Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con i presenti ricorsi sono impugnati gli atti indicati in epigrafe, sanzionatori di modifiche apportate, in corso di costruzione, a un edificio di tre piani a suo tempo assentito; modifiche consistenti, sinteticamente ma non completamente, nella variazione della quota di imposta del piano interrato, nella realizzazione di un vano per lavatoio e stenditoio nel locale interrato destinato ad autorimessa, in talune modifiche prospettiche di elementi architettonici, nella modifica delle quote interpiano; il tutto meglio e più compiutamente descritto nel verbale di accertamento di polizia giudiziaria depositato dal Comune il 19 aprile 2010 e, giusta precisazione di cui agli impugnati provvedimenti, finalizzato al cambio di destinazione d’uso di parte del piano seminterrato (da autorimessa a lavatoio stenditoio) e dei locali siti al piano di copertura (da lavatoio ed altro a residenziale).
Il primo ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto:
1). Violazione e falsa applicazione art. 31 DPR 380/2001, eccesso di potere per errore e falsità dei presupposti, difetto assoluto di istruttoria;
2). Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 DPR 380/2001 in relazione ad art. 22 dello stesso DPR e all’art. 17 LR Lazio 15/2008, eccesso di potere per errore dei presupposti e difetto di istruttoria;
3). Violazione e falsa applicazione art. 36 DPR 380/2001 in relazione ad art. 22, 2, dello stesso DPR; eccesso di potere per errore dei presupposti, illogicità manifesta, difetto assoluto di istruttoria;
4). In subordine, violazione e falsa applicazione art. 34 DPR 380/2001, eccesso di potere per errore dei presupposti, e difetto di istruttoria;
5). Violazione e falsa applicazione artt. 7 e 8 L. 241/90.
Con il secondo ricorso sono dedotti i seguenti motivi:
1). Violazione e falsa applicazione artt. 7 e 8 l. 241/90 per mancata comunicazione di avvio del procedimento repressivo; art. 33, 1, DPR 380/2001; vari profili di accesso di potere, art. 24 Cost.; art. 21 L.Tar;
2). Violazione e falsa applicazione artt. 3, 10, 22, 23, 3134, DPR 380/2001; artt. 1619 LR 15/2008 e LR 13/2009; eccesso di potere per travisamento dei fatti, insufficiente istruttoria e carente motivazione, contraddittorietà e irragionevolezza del provvedimento e indeterminatezza del contenuto precettivo dello stesso.
I). Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 70 Cod. proc. amm. per le evidenti ragioni di connessione soggettiva, oggettiva e procedimentale, che ne consigliano la decisione con un’unica sentenza.
II). Nel merito, i ricorsi sono, in parte, improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
In ottemperanza all’ord. n. 1853/2011 il Comune di Roma, in data 29.3.2011, ha depositato relazione di chiarimenti.
In particolare emerge che:
a). in merito alla conformità dell’immobile realizzato alle concessioni edilizie risulta che il Dipartimento IX ha rilasciato, in data 11.2.2002, la concessione edilizia n. 8773 del 11.2.2002, volturata alla soc. C. n. 31/c prevedendo, tra l’altro, l’obbligo di mantenere permanentemente e irrevocabilmente la destinazione d’uso a lavatoi dei locali al piano sottotetto così come riportato nella planimetria allegata all’atto di obbligo.
La Soc. C. ha presentato al IV Municipio le seguenti DIA:
– n. 38576 del 10.6.2004 con l’intendimento di eseguire sull’immobile modifica dell’accesso al piano interrato delle uscite di sicurezza, delle bocche di aerazione e la diversa distribuzione dei box auto con ubicazione dei vani tecnici condominiali destinati a lavatoio, stenditoio ed essiccatoio;
– n. 47413 del 22.7.2004 con l’intendimento di eseguire sull’immobile, nel rispetto delle leggi, modifiche delle opere murarie per una migliore distribuzione degli spazi interni agli appartamenti e una diversa distribuzione e destinazione del locale sottotetto.
A seguito di sopralluogo, esperito in data 23.4.2010, con n. 45254/10, è risultato che "la copertura a falda essendo realizzata in c.a. non è ripristinabile, né demolibile, in quanto le modifiche della struttura in c.a. risultano inattuabili senza inficiare l’intera struttura portante; la rimozione dell’impianto di scarico esistente nei locali, costituisce ripristino attuabile; è applicabile la sanzione pecuniaria indicata dall’art. 16 della l.r. 15/09 pari al doppio dell’incremento di valore di mercato dell’immobile conseguente all’esecuzione delle opere. Pertanto, ferma restando l’impossibilità di demolizione dei solai, si deve procedere alla determinazione dell’incremento del valore dell’immobile, al fine dell’applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 16, comma 5, L.r. 15/08, calcolato su superficie non residenziale, in quanto sussiste l’obbligo di ripristinare l’originaria destinazione d’uso considerato anche l’atto d’obbligo".
In data 10.10.2011 il Comune ha adempiuto all’ordinanza istruttoria e ha precisato di aver "trasmesso i verbali relativi ai sopralluoghi del 27.6.2011 e 29.7.2001 di ripristino parziale dello stato dei luoghi. Per le restanti opere non ripristinabili l’Ufficio si riserva di calcolare la sanzione pecuniaria di cui all’art. 16 LR 15/2009 alla luce della nuova delibera CC. 44 del 4.7.2011".
In particolare, al momento del primo sopralluogo (27.6.2011) il personale tecnico ha rilevato che il ripristino del locale all’originaria destinazione d’uso era avvenuto solo parzialmente; in particolare, erano rimasti in essere e da rimuovere parte degli impianti idrici asserviti alla funzionalità di un bagno e le predisposizioni per la cucina con relativi impianti di carico e scarico; al momento del secondo sopralluogo sono risultate rimosse le parti degli impianti idrici di carico e scarico asservite alla funzionalità del bagno e quelle relative alle predisposizioni per la cucina. Sono risultati rimossi altresì i radiatori dell’impianto termico finalizzati al parziale ripristino della originale destinazione d’uso dei locali soffitta, come indicato nella relazione n. 45254 del 26.5.2010".
Dunque, in relazione a tali descritte operazioni e rimozioni, le impugnative sono divenute in parte improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse; ciò, anche tenuto conto che i ricorrenti non hanno insistito per una diversa pronuncia sul punto, esemplificativamente, per avere provveduto alle rimozioni al solo fine di ottemperare al relativo provvedimento comunale per evitare l’intervento d’ufficio, con riserva quindi dell’esito della impugnativa.
III). Nella restante parte i ricorsi sono da respingere.
E invero:
quanto alla deduzione circa la omessa comunicazione di avvio del procedimento repressivo, va osservato che comunicazione del genere è contenuta nell’ordine di sospensione dei lavori in data 13 dicembre 2005; non rileva che, nei successivi 45 giorni, non fosse intervenuto il provvedimento definitivo di repressione degli abusi, cosicché il provvedimento di sospensione aveva ormai perso efficacia; tale perdita di efficacia, infatti, se vale ad esonerare l’interessato dalle (sole) possibili conseguenze negative che sono connesse alla inosservanza dell’ordine di sospensione, non comporta, tuttavia, la inefficacia anche della comunicazione di avvio del procedimento repressivo, non essendo collegato ciò a un prestabilito termine; con la conseguenza che legittimamente il Comune, al fine della adozione dei definiti provvedimenti repressivi, ha tenuto ferma la predetta comunicazione; ciò va detto senza affrontare il problema, per manifesta irrilevanza, della necessità che, nel caso, tenuto conto del tipo di abuso e della natura vincolata dell’intervento comunale, occorresse effettivamente la comunicazione di avvio del procedimento;
quanto alla deduzione sulla incongruità del termine (trenta giorni) per procedersi alla rimozione o alla demolizione di quanto realizzato senza idoneo titolo, va rilevata la genericità della censura, essendo mancata una plausibile dimostrazione della manifesta insufficienza del termine; dal che il suo rigetto; inoltre, e ciò costituisce ulteriore ragione di rigetto, non essendo previsto dalla norma un termine minimo da concedere all’interessato, ben potrebbe quest’ultimo, sempre che intendesse eseguire, adoperarsi al fine di iniziare seriamente ad ottemperare, chiedendo poi proroga in caso di dimostrata insufficienza del termine previsto;
quanto alla deduzione secondo cui gli interventi eseguiti sarebbero conformi alla disciplina dettata dalla Regione con la legge 16 aprile 2009 n.13 sul recupero a fini abitativi dei sottotetti, e comunque per le modifiche contestate sussisterebbero DIA, per cui potrebbe ora procedersi, eventualmente, soltanto per difformità rispetto alle DIA, con esclusione della demolizione, va osservato che:
a) la eventuale applicabilità della cennata legge regionale non esime l’interessato dal munirsi, ai fini della legittimità dell’intervento, del titolo edilizio necessario in relazione allo stesso intervento;
b) le DIA alle quali i ricorrenti fanno riferimento – peraltro successivamente (alla proposizione dei ricorsi) annullate dal Comune con provvedimento n.140 del 27 gennaio 2010 (cfr relazione depositata il 29 marzo 2011) – presentate nel corso del 2004, e cioè prima della dichiarazione di fine lavori del 1" febbraio 2005, prevedevano, per quanto qui occorre, anche modifiche alle destinazioni d’uso, con realizzazione di lavatoio, stenditoio ed essiccatoio in luogo di parte del garage (DIA del 10 giugno 2004) e con realizzazione di locali abitativi in luogo del sottotetto (DIA del 22 luglio 2004); modifiche queste non assentibili con DIA, tenuto conto che, ai sensi dell’art.22, secondo comma, del DPR 6 giugno 2001 n.380, le varianti al permesso di costruire, per essere realizzate mediante DIA, non devono, fra l’altro, prevedere la modifica della destinazione d’uso; cosicché legittimamente il Comune, anche senza previamente pronunciarsi sulle predette DIA, ha ingiunto la demolizione di quanto in discussione, comprensivo anche di altri abusi oltre che delle opere di cui alle stesse DIA, ritenendo necessario il permesso di costruire, non richiesto dai ricorrenti;
quanto, poi, alla deduzione, contenuta nel secondo ricorso (pagg.5 e seguenti), in base alla quale, non essendosi concretata, nella specie, una variazione essenziale rispetto al progetto, le variazioni in questione dovrebbero essere considerate irrilevanti sotto l’aspetto urbanisticoedilizio, va osservato che una variazione non essenziale, che non dà luogo, ove resti inottemperata l’ingiunzione di demolizione, alla più grave sanzione della acquisizione del bene e dell’area connessa, non necessariamente deve essere ritenuta irrilevante, potendo essere invece assoggettata alle diverse conseguenze previste dalla normativa a seconda del tipo di variazione; come avvenuto nella specie;
quanto, infine, alla deduzione, contenuta anch’essa nel secondo ricorso, in base alla quale il Comune, avanti di adottare gli atti di demolizione, avrebbe dovuto considerare che l’esecuzione di questi avrebbe arrecato irreparabile pregiudizio alla parte conforme, va tenuto presente che valutazione del genere, come si desume dal procedimento delineato nell’art.34 del sopra citato DPR n.380 del 2001, andrebbe effettuata in un momento successivo, e cioè allorquando il Comune, nel procedere alla demolizione, si rendesse conto di non poterla eseguire senza pregiudicare la parte conforme.
IV). In conclusione, previa riunione, i ricorsi vengono dichiarati in parte improcedibili, nei limiti sopra precisati; per la restante parte si rivelano infondati e vengono respinti.
La complessità della vicenda costituisce motivo per disporre fra le parti la integrale compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando e previa riunione:
Dichiara i ricorsi, come in epigrafe proposti, in parte improcedibili e, in parte, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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