Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Secondo quanto esposto nella sentenza gravata, resa dalla corte di appello di Milano il 22.6.10 col n. 1869:
1.1. con scrittura privata del 5.7.96 B.G. si impegnò a cedere al fratello M., che accettò, alcune quote societarie e la quota di comproprietà di un complesso immobiliare, a tal fine impegnandosi a rilasciare procura irrevocabile a persona nominata dal fratello M., per il compimento di tutte le operazioni necessarie a che si producesse il detto trasferimento di proprietà;
1.2. con specifico riferimento all’accordo del 5.7.96, il successivo 12.7.96 B.G. rilasciò a B.D. – indicato da B.M. – un mandato speciale con rappresentanza, al fine di compiere le operazioni e stipulare gli atti necessari ad adempiere l’accordo stesso;
1.3. con atto del 13.9.96, notificato al B. il 16 successivo, B.G. peraltro revocò, con effetto immediato, il mandato conferito; ma, ciononostante, il B. cedette a B.M. le quote, già di B.G., di partecipazione della società Over srl e della società BBB Bonacina spa in data 12.12.96 e quelle di comproprietà del compendio immobiliare in data 16.4.97;
1.4. una volta stabilito dal Tribunale di Monza, con sentenza n. 804/99, passata in giudicato, che il mandato, già conferito con atto 12.7.96, era stato revocato con il successivo atto del 13.9.96, il mandante B.G. convenne B.M. e B.D. dinanzi al medesimo giudice per far dichiarare l’invalidità degli atti di cessione compiuti dal secondo, in favore del primo, in pretesa esecuzione dell’originario mandato, con condanna del solo B. al risarcimento dei danni, da liquidarsi in via equitativa;
1.5. l’adito tribunale respinse le domande di B.G., compensando integralmente tra le parti le spese di lite: e tanto, per quel che qui ancora rileva, una volta ritenuta l’applicabilità, al mandato con rappresentanza, dell’art. 1723 cod. civ., comma 2, con conseguente inefficacia della revoca del mandato in rem propriam per carenza di giusta causa, persistenza dei poteri rappresentativi in capo al B. e validità degli atti da questi compiuti in nome del mandante;
1.6. avverso tale sentenza propose appello B.G., cui resistettero i convenuti in primo grado: ed almeno il secondo motivo di gravame fu accolto, una volta estesa la revoca del 13.9.96 sia al mandato che alla procura, in applicazione di un indirizzo giurisprudenziale più recente, con declaratoria di inefficacia delle compravendite e delle cessioni poste in essere dal B., oramai rappresentante senza potere (ed indipendentemente dalla natura irrevocabile del mandato, questa rilevando soltanto nei rapporti interni tra mandante e mandatario); ma il rigetto della domanda di risarcimento del danno, avanzata nei confronti del B., fu confermato, per la correttezza del rilievo dell’intervenuta prescrizione.
2. Per la cassazione della sentenza della corte ambrosiana ricorrono, affidandosi a tre motivi, B.M. e B.D., notificando il ricorso nei confronti degli eredi di B. G., indicati in V.G., Bo.Ma., B.A. e B.L.: questi resistendo con controricorso ed illustrando i primi con memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. le loro posizioni, alla successiva pubblica udienza del dì 8.3.12 le parti prendono parte alla discussione orale.
Motivi della decisione
3. I ricorrenti formulano tre motivi, i primi due dei quali conclusi da quesiti di diritto:
3.1. con un primo – rubricato "violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, epe in relazione all’art. 1704 c.c." – essi si dolgono del carattere acritico della preferenza accordata dalla corte territoriale al più recente orientamento interpretativo sul mandato con rappresentanza – come unione di due negozi distinti e scindibili: Cass. 10819/96 e 1388/98 – rispetto ai precedenti – di identificazione nella fattispecie di un unitario od inscindibile negozio, cui applicare tutte le regole proprie del mandato: Cass. 3043/53 e 3543/58 – e senza tener conto delle conseguenze concrete di tale opzione ermeneutica, espressa con motivazione solo apparente;
3.2. con un secondo – rubricato "violazione dell’art. 360, n. 3, in relazione agli artt. 1704 e 1723 c.c., ed ai principi sul collegamento negoziale – essi censurano la gravata sentenza, nella parte in cui ha ritenuto che l’essenziale revocabilità della procura non soffra i limiti del collegamento negoziale tra mandato e procura in caso di mandato con rappresentanza nell’interesse del terzo, una volta concretamente accertato tale collegamento nella fattispecie;
3.3. con un terzo – rubricato "violazione dell’art. 360, n. 5" – essi lamentano avere la corte territoriale tralasciato l’esame di evidenze decisive circa la volontà di revocare il mandato e non la procura, nonchè di avere contraddittoriamente attribuito portata unitaria al negozio originario ed alla sua successiva revoca, malamente interpretando il secondo o comunque attribuendovi effetti non voluti o non possibili.
4. Dal canto loro, i controricorrenti eccepiscono dapprima la tardività della notifica del ricorso, per poi ribadire, quanto ai primi due motivi, la più recente giurisprudenza di legittimità in ordine alla piena autonomia della procura rispetto al negozio gestorio sottostante e per dedurre l’inammissibilità del terzo, siccome riferito alla ricostruzione dell’operazione di interpretazione dei fatti e delle prove come operata dal giudice del merito.
5. Va preliminarmente precisato che:
5.1. in primo luogo, è infondata l’eccezione di tardività del ricorso: almeno la sua notificazione nei confronti quanto meno di V.G. e di Bo.Ma. è stata ritualmente eseguita – se non altro, in ordine agli effetti per il notificante – con la spedizione in data 23.12.10, non rilevando – ai fini della tempestività delle attività richieste al notificante, per il noto principio della scissione dei relativi effetti – la circostanza che essa si sia completata con la ricezione della raccomandata che dava avviso delle operazioni ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., documentata come avvenuta il 30.12.10 dalla V. ed il 19.1.11 da Bo.Ma.;
5.2. con riferimento all’ultima delle notificazioni (avutasi appunto il 19.1.11), è poi tempestivo anche il deposito del ricorso per cassazione;
5.3. inoltre, nonostante siano stati formulati quesiti, alla fattispecie non può applicarsi l’art. 366 bis cod. proc. civ.: tale norma – introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, applicabile di per sè, in virtù del comma secondo dell’art. 27 del medesimo decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, cioè dal 2 marzo 2006 – è stata poi abrogata ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d); e, in virtù della disciplina transitoria di cui all’art. 58, comma 5, di quest’ultima, essa più non si applica ai provvedimenti pubblicati dopo la data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 e cioè dopo il 4.7.09. 6. Ciò posto, occorre esaminare i motivi, iniziando dai primi due, che, vertenti sulla disciplina della procura conferita in esecuzione di mandato con rappresentanza nell’interesse del terzo, vanno trattati congiuntamente:
6.1. il richiamo alla più recente giurisprudenza di questa Suprema Corte, operato dalla corte territoriale, non è per nulla insufficiente od acritico, rispondendo – da un lato – alla funzione nomofilattica della corte di legittimità che i propri più recenti orientamenti costituiscano un precedente idoneo a fondare, con un mero richiamo adesivo, la decisione in punto di diritto del giudice di merito e risultando – dall’altro lato – già compiutamente presi in considerazione, negli arresti richiamati nella qui gravata sentenza, tutti gli argomenti poi riproposti dagli odierni ricorrenti;
6.2. potrebbe quindi bastare in questa sede un richiamo ai precedenti stessi (oltre a Cass. 4.12.1996, n. 10819 e a Cass. 11 febbraio 1998, n. 1388, si vedano pure le pressochè coeve Cass. 3 gennaio 1997, n. 13, Cass. 22 gennaio 1997, n. 663 e Cass. 26 giugno 1997, n. 5715), anche nella parte in cui si fanno carico di superare il precedente indirizzo interpretativo ed affrontano quindi gli stessi temi riproposti oggi dai ricorrenti;
6.3. e tuttavia giova ribadire che la procura con cui viene conferito il potere di rappresentanza – e cioè quello di agire in nome del rappresentante – costituisce sempre un atto unilaterale, recettizio ed astratto; tanto comporta:
che esso è indipendente dal negozio gestorio sottostante, rispetto al quale gode di assoluta autonomia, quand’anche possa essere compresa nel contesto di uno di tali negozi che danno vita al rapporto di gestione (mandato, società, contratto di lavoro etc.);
– che non è pertanto consentito estendere ad essa la disciplina applicabile al negozio gestorio (di recente, si è ribadito ad esempio che, in tema di mandato con rappresentanza a vendere un bene immobile, tale ontologica distinzione tra i due negozi impone la forma scritta alla procura, siccome essa sola funzionalizzata al compimento di atti a forma vincolata, ma non anche al mandato retrostante: infatti, questo spiega i suoi effetti nel rapporto, per così dire interno, tra rappresentato e rappresentante, mentre gli effetti del contratto di compravendita immobiliare in capo al rappresentato si producono in forza della sola procura, non certo anche del mandato: Cass. 30 maggio 2006, n. 12848; in precedenza, v.
Cass. 10 novembre 2000, n. 14637);
– che l’inapplicabilità alla procura della disciplina sull’irrevocabilità, tipica del mandato conferito nell’interesse anche del terzo, deriva dalla non necessità di un’estensione del regime di quest’ultimo alla prima: prevedendo, al contrario, l’art. 1704 cod. civ. l’applicazione delle norme in tema di rappresentanza;
che tale richiamo comporta la piena ed immediata applicabilità anche della norma sulla revocabilità della procura e, mancando nella disciplina relativa a questa una norma, come quella di cui all’art. 1723 cod. civ., comma 2, in tema di mandato, che ne preveda l’irrevocabilità, deve trovare in ogni caso applicazione il diverso principio di cui all’art. 1396 cod. civ., in base al quale il potere di rappresentanza deve essere sempre sorretto dalla volontà del rappresentato: principio che costituisce del resto applicazione di quello più generale della revocabilità degli atti unilaterali, derogato dal legislatore solo in casi tassativamente previsti;
– che la stessa revocabilità discende del resto dalla struttura stessa dell’atto il quale, essendo sorretto da una dichiarazione unilaterale di volontà, non può certamente continuare ad esistere quando viene meno tale volontà che la sostiene.
7. Il terzo motivo, unitariamente considerato, è infondato, non sussistendo o non potendo in questa sede apprezzarsi il configurato vizio motivazionale: i ricorrenti prospettano semmai una contestazione del risultato dell’attività del giudice di merito volta ad interpretare il materiale probatorio acquisito, contestazione la quale integra una censura all’attività di interpretazione dell’atto unilaterale di revoca, prospettata senza la trasposizione in ricorso – in violazione del principio di necessaria autosufficienza di esso – dell’integrale contenuto testuale di entrambi gli atti coinvolti (l’atto revocato e l’atto di revoca, tutti e due indispensabili per la ricostruzione della volontà delle parti e la verifica – nei ristretti limiti qui consentiti – della congruità e della logicità della motivazione e dell’applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale), come pure senza adeguata indicazione delle norme ermeneutiche che sarebbero state violate (e di certo rientrando anche l’intestazione dell’atto, ove – come nella specie – rapportata al contesto, tra gli elementi per interpretare la volontà di chi lo ha formato).
8. In conclusione, il ricorso va rigettato; e le spese del giudizio di legittimità conseguono alla soccombenza dei ricorrenti in favore dei controricorrenti, sia per gli uni che per gli altri tra loro rispettivamente in solido, per l’evidente comunanza delle relative posizioni processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna B.M. e B. D., tra loro in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti V.G., Bo.Ma., B.A. e B.L., tra loro in solido, liquidate in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.