Cass. civ. Sez. II, Sent., 17-02-2012, n. 2371 Procedimento possessorio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ricorso in data 14 giugno 2000, V.G. propose, avanti al Tribunale di Prato, azione di spoglio contro M.G., chiedendo di essere reintegrato nel possesso di un terreno identificato al NCT del Comune di Prato al foglio n. 16, particella n. 82.

L’adito Tribunale rigettò la domanda, ritenendo che l’impossessamento del M. era avvenuto in relazione ad una causa traslativa della proprietà, dopo la dimissione del possesso da parte del V., e rilevando che si era trattato di uno spoglio non violento o clandestino, per la cui tutela ai sensi dell’art. 1170 cod. civ., u.c. occorreva la continuità del possesso, che invece era cessata a partire dal 2 dicembre 1999. 2. – La Corte d’appello di Firenze, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 27 novembre 2009, ha accolto il gravame del V., ordinando al M. di reimmettere l’appellante nel possesso del fondo de quo.

2.1. – A tale conclusione la Corte d’appello è pervenuta sulla base delle seguenti considerazioni:

– la vicenda non può ricondursi ad uno spoglio semplice soltanto perchè il rapporto materiale del V. con il fondo si era interrotto da sei mesi, senza che ancora il V. avesse attivato la tutela del suo diritto possessorio: infatti, "la situazione di fatto, che spinse il M. all’acquisto della particella inclusa, era a lui ben nota, e resa evidente dalla coltivazione pregressa e dalla presenza sul fondo di oggetti lasciati dal V. al momento del rilascio dell’immobile e del terreno circostante";

– l’acquisto di quote di comproprietà (da alcuni degli eredi del pregresso legale proprietario) non vale a giustificare il comportamento del M., perchè "l’eccezione feci sed ture feci non può essere utilizzata nel giudizio possessorio per opporre la proprietà all’altrui possesso, neanche dopo che è stata affermata la possibilità di cumulare il giudizio petitorio col giudizio possessorio. In effetti, nel presente giudizio, non è stata formulata alcuna domanda petitoria ed in proposito è stato celebrato un separato giudizio: dunque valgono esclusivamente le regole del giudizio possessorio";

– "l’acquisto della proprietà può essere fatto valere soltanto per dimostrare l’esistenza di un proprio possesso confliggente e prevalente rispetto a quello vantato dalla controparte. Ma non è questo il caso; in quanto, prima che il bene fosse chiuso ed utilizzato dal M., esso era rimasto nelle condizioni in cui era stato lasciato dal V., e il M. sostituì arbitrariamente il proprio materiale possesso a quello del V.";

– "la mera immissione in possesso dichiarata nell’atto di compravendita (da soggetti non possidenti) non equivale ad un effettivo inizio dell’esercizio del possesso, e non può esser fatta valere contro l’effettivo possidente a meno di non voler reintrodurre surrettiziamente l’eccezione feci sed iure feci";

– "ai fini della esclusione dell’animus spoliandi, non risulta provato nè il consenso del V. alla occupazione da parte del M., nè … una sua rinuncia al possesso";

– "il comportamento posto in essere dal M. va sanzionato come spoglio violento e clandestino, anche se la tutela fornita al V. è destinata a rimanere puramente teorica in fase esecutiva stante la vittoria del M. nel giudizio petitorio (sent. 259/08 del Tribunale di Prato)". 3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il M. ha proposto ricorso, con atto notificato il 15 gennaio 2010, sulla base di sette motivi. L’intimato ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (violazione del giudicato: art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ.) si lamenta che l’impugnata sentenza, pur dando atto della formazione del giudicato sull’accertamento del diritto di proprietà del bene oggetto del giudizio, non lo abbia correttamente applicato ed abbia statuito in modo difforme, negando al proprietario M. lo ius possidendi ed ordinandogli di reimmettere il non proprietario nel possesso del bene.

Censure dalle movenze analoghe sono articolate dal ricorrente con altri motivi.

Il secondo mezzo denuncia infatti violazione dell’art. 832 cod. civ.:

essendo la proprietà un diritto pieno ed esclusivo, tutte le facoltà in esso comprese – sostiene il ricorrente – spettano al proprietario, compreso lo ius possidendi.

Il quarto motivo, a sua volta, prospetta violazione dell’art. 704 cod. proc. civ. e dell’art. 2909 cod. civ., rilevando che la sentenza che decide la controversa petitoria costituisce l’unico titolo per regolare in via definitiva i rapporti di natura possessoria e petitoria in contestazione tra le parti. Si precisa che il ricorrente V. ha optato, avendone solo lui la facoltà, per la formulazione della domanda petitoria in un autonomo giudizio, giudizio che si è concluso prima della decisione di appello relativa al giudizio possessorio.

Con il sesto motivo (contraddittorietà ed illogicità della motivazione) si deduce poi che, essendo il M. proprietario esclusivo, stante la vittoria nel giudizio petitorio, del terreno in contestazione, il V. non avrebbe potuto essere reintegrato nel possesso.

Con il settimo motivo si denuncia contrasto tra motivazione e dispositivo, perchè, in relazione al bene oggetto di giudizio, si ordina al M. un comportamento che egli non è obbligato ad eseguire perchè contrastante con un suo riconosciuto diritto di proprietà. 2. – Il primo, il secondo, il quarto, il sesto e il settimo motivo – i quali, stante la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.

2.1. – Nella specie la contesa sul bene si è svolta nel modo seguente.

La domanda di tutela possessoria – in relazione ad atti di asserito spoglio in ordine ad un appezzamento di terreno posto in Prato, in prossimità della via (OMISSIS) – è stata promossa dal V. nei confronti del M. con ricorso in data 14 giugno 2000. Il Tribunale ha negato la tutela interdittale e anche la fase di merito si è conclusa, in primo grado, con il rigetto della domanda (la sentenza del Tribunale di Prato è la n. 1054 del 2005). La sentenza di primo grado è stata appellata in data 4 gennaio 2006 e la Corte d’appello ha pronunciato sul gravame con la sentenza oggetto della presente impugnazione.

Successivamente al rigetto della domanda in possessorio ma prima della proposizione dell’appello, il V., con citazione in data 6 dicembre 2005, ha proposto un’azione petitoria, domandando l’accertamento della proprietà nei confronti del medesimo convenuto ed in relazione allo stesso bene, affermando di averlo acquistato con atto pubblico del 16 marzo 2000. Il Tribunale di Prato ha rigettato la domanda e la sentenza (la n. 259 del 27 febbraio 2008) è passata in cosa giudicata.

E’ da rilevare che – come si ricava dall’epigrafe della sentenza, che reca le conclusioni rassegnate in quel giudizio, e dai motivi della decisione – il M., nel giudizio petitorio, non ha avanzato domanda riconvenzionale diretta ad ottenere l’accertamento del suo diritto di proprietà sul bene controverso e che, conseguentemente, la sentenza resa in esito a quel giudizio non ha accertato alcun diritto reale in capo al convenuto. Vi si legge poi che il V. ha ottenuto dal proprio dante causa ( B.V.) "il terreno non a titolo di proprietà ma per un puro possesso"; e "che il M. non si è comportato correttamente nei confronti del V. giacchè gli ha impedito di godere del possesso del bene, così come al V. era stato consegnato dal B.". 2.2. – Tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di esprimersi più volte sull’ipotesi di cumulo esplicitamente contemplata dall’art. 704 cod. proc. civ., relativa al possessorio proposto in pendenza del petitorio, per fatti avvenuti nel corso di questo.

L’orientamento è nel senso che i provvedimenti possessori emessi dal giudice del petitorio hanno carattere puramente incidentale, essendo destinati a venire assorbiti dalla sentenza che definisce la controversia petitoria, la quale costituisce l’unico titolo per regolare in via definitiva i rapporti in contestazione tra le parti, di natura sia possessoria che petitoria, con la conseguenza che il giudice del petitorio, una volta esclusa l’esistenza del diritto da cui si pretende di derivare il possesso, deve necessariamente negare che quest’ultimo sia suscettibile di protezione giuridica (Cass., Sez. 2^, 26 novembre 1997, n. 11883; Cass., Sez. 2^, 8 agosto 2002, n. 11935; Cass., Sez. 2^, 29 aprile 2003, n. 6648).

In questa prospettiva, dato il carattere temporaneo del provvedimento di tutela emesso, in ordine al possesso, nella pendenza del giudizio petitorio, si è anche statuito che i danni conseguenti a spoglio del possesso, subiti in pendenza del giudizio petitorio, in tanto sono risarcibili in quanto collegati alla sussistenza del diritto dedotto in lite, onde, se questo diritto viene escluso, manca il titolo in base al quale essi possono invocarsi (Cass., Sez. 2^, 12 luglio 1956, n. 2600).

2.3. – Questo stesso principio – come si legge nella motivazione di Cass., Sez. 2^, 28 luglio 1967, n. 2005 – vale allorchè "ad un giudizio possessorio preventivamente esauritosi . . . abbia fatto seguito tra le stesse parti il giudizio petitorio sulla titolarità del diritto reale sulla medesima cosa, che aveva formato oggetto del giudizio possessorio".

In questo senso può parlarsi di recessività della tutela del possesso a fronte dell’accertamento in petitorio dello ius possidendi. Invero, fino a quando non intervenga una decisione in sede petitoria, il giudicato possessorio fa stato tra le parti, le quali sono tenute ad uniformare ad esso il proprio comportamento (Cass., Sez., 1^, 24 gennaio 1962, n. 123), senza che l’efficacia di quel giudicato sia subordinata all’instaurazione di un giudizio avente ad oggetto la situazione di diritto esistente tra le parti.

Tuttavia, una volta intervenuta, la pronuncia sui rapporti petitori tra le parti interrompe o pone nel nulla l’efficacia del provvedimento conclusivo del giudizio possessorio, il quale non è idoneo ad incidere su diritti e rinviene nel provvedimento giudiziale di tutela del diritto il proprio limite di efficacia.

2.4. – Come esposto retro, sub 2.1, l’attore in possessorio, evidentemente al fine di vedere rafforzata la difesa della propria posizione che assumeva violata (Cass., Sez. 2^, 16 febbraio 1994, n. 1501), ha promosso anche una separata contesa sul piano petitorio nei confronti del medesimo convenuto mentre ancora pendeva il giudizio possessorio.

Il giudicato che nella specie si è formato in sede petitoria è sull’accertamento dell’insussistenza del diritto di proprietà in capo all’attore, ma non è anche di accertamento del corrispondente diritto in capo al convenuto, perchè costui si è limitato a contrastare la domanda dell’attore, senza chiedere l’accertamento, con efficacia di giudicato, del suo diritto di proprietà della cosa reclamata dall’attore (cfr. Cass., Sez. 2^, 6 giugno 1969, n. 1991).

Ora, poichè nel giudizio petitorio non è stato compiuto alcun accertamento della titolarità dello ius possidendi in capo allo spoliator, è da escludere che il solo accertamento – sia pure con sentenza passata in giudicato – circa l’inesistenza del diritto per il cui possesso si è agito, sia in grado di paralizzare la tutela che si riconnette al concreto esercizio del potere di fatto manifestatosi in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale, perchè ciò che rileva ai fini della tutela possessoria è soltanto l’avere (o l’avere avuto) una cosa nella propria disponibilità, mentre non dispiega alcuna influenza l’accertamento dell’assenza del fondamento giuridico del possesso e della sua rispondenza al diritto di cui costituisce manifestazione esteriore.

Affinchè la pronuncia giudiziale petitoria precluda l’emanazione del provvedimento di ripristino della situazione di fatto violata o l’ulteriore efficacia del provvedimento possessorio già emesso, occorre l’accertamento, a vantaggio dello spoliator, della titolarità del diritto soggettivo legittimante la condotta materiale posta in essere.

2.5. – A conclusione dello scrutinio delle censure si deve enunciare il seguente principio di diritto: "In tema di concorso tra possessorio e petitorio, proposta, da parte dell’attore in possessorio, separata domanda di accertamento del diritto di proprietà, il passaggio in giudicato della sentenza di rigetto resa a conclusione del giudizio petitorio non fa venir meno la protezione che l’ordinamento accorda al potere di fatto, a prescindere dal titolo che lo possa giustificare, nè preclude al giudice del possessorio, ancora in ipotesi pendente, di emettere, ove ne ricorrano i presupposti, una pronuncia di reintegra, giacchè la tutela possessoria è destinata a cedere, non a fronte dell’accertamento in petitorio che il possessore non è proprietario, ma soltanto in presenza di un accertamento, in quella sede, del diritto incompatibile spettante allo spoliator". 2.6 – In questo quadro, essendo conforme a diritto la decisione della Corte d’appello, è invece suscettibile di correzione ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., – in quanto frutto di erronea motivazione non incidente – l’affermazione della Corte d’appello che "la tutela fornita al V. è destinata a rimanere puramente teorica in fase esecutiva stante la vittoria del M. nel giudizio petitorio (sent. 259/08 del Tribunale di Prato)".

Invero, non avendo il M. ottenuto, con la più volte citata sentenza petitoria, alcun titolo prevalente e confliggente, l’esecutorietà della sentenza possessoria non è puramente teorica, perchè nella specie difetta la contemporanea esecutorietà di un giudicato petitorio a favore dell’autore dello spoglio.

3. – Con il terzo motivo (falsa applicazione degli artt. 1168, 1169 e 1170 cod. civ.) si lamenta che la sentenza impugnata abbia disposto la reintegrazione del V. nel possesso del bene, pur riconoscendo che il M. è divenuto comproprietario ed è entrato nel possesso del bene senza alcuna violenza, opposizione o consapevolezza di privare alcuno di un eventuale possesso del medesimo.

Con il quinto motivo si denuncia contraddittoria motivazione, giacchè la tutela possessoria è stata accordata nonostante la Corte d’appello abbia rilevato che la cessazione del rapporto materiale del V. con il fondo non fu dovuta ad atto di spoglio da parte del M..

3.1. – Le censure articolate con i due motivi non colgono nel segno, perchè muovono da una premessa in fatto opposta rispetto a quella accertata, con congruo e logico apprezzamento delle risultanze di causa, dalla Corte d’appello. Invero, l’accertamento che "la cessazione del rapporto materiale del V. col fondo non fu dovuta ad un atto di spoglio da parte del M." si riferisce al primo atto di spoglio denunciato, quello del 2 dicembre 1999, ma non ai "successivi lamentati atti di spoglio": sotto questo profilo la sentenza impugnata perviene alla conclusione che "il comportamento del M. integra uno spoglio clandestino o con violenza sulle cose, ed è giuridicamente sanzionabile in quanto diretto a sostituire il ben noto possesso del V. con il proprio". 4. – Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal contro ricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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