Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 14-06-2011) 04-10-2011, n. 35997 Ammissibilità e inammissibilità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 10 novembre 2009 il Tribunale di Chiavari, in composizione monocratica, condannava V.G. alla pena di Euro 60,00 di ammenda, ritenendolo colpevole del reato di cui al R.D. 6 maggio 1940, n. 635, art. 58, comma 3 e R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 221, comma 2 – accertato in Sestri Levante fino al 30.5.2007 – per avere omesso la denuncia di trasferimento delle armi e munizioni in suo possesso, espressamente escludendo che la circostanza addotta dalla difesa di aver dato comunicazione verbale del trasferimento delle armi ad un Carabiniere della Stazione di Parabiago, fosse idonea a provare la sua innocenza.

2. – Avverso tale decisione proponeva impugnazione l’imputato, per mezzo del suo difensore, con atto che l’adita Corte di Appello di Genova, con sentenza deliberata il 7 giugno 2010, ha dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 593 cod. proc. pen., comma 3, essendo le sentenze di condanna alla sola pena dell’ammenda inappellabili.

3. – Contro tale sentenza ricorre per cassazione il V., per mezzo del suo difensore, il quale, oltre a reiterare le argomentazioni già sviluppate nell’atto di appello – che forma quindi, con il ricorso un atto sostanzialmente unico – e cioè l’estinzione del reato per prescrizione, avendo l’Imputato trasferito le armi da (OMISSIS) già nel 2000, anno in cui aveva trasferito nel comune ligure la propria residenza; la rilevanza della prova testimoniale richiesta dalla difesa ed immotivata respinta dal primo giudice (audizione di un Carabiniere in servizio presso la Stazione di Parabiago) – ha sostenuto, altresì che la Corte territoriale erroneamente aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione, in quanto avrebbe dovuto, invece, dichiarare l’estinzione del reato contestato al V. o comunque pronunciarsi sulla mancata ammissione della prova.

Motivi della decisione

1. – Ritiene il Collegio che la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova il 7 giugno 2010 vada annullata senza rinvio e, nel contempo, che l’impugnazione proposta dal V. avverso la sentenza del Tribunale di Chiavari emessa il 10 novembre 2009, da qualificarsi come ricorso, sia da dichiarare inammissibile, perchè basata su motivi manifestamente infondati.

1.1 – Ed invero va subito precisato che la Corte d’appello di Genova erroneamente si è pronunziata sul gravame proposto dall’imputato avverso una sentenza inappellabile.

Come da tempo affermato da questa Corte (in termini Sez. 1, Sentenza n. 3769 del 10/01/1994, dep. il 31/03/1994, imp. Lopez, Rv. 196877), infatti, il principio contenuto nel quinto comma dell’art 568 cod. proc. pen. – secondo cui l’impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione attribuitale dalla parte, per cui, ove sia stata proposta a giudice incompetente, lo stesso trasmette gli atti a quello competente – non consente al giudice incompetente, investito del gravame erroneamente proposto, di emettere pronuncia dichiarativa della inammissibilità della impugnazione, non rientrando tale pronuncia nella sfera dei poteri attribuiti dalla menzionata norma alla cognizione di detto giudice, dovendosi il medesimo limitare a procedere alla esatta qualificazione del mezzo di impugnazione proposto ed alla conseguente trasmissione degli atti al giudice competente.

Qualora, come avvenuto nel caso in esame, il giudice di secondo grado si sia erroneamente pronunziato sul gravame proposto avverso sentenza inappellabile e che tale sentenza sia stata poi, a sua volta, impugnata in sede di legittimità, questa Corte di Cassazione deve annullare senza rinvio la sentenza impugnata e ritenere il giudizio, qualificando l’originario gravame quale ricorso (in termini Sez. 5, Sentenza n. 4016 del 19/09/2000, dep. il 10/11/2000, imp. Contena, Rv. 217738).

1.2 – Tanto precisato In rito, e passando all’esame del merito dell’impugnazione proposta dal V. avverso la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Chiavari, va rilevato che entrambi i motivi prospettati in ricorso risultano manifestamente infondati.

1.2.1 – Con riferimento al primo motivo di impugnazione, va infatti rilevato, in primo luogo, che la tesi difensiva secondo cui il reato contestato al V. sarebbe prescritto, si ricollega ad una circostanza in fatto – l’essere il trasferimento delle armi denunciate avvenuto nel 2000, contestualmente al trasferimento della residenza dell’imputato da (OMISSIS) – che costituisce, intanto, una mera affermazione del ricorrente, non riscontrata da alcuna allegazione, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.

Tale prospettazione, inoltre, si ricollega, in diritto, alla tesi secondo cui il reato previsto dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38, in relazione all’art. 58 del regolamento di esecuzione e punito ai sensi dell’art. 221 citato testo unico, abbia carattere istantaneo e non già permanente.

Sul punto, però, questa Corte da tempo si è ormai pronunciata in senso contrario, precisando che un’attenta e meditata analisi della struttura del reato di cui al R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 e art. 58 del regolamento di esecuzione induce ad optare per una soluzione interpretativa di segno opposto, da ritenersi maggiormente rispondente alle linee evolutive della giurisprudenza in tema di reati omissivi.

E’ stato, infatti, ripetutamele chiarito, in dottrina e in giurisprudenza, che ai reati omissivi deve attribuirsi la configurazione di reati permanenti quando siano qualificati dal perdurare nel tempo delle situazioni penalmente sanzionate riferibili all’inerzia del prevenuto, il quale ha la possibilità di farle cessare ponendo in essere l’azione prescrittagli dalla legge o dal provvedimento di una pubblica autorità (Cass., Sez. 1^, 18 dicembre 1986, imp. Memor): con la precisazione che, nel caso in cui sia prefissato un termine per l’adempimento del dovere sanzionato penalmente e la condotta dovuta possa essere utilmente compiuta anche in tempo successivo, la scadenza di detto temine integra soltanto II momento iniziale, in cui il comportamento omissivo diventa penalmente rilevante, a partire dal quale la consumazione del reato si protrae fino a quando la situazione antigiuridica non venga meno per fatto volontario dell’obbligato o per altra causa (Cass., Sez. 3^, 29 settembre 1987, Barucca; Cass., Sez. 1^, 11 giugno 1986, Turnaturi).

Tali principi sono stati poi ribaditi in materia di contravvenzioni per inosservanza di ordini legalmente dati dall’autorità a proposito delle quali è stato rilevato che la consumazione del reato non è istantanea ma dura per tutto il tempo in cui permane la condotta omissiva allorchè sussista, anche dopo la scadenza dell’eventuale termine, l’interesse al rispetto dell’ordine, potendo considerarsi soddisfatto detto interesse soltanto quando sia posto in essere il comportamento attivo idoneo a rimuovere la situazione antigiuridica (Cass., Sez. 1^, 11 luglio 1997, P.G. in proc. Grillo; Cass., Sez. 1^, 4 giugno 1997, P.M. in proc. Benhadid).

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte va quindi ribadito il carattere non istantaneo del reato di omessa denuncia del trasferimento dell’arma.

Sul punto, deve porsi in risalto che l’oggettività giuridica del reato previsto dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 38 e art. 58 del regolamento di esecuzione è identificabile nell’esigenza di rendere noto all’autorità di p.s. il luogo in cui sono detenute le armi in modo da consentire i necessari controlli (Cass., Sez. 1^, 25 settembre 1995, Palazzo; Cass., Sez. 1^, 7 luglio 1995, P.M. in proc. Beruacchi). Deve quindi trarsene il corollario che la denuncia di trasferimento delle armi, proprio perchè indispensabile a soddisfare l’interesse protetto dalla norma incriminatrice, costituisce oggetto di un dovere la cui operatività non cessa nell’atto stesso in cui non viene adempiuto, ma si protrae nel tempo fino a quando l’obbligato non abbia comunicato all’autorità la nuova località in cui l’arma è stata trasferita: correlativamente, la consumazione del reato ha inizio con l’omessa denuncia e cessa soltanto quando, col venir meno dell’inerzia del soggetto, sia eliminata la situazione antigiuridica attraverso l’esecuzione del comportamento prescritto dalla legge.

Pertanto, data la natura permanente del reato ascritto all’imputato, deve conclusivamente riconoscersi la manifesta infondatezza del motivo di ricorso volto ad ottenere l’applicazione della prescrizione, il cui decorso ha avuto inizio non alla data del trasferimento dell’arma, ma nel momento in cui è stata accertata l’omessa denuncia di tale fatto.

1.2.2 – Quanto poi all’ulteriore profilo di illegittimità della sentenza di condanna ricollegato alla mancata ammissione di una prova decisiva, è agevole rilevare che le deduzioni, invero assai generiche, svolte sul punto dal ricorrente, non considerano che la prova richiesta della difesa, non presenta, in realtà, effettivo carattere di rilevanza, dal momento che la denuncia di trasferimento, ai sensi del R.D. 6 maggio 1940, n. 635, art. 15, va presentata per iscritto ed in duplice esemplare, e che l’eventuale comunicazione verbale del trasferimento, ove pure in tesi accertata, non varrebbe, quindi, ad escludere la negligenza della condotta dell’Imputato.

2. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente, per legge, al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla cassa delle ammende, in mancanza di elementi indicativi dell’assenza di colpa (Corte Cost, sent. n. 186 del 2000), di una somma, congruamente determinabile in Euro 1000,00.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza emessa In data 7/6/2010 dalla Corte d’Appello di Genova. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1000,00 cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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