Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-05-2011) 28-09-2011, n. 35130

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – D.P. chiedeva al Tribunale di Sorveglianza di Palermo che fosse dichiarata la sua riabilitazione con riferimento sia al decreto penale di condanna alla pena di L. 1.500.000 di multa, emesso il 24 marzo 2000 dal Giudice per le indagini preliminari di Palermo per il reato di cui alla L. n. 633 del 1941, art. 171, lett. b); sia alla sentenza di condanna alla pena di anni 3 (tre) e mesi 4 (quattro) di reclusione ed Euro 600,00 di multa, pronunciata dalla Corte di Appello di Palermo il 7 giugno 2004, siccome ritenuto colpevole di concorso in rapina e sequestro di persona.

1.1 Il Tribunale adito dichiarava inammissibile l’istanza, rilevando, con riferimento al decreto penale di condanna, che il mancato pagamento della pena pecuniaria e delle spese di giustizia comportava che non poteva ancora ritenersi decorso il termine triennale previsto dall’art. 179 cod. pen. per la concessione del beneficio; con riferimento ad entrambe le condanne, che non risultavano "In alcun modo risarcite le parti offese dal reato", e ciò malgrado che la polizia di Stato abbia comunicato che il condannato produca un reddito giornaliero di circa Euro 50 (cinquanta), esercitando il commercio ambulante di pesce.

2, – Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso il difensore del D., chiedendone l’annullamento per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, evidenziando:

– con riferimento alla prima delle condanne oggetto dell’istanza, che il ricorrente aveva certificato la propria impossidenza ed impossibilità di ottemperare al pagamento delle spese di giustizia e della multa ed al risarcimento delle parti offese; che ricorreva, comunque, con riferimento alla pena pecuniaria, la causa di estinzione dell’indulto; che ai sensi dell’art. 460 c.p.p., comma 5 l’emissione di decreto penale non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento e che nel caso in esame era comunque decorso il termine quinquennale previsto dalla norma indicata per l’estinzione di ogni effetto penale;

– con riferimento alla seconda condanna, che il Tribunale non aveva tenuto conto che l’indicata sentenza di condanna non prevedeva alcuna obbligazione risarcitoria a carico del ricorrente non essendosi le persone offese dal reato, costituite parti civili e che l’istante aveva certificato la propria impossibilità di far fronte ai pagamenti, a ragione della percezione di un reddito giornaliero indicativo, appena sufficiente a far fronte alle elementari esigenze del proprio nucleo familiare; che per riconoscimento dello stesso Tribunale la pena detentiva era stata eseguita, previa applicazione dell’Indulto, mediante l’esito positivo di misura alternativa alla detenzione (affidamento in prova), che ha comportato l’estinzione di ogni effetto penale; che nella ricorrenza delle disagiate condizioni patrimoniali del condannato, il Tribunale poteva dichiarare estinta la pena pecuniaria non riscossa.

Motivi della decisione

1. – L’impugnazione proposta nell’Interesse del D. è basata su motivi infondati e va quindi rigettata.

2 – Al riguardo occorre considerare, infatti, che se è vero che il mancato adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato – che costituisce condizione imprescindibile per l’ottenimento del beneficio, anche nel caso in cui nel processo penale sia mancata la costituzione di parte civile e non vi sia stata, quindi, alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato (in tal senso, Cass. sez. 5, sentenza n. 6445 del 27/11/1998 – 18/01/1999 ric. Marcheslni) – non è sempre ostativo all’applicazione del beneficio de quo, nel presente giudizio deve però rilevarsi, con valutazione preliminare ed assorbente rispetto ad ogni altra argomentazione, che l’ostatività di una siffatta condotta omissiva, è stata affermata dal Tribunale, con riferimento ad entrambe le condanne oggetto dell’istanza, in base ad argomentazioni concise ma plausibili, a confutazione delle quali non risultano evidenziati, in ricorso, significativi e verificabili travisamenti delle risultanze processuali ovvero manifesti profili di illogicità.

Ed invero, premesso che come riconosciuto anche in ricorso l’indicazione di un reddito giornaliero di Euro 50,00 ha valore solo indicativo e che tale dato è da ricollegare ad un’indicazione proveniente dallo stesso condannato, e per ciò Interessata, neppure precisandosi nell’atto di impugnazione la "certificazione" che assevererebbe la veridicità di tale dato, questo collegio non può esimersi dal rilevare che non risulta in alcun modo accertata nel presente giudizio una comprovata impossibilità del D. di adempiere, eventualmente anche in misura parziale o mediante versamenti rateali, alle obbligazioni civili derivanti dal reato o delle situazioni a questa assimilabili, sicchè, avendo certamente tale adempimento valore dimostrativo dell’emenda del condannato, correttamente l’istanza di riabilitazione è stata dichiarata inammissibile.

3. – Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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