Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Le ricorrenti, in qualità di proprietarie di un’area nella zona censuaria di Monteolimpino, sita nel Comune di Como, impugnano gli atti di adozione del p.r.g. in quanto reiterativi di vincolo espropriativo.
Contro il suddetto atto sollevano i seguenti motivi di ricorso.
I) Illegittima reiterazione di vincolo urbanistico espropriativo sui mappali nn. 452 e 453 sotto il profilo dell’eccesso di potere ed insufficienza della motivazione. Secondo le ricorrenti sin dal 1972 il Comune ha assoggettato l’area a vincolo espropriativo reiterandolo più volte senza motivazione e senza indennizzo.
II) La motivazione per la reiterazione del vincolo espropriativo, contenuta nel piano, sarebbe insufficiente.
III) Illegittimità della reiterazione per mancata previsione di indennizzo.
Il Comune di Como chiede la reiezione del ricorso in quanto il vincolo avrebbe natura conformativa in considerazione del fatto che le opere realizzabili sull’area potrebbero essere realizzate anche da privati.
Il Collegio ha chiesto, con separata ordinanza istruttoria, la trasmissione degli atti relativi alla zonizzazione precedente a quella impugnata (1993) al fine di verificare la sussistenza di un’ipotesi di reiterazione.
All’udienza del 5 luglio 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
2. In merito al primo motivo di ricorso, che si fonda sulla qualificazione del vincolo imposto alle aree di proprietà della ricorrente come vincolo espropriativo, il ricorso è infondato.
Osserva il Collegio che, secondo la giurisprudenza – costituzionale e di legittimità – in materia, sono indennizzabili soltanto i vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione o di carattere sostanzialmente espropriativo, in quanto implicanti uno svuotamento incisivo della proprietà; mentre non lo sono i vincoli di destinazione imposti dal piano regolatore per attrezzature e servizi realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento (ad. es. parcheggi, impianti sportivi, mercati e strutture commerciali, edifici sanitari, zone artigianali, industriali o residenziali) (cfr. Corte cost. 20.5.99 n. 179; Cons. Stato IV, 29.8.02 n. 4340, 30.6.05 n. 3524; Cons. Stato, sez. IV, 13 luglio 2010, n. 4545).
Nel caso di specie l’art. 27 punto 2.5.3 delle n.t.a. del piano del 2000 prevede che "Gli spazi a verde, contrassegnati in cartografia con il simbolo V, sono da considerare inedificabili ad eccezione delle attrezzature di servizio quali servizi igienici, chioschi, edicole se compatibili e non di pregiudizio alla fruizione pubblica del verde. Gli spazi destinati a verde, contrassegnati in cartografia con il simbolo V, possono recepire, oltre a quanto sopra, impianti sportivi anche coperti; i parametri urbanistico edilizi sono quelli risultanti dalle esigenze funzionali e dalle norme specifiche di cui alle leggi o regolamenti che disciplinano gli impianti sportivi ed i parcheggi interrati".
E’ chiaro quindi che il piano permette ai privati di sfruttare economicamente le aree di loro proprietà con destinazione a servizio pubblico, sia mediante la realizzazione di piccoli servizi che accompagnano l’utilizzo pubblico a verde del bene, sia mediante interventi più incisivi quali l’infrastrutturazione sportiva della zona.
Ne consegue che il vincolo ha natura conformativa.
Né è possibile aderire alla giurisprudenza minoritaria che ha cercato di individuare caratteri diversi per i vincoli di natura espropriativa.
In primo luogo non può tenersi conto della c.d. "vocazione naturale" del fondo allo sfruttamento edilizio, come affermato dalla giurisprudenza isolata indicata dal ricorrente (C.G.A.R.S. 1113/2008), in quanto nelle aree urbane la presenza di aree libere e di aree destinate a servizi è necessaria e "naturale" quanto quella destinata all’edificazione. Infatti non possono esistere zone caratterizzate dalla sola edificazione privata residenziale o commerciale, pena la creazione di quartieri invivibili.
Inoltre la creazione di aree a verde e per servizi è finalità precipua della pianificazione urbanistica, che ha come scopo proprio quello di garantire l’equilibrio tra sviluppo urbano e ambiente, in modo da assicurare la vivibilità delle aree urbane ed in particolare delle periferie.
Si parla, a tal fine, di zonizzazione infrastrutturale, finalizzata a dotare le varie zone del territorio di servizi ed infrastrutture proporzionate alle funzioni in esse localizzate, che si aggiunge alla zonizzazione funzionale ed architettonica.
Ne consegue che non è possibile ritenere che l’inserimento di un’area nell’ambito urbano la renda per sua vocazione destinata all’edificazione.
Neppure può ritenersi, come fa altra giurisprudenza isolata (TAR Lombardia, Brescia, 1460/2009), invocata dalle ricorrenti, che occorra tenere conto anche dei requisiti soggettivi dei proprietari e, di conseguenza, della loro attitudine allo sfruttamento economico dell’area in conformità alla destinazione urbanistica attribuita, in quanto la caratteristica della disciplina urbanistica è proprio il carattere oggettivo e non soggettivo delle destinazioni urbanistiche, che si confrontano esclusivamente con i caratteri propri dell’area e non con quello soggettivi del proprietario, salvo il caso, del tutto eccezionale, dell’edificazione in area agricola (v. L.R. 7 giugno 1980, n. 93 – Norme in materia di edificazione nelle zone agricole – ed oggi artt. 59 ss. L.R. 12/2005; in merito v. Corte Cost., 923 giugno 1988, n. 714).
Resta invece la possibilità per i ricorrenti di provare che le opere individuate dal Comune come "realizzabili anche ad iniziativa privata o promiscua, in regime di economia di mercato, anche se accompagnati da strumenti di convenzionamento", secondo le parole della Corte costituzionale, non siano in realtà tali per inattendibilità della relativa previsione, con conseguente azzeramento del valore di scambio del fondo.
Nel merito, alla luce della situazione descritta nel ricorso e degli elementi di prova forniti, occorre rilevare che le possibilità effettive di utilizzo hanno anche un certo carattere di concretezza in quanto l’area da un lato ha naturale affaccio sulla zona verde di Cardina, mentre dall’altro è posta nelle adiacenze dell’area sportiva di Sagnino e quindi l’utilizzazione sportiva o a verde pubblico non pare del tutto irragionevole.
In questa condizione la destinazione a standard a verde gioco e sport imposta ai fondi delle ricorrenti si pone al di fuori dello schema ablatorioespropriativo – con le connesse garanzie costituzionali (indennizzo o durata predefinita) – e costituisce espressione di potestà conformativa (avente validità a tempo indeterminato) non comportando inedificabilità assoluta (data la possibilità del privato di realizzare alcune opere) e non essendo necessariamente preordinato alla espropriazione in quanto la realizzazione delle opere suddette non richiede previa ablazione del bene da parte dell’ente pubblico (Cons. Stato IV, 25.5.05 n. 2718, 10.8.04 n. 5490; vedi pure CGA 24.10.07 n. 1017, 19.12.08 n. 1113).
Ad ogni buon conto occorre precisare che, inquadrata la destinazione urbanistica nell’ambito della potestà conformativa comunale, il privato non resta comunque senza tutela. Egli infatti ha la possibilità di provare che il suolo non presenti alcuna vocazione per interventi di carattere sportivo, ricreativo o di interesse generale o a verde in considerazione dell’infrastrutturazione esistente o dei caratteri propri dell’area.
Venendo ora al secondo motivo occorre rilevare che la giurisprudenza di questo Tribunale, al quale il Collegio si conforma, ha già ritenuto sufficientemente motivata la reiterazione in blocco dei vincoli esistenti, operata dal Comune di Como con il PRG impugnato, con particolare riferimento ai vincoli a verde. E’ stata infatti ritenuta sufficiente la relazione al piano laddove l’Amministrazione ha ulteriormente precisato come tale necessità di conferma dei vincoli nasca "dall’evidente constatazione della irriproducibilità di aree che costituiscono l’elemento portante e più significativo del disegno urbanistico della città (PU) e il connettivo a verde dell’edificato" (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II 09/06/2008 n. 1950).
Da ultimo va respinto anche il terzo motivo di ricorso in quanto non trattandosi di vincolo espropriativo non occorreva la previsione di un indennizzo in favore del soggetto inciso.
In definitiva quindi il ricorso va respinto.
Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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