individuato ed indubbiamente provvisto di adeguate competenze tecniche (Consiglio Stato, sez. V, 14 novembre 2006, n. 6685). Orientamento, del resto, già seguito da questo Tribunale (Cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 09 ottobre 2006, n. 1141).
In altri termini, la certificazione medica di ammissione al voto assistito ha certezza privilegiata non solo per la natura dell’infermità, ma anche per la sua specifica capacità invalidante, per cui detta certificazione è vincolante per il Presidente del seggio elettorale anche sulla portata pratica della malattia quale concreto impedimento all’espressione materiale del voto, così che il medesimo non è tenuto ad effettuare alcuna "prova empirica". Inoltre, tale certezza privilegiata, superabile solo con la proposizione della querela di falso, ha non solo la suddetta certificazione, ma anche il verbale della Sezione quanto all’effettiva corrispondenza tra le infermità verbalizzate e quelle indicate nei relativi certificati (cfr. T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 28 settembre 2009, n. 573).
Nel caso di specie, per quanto emerge dai verbali, 3 degli elettori ammessi al voto assistito hanno prodotto certificato elettorale con annotazione AVD, come previsto dall’art. 41 dpr 570/60, a seguito della legge 17/2003, ed altri 16 hanno presentato un certificato rilasciato dal medico incaricato dall’ASP di Cosenza per l’attestazione dell’impossibilità di esprimere autonomamente il proprio voto.
In un caso, poi, l’infermità rilevante risultava dal libretto dell’INPS in quanto appartenente alla categoria cieco civile, patologia sulla quale non possono esservi dubbi in ordine al diritto al voto assistito."
1b Questa decisione viene censurata in sede di appello, in sintesi, su due piani argomentativi. A livello di interpretazione normativa, richiamando arresti giurisprudenziali che hanno reputato che il presidente di seggio continuerebbe ad essere tenuto alla c.d. verifica empirica, al fine di accertare l’effettività e l’incidenza dell’impedimento addotto, quantomeno in presenza di elementi tali da indurre a ritenere che la relativa certificazione sia falsa, il giudizio medico artefatto o non rispondente ai canoni della scienza medica (C.d.S., V, nn. 3683/2009, 4504/2010 e 1721/2011). A livello fattuale, assumendo gli appellanti che le patologie ascritte agli elettori interessati non sarebbero state di per sé, in gran parte dei casi, in grado di giustificare l’assistenza al voto (in particolare, nei casi di sindrome di Parkinson, ictus, deficit visivo, incontinenza urinaria), anche, talora, per la loro incidenza sulla formazione della volontà dell’elettore, piuttosto che sulla sua mera esternazione; o infine dolendosi di vizi formali quali l’omessa verbalizzazione della patologia riscontrata, rappresentata mediante un puro richiamo al certificato medico, oppure l’incompletezza di quest’ultimo.
Dopo l’espletamento dell’istruttoria le doglianze degli appellanti sono state approfondite con riferimento ad elementi documentali di dettaglio, riflettenti le specifiche condizioni fisiche degli elettori ammessi alla peculiare procedura di voto.
Si lamenta che la descrizione delle patologie sarebbe stata sovente generica, con particolare riferimento alla omessa specificazione dell’intensità della singola infermità e del grado di compromissione della capacità dell’elettore di esprimere autonomamente il proprio voto, o all’equiparabilità alle cause giustificative tipizzate di ricorso al voto assistito. Particolarmente in presenza di indicazioni di patologie quali la "sindrome di Parkinson" o simili, viene dedotto, il presidente di seggio non si sarebbe potuto sottrarre alla verifica empirica.
E’ stato inoltre rimarcato che il sanitario certificante avrebbe mancato di specificare, in ciascuno dei certificati da lui redatti, se le infermità di volta in volta riscontrate ed indicate rientrassero nel gruppo delle patologie implicanti incapacità a deambulare, ecc., oppure in quello caratterizzato da minorazione fisica o neurosensoriale menomante la capacità di compilazione manuale della scheda. Il sanitario si sarebbe "limitato" ad indicare la patologia riscontrata ed il carattere temporaneo o definitivo della conseguente menomazione. A quest’ultimo riguardo, però, a parte l’immediata considerazione che l’opzione contemplata sul punto dal modulo utilizzato dal sanitario non poteva ritenersi integrativa di una formalità occorrente ad substantiam actus, è agevole replicare, già conclusivamente, che le indicazioni di volta in vota addotte dal sanitario, nel loro complesso, rendevano superflua l’indicazione omessa, evidenziando come il professionista si riferisse sempre, nei casi in esame, ad infermità del secondo tipo.
1c La Sezione ritiene, peraltro, di dovere più ampiamente osservare che nella fattispecie non può dirsi esservi stata un’applicazione eccessivamente estesa -e quindi un abuso- della procedura di voto assistito, essendo emerso, al contrario, un ricorso quantitativamente fisiologico ad essa (poco più dell’uno per cento dei votanti), distribuito anche con sufficiente uniformità tra le Sezioni.
Ciò premesso, e venendo subito all’interpretazione della pertinente normativa, la Sezione reputa sostanzialmente esatta, e coerente con la propria giurisprudenza, la tesi di fondo del primo Giudice per cui dopo la modifica apportata dall’art. 9 legge n. 271/1991, stabilendo ormai l’art. 41 d.P.R. n. 570/1960 che i certificati devono attestare che l’infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore, con ciò la certificazione medica di ammissione al voto assistito ha acquisito certezza privilegiata non solo per la natura dell’infermità, ma anche per la sua specifica capacità invalidante. Donde la conseguenza che l’attitudine dell’infermità ad impedire l’autonoma manifestazione del voto da parte dell’elettore può essere apprezzata, in via di principio, unicamente dal funzionario medico appositamente designato, che dell’attestazione dell’esistenza dell’impedimento si assume la piena responsabilità giuridica. Il presidente del seggio elettorale, pertanto, non è tenuto di regola ad effettuare alcuna "prova empirica", in quanto siffatta valutazione è stata affidata dalla legge ad altro organo pubblico (indubbiamente provvisto di adeguate competenze tecniche), la cui certificazione è vincolante per il Seggio elettorale anche sulla portata pratica della malattia quale concreto impedimento all’espressione materiale del voto.
Invero, nella decisione della Sezione 12 giugno 2009, n. 3683, è stato osservato proprio quanto segue.
"Com’è noto, prima dell’emanazione della legge 11 agosto 1991, n. 271 sembrava prevalere quella giurisprudenza che riconosceva ai certificati medici prodotti dall’elettore qualità di atti di certezza privilegiata solo per quanto attiene la natura dell’infermità, e non anche per quanto riguarda la specifica capacità invalidante delle medesime. Sicché, il presidente del seggio elettorale era vincolato solo per quanto concerne la natura della malattia, ma non sulla portata pratica della stessa; ossia aveva la possibilità di effettuare la cosiddetta "prova empirica" sull’idoneità dell’elettore ad esprimere o meno il voto senza accompagnatore.
La sezione ritiene che a seguito della normativa aggiunta alla norma base dall’articolo 9 della legge n. 271 del 1992 -laddove stabilisce che "detti certificati debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore"- il funzionario medico designato dai competenti organi dell’unità sanitaria locale deve spingere il suo accertamento anche sull’attitudine dell’infermità fisica, da cui è affetto l’elettore, ad impedire l’autonoma manifestazione del voto, e di ciò deve dare attestazione.
Va da sé che la natura di atto pubblico del certificato medico, comprensivo dell’ulteriore attestazione voluto dalla normativa successiva, e la fede privilegiata che esso è destinato a svolgere nei confronti di tutti i soggetti dell’ordinamento, comporta che il presidente del seggio elettorale non è tenuto in ogni caso, così come si riteneva prima dell’emanazione della norma, alla cosiddetta "prova empirica", volta ad accertare se l’impedimento lamentato dall’elettore rientri tra quelli elencati dalla legge o che la stessa permette di equiparare.
Infatti, l’accertamento del meccanismo predisposto dal legislatore viene effettuato dal competente organo pubblico, avente una specifica preparazione tecnica, che si assume la responsabilità della relativa certificazione" (C.d.S., V, n. 3683/2009 cit.).
In termini analoghi questa Sezione, con la successiva decisione n. 1929 del 29/3/2011, ha poi ribadito, "in conformità ad un orientamento ormai consolidato (Cons. St., sez. V, decc. 14.11.2006 n. 6685; 12.6.2009 n. 3683; 13.7.2010 n. 4504), che il riconoscimento che veniva attribuito ai certificati medici, prodotti dall’elettore, della qualità di atti a fede privilegiata limitatamente alla natura dell’infermità e non anche relativamente all’effetto invalidante, ai fini dell’espressione del voto, è stato ormai superato per effetto dell’emanazione della legge 11 agosto 1991 n. 271, che ha stabilito (art. 9) che "detti certificati debbono attestare che la infermità fisica impedisce all’elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di altro elettore".
D) – L’atto pubblico contenente l’accertamento, da parte dei competenti organi sanitari, dell’attitudine dell’infermità fisica ad impedire l’espressione, in via autonoma, del voto fa fede privilegiata e comporta che il presidente del seggio non sia tenuto a valutare, attraverso la c.d. "prova empirica", se l’infermità rientri tra quelle ostative indicate dall’art. 41 o considerate ad esse equivalenti.
Solo quando sussistano elementi tali da indurre il presidente di seggio a ritenere la certificazione medica esibita falsa o frutto di un giudizio medico artefatto, egli può esperire, conservando poteri valutativi che lo distinguono da un semplice annotatore, gli accertamenti funzionali all’esercizio dei suoi poteri (Cons. St., sez. V, dec. n. 3683/2009, cit.).
D’altro canto, è stato correttamente messo in luce che la rimessione all’organo dotato di competenze medicolegali dell’accertamento circa la natura dell’infermità, quando essa non ricada tra le patologie tipiche indicate al secondo comma dell’art. 41, risponde anche ad esigenze di tutela della riservatezza personale dell’ammalato, confermata dalla previsione dell’ultimo comma dell’art. 41, t.u. del 1960, introdotto dall’art. 1 della legge 23.2.2003 n. 17, e dalla circostanza che l’elettore possa richiedere l’ attestazione, mediante apposizione di un codice sulla tessera elettorale, del diritto al voto assistito, senza che sia possibile per il presidente del seggio risalire alla patologia invalidante.
E) – Sia, dunque, quando la certificazione medica attesti l’impossibilità di esprimere autonomamente il voto, sia quando la tessera elettorale sia provvista dell’annotazione circa il diritto al voto assistito, è possibile unicamente rilevare la falsità, materiale o ideologica dell’attestazione, rilevabile ictu oculi, che può essere fatta valere dagli interessati tramite la querela di falso, relativamente alla quale il collegio non ravvisa ragioni per concedere un apposito termine.
Nella specie, nessun indizio è stato prospettato in ordine alla falsità della certificazione, né gli interessati hanno proposto querela di falso….
Le certificazioni allegate ai verbali delle sezioni n. 1 e n. 2, redatte su moduli prestampati, recano l’attestazione secondo cui l’elettore è "affetto da impedimento fisico tale da richiedere l’assistenza di un accompagnatore nella espressione del voto" e non presentano indizi di falsità.
Non è pertanto riscontrabile alcuna illegittimità nel comportamento del presidente del seggio, che si è limitato a prendere atto della certificazione, ammettendo l’elettore al voto assistito, senza svolgere alcun ulteriore accertamento" (C.d.S., V, n. 1929 del 29/3/2011).
Infine, lo stesso enunciato giurisprudenziale da ultimo richiamato da parte appellante per cui "in caso di voto c.d. assistito… il ruolo del Presidente del seggio non è quello di semplice annotatore delle risultanze del certificato medico che gli viene esibito" (C.d.S., V, 13 luglio 2010 n. 4504, che a sua volta richiama la già citata n. 3683/2009), conferma quanto appena esposto. Proprio il precedente invocato avverte, infatti, che il presidente di seggio conserva i soli poteri che "non si sovrappongano al giudizio professionale del medico", non potendo egli "far prevalere la propria eventuale volontà in contrasto… con la certificazione sanitaria"; il presidente potrebbe disattendere la certificazione esibita, si rimarca, "solo in presenza di elementi tali da indurre… a ritenere che questa sia falsa o che il giudizio medico sia artefatto o quanto meno non rispondente ai canoni della scienza medica universalmente accettati".
1d Ora, in nessuno dei casi sui quali si sono appuntate le contestazioni dei ricorrenti risulta che ai presidenti di seggio si fosse manifestato un quadro di elementi siffatto, che del resto neppure in questa sede è stato delineato.
Nessun indizio è stato poi prospettato in ordine alla falsità della certificazione, né gli interessati hanno ritenuto di poter proporre querela di falso.
Va sottolineato, inoltre, che tutti i certificati medici acquisiti riportano regolarmente la rituale indicazione che il singolo elettore "si trova nell’impossibilità di esprimere autonomamente il diritto di voto ed ha necessità di assistenza al seggio elettorale".
Le coordinate ermeneutiche esposte avviano, quindi, ineluttabilmente a reiezione le doglianze degli odierni appellanti.
In coerenza con quanto esposto, deve invero ritenersi per ciò stesso assodata la legittimità del ricorso al voto assistito -salvo specifiche risultanze documentali in senso opposto, che nella specie non si sono però registrate- allorché sia stata certificata l’esistenza di una patologia che possa tradursi, anche solo, si noti, a partire da un certo suo grado di intensità, oppure solo per alcune delle sue forme morbose, in una menomazione di incidenza pratica equivalente a quella delle cause legalmente tipizzate di voto assistito. Dell’effettività dell’esistenza, nei singoli casi, di una simile compromissione fa infatti fede proprio la certificazione medica, nella parte in cui attesta, come previsto dalla legge (e con valenza, si ricorda, di fede privilegiata) che l’infermità riscontrata impedisce al singolo elettore di esprimere il voto senza l’aiuto di terzi.
Orbene, se si ha riguardo alle certificazioni mediche acquisite, è agevole avvedersi che le condizioni di infermità attestate da ciascuna di esse (e pur non trascritte sempre integralmente nel verbale di Sezione) soddisfano pienamente le condizioni anzidette, sì da deporre per la legittimità del ricorso alla procedura di cui all’art. 41 del d.P.R. n. 570/1960. Includendo anche i casi di cecità già conclamata, sui quali nessuno specifico dubbio è stato sollevato, le infermità indicatevi sono difatti le seguenti:
– "S. Parkinson con grave acinesia"; "Retinopatia diabetica cecità"; "Pregresso ictus cerebrale emiplegia destra"; "Esiti di emiparesi destra di tipo spasticoafasico da megaencefalite infantile" (AVD); "Paraparesi da stenosi vertebrale"; "Deficit visusscompenso cardiacobpco"; "Cecità assoluta"; "Artropatia deformante deg. grandi articolazioni"; "Cecità" (Sezione I);
– "Paraplegia da esiti di trauma midollare"; "S. di Parkinson – Cardiopatia ischemica" (AVD); "Cecità" (AVD); "Ictus cerebrale – emiplegia destra – cardiopatia ischemica"; "invalida al 100 % con indennità di accompagnamento; inoltre deficit visivo grave per cataratta bilaterale"; "Scompenso cardiaco – Vasculopatia cerebrale" (Sezione II);
– "S. di Parkinson"; "Ictus cerebrale con esiti di emiplegia destra"; "Ictus cerebrale – emiplegia destra"; "Ictus cerebrale – emiplegia destraafasia"; "Incontinenza urinaria – afasia – atonia su base vascolare"; "Cieco civile" (Sezione III).
Dagli appellanti sono stati contestati con particolare vigore, infine, i casi degli elettori Novellis Rosa (Sezione I), B. Filomena (Sezione II) e Mazza Annino Annibale (Sezione III). Rispetto ad essi è però facile replicare, schematicamente, quanto segue:
– a carico della prima elettrice era stata riscontrata non solo una megaencefalite infantile, ma anche degli esiti di emiparesi destra di tipo spasticoafasico, onde si rientra appieno nell’alveo dei principi e delle casistiche sopra esposti; anche per la medesima, inoltre, risulta essere stato redatto un certificato (come gli altri, a firma del dott. Adduci) recante rituale attestazione di infermità cagionante impedimento ad esprimere il voto senza l’ausilio di terzi;
– quanto alla seconda, al di là della provenienza del suo certificato medico da un sanitario diverso da quello incaricato, non è irrilevante notare che lo stesso attesta, oltre che una pur "generica" invalidità al 100 % con diritto all’accompagnatore, anche un deficit visivo definito, appunto, "grave", da cataratta bilaterale; soprattutto, però, si deve osservare che la medesima è stata ammessa al voto assistito a seguito della espressa attestazione di "conoscenza diretta" da parte del presidente di seggio, che quindi ha potuto confermare l’esistenza del deficit di visus che si trova, del resto, inequivocabilmente riportato anche a verbale;
– nei riguardi del terzo elettore, infine, dal sanitario incaricato non era stata accertata solo una incontinenza urinaria, ma un ben più ampio quadro di "afasiaatonia su base vascolare", come tale ben suscettibile anch’esso di rilevare ai fini dell’art. 41 T.U. cit..
Conclusivamente, tutte le doglianze svolte dagli appellanti in tema di voto assistito, essendosi rivelate infondate, devono essere respinte.
2 In questa sede viene inoltre ripresa la censura di illegittima ammissione al voto del cittadino straniero G. M. M.. Richiamato il principio che esclude che chi non sia iscritto alla lista degli elettori della Sezione possa votare (art. 39 T.U. n. 570/1960), si ribadisce che la pratica di residenza dell’interessata è stata regolarizzata soltanto il 17/3/2010, oltre il termine di legge del 16 febbraio 2010 previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 197/1996 per l’iscrizione nelle liste elettorali.
Il TAR aveva però osservato, in proposito, che dal combinato disposto di cui all’art. 3 del d.lgs. 197/1996 e dell’art. 32 bis del d.P.R. 223/1967 si desumeva che il termine del 16 febbraio 2010, risultante dall’applicazione della prima delle due norme, atteneva appunto alla sola iscrizione nelle liste elettorali, laddove l’ammissione al voto doveva ritenersi nondimeno ancora possibile ove l’elettore potesse comunque esibire, come nella specie è accaduto, un’attestazione di ammissione al voto rilasciata (come, in concreto, da verbale della Sottocommissione elettorale circondariale in data 28/3/2010, in atti quale all. n. 9 della produzione comunale di primo grado del 17 maggio 2010, e secondo quanto confermato dalla circolare prefettizia del 4 febbraio 2010 ivi in all. n. 8) ai sensi di quest’ultima norma speciale.
Poiché, pertanto, nessuna specifica argomentazione è stata svolta al fine di contestare -in punto di fatto o di diritto- la bontà di questa ricostruzione normativa, il motivo, non recando alcuna puntuale critica alla sentenza impugnata, non può che essere disatteso.
3 Prima di esaminare i rilievi che hanno formato materia di istruttoria, tutti relativi a dedotte illegittimità di annullamenti di voti teoricamente accreditabili alla lista delle ricorrenti, va disattesa una loro ulteriore doglianza. Si tratta di quella che è stata riportata sopra sub c), che concerne l’attribuzione -in tesi, illegittima- alla lista avversaria, nella sezione II, di una scheda nella quale non risulta essere stato barrato il contrassegno di lista, ma solo segnati alcuni puntini attorno ad esso.
L’assunto di parte è che le singolari modalità di espressione così utilizzate integrerebbero un segno di riconoscimento, e perciò un voto nullo ai sensi dell’art. 64, comma 2, n. 2,, T.U. n. 570/1960.
Il vizio dedotto non sussiste.
La norma invocata richiede, infatti, per l’esistenza dell’allegata causa di nullità, che risulti "in modoinoppugnabile" che l’elettore abbia voluto far riconoscere il proprio voto. Un simile estremo non può però predicarsi in presenza di segni apposti proprio tutt’intorno al contrassegno evidentemente prescelto dall’elettore, segni la funzione dei quali è presuntivamente proprio quella di esprimere l’intenzione dell’elettore; tanto più che l’art. 56 del T.U. n. 570/1960, come ricorda la difesa municipale, non esige il -pur comune- segno di croce, ma prescrive, solo genericamente, che il voto si esprima con un segno sul contrassegno della lista prescelta (cfr. C.d.S., V, 13 settembre 1991, n. 1160; 27 dicembre 1988, n. 862; 10 dicembre 1985, n. 473: la prima e la terza hanno significativamente reputato legittimi segni quali una linea ad "S" in luogo del tradizionale segno di croce, e due ovali irregolari).
4 Respinte tutte le doglianze fin qui esaminate, si ricorda a questo punto che la Sezione aveva richiesto alla locale Prefettura di verificare, tra le schede che nell’ambito delle tre Sezioni erano state ufficialmente dichiarate nulle, l’esistenza di esemplari aventi le caratteristiche censurate dai ricorrenti, sopra descritte alle lettere a), b), d), e), f), g), h), i).
Gli accertamenti condotti hanno fatto emergere innanzitutto la non rinvenibilità, agli atti, di schede rientranti nelle ipotesi indicate con le lettere e), g) ed h). Le relative doglianze di parte, essendo risultate destituite di fondamento in punto di fatto, non possono che essere, dunque, senz’altro respinte.
La Prefettura ha rimesso alla Sezione sei schede: due ai fini del vaglio del rilievo sub d), e quattro potenzialmente corrispondenti ai rilievi a), b), f) ed i). Non è però irrilevante sottolineare che, di tali sei schede, solo due sono state trasmesse dall’Amministrazione motu proprio, in quanto davvero reputate verosimilmente ricollegabili ai rilievi di parte (quelli sub a) e d)); le altre quattro schede sono state invece inviate solo su sollecitazione della difesa appellante, e per tale ragione senza che la Prefettura esprimesse ulteriori valutazioni.
5 Tutto ciò premesso, si può sgombrare immediatamente il campo dalla scheda trasmessa su sollecitazione di parte in connessione con la doglianza sub i).
Quest’ultima riguardava l’illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale, in corrispondenza della lista ricorrente, era stato indicato il nome "Rino", da attribuirsi al candidato C. G., detto appunto "Rino".
Ora, si vuole che nella scheda trasmessa compaia (sia pure con "incerta grafia") il diminutivo del candidato: il punto è, però, che, come già emerso in sede di verificazione, la scheda reca null’altro che un incomprensibile scarabocchio, nel quale in alcun modo potrebbe rinvenirsi qualsivoglia riferimento a candidati della consultazione, o altri segni idonei a veicolare una volontà dell’elettore.
6 Anche la doglianza sub f) va disattesa.
Il rilievo, così come ritualmente dedotto, riguardava l’ipotesi di un illegittimo annullamento, nella sezione III, di una scheda nella quale l’elettore avrebbe indicato, in corrispondenza del simbolo della lista n. 2, il candidato consigliere "Longo Giovannina", anziché "Longo Barbara", in realtà unico candidato alla carica di consigliere avente tale cognome.
Già in sede di verificazione è stato osservato come la scheda qui trasmessa non sia agevolmente inquadrabile nel fuoco della censura, in quanto nella prima il nominativo che figura vi compare due volte, in corrispondenza cioè dei simboli di entrambe le liste, e non solo presso quello della lista n. 2; né gli appellanti danno persuasive spiegazioni circa la valutabilità della scheda, benché la sua riconducibilità all’ipotesi azionata sia problematica.
La Sezione ritiene peraltro preferibile porre subito in luce il dirimente aspetto dell’infondatezza del motivo, non essendo in verità affatto chiara la volontà dell’elettore nel senso sostenuto dai ricorrenti.
A parte la critica della difesa municipale per cui anche il candidato a sindaco della lista avversaria portava lo stesso cognome di "Longo" (critica cui viene opposta l’obiezione, non completamente convincente, che il nome del sindaco si trovava già prestampato nelle schede), merita particolare attenzione, infatti, l’argomento per cui proprio nella stessa Sezione in cui la scheda in discorso è stata annullata era ammessa a votare un’elettrice dal medesimo nome di "Longo Giovannina": donde l’ipotesi, nient’affatto implausibile, che l’indicazione di tale nome sulla scheda (accanto ai simboli di entrambe le liste) fosse proprio la "firma" di chi materialmente l’aveva compilata.
In definitiva, quindi, in una situazione così ambigua, non sarebbe possibile ritenere chiara la volontà dell’elettore, che sulla scheda in parola ha scritto il nome di "Longo Giovannina", di votare per la omonima candidata Barbara.
7 La censura sub d) verte, invece, sull’annullamento, nella stessa sezione III, di due schede recanti una "x" tracciata al di fuori dell’apposito riquadro corrispondente al contrassegno della lista n. 2.
Conviene in merito ricordare come in sede di verificazione sia stato rilevato che, pur essendo state rinvenute due schede in qualche modo raffrontabili alla descrizione appena riportata, solo una delle due appariva riconducibile all’ipotesi azionata in giudizio.
L’altra, infatti, esibiva un segno talmente grande da coinvolgere la proiezione di entrambi i simboli. Ed il suo segno, va subito qui aggiunto, proprio per le sue abnormi dimensioni, poteva ben chiamare in causa significati diversi da quello dell’espressione di un voto per una lista, come ad es. un intento meramente polemico oppure scherzoso.
A proposito dell’altra scheda simile, inoltre, la difesa comunale, sviluppando la propria opposizione già avanzata in sede istruttoria, ha fatto giustamente notare che il segno da essa recato era, per quanto di dimensioni più ridotte, abbondantemente al di fuori dello spazio di voto, e tanto lontano dai margini della lista n. 2 (e quasi al centro della scheda) da risultare, oltre che non immediatamente individuabile, difficilmente interpretabile come espressione della volontà di votare in favore di quest’ultima.
Questa considerazione, anche a voler tenere conto del fatto che lo stesso segno sarebbe comunque posto "ad altezza" corrispondente a quella del contrassegno della lista 2, persuade che rispetto a quest’ultima scheda il rilievo attoreo, ancorché ammissibile, sia comunque infondato nel merito.
Per i motivi rispettivamente indicati, quindi, il Seggio a ragione ha annullato a suo tempo entrambe le schede, non emergendo con la necessaria univocità la volontà dell’elettore.
8 Resterebbero ancora da vagliare, a questo punto, le due schede correlative ai rilievi sub a) e b), nonché l’ulteriore scheda di cui pure è stata invocata l’attribuzione (nella memoria con motivi aggiunti, alla pag. 6) quale sviluppo di quest’ultima doglianza.
Poiché, tuttavia, il differenziale tra le liste concorrenti è stato di cinque voti, l’infondatezza delle censure fin qui trattate comporta la inammissibilità delle doglianze residue, che, anche ove ipoteticamente fondate, con il loro eventuale accoglimento non potrebbero comunque superare la prova di resistenza e dispiegare una concreta influenza sul risultato elettorale. La lista ricorrente rimarrebbe, infatti, con un numero di voti irrimediabilmente inferiore a quello della concorrente.
9 Le considerazioni esposte comportano dunque la reiezione degli appelli, siccome nel loro insieme infondati, e pertanto l’improcedibilità del ricorso incidentale dei controinteressati per sopravvenuta carenza di interesse.
Le spese processuali possono essere equitativamente compensate tra le parti con la sola eccezione degli oneri di verificazione, che vengono liquidati secondo soccombenza dal seguente dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunziando sugli appelli in epigrafe, li respinge.
Dichiara improcedibile il ricorso incidentale dei controinteressati.
Pone a carico degli appellanti, in parti uguali, le spese di verificazione, da rimborsare alla Prefettura di Cosenza nella misura di euro 1000. Compensa le rimanenti spese processuali tra le parti in causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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