Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Fatto
Il signor T.E. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Montepulciano gli eredi del signor C.A. esponendo di essere conduttore di un cascinale adibito ad abitazione in località "?" del comune di Cetona per un canone mensile di L. 600.000.
Il 14 settembre del 1994 un pino, abbattuto da una tromba d’aria, era rovinato sul cascinale rendendolo impraticabile e il Comune di Cetona ne aveva dichiarato la inagibilità. Ciononostante i proprietari non avevano tempestivamente iniziato i lavori necessari al ripristino e, con telegramma del 4 ottobre 1994, avevano comunicato di voler recedere dal contratto. La pretesa era stata tempestivamente contestata dal T. che aveva dichiarato di voler continuare a condurre in locazione il cascinale e proposto azione giudiziale per ottenere la riduzione giudiziale del canone, in considerazione della indisponibilità dell’immobile nel tempo necessario a eseguire le riparazioni, nonchè il risarcimento dei danni subiti dagli arredamenti di sua proprietà.
Si costituivano i convenuti che contestavano sia la loro responsabilità per i danni all’arredamento che per la pretesa ritardata esecuzione dei lavori. Agivano in via riconvenzionale per la risoluzione del contratto a seguito dell’inadempimento da parte del T. dell’obbligo di pagare il canone, obbligo cui l’attore si era sottratto a partire dal settembre 1994.
Con sentenza del 29 settembre 1998 il Tribunale di Montepulciano dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento del conduttore che condannava, a titolo di risarcimento del danno per illegittima occupazione dell’immobile, al pagamento della somma di L. 6.000.000. Rigettava la domanda di risarcimento danni proposta dal T. e condannava quest?ultimo al pagamento della quota di due terzi delle spese processuali sostenute dai convenuti. Nel motivare la decisione il Tribunale rilevava che la sospensione del pagamento del canone era illegittima e giustificava la risoluzione del contratto in quanto non consentita dagli artt. 1583 e 1584 c.c. che legittimano il conduttore a richiedere una riduzione del canone ma non lo abilitano all’autotutela.
Proponevano appello il T. e appello incidentale i signori C. che chiedevano la liquidazione del danno da occupazione illegittima in misura maggiore e pari ad almeno il 20% dei canoni non percepiti, in applicazione del criterio di cui al D.L. n. 551 del 1998, art. 1 bis.
La Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 1277/2001 ha rigettato entrambi gli appelli e compensato le spese del giudizio.
Ricorre per cassazione il T. proponendo due motivi di ricorso.
Si difendono con controricorso i signori S.C. vedova C., Giovanni @ C. e Olga @ C.. Il ricorrente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
Con il primo motivo del ricorso il T. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1460 c.c., art. 1575 c.c., n. 2, artt. 1576, 1584 c.c. nonchè la insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia.
Il ricorrente lamenta sostanzialmente che il giudice di appello ha errato nel ritenere cronologicamente antecedente e qualitativamente prevalente il suo inadempimento dell’obbligo di pagare il canone rispetto all’inadempimento ben più grave dei signori C. all’obbligo di provvedere alle riparazioni e al ripristino dell’immobile.
La censura è in primo luogo non centrata rispetto alla motivazione della sentenza impugnata che si fonda sull’affermazione del principio per cui il conduttore non può comunque sospendere unilateralmente il pagamento del canone e pretendere nello stesso tempo la continuazione del rapporto di locazione. Il richiamo a tale principio è corretto.
Afferma infatti, la giurisprudenza di questa Corte che: "al conduttore non è consentito di astenersi dal versare il canone, ovvero di ridurlo unilateralmente, nel caso in cui si verifichi una riduzione o una diminuzione nel godimento del bene, e ciò anche quando si assume che tale evento sia ricollegabile al fatto del locatore. La sospensione totale o parziale dell’adempimento dell’obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un?alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti" (cfr. Cassazione 3^ sezione civile n. 14739 del 13 luglio 2005).
Nella specie tale condizione legittimante la sospensione del pagamento del canone è stata esclusa dal giudice di appello con riferimento alle circostanze riferite nel corso del giudizio dallo stesso conduttore e, indirettamente, con riferimento alla pacifica utilizzazione dell’immobile, dopo il sinistro e nel tempo in cui furono eseguite le riparazioni, come deposito dei mobili di proprietà dello stesso conduttore. La Corte di appello di Firenze ha quindi fondato la sua decisione sulla circostanza della non esclusione del conduttore dalla disponibilità e dall’utilizzazione dell’immobile in misura corrispondente alla ridotta agibilità dello stesso. Il giudice di appello ha fatto inoltre riferimento alla mancata prova da parte del conduttore della circostanza per cui, a seguito del sinistro, si sarebbero rese inagibili quelle parti dell’immobile necessarie per l’alloggio del conduttore. Per quanto riguarda invece la valutazione del comportamento dei locatori il giudice del merito ha rilevato che i lavori furono iniziati senza significativi ritardi (a distanza di meno tre mesi dal sinistro) anche in considerazione della complessità e del costo degli interventi da eseguire. Deve pertanto escludersi che la Corte di appello sia incorsa nei dedotti vizi di violazione e falsa applicazione degli artt. 1453, 1455, 1460 c.c., art. 1575 c.c., n. 2, artt. 1576, 1584 c.c. e di insufficiente ed erronea motivazione.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2053 c.c. nonchè la insufficiente ed erronea motivazione su un punto decisivo della controversia.
La censura si riferisce alla contestazione dell’assunto della Corte di appello fiorentina secondo cui non vi sarebbe la prova del nesso di causalità fra il comportamento dei C. (negligente secondo il T.) e i danni subiti dalla mobilia del conduttore. Il ricorrente deduce che, al contrario, vi sarebbe la prova dell’impossibilità di provvedere alla protezione dei mobili a causa del danneggiamento e dell’inagibilità dell’immobile.
Tale censura appare del tutto inconferente con la deduzione di violazione degli artt. 2043 e 2053 c.c. che costituisce la prima parte del motivo di ricorso.
Per quanto riguarda invece la dedotta insufficienza e erroneità della motivazione deve rilevarsi che la Corte di appello ha affermato che non vi è la prova che i danni ai mobili siano conseguenti al ritardo nell’esecuzione dei lavori di restauro dell’immobile. Nè, secondo il giudice di appello, vi è la prova negativa sul contributo causale diretto della caduta del pino, e del conseguente crollo del tetto, al danneggiamento dei mobili. Questa affermazione della Corte di appello è fondata sulla deduzione dello stesso T. secondo cui i mobili furono stipati in due stanze ancora agibili site al primo piano. La Corte di appello ha fatto inoltre riferimento alla documentazione inerente alla dichiarata parziale inagibilità dei locali con ciò smentendo l’argomento del T. secondo cui in seguito al crollo del tetto e alla totale inagibilità del fabbricato i suoi mobili furono inevitabilmente esposti agli agenti atmosferici fino a quando non si conclusero i lavori di restauro. La motivazione della decisione dei giudici dell’appello appare pertanto esaustiva e sorretta da coerenza logica e aderenza agli elementi probatori acquisiti.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di Cassazione che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre 100,00 Euro per spese.
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