Cass. civ. Sez. II, Sent., 04-05-2012, n. 6785 Reintegrazione o spoglio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 23 giugno 2003 M.F., + ALTRI OMESSI adivano il Tribunale di Sondrio proponendo azione di reintegrazione nel possesso o di manutenzione dello stesso possesso della servitù di passaggio, anche carraio, a carico di una stradina privata di proprietà di S.M.R. e T.E. ed a favore dell’immobile di comproprietà di essi ricorrenti sito nel Comune di (OMISSIS), distinto al foglio 26, mapp. 394. Nella costituzione delle sole resistenti S.M.R. e T. E., il giudice designato, all’esito della fase interdittale, con ordinanza del 17 luglio 2003 emetteva il provvedimento di manutenzione invocato dai ricorrenti (poi parzialmente limitato, quanto alla sua efficacia, in sede di reclamo) e fissava l’udienza di prosecuzione per la trattazione nel merito del giudizio possessorio, nel corso del quale si costituivano successivamente anche le altre convenute B.C., Bu.An., C.M. e To.Fr.. Con sentenza n. 353 del 2005 l’adito Tribunale di Sondrio accertava e dichiarava la nullità della testimonianza resa da Ba.An., accoglieva la domanda possessoria formulata nell’interesse dei ricorrenti, compensava le spese inerenti il procedimento incidentale di reclamo e condannava i convenuti, in solido fra loro, alla rifusione di tutte le altre spese processuali.

Interposto gravame da parte di S.M.R. e T.E., nella costituzione di tutti gli appellati (ad eccezione di G.F. e Mi.An.) e con la proposizione di appello incidentale da parte di To.Fr., B. C., Bu.An. e C.M., la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 3368 del 2008 (depositata l’11 dicembre 2008), rigettava sia l’appello principale che quello incidentale e, previa correzione di un errore materiale presente nel dispositivo della sentenza impugnata, condannava le appellanti principali e gli appellati incidentali al pagamento delle spese del grado.

A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale ravvisava l’infondatezza di tutti i motivi dedotti dalle appellanti principali e dagli appellanti incidentali attinenti: – alla contestazione della legittimazione attiva e dell’interesse ad agire degli attori in primo grado; – all’interesse degli attori in primo grado all’azione possessoria; – al difetto di legittimazione passiva; – alla contestazione relativa alla configurazione del dedotto spoglio (avuto riguardo all’idoneità della condotta, alla prova dello spoglio e della molestia, all’antigiuridicità del comportamento e alla sussistenza dell’elemento soggettivo); – all’estensione dell’interdetto nei confronti di ospiti e persone di servizio; – all’esclusione del transito di mezzi pesanti; -alla correzione dell’errore materiale; – alla disciplina delle spese giudiziali.

Avverso la suddetta sentenza di secondo grado hanno proposto ricorso per cassazione (iscritto al N.R.G. 2994/2010) S.M.R. e T.E., articolato in sette motivi; nei confronti della stessa sentenza di appello hanno formulato separato ricorso per cassazione (iscritto al N.R.G. 2997/2010) To.Fr., B.C., Bu.An. e C.M., riferito a tre motivi. Nessuna delle parti intimate ha svolto attività difensiva in questa sede.

Motivi della decisione

1. Rileva, innanzitutto, il collegio che i due proposti ricorsi devono essere preliminarmente riuniti in quanto riguardanti la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.).

Deve, poi, procedersi separatamente all’esame di ciascun ricorso in virtù della diversità (quantomeno parziale) di alcuni motivi e della distinzione tra i ricorrenti.

RICORSO ISCRITTO AL N. R.G. 2994 DEL 2010. 2. Con il primo motivo di questo ricorso le ricorrenti hanno dedotto il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine al motivo di appello diretto a contestare il valore della controversia considerato ai fini della liquidazione delle spese legali del giudizio. A corredo di tale motivo risulta formulato idoneamente il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. ("ratione temporis" applicabile nella fattispecie): "dica la Corte se, nel caso in cui la sentenza di primo grado sia stata impugnata anche con specifico riferimento al capo che ha provveduto alla liquidazione delle spese legali, contestandone la correttezza con specifico riferimento al valore della controversia utilizzato per individuare lo scaglione tariffario delle stesse (valore documentato in misura ricompresa tra Euro 34,614 ed Euro 58,10, anzichè di valore "indeterminabile" come utilizzato in sentenza), incorre in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di gravame la sentenza del giudice di appello che si limiti a confermare la sentenza impugnata senza esaminare e decidere sulla censura espressamente sollevata sotto tale profilo". 3. Con il secondo motivo (formulato in via meramente subordinata) le ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omessa motivazione in ordine all’implicito rigetto del motivo di appello diretto a contestare il valore della controversia considerato ai fini della liquidazione delle spese legali del giudizio, indicando (in virtù del citato art. 366 bis c.p.c.), in apposito quadro riepilogativo, il fatto controverso in relazione al quale è stata dedotta la mancata motivazione.

4. Con il terzo motivo le ricorrenti hanno denunciato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla violazione o falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 57 e segg.

(ordinamento forense), degli artt. 5 e 6 della tariffa civile di cui al D.M. n. 127 del 2004 e degli artt. 10 e 15 c.p.c., avuto riguardo alla liquidazione delle spese legali di una controversia in materia di tutela possessoria di una servitù di passaggio secondo la tariffa prevista per le controversie di valore "indeterminabile", anzichè secondo le tariffe corrispondenti al valore ottenuto moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del fondo servente risultante dagli atti di causa. A sostegno di tale doglianza (oltretutto rispondente anche al requisito dell’autosufficienza con riferimento all’indicazione dei presumibili diritti di procuratore ed onorari di avvocato che sarebbero stati liquidabili nella specie) le ricorrenti hanno ritualmente formulato il correlato quesito di diritto (ai sensi del menzionato art. 366 bis c.p.c.) nei seguenti termini: "dica la Corte se, nel caso di controversia in materia di tutela possessoria di servitù di passaggio, risulta erronea per violazione di legge (ovvero del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 557 e segg. art. 6 e tabelle allegate al D.M. n. 127 del 2004 e degli artt. 10 e 15 c.p.c. – la sentenza che abbia liquidato le spese del giudizio sulla base delle tariffe per le cause di valore indeterminabile, anzichè sulla base delle tariffe corrispondenti alla fascia di valore ottenuto moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del fondo servente risultanti dagli atti di causa". 5. Rileva il collegio che il primo motivo è fondato.

Per come riportato nello stesso svolgimento della doglianza (corrispondente al contenuto "in parte qua" dell’atto di appello formulato nell’interesse delle attuali ricorrenti S.M.R. e T.E., esaminabile anche nella presente sede in virtù della natura processuale del vizio denunciato) e per come desumibile dallo stesso tenore delle conclusioni precisate all’esito del giudizio di gravame (richiamate nel corpo della stessa sentenza impugnata), le allora appellanti principali, per l’eventualità del rigetto delle istanze principali sulla regolamentazione delle spese giudiziali del procedimento possessorio di primo grado (nel senso della condanna al pagamento delle spese delle parti avverse o della loro compensazione), avevano invocato – mediante la proposizione di specifica e motivata censura – la rideterminazione delle spese liquidate a favore delle controparti tenendo conto dell’effettivo valore della controversia e dei criteri evidenziati al punto P. 3) dei motivi di appello, ovvero con specifico riferimento al valore della controversia utilizzato per individuare lo scaglione tariffario delle stesse (valore documentato in misura ricompresa tra Euro 34,614 ed Euro 58,10, anzichè di valore "indeterminabile" come utilizzato nella sentenza oggetto di gravame).

A fronte di tale specifico motivo di impugnazione la Corte di appello di Milano, pur essendo pervenuta al rigetto nel merito del gravame proposto nell’interesse della S. e della T., ha omesso di prendere in considerazione la suddetta doglianza ritenendo, in modo apodittico, assorbito e comunque rigettato ogni altro motivo di appello, con la conseguente conferma della sentenza del Tribunale di Sondrio, senza, perciò, esaminare la censura relativa alla possibile rideterminazione delle spese del giudizio possessorio (per la quale persisteva, ovviamente, l’interesse delle appellanti, che volevano – ove ne fossero sussistiti i presupposti – ottenere una riduzione del carico relativo agli esborsi), in ordine alle quali avrebbe dovuto valutare l’applicabilità, in concreto e sulla scorta degli elementi dedotti dalle medesime appellanti, del principio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte alla stregua del quale "ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari professionali di avvocato, il valore delle cause possessorie, stante la mancanza di criteri legali diretti a tal fine, va determinato attraverso l’applicazione analogica delle regole dettate per la valutazione delle cause relative al diritto (nella specie di servitù), il cui contenuto corrisponde al potere di fatto sulla cosa di cui si controverte, potendo il giudice considerare la causa di valore indeterminabile soltanto laddove non disponga dei relativi dati o dagli atti non emergano elementi per la stima" (cfr. Cass. n. 51 del 2003; Cass. n. 6759 del 2003 e, da ultimo, Cass. n. 24644 del 2011, ord.).

Sussiste, pertanto, il denunciato vizio di omessa pronuncia da parte del giudice di appello (cfr. ad es., Cass. n. 12366 del 1999; Cass. n. 27387 del 2005 e Cass. n. 1701 del 2006) con il conseguente accoglimento del motivo in esame, a cui si correla l’assorbimento del secondo (peraltro proposto in via subordinata) e del terzo motivo che riguardano ulteriori violazioni attinenti al profilo della mancata decisione sulla riportata doglianza attinente alla rideterminazione – "in melius" per le ricorrenti – delle spese del giudizio possessorio di primo grado.

6. Con il quarto motivo le ricorrenti hanno prospettato la sussistenza del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine al motivo di appello diretto a contestare la liquidazione a favore delle controparti delle spese legali relative alla testimonianza di Ba.An. dichiarata nulla. Con riferimento a detto motivo le ricorrenti hanno adeguatamente invocato (ai sensi del citato art. 366 bis c.p.c.) la risoluzione del seguente quesito di diritto: "dica la Corte se, nel caso in cui la sentenza di primo grado sia stata impugnata anche con specifico riferimento al capo che ha provveduto alla liquidazione delle spese legali, contestandone la correttezza con specifico riferimento a quelle connesse ad una testimonianza dichiarata nulla dalla medesima sentenza di primo grado in accoglimento di espressa eccezione della parte appellante, incorre in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di gravame la sentenza del giudice di appello che si limiti a confermare la sentenza impugnata senza esaminare e decidere sulla censura espressamente sollevata sotto tale profilo". 7. Con il quinto motivo le ricorrenti hanno dedotto, in via meramente subordinata, il vizio previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa motivazione in ordine all’implicito rigetto del motivo di appello diretto a contestare la liquidazione a favore delle controparti delle spese legali relative alla testimonianza di Ba.An., dichiarata nulla. Anche con riferimento a detta doglianza risulta indicato (in virtù del citato art. 366 bis c.p.c.), in apposito quadro riepilogativo, il fatto controverso in relazione al quale è stata dedotta la mancata motivazione.

8. Ritiene il collegio che anche il quarto motivo è meritevole di accoglimento.

Ricorre, infatti, il dedotto vizio di omessa pronuncia, avendo (per quanto richiamato con riguardo al primo motivo) la Corte milanese omesso di esaminare ogni aspetto relativo alla disciplina delle spese relative al giudizio di primo grado malgrado l’espressa formulazione di apposito motivo (come emergente dagli stessi atti processuali) che aveva investito anche l’illegittima condanna delle appellanti (odierne ricorrenti) al pagamento delle spese sopportate per la testimonianza di Ba.An., ancorchè fosse stato citato dalle controparti e la sua deposizione fosse stata dichiarata nulla.

All’accoglimento del quarto motivo consegue la declaratoria di assorbimento dei quinto motivo relativo al correlato vizio motivazionale, prospettato in via meramente subordinata.

9. Con il sesto motivo le ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per violazione riconducibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in ordine al motivo di appello diretto a contestare la mancata esclusione – dalla concessa tutela possessoria – del transito dei mezzi di peso non consentito dallo stato dei luoghi (come accertato da perizia geologica), nonostante l’espressa rinuncia di controparte al relativo capo della loro domanda, con conseguente mancata pronuncia anche sulla domanda riconvenzionale avanzata ancora in primo grado per la cessazione delle relative molestie di controparte.

A corredo di tale motivo le ricorrenti hanno ammissibilmente indicato (sempre ai sensi del richiamato art. 366 bis c.p.c.) il seguente quesito di diritto: "dica la Corte se, nel caso in cui la sentenza di primo grado sia stata impugnata anche con specifico riferimento al capo che ha omesso di escludere dalla concessa tutela possessoria il transito di mezzi di peso non consentito dallo stato dei luoghi, come accertato da apposita perizia geologica, nonostante la mancata contestazione della circostanza da parte dei ricorrenti e nonostante la loro espressa rinuncia al relativo capo della loro domanda, incorre in violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un motivo di gravame la sentenza del giudice di appello che si limiti a confermare la sentenza impugnata senza esaminare e decidere sulla censura espressamente sollevata sotto tali profili e sulla connessa domanda riconvenzionale delle appellanti.

10. Con il settimo ed ultimo motivo le ricorrenti hanno, altresì, dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di omessa o insufficiente motivazione in ordine all’implicito rigetto del motivo di appello diretto a contestare la mancata esclusione – dalla concessa tutela possessoria – del transito di mezzi di peso non consentito dallo stato dei luoghi, nonostante l’espressa rinuncia di controparte al relativo capo della loro domanda. Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. le ricorrenti hanno chiarito in apposito quadro riepilogativo il fatto controverso relativo all’omessa motivazione e la sintesi dell’insufficiente percorso motivazionale dei seguenti termini: "dica la Corte se, nel caso in cui la sentenza di primo grado sia stata impugnata anche con specifico riferimento al capo che ha omesso di escludere dalla concessa tutela possessoria il transito di mezzi di peso non consentito dallo stato dei luoghi, come accertato da apposita perizia geologica, nonostante la mancata contestazione della circostanza da parte dei ricorrenti e nonostante la loro espressa rinuncia al relativo capo della loro domanda, incorre in vizio di omessa od insufficiente motivazione la sentenza del giudice di appello che si limiti a confermare la sentenza impugnata senza nulla dire in ordine alle ragioni che avrebbero determinato il rigetto dello specifico motivo di gravame, limitandosi ad affermare che la servitù di passaggio definisce un rapporto tra fondi e non tra persone. Dal che consegue che qualsiasi passaggio connesso al godimento normale del fondo è ricompreso all’interno del diritto, e quindi quello dell’ospite, del dipendente e via dicendo, Analogamente è da ritenere compreso il passaggio di mezzi pesanti, qualora necessario per la sicurezza, la manutenzione e i rifornimenti delle strutture esistenti sul fondo dominante.

11. Anche questi due ultimi motivi – che possono essere esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi – sono fondati e vanno accolti.

Per come compiutamente dedotto (anche in ossequio al principio dell’autosufficienza) con le doglianze in questione e per quanto emergente dal contenuto dell’atto di appello proposto nell’interesse della attuali ricorrenti (oltre che dalle conclusioni richiamate nella stessa sentenza impugnata), le stesse, quali appellanti principali, avevano invocato il rigetto della domanda possessoria con riferimento a transiti non consentiti dallo stato dei luoghi (avuto riguardo a mezzi eccedenti il peso di 50 quintali, per come riscontrato anche dalle risultanze di apposita perizia geologica) e con modalità moleste, donde, in questo senso, era stata invocata la cessazione delle turbative ad opera delle controparti, senza trascurare che queste ultime avevano anche dimostrato la loro disponibilità a limitare il passaggio a mezzi di peso inferiore ai 50 quintali (come, del resto, scaturito nella fase di inibitoria dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado).

A fronte di tale complessiva specifica censura la Corte di appello di Milano, senza prendere sufficientemente in considerazione il contenuto della doglianza così come completamente articolata, si è limitata, nella sentenza impugnata (v. pag. 17) in questa sede, a statuire che, nell’esercizio del possesso della contestata servitù di passaggio, si sarebbe dovuto ritenere compreso il transito di mezzi pesanti, qualora necessario per la sicurezza, la manutenzione e i rifornimenti delle strutture esistenti sul fondo dominante. Con tale carente motivazione, però, la Corte di secondo grado ha omesso di pronunciarsi adeguatamente sul motivo in discorso come totalmente esposto, non avendo avuto cura di precisare: – se tale transito si sarebbe dovuto considerare consentito o meno ai soli mezzi di peso inferiore ai 50 quintali; – se, in caso negativo, era da ritenersi legittimo l’esercizio del possesso della servitù di passaggio anche con veicoli superiore all’indicato peso in relazione all’accertato stato dei luoghi e alle condizioni oggettive dello stesso che avrebbero potuto sconsigliare detto transito; – perchè non era stata valutata la sopravvenuta disponibilità delle controparti a limitare la tutela possessoria invocata al solo esercizio del passaggio di veicoli con peso inferiore ai 50 quintali; – se, inoltre, il riconoscimento ulteriore del transito con veicoli di peso superiore alla suddetta misura poteva costituire una condotta molestatrice del possesso delle medesime appellanti, come già dedotto nel giudizio di prime cure e se detta azione di manutenzione potesse considerarsi o meno fondata e per quali ragioni. Non avendo provveduto a pronunciarci compiutamente sulla complessiva doglianza in questione e non avendo adottato, in ogni caso, una motivazione adeguata e logicamente supportata sul piano argomentativo, anche il sesto e settimo motivo vanno accolti.

12. In definitiva, con riferimento all’esaminato ricorso, deve pervenirsi all’accoglimento del primo motivo (al quale si correla l’assorbimento del secondo e del terzo), del quarto motivo (cui si ricollega l’assorbimento del quinto) nonchè del sesto e del settimo.

RICORSO ISCRITTO AL N.R.G. 2997 DEL 2010. 13. Con il primo motivo le ricorrenti hanno dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c. con riferimento all’insussistenza di responsabilità in materia di illecito possessorio in chi si sia limitato ad accorrere sui luoghi di causa ed assistere alle turbative dell’autore materiale "a titolo di amicizia" con l’autore morale. A sostegno di tale doglianza le ricorrenti hanno adeguatamente formulato (in virtù dell’art. 366 bis c.p.c., "ratione temporis" applicabile nella fattispecie) il seguente quesito di diritto: "Dica la Corte se fa erronea applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c. la sentenza che ritenga responsabili dell’illecito possessorio (rappresentato dalla lesione del possesso di una servitù di passaggio su una stradina privata) non solo l’autore materiale dello spoglio, esattamente identificato, e gli autori morali (identificati nelle proprietarie della strada che avrebbero dato disposizioni all’autore materiale), ma anche altre persone delle quali abbia accertato in fatto che accorsero sul luogo del fatto e assistettero personalmente alle rimostranze e turbative contro il passaggio delle controparti a titolo di amicizia con le autrici morali, anzichè mandare assolte queste ultime per essersi limitate ad una generica manifestazione di approvazione e di adesione morali all’azione altrui, senza trame alcun vantaggio proprio, come conseguirebbe dalla corretta applicazione degli artt. 1168 e 1170 c.c. e dei conseguenti principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui "per autore morale dello spoglio deve intendersi il mandante e colui che ex post abbia utilizzato a proprio vantaggio il risultato dello spoglio, sicchè non può considerarsi tale colui che si sia limitato ad una mera generica manifestazione di approvazione o di adesione morale all’azione altrui". 14. Con il secondo motivo le ricorrenti hanno prospettato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione alla ritenuta responsabilità in materia di illecito possessorio in capo a chi si sia limitato ad accorrere sui luoghi di causa e ad assistere alle turbative dell’autore morale "a titolo di amicizia" con l’autore morale stesso, adducendo come non fosse dato comprendere in base a quale ragionamento logico-giuridico la sentenza impugnata, dopo aver accertato "che autori morali dell’episodio di spoglio del 19 aprile 2003 furono le odierne appellanti (ndr sig.re S.M.R. e T.E.), le quali dettero disposizioni all’autore materiale (sig. To.) su da farsi" e che To.Fr., C.M. e B.C. "accorsero sul luogo del fatto ed assistettero personalmente alle rimostranze e turbative contro il passaggio delle signore F. "a titolo di amicizia" con le S. – T.", abbia comunque ritenute le stesse ricorrenti responsabili dell’azione di spoglio della sera del 19 aprile 2003. 15. I due motivi – che possono essere valutati insieme siccome evidentemente connessi -sono fondati e devono, perciò, essere accolti.

Per come adeguatamente dedotto con le due doglianze in esame con riferimento alla contestata legittimazione passiva delle tre ricorrenti in relazione all’azione possessoria proposta da M. F., + ALTRI OMESSI non è, in effetti, emerso che le stesse ricorrenti avessero contribuito, sul piano morale o su quello materiale, alla realizzazione della condotta spoliativa. La stessa Corte territoriale (v. pag. 13 della sentenza impugnata) attesta che, in punto di fatto, era rimasto accertato (ed era incontestato) che, se per un verso era stato provato che autori morali dell’episodio di spoglio del 19 aprile 2003 furono S.M.R. e T.E., le quali avevano dato disposizioni all’autore materiale To.Gi. sul da farsi, per altro verso era rimasto anche dimostrato che tutti gli altri convenuti (tra le quali le odierne tre ricorrenti) erano accorse sul luogo del fatto ed assistettero personalmente alle rimostranze e turbative contro il passaggio delle signore F. "a titolo di amicizia" con le signore S. e T.. Sulla scorta dell’accertamento di quest’ultima ed esclusiva circostanza fattuale (ovvero che le ricorrenti erano intervenute sul posto in cui fu consumato lo spoglio per assistere a quello che era accaduto in virtù di un pregresso rapporto di amicizia che le legava alle autrici morali della condotta rilevante ai sensi dell’art. 1168 c.c.), la Corte distrettuale ha ritenuto che le attuali ricorrenti fossero concorrenti nell’azione di spoglio, mancando di evidenziare, in virtù di quali eventuali ulteriori elementi, essi avevano effettivamente concorso, dal punto di vista materiale, nella condotta illegittima del To.Gi. o avessero rafforzato il proposito delle due anzidette autrici morali o profittato degli effetti del consumato spoglio in danno delle controparti.

Avendo la Corte territoriale incentrato la valutazione sulla sussistenza del concorso delle attuali ricorrenti sulla sola circostanza di fatto precedentemente richiamata appare evidente che essa, oltre ad adottare una motivazione insufficiente, è incorsa nella dedotta violazione di legge poichè, secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente di questa Corte (cfr, ad es., Cass. n. 4774 del 1978; Cass. n. 96 del 1984 e Cass. n. 2656 del 1987), "per autore morale dello spoglio (legittimato passivo alla domanda di reintegra unitamente all’autore materiale) deve intendersi il mandante e colui che ex post abbia utilizzato a proprio vantaggio il risultato dello spoglio, sostituendo il suo possesso a quello dello spogliato, sicchè non può considerarsi tale colui che si sia limitato ad una mera generica manifestazione di approvazione (o di adesione morale) dell’azione altrui e, a maggior ragione, colui (come nella specie) che sia meramente intervenuto sul posto in cui era stato consumato lo spoglio per assistere all’evoluzione dei fatti in virtù di un semplice rapporto di amicizia con le parti effettivamente coinvolte nella vicenda possessoria". 16. Con il terzo ed ultimo motivo le ricorrenti hanno denunciato il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla violazione o falsa applicazione del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 57 e segg. (ordinamento forense), degli artt. 5 e 6 della tariffa civile di cui al D.M. n. 127 del 2004 e degli artt. 10 e 15 c.p.c., avuto riguardo alla liquidazione delle spese legali di una controversia in materia di tutela possessoria di una servitù di passaggio secondo la tariffa prevista per le controversie di valore "indeterminabile", anzichè secondo le tariffe corrispondenti al valore ottenuto moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del fondo servente risultante dagli atti di causa. A sostegno di tale doglianza (oltretutto rispondente anche al requisito dell’autosufficienza con riferimento all’indicazione dei presumibili diritti di procuratore ed onorari di avvocato che sarebbero stati liquidabili nella specie) le ricorrenti hanno ritualmente formulato il correlato quesito di diritto (ai sensi del menzionato art. 366 bis c.p.c.) nei seguenti termini: "dica la Corte se, nel caso di controversia in materia di tutela possessoria di servitù di passaggio, risulta erronea per violazione di legge (ovvero del R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 57 e segg. art. 6 e tabelle allegate al D.M. n. 127 del 2004 e degli artt. 10 e 15 c.p.c. – la sentenza che abbia liquidato te spese del giudizio sulla base delle tariffe per le cause di valore indeterminabile, anzichè sulla base delle tariffe corrispondenti alla fascia di valore ottenuto moltiplicando per cinquanta il reddito dominicale del fondo servente risultanti dagli atti di causa". 17. Anche questo motivo è meritevole di accoglimento perchè la Corte di appello di Milano, malgrado l’espressa censura già formulata avverso la sentenza di primo grado (e nonostante l’allegazione degli elementi per determinare in concreto il valore della causa possessoria), non ha considerato che (per quanto già chiarito in ordine al primo motivo dell’altro connesso ricorso) "ai fini della liquidazione dei diritti e degli onorari professionali di avvocato, il valore delle cause possessorie, stante la mancanza di criteri legali diretti a tal fine, va determinato attraverso l’applicazione analogica delle regole dettate per la valutazione delle cause relative al diritto (nella specie di servitù), il cui contenuto corrisponde al potere di fatto sulla cosa di cui si controverte, potendo il giudice considerare la causa di valore indeterminabile soltanto laddove non disponga dei relativi dati o dagli atti non emergano elementi per la stima" (cfr. Cass. n. 51 del 2003; Cass. n. 6759 del 2003 e, da ultimo, Cass. n. 24644 del 2011, ord.), non dando conto, anche nella liquidazione delle spese del giudizio di secondo grado, dello scaglione tariffario effettivamente applicato e, quindi, della distinta quantificazione dei diritti e degli onorari spettanti ai difensore delle parti vittoriose in dipendenza delle attività effettivamente esplicate e dei criteri di valore della controversia realmente tenuti presente a tal fine.

18. Pertanto anche i tre motivi proposti con il ricorso appena esaminato vanno accolti.

19. In conclusione, con riferimento al ricorso iscritto al N.R.G. 2994/2010, devono essere accolti il primo, il quarto, il sesto ed il settimo motivo, con assorbimento degli altri, e così, con riguardo al ricorso iscritto al N.R.G. 2997/2010, vanno accolti tutti e tre i motivi. All’accoglimento dei complessivi motivi nei sensi indicati consegue la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Milano che, oltre a rinnovare la motivazione in relazione ai profili per i quali ne è stata ravvisata l’omissione o la carenza in quella oggetto dei ricorsi ed a decidere sulle doglianze in ordine alle quali è stata rilevata l’omessa pronuncia, si uniformerà, in relazione alle riscontrate violazioni di legge, ai principi di diritto (da intendersi qui per integralmente richiamati) enunciati ai punti 5, 15 e 17 della presente motivazione.

Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i ricorsi nei sensi di cui in motivazione;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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