Cass. civ. Sez. III, Sent., 16-03-2012, n. 4248 Pignoramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La presente controversia trae origine da un pignoramento ex art. 543 c.p.c. eseguito presso il Tribunale di Monza dalla s.p.a. Tessiture Pietro Radici (di seguito brevemente s.p.a. Tessiture) in danno della s.r.l. Addcons in forza di due sentenze del Tribunale di Bergamo, sez. distaccata di elusone, per il capo relativo alla condanna alle spese.

In particolare, in relazione a detta procedura, la s.r.l. Addcons propose due cause, successivamente riunite di opposizione ex artt. 615 e 617 c.p.c.; nel primo dei due giudizi eccepì l’incompetenza funzionale del G.E. del Tribunale di Monza, la nullità o l’inesistenza dei titoli, degli atti di precetto e del pignoramento presso terzi per omessa notifica del titolo esecutivo e del precetto, proponendo a tal riguardo querela di falso, senza peraltro essere autorizzata alla relativa presentazione; contestò, inoltre l’inesistenza del diritto a procedere all’esecuzione forzata per il capo delle spese e, comunque, dedusse la non debenza di alcune voci;

mentre, nel secondo dei due giudizi riuniti, impugnò l’ordinanza di assegnazione delle somme emessa dal G.E. in data 9.02.2007, deducendo errore di motivazione con riferimento alle medesime questioni, nonchè in ordine alla possibilità di opporre in compensazione un controcredito e alla mancata considerazione della pendenza del ricorso per cassazione contro le sentenze azionate come titolo esecutivo.

Con sentenza depositata in data 7.07.2009, il Tribunale di Monza, decidendo sulle cause riunite, disattesa ogni altra domanda, accertava in misura di Euro 879,26 il credito della s.r.l. Addcons nei confronti della s.p.a. Tessiture per somme indebitamente esposte negli atti di precetto; compensando interamente le spese dell’opposizione.

Avverso detta sentenza la s.r.l. Addcons ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo dodici motivi; ha, altresì, depositato memoria nei termini di cui all’art. 378 c.p.c..

Ha resistito la s.p.a. Tessiture, depositando controricorso con cui ha eccepito l’inammissibilità del ricorso.

Nessuna attività difensiva è stata svolta dall’altra intimata, la terza pignorata Banca Intesa Sanpaolo s.p.a..

Motivi della decisione

1. Va premesso che non si terrà conto della memoria difensiva di parte ricorrente, perchè inammissibilmente utilizzata al fine di ampliare e integrare gli originar motivi di impugnazione e, addirittura, per effettuare nuove produzioni documentali, attraverso l’assemblaggio al suo interno delle copie di diversi atti. Valga considerare che la memoria ex art. 378 c.p.c. ha la funzione di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati e non già quella di integrare il ricorso e neppure di specificare motivi dedotti in maniera vaga e indeterminata; tantomeno essa può risolversi in una surrettizia modalità di produzione documentale, che nel giudizio di cassazione, soggiace ai limiti e ai termini di cui agli artt. 372 e 369 c.p.c..

1.1. I primi tre motivi di ricorso riguardano la questione della competenza territoriale, prospettata sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, segnatamente deducendo parte ricorrente: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 26, 27, 28, 38, 543 e 547 c.p.c.; violazione delle norme sulla competenza, incompetenza territoriale funzionale del giudice dell’esecuzione di Monza; b) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., omessa pronuncia sulla questione; c) omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

1.2. Con il quarto motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 295 e 373 c.p.c. sotto differenti profili e abuso di potere del G.E.. Detto motivo investe una congerie di questioni disparate: innanzitutto si lamenta che il provvedimento di assegnazione sia stato emesso dal G.E. senza attendere che il Tribunale di Bergamo si pronunciasse sulle istanze ex art. 373 c.p.c. in pendenza del giudizio di Cassazione avverso le sentenze azionate in via esecutiva; si denuncia,, quindi, che il giudice dell’opposizione abbia dato atto della sentenza emessa dallo stesso Tribunale di Monza in data 15 maggio 2008 che, in accoglimento di altra opposizione agli atti esecutivi proposta dalla s.p.a. Tessiture avverso la revoca dell’ordinanza di assegnazione, aveva dichiarato l’irrevocabilità di detto provvedimento; si deduce, a tal riguardo, che il Tribunale non poteva decidere in base ad atti che non erano stati prodotti nel contraddittorio delle parti, "ma solo accennati in modo conflittevole nella conclusionale e nelle repliche" e che, comunque, non costituivano "alcun precedente vincolante tra le stesse parti", tant’è che era stata rigettata una precedente istanza della s.p.a. Tessiture di sospensione del presente giudizio di opposizione;

di conseguenza si deduce che la sentenza impugnata è nulla per violazione del contraddittorio, avendo deciso in base a una questione "solo riferita e solo dopo avere trattenuta la causa in decisione";

sì rileva, infine, che dai fatti provati documentalmente risultava che l’ordinanza di assegnazione si fondava su titoli "carenti dei requisiti ex art. 487 c.p.c." (sic) e la cui efficacia era sospesa, per cui la sentenza impugnata sarebbe nulla per avere omesso di pronunciarsi sulla domanda che niente era dovuto dalla s.r.l. Addcons in virtù delle sentenze azionate e che la loro efficacia era, comunque, sospesa con conseguente nullità dell’esecuzione.

1.3. Con il quinto motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 83, 112, 166 e 167 c.p.c., violazione delle norme sul procedimento, nullità della costituzione avversaria nel procedimento n. R.G. 2580/2007 (e, cioè, nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi).

1.4. Alla questione della notificazione del titolo esecutivo e del precetto, proposta sotto molteplici profili, sono dedicati diversi motivi di ricorso e precisamente: il sesto motivo con cui si denuncia violazione dell’art. 140 c.p.c., violazione delle norme sul procedimento e sulla notificazione degli atti processuali, nullità e/o inesistenza della notifica dei titoli e degli atti di precetto, nullità del pignoramento presso terzi, omessa motivazione di un fatto decisivo per il giudizio (e, cioè, sulla mancata notificazione dei titoli e del precetto); l’ottavo motivo di ricorso, con cui si denuncia, oltre alla violazione dell’art. 501 c.p.c. per inosservanza del termine dilatorio ivi previsto, anche – relativamente alla notificazione dei titoli e del precetto – la violazione dell’art. 140 c.p.c.; il nono motivo con cui si denuncia contraddittorietà della motivazione circa un fatto decisivo del giudizio (e, cioè, sempre sul punto della notificazione di detti atti); l’undicesimo motivo con cui si denuncia – in relazione alla mancata autorizzazione alla presentazione della querela di falso contro le due relate di notifica ex art. 140 c.p.c. degli atti in questione – violazione e falsa applicazione dell’art. 221 c.p.c., e segg., nullità della sentenza e del procedimento, violazione dell’art. 112 c.p.c. sulla corrispondenza tra chiesto e pronunciato, omessa, insufficiente motivazione su un fatto decisivo per il giudizio.

1.5. Con il settimo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 183 c.p.c., per la mancata concessione dei relativi termini nel procedimento iscritto al n. R.G. 2580/2007 (opposizione agli atti esecutivi).

1.6. Con il decimo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 282 e 283 c.p.c., nullità del procedimento e della sentenza, erronea e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo per il giudizio (inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata dei titoli); tanto sul rilevo che i capi di condanna alle spese, siccome contenuti in sentenze di contenuto dichiarativo, non fossero esecutivi ai sensi delle norme indicate.

1.7. Infine, con il dodicesimo motivo di ricorso si denuncia – in relazione a credito opposto in compensazione – violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione dell’art. 1243 c.c. e segg. e omessa motivazione su un fatto decisivo per il giudizio.

2. Il ricorso si presenta sotto diversi profili inammissibile e va, comunque, rigettato.

2.1. Va premesso che – mentre dalla parte espositiva della sentenza impugnata risulta che i due giudizi riuniti di opposizione, aventi in buona sostanza gli stessi motivi, vennero proposti l’uno ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e l’altro, formalmente diretto avverso l’ordinanza di assegnazione, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. – nella parte motiva della medesima decisione, il Giudice a quo ha, implicitamente, ma inequivocamente proceduto ad autonoma e diversa qualificazione, rinvenendo nell’una come nell’altra opposizione sia motivi attinenti all’an dell’azione esecutiva, costituenti materia di opposizione all’esecuzione, ancorchè surrettiziamente (ri)proposti come motivi di opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione, sia motivi attinenti al quomodo dell’esecuzione, costituenti propriamente materia di opposizione agli atti esecutivi, sebbene non afferenti all’ordinanza di assegnazione; nel contempo – dato atto che entrambe le opposizioni risultavano successive alla pronuncia dell’ordinanza di assegnazione – ha riconosciuto la scrutinabilità al mero fine di accertamento (stante l’abbandono della domanda di restituzione) delle sole censure relative all’entità delle spese reclamate, escludendo, per converso, l’ammissibilità di tutte le altre questioni: tanto in considerazione – una volta definita la procedura esecutiva – dell’esaurimento della tutela cognitoria dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., comma 2, nonchè dell’ammissibilità dell’opposizione agli atti ex art. 617 c.p.c., comma 2 avverso l’ordinanza di assegnazione solo per vizi propri della stessa ordinanza.

Parte ricorrente – ignorando la distinzione e la stessa ratio decidendi, sottesa alla mancata pronuncia sulle domande diverse da quella di accertamento dell’entità delle spese intimate nei due precetti (o, meglio, al rilievo di inammissibilità delle altre questioni) – ha impugnato la sentenza pronunciata sulle cause riunite con ricorso per cassazione, avente veste formale di ricorso ordinario, con il quale, da un lato, ha riproposto una serie di motivi (o addirittura proposto per la prima volta, come è per quello concernente l’inosservanza del termine di cui all’art. 501 c.p.c., che non risulta formulate nel giudizio di merito) afferenti la regolarità formale del procedimento di esecuzione ovvero, anche, del giudizio di opposizione agli atti – questioni, queste, suscettibili di impugnazione con ricorso straordinario ex art. 111 Cost. – e, dall’altro lato, ha censurato anche la parte della decisione che – riguardando l’an del diritto a procedere in executivis – è stata ricondotta dal giudice a quo nell’ambito della (non più ammissibile) tutela cognitoria di cui all’art. 615 c.p.c..

2.2. Orbene l’impugnazione di qualsiasi provvedimento giurisdizionale deve essere fatta secondo le forme stabilite dalla legge in relazione alla domanda come qualificata dal giudice, indipendentemente, peraltro, dalla correttezza o meno di siffatta qualificazione. In particolare, qualora il giudice di merito qualifichi la domanda proposta come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., il regime della fase del gravame va individuato rispetto a tale qualificazione (Cass. 27 settembre 2010, n.20324). Inoltre quando le contestazioni della parte si configurino, nello stesso procedimento, come opposizione all’esecuzione ed opposizione agli atti esecutivi, si deve ritenere che la sentenza, formalmente unica, contenga due decisioni distinte, soggette rispettivamente ad appello ed a ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. (Cass.13 giugno 2006, n. 13655).

E poichè, nel caso all’esame, ai sensi del comb. disp. della L. 18 giugno 2009 n. 69, artt. 49 e 58 co., la sentenza resa in materia di opposizione all’esecuzione era appellabile, vanno dichiarati inammissibili i motivi concernenti l’inesistenza del titolo esecutivo e della stessa pretesa creditoria: motivi, che nell’esposizione farraginosa e sovente al limite della comprensibilità del presente ricorso, sono identificabili nel decimo e nel dodicesimo motivo, oltre che nell’ultima parte del quarto motivo.

3. Passando all’opposizione agli atti esecutivi e qualificato il ricorso, formalmente proposto ex art. 360 c.p.c., come ricorso straordinario, occorre innanzitutto sgombrare il campo dalle questioni pregiudiziali di nullità della sentenza per violazione del contraddittorio (oggetto di parte del quarto motivo), nonchè attinenti alla costituzione della controparte (motivo quinto) e, in genere, alla regolarità formale dello stesso giudizio di opposizione (motivo settimo).

3.1. Innanzitutto si osserva che – quali che siano state le motivazioni del provvedimento interlocutorio di rigetto dell’istanza di sospensione menzionato da parte ricorrente – la decisione, pronunciata con sentenza 15 maggio 2008, di accoglimento dell’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla s.p.a. Tessiture, aveva sicuramente carattere pregiudiziale rispetto a quella all’esame, costituendo precedente vincolante tra le stesse parti, posto che l’accertamento, compiuto nel primo giudizio in ordine all’irrevocabilità del provvedimento di assegnazione e, di conseguenza, all’avvenuto esaurimento della procedura esecutiva, costituiva una premessa logica indispensabile (condizionandone l’ammissibilità) della decisione dell’altro giudizio di opposizione agli atti esecutivi proposto dalla s.r.l. Addcons avverso il medesimo provvedimento di assegnazione.

Val la pena di aggiungere che la precisazione del Giudice a quo circa "la non contestazione" della circostanza dell’avvenuto passaggio in giudicato della ridetta sentenza, unitamente al tenore delle deduzioni di parte ricorrente sopra riassunte sub 1.2., rendono chiaro che la tematica, lungi dal costituire oggetto di una decisione "a sorpresa", era stata trattata dalle parti, quantomeno negli scritti conclusivi.

Ciò precisato, la censura all’esame risulta manifestamente infondata. Invero l’esistenza di un giudicato, anche esterno, qual è quello in oggetto, non costituisce oggetto di eccezione in senso tecnico, ma è rilevabile in ogni stato e grado anche d’ufficio, senza che in ciò sia riscontrabile alcuna violazione dei principi del giusto processo (Cass. ord. 6 giugno 2011, n. 12159). Valga considerare che il vincolo derivante dal giudicato, partecipando della natura dei comandi giuridici, non costituisce patrimonio esclusivo delle parti, ma, mirando ad evitare la formazione di giudicati contrastanti, conformemente al principio ne bis in idem, corrisponde ad un preciso interesse pubblico, sotteso alla funzione primaria del processo, e consistente nell’eliminazione dell’incertezza delle situazioni giuridiche, attraverso la stabilità della decisione (Cass. 7 aprile 2009, n. 8379).

D’altra parte, quand’anche dovesse ritenersi che, nel caso di specie, il Tribunale abbia ricercato negli atti dell’ufficio conferma delle deduzioni contenute negli scritti conclusivi, non per questo potrebbe ravvisarsi violazione del diritto di difesa delle parti, perchè esse erano a conoscenza della formazione del precedente giudicato.

3.2. E’ infondato il quinto motivo con cui si denuncia la nullità della costituzione avversaria nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, tenuto conto che dall’esame degli atti, consentito in ragione del carattere processuale della censura, risulta che i legali indicati nell’epigrafe della sentenza impugnata quali procuratori della s.p.a. Tessiture erano effettivamente muniti di procura. Il mandato alle liti apposto a margine di ognuno degli atti di precetto che ha preceduto la procedura esecutiva di cui trattasi risulta, infatti, espressamente conferito sia per il giudizio di esecuzione sia che per le (eventuali) opposizioni.

3.3. E’ inammissibile la censura relativa alla mancata concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c..

Innanzitutto – pur asserendosi in ricorso (cfr. pag. 15) che la richiesta di concessione dei termini aveva riguardato il procedimento iscritto al n. R.G. 2580/2007 (formalmente proposto come opposizione ex art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza di assegnazione) – dalle conclusioni riportate nell’epigrafe della sentenza impugnata si evince, al contrario, che la richiesta riguardava l’altro giudizio iscritto al n. R.G. 2243/2007 (formalmente proposto come opposizione ex art. 615 c.p.c.).

Ad ogni buon conto non appare superfluo aggiungere che questa Corte ha avuto modo di precisare che la parte che impugni una sentenza per la mancata concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6 per ottenerne la declaratoria di nullità, deve dimostrare che da tale mancata concessione sia conseguita in concreto una lesione del suo diritto di difesa, allegando il pregiudizio che gliene sia derivato, essendo altrimenti il gravame inammissibile per difetto d’interesse (cfr. per l’affermazione del principio Cass. 21 marzo 2011, n. 6343; Cass. 9 aprile 2008, n. 9169). Più in generale questa Corte è costante nell’affermare che l’art. 360 c.p.c., n. 4, nel consentire la denuncia di vizi che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo (Cass. 23 febbraio 2010, n. 4340, Cass. 13 novembre 2009, n. 24047), pregiudizio che nella specie non risulta specificato, limitandosi la parte a denunciare la mancata concessione dei termini, senza indicare se e quali argomenti avrebbe potuto svolgere qualora le fossero stati concessi i termini in questione.

4.4. Per tutti gli altri residuali motivi va qui ribadito che l’opponente – insistendo, sotto vari profili, sulle censure di incompetenza e di nullità degli atti, in dipendenza della (asserita) inesistenza e/o nullità della notifica dei titoli esecutivi e degli atti di precetto e sull’esperibilità della querela di falso in ordine alle relate di notifica – ignora le ragioni della decisione, rappresentate dal rilievo dell’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi solo per vizi propri dell’ordinanza di assegnazione.

Ne deriva che le critiche svolte nei motivi di ricorso in esame, omettendo di confrontarsi con l’indicata ratio decidendi sono generiche e aspecifiche.

Non appare superfluo aggiungere che il principio affermato dal giudice dell’opposizione è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il procedimento esecutivo è strutturato come una successione di subprocedimenti, ossia di fasi autonome, strumentalmente propedeutiche a distinti provvedimenti successivi, ciascuno dei quali è immediatamente e direttamente impugnabile solo se è attualmente configurabile un interesse reale alla rimozione degli effetti del medesimo (Cass. 20 giugno 2008, n. 16799); con l’ulteriore corrollario che la deducibilità delle anomalie formali del processo non sopravvive alla sua conclusione, per cui se il processo esecutivo si è chiuso, viene a cessare la stessa materia del contendere in ordine alle opposizioni ex art. 617 c.p.c., il cui scopo è quello di ottenere una sentenza destinata a produrre i suoi effetti solo nel corso del processo medesimo.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.700,00 (di cui Euro 1.500,00 per onorario) oltre rimborso spese generali e accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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