Cass. civ. Sez. III, Sent., 09-02-2012, n. 1893 Revocatoria ordinaria

Svolgimento del processo

I F.lli Bestoso e Garolla s.n.c., + ALTRI OMESSI hanno proposto davanti al Tribunale di Savona domanda di revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. nei confronti R.R. e G.G. per sentir dichiarare inefficace nei loro confronti l’atto di ipoteca volontaria concessa su tutti i propri beni dal R. in favore del G..

Hanno dedotto di essere stati clienti della Elda s.a.s. di Risso Roberto e C, e che i soci di detta società, fra i quali R. R., si erano appropriati di somme loro consegnate per il pagamento di tasse ed imposte, da versare alla competente esattoria;che per tale motivo erano stati sottoposti a procedimento penale per truffa aggravata, conclusosi con sentenza di patteggiamento.

Nel costituirsi in giudizio R.R. e G.G. hanno eccepito che nel corso del procedimento penale gli attori avevano accettato la somma di L. 600.000.000 a titolo di risarcimento del danno, con conseguente estinzione di tutti i loro crediti.

Il Tribunale di Savona ha rigettato la domanda.

Con sentenza del 30-11-2005 la Corte di appello di Genova, a modifica della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda di revocatoria ordinaria ed ha dichiarato inefficace l’atto di ipoteca volontaria concessa da R.R. in favore G.G..

Propone ricorso R.R. con un motivo.

Resistono con controricorso gli intimati.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione

1. Con l’unico articolato motivo si denunzia violazione art. 2901 c.c. e difetto motivazione su un fatto decisivo e violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2607 c.c..

Sostiene il ricorrente che la Corte di appello ha dilatato la nozione di credito e che, trattandosi di credito litigioso, non ancora accertato, non era idoneo a legittimare l’azione revocatoria; che mancava la prova dell’eventus damni, ritenuta dai giudici di merito insita nella concessione di ipoteca; che mancava la prova della consapevolezza di G.G. del pregiudizio che l’atto di concessione di ipoteca avrebbe arrecato ai creditori.

Inoltre il giudice di appello aveva erroneamente fondato la prova dell’esistenza del credito unicamente sulla sentenza ex art. 444 c.p.p. che, secondo costante giurisprudenza di legittimità, non ha nel giudizio civile efficacia di sentenza di condanna.

2. Il motivo è infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. Ha osservato la Corte che l’art. 2901 c.c. accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza del normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità (Cass., 26 febbraio 1986, n. 1220). Il che, del resto, è coerente con la specifica funzione dell’azione revocatoria, che non ha scopi restauratori, nè nei confronti del debitore nè del creditore istante ma tende unicamente a restituire la garanzia generica assicurata a tutti i creditori, e quindi anche a quelli meramente eventuali. Si osserva che la diversa disciplina che il codice del 1942 ha assegnato all’azione revocatoria con l’art. 2901 c.c., rispetto alla formulazione dell’art. 1235 codice 1865, ben si inquadra nell’indirizzo normativo del legislatore del 1942, che volle rafforzare la posizione del creditore, intervenendo sulla responsabilità per inadempimento (art. 1218 c.c.), sulla solidarietà passiva presunta per legge (art. 1294 c.c.) ed infine proprio sulla revocatoria ordinaria, modificando la precedente disciplina in due punti fondamentali; sia ritenendo, da un lato condizione necessaria e sufficiente, per l’esercizio dell’azione revocatoria, la mera scientia fraudis, e non più la intenzione in frode del creditore, sia legittimando, da altro lato, anche i creditori meramente eventuali come quelli titolari di un credito soggetto a condizione. Si rileva, ancora, che da quest’ultimo riconoscimento discende che la tutela ordinamentale è diretta a favore non solo de titolari di crediti certi, liquidi ed esigibili, ma anche dei creditori potenziali o eventuali, che egualmente hanno interesse a vedere non intaccata la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. Cass. S.U. Ordinanza n. 9440 del 18/05/2004. 3. Questi principi valgono anche per i crediti nascenti da fatti illeciti, che possono non essere certi, in quanto ne sia contestata la sussistenza o siano comunque litigiosi, ma che senza dubbio rientrano nel novero delle ragioni di credito eventuale, la cui consistenza deve essere vagliata dal giudice di merito nel quadro della nozione ampia accolta dalla citata norma, senza pretendere che l’illecito sia accertato con sentenza passata in giudicato e salva la valutazione, rimessa sempre al giudice di merito, circa la ricorrenza di eventuali cause di pregiudizialità. Diversamente opinando, resterebbe smentito e contraddetto il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui per l’accoglimento della revocatola non è necessario che il credito sia già certo e determinato nei suo ammontare, essendo sufficiente una ragione di credito anche eventuale. Sez. 1, Sentenza n. 1712 del 18/02/1998. 4. In ordine al requisito dell’eventus damni si osserva che questa Corte ha ritenuto che tema di azione revocatoria ordinaria, non essendo richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile il soddisfacimento del credito, incombe al convenuto che eccepisca la mancanza dell’"eventus damni" l’onere di provare l’insussistenza del predetto rischio, in ragione di ampie residuante patrimoniali.

5. In riferimento alla concessione d’ipoteca, che è negozio di disposizione patrimoniale suscettibile di determinare una diminuzione della garanzia patrimoniale generale del debitore, potendo concretamente condurre, seppure in modo mediato, allo stesso risultato finale della alienazione del bene ipotecato, ciò comporta che incombe ai beneficiario della garanzia dedurre e provare che il patrimonio residuo del debitore è di dimensioni tali, in rapporto all’entità della sua complessiva debitoria, da non esporre ad apprezzabile rischio il soddisfacimento dei crediti chirografari.

Sez. 3, Sentenza n. 19963 de 14/10/2005. 6. Il ricorrente non ha fornito alcuna prova, come era suo onere per sottrarsi agli effetti dell’azione revocatola, che il suo patrimonio residuo era tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore.

(Cass. n. 16986/07, n. 12678/01, n. 4578/98).

Di conseguenza la concessione di ipoteca su tutti i beni del debitore è stato giustamente considerato dalla Corte di appello atto idoneo a determinare la diminuzione della garanzia patrimoniale generale.

7. In ordine alla scientia fraudis da parte di G.G., la Corte di appello ha fondato le ragioni del suo convincimento sulle stesse dichiarazioni del G., convivente della suocera del figlia del R., che ammise nel corso delle indagini penali l’insussistenza di qualsiasi regione di debito o comunque di qualsiasi giuridico motivo idoneo a giustificare la concessione dell’ipoteca in contestazione.

8. In ordine alla prova della sussistenza del credito eventuale, la Corte di appello non ha ritenuto la sentenza di patteggiamento fosse giudicato di condanna, come erroneamente denunzia il ricorrente, ma ha valutato i fatti emersi nel corso del giudizio penale, dando rilievo in particolare alla circostanza che gli imputati nel corso di quel giudizio corrisposero ai resistenti, con riferimento alle appropriazioni indebite oggetto di contestazione, un risarcimento danni globalmente quantificato in L. 600.000.000 inferiore al totale delle somme per la cui sottrazione erano stati tratti a giudizio, ma ritenuto dal giudice penale adeguato ai fini della pronunzia di patteggiamento.

9. Nessun rilievo può inoltre avere la sentenza di primo grado del Tribunale di Savona, pronunciata in sede civile successivamente alla proposizione del presente ricorso e prodotta in questa sede, in quanto il ricorrente non ha neanche dedotto che sulla stessa si è formato il giudicato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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