Cass. civ. Sez. II, Sent., 21-05-2012, n. 8009 Proprietà

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato in data 8-2-2000 S.G., assumendo di essere proprietario di un terreno sito in (OMISSIS), posto a confine con il fabbricato di proprietà di Z.C., G.T. e G.R., conveniva questi ultimi dinanzi al Tribunale di Verona, chiedendo che venisse accertato il suo diritto a costruire in aderenza all’immobile dei convenuti e venisse dato atto che le aperture esistenti nel muro di confine costituivano mere luci irregolari, con conseguente condanna dei resistenti alla loro eliminazione.

Nel costituirsi, i convenuti contestavano la fondatezza della domanda, sostenendo che le aperture di cui l’attore aveva chiesto l’eliminazione erano da considerare vedute; che essi avevano usucapito il diritto di mantenere tali vedute; che l’attore, nel realizzare la costruzione, avrebbe dovuto rispettare la distanza di metri tre dal confine, ai sensi dell’art. 907 c.c..

Con sentenza del 22-1-2004 il Tribunale di Verona dichiarava che l’attore aveva diritto a costruire in aderenza al fabbricato di proprietà dei convenuti. In motivazione, il giudice osservava, in particolare, che dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio e dalle fotografie allegate emergeva che le due finestre esistenti sul muro dell’edificio dei convenuti e aperte sul fondo dell’attore erano delle luci irregolari ex art. 901 c.c., come evidenziato dal fatto che erano poste ad un’altezza di circa 155 cm. dal pavimento e che la parete in cui erano inserite aveva uno spessore di circa 30 cm; che tali caratteristiche e la collocazione delle aperture non permettevano ad una persona di media statura di guardare agevolmente, dall’interno dell’immobile dei convenuti, frontalmente il fondo del vicino e di affacciarvisi (cioè di guardare anche obliquamente e lateralmente) e, quindi, di esercitare da esse l’inspectio e la prospectio, necessarie per poter ravvisare l’esistenza di vedute.

Avverso la predetta decisione proponevano appello Z.C., G.T. e G.R..

Con sentenza depositata il 22-10-2007 la Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava che le due finestre aperte sulla parete del fabbricato dei convenuti, a confine con il fondo dell’attore, costituivano vedute; per l’effetto, rigettava la domanda attrice e dichiarava l’obbligo del S. di arrestare la sopraelevazione del proprio magazzino, posto in aderenza con il fabbricato degli appellanti, al di sotto dei tre metri dalla soglia delle due finestre.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il S., sulla base di tre motivi.

Lo Z. e i G. resistono con controricorso.

In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria.

Motivi della decisione

1) Con il primo motivo il ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione alla ritenuta possibilità, per un uomo di altezza media, di esercitare il comodo ed agevole esercizio della veduta attraverso un’apertura posta ad un’altezza di m. 1,55, in un muro dello spessore di cm. 30.

Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 900 c.c., avendo la Corte di Appello ritenuto di configurare una veduta in assenza dei requisiti previsti da tale norma.

Con il terzo motivo viene dedotta la violazione dell’art. 345 c.p.c., per avere la Corte di Appello posto a base della decisione documenti fotografici prodotti dalle controparti solo in appello, senza che gli appellanti dimostrassero di non averli potuto produrre in primo grado o che il Collegio li ritenesse indispensabili ai fini della decisione.

2) I tre motivi, che per ragioni di connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono fondati.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, affinchè sussista una veduta, a norma dell’art. 900 c.c., è necessario, oltre al requisito della inspectio, anche quello della prospectio sul fondo del vicino, dovendo detta apertura non solo consentire di vedere e guardare frontalmente, ma anche di affacciarsi, vale a dire di guardare non solo di fronte, ma anche obliquamente e lateralmente, così assoggettando il fondo alieno ad una visione mobile e globale (tra le tante v. Cass. S.U. 28-11-1996 n. 10615; Cass. 16-10-2002 n. 14693; Cass. 25-10-2006 n. 22844). In particolare, quanto all’affaccio, questa Corte ha affermato che esso deve essere sicuro, nel senso che – avuto riguardo al luogo, alle modalità di accesso e alle caratteristiche dell’apertura – la veduta deve essere possibile senza usare particolari accorgimenti o mettere a repentaglio l’incolumità di chi si affaccia (Cass. 1-9-1997 n. 8331). E’ stato ulteriormente puntualizzato che, secondo l’uso corrente, che deve ritenersi recepito dal legislatore nella definizione delle vedute (art. 900 c.c.), l’espressione "affacciarsi" denota la posizione che l’osservatore assume per potere, comodamente, senza pericolo e senza l’ausilio di alcun mezzo artificiale, vedere obliquamente e lateralmente sul fondo altrui, tenendo il petto, protetto dall’opera, a livello superiore a quello massimo dell’opera stessa (Cass. 19/1/1980 n. 455; Cass. 12-12-1980 n. 6403). In ogni caso, è rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, verificare in concreto se l’opera – in considerazione delle caratteristiche strutturali e della posizione degli immobili rispettivamente interessati – permetta a una persona di media altezza l’affaccio sul fondo del vicino o il semplice prospetto (Cass. 8-3-2011 n. 5421;

Cass. 17-11-2003 n. 17347).

Nella specie, la Corte di Appello ha accertato, in punto di fatto, che entrambe le finestre aperte nella parete del fabbricato dei convenuti a confine con il fondo dell’attore sono poste ad un’altezza di m. 1,55 dal pavimento, e che lo spessore del muro è di cm. 30.

Ciò posto, il giudice del gravame ha ritenuto che tale altezza consente anche ad una persona di media statura (di cm. 170-175 di altezza) di sporgere il capo oltre il bordo esterno dell’apertura.

Nel pervenire a tali conclusioni, esso ha spiegato, in particolare, che le due finestre sono collocate all’interno dello spessore del muro, in modo che la zona sottostante al lato inferiore del telaio per circa 15-20 cm. presenta una rientranza nella parete, che facilita l’accostamento di una persona con la parte superiore del corpo al davanzale e ne agevola l’affaccio; ed ha ulteriormente rilevato che, anche se per sporgersi al di fuori delle finestre a causa della larghezza dei muro si rendesse necessario mettersi in punta di piedi, la prospectio risulterebbe comunque comodamente esercitatile, senza ricorrere all’impiego di mezzi artificiali. A riprova della bontà del proprio convincimento, la Corte territoriale ha fatto riferimento alle foto prodotte dagli appellanti, che, secondo quanto si legge nella sentenza impugnata, mostrano un uomo apparentemente di statura media posto in prossimità di una di dette finestre, il quale con il capo sovrasta abbondantemente il lato inferiore del telaio, in modo da poter guardare senza difficoltà verso il fondo del S., e in altra foto protende il capo verso l’esterno, rimanendo con i piedi poggiati sul pavimento e senza utilizzare alcun supporto per innalzare artificialmente la persona oltre la sua statura.

Deve subito evidenziarsi che la produzione delle foto in questione in appello non era ammissibile, trattandosi di documenti che gli appellanti non hanno dimostrato di non aver potuto produrre in primo grado e che il Collegio non ha ritenuto indispensabili ai fini della decisione. La Corte di Appello, pertanto, non avrebbe potuto tener conto delle foto in oggetto.

Ma, a prescindere da tale rilievo, si osserva che le argomentazioni addotte dal giudice di merito per attribuire all’apertura in questione la natura di veduta appaiono del tutto carenti e insoddisfacenti sotto il profilo logico. E invero, volendo seguire la Corte di Appello nella sua considerazione su di una statura media di cm. 170-175, è ben evidente che l’altezza delle due finestre e lo spessore del muro in cui le stesse sono collocate non consentirebbero una comoda prospectio. Tenuto conto delle caratteristiche delle aperture in questione, infatti, non si vede, in base alla semplice applicazione delle leggi fisiche ed anatomiche, come possa una persona della detta statura (il cui petto non può certamente essere superiore all’altezza di m. 1,55) guardare e sporgere comodamente il capo verso il fondo limitrofo.

Nè appare congruo il riferimento alla possibilità di affacciarsi stando in punta di piedi, in quanto l’assunzione di una simile posizione, comportando uno sforzo naturale sostenibile solo per un periodo di tempo minimo e determinando una situazione di instabile equilibrio, non può certamente ritenersi idonea a consentire una comoda prospectio sul fondo limitrofo.

Il ricorso, pertanto, deve essere accolto, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia, la quale procederà a nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto innanzi enunciati e provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese ad altra Sezione della Corte di Appello di Venezia.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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