Cass. civ. Sez. III, Sent., 08-06-2012, n. 9314 Contratto di locazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza del 13.12.2005 il tribunale di Firenze respinse la domanda di C.E.I. volta al rilascio dell’immobile adibito ad uso commerciale locato al figlio M. A. per il periodo dall’1.1.1974 al 31.12.1983. Locatore era stato il proprietario M.U. (padre del convenuto e marito dell’attrice, alla quale l’immobile era stato assegnato in sede di divisione giudiziale dell’asse ereditario).

Il tribunale ritenne, tra l’altro e per quanto in questa sede ancora interessa, che con altra sentenza passata in giudicato (n. 579/95 della Corte d’appello di Firenze) la domanda conseguita alla disdetta degli eredi di M.U. in data 25.11.1982 non potesse essere accolta perchè non preceduta da previa convocazione dell’assemblea dei comunisti, tra i quali si annoverava il conduttore.

2.- La decisione è stata riformata dalla Corte d’appello di Firenze che, con sentenza n. 1477 del 2007 – con assorbimento degli ulteriori motivi di gravame – ha ritenuto che il rapporto locativo fosse cessato definitivamente alla scadenza del 31.12.1983 per lo spirare del termine e senza necessità di disdetta, ai sensi della disciplina transitoria di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 71 ed in base al principio generale di cui all’art. 1596 c.c., comma 1.

Lo ha dunque dichiarato risolto a quella data, fissando per l’esecuzione del rilascio al data del 31.1.2008 e compensando tra le parti le spese dei due gradi.

3.- Avverso la sentenza ricorre per cassazione M.A. sulla base di un unico motivo cui C.E.I. resiste con controricorso.

Motivi della decisione

1.- La sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1331 e 1596 c.c. e della L. n. 392 del 1978, art. 71.

Sulla scorta della premessa che nel contratto era espressamente stabilito che "l’affittanza ha avuto inizio il 01/01/74 e avrà termine il 31/12/1983, salvo tacito rinnovo di anno in anno, se non sarà stata data disdetta da una delle parti, almeno un anno prima della scadenza", il ricorrente si duole che la Corte d’appello non abbia preso in considerazione la suddetta clausola di proroga convenzionale del rapporto, verificandone la rilevanza in ordine alla data di cessazione del contratto.

Se lo avesse fatto, considerato che la durata convenzionale della locazione era superiore a quella minima stabilita dalla L. n. 392 del 1978, art. 27 e che il rapporto era giunto alla scadenza pattuita senza aver subito alcuna modifica per effetto dell’entrata in vigore della legge citata, avrebbe dovuto concludere che nulla ostava a che il contratto continuasse ad essere regolato, con riferimento alla durata, dalla disciplina pattizia, prevedente un rinnovo tacito annuale.

2.- La censura è infondata.

Il ricorrente riconosce che la Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale i contratti di locazione ad uso non abitativo, in corso alla data di entrata in vigore della L. n. 392 del 1978, cessano alle scadenze stabilite dagli artt. 67 e 71 della legge stessa senza richiedere una preventiva disdetta anche nel caso in cui nel contratto sia stata inserita una clausola convenzionale di proroga tacita, ma sostiene che tale principio è stato affermato con riferimento a rapporti contrattuali con scadenza convenzionale anteriore e non successiva a quella indotta dall’applicazione degli artt. 67 e 71 della legge citata.

Così non è.

Cass. 23 marzo 1991, n. 3160 (in linea con Cass., n. 266/1985) – non contrastata dalla giurisprudenza successiva, relativa ad un caso di scadenza pattizia della locazione successiva all’entrata in vigore della L. n. 392 del 1978 e dal Collegio condivisa – ha chiarito che il principio secondo cui, nel regime transitorio della L. n. 392 del 1978, anche in presenza di una clausola convenzionale di tacita riconduzione, resta esclusa la cosiddetta rinnovazione automatica dei contratti di locazione per uso non abitativo non soggetti a proroga, trova deroga, con la conseguenza che la clausola di rinnovazione in mancanza di disdetta non cessa di essere efficace, nel caso in cui la durata convenzionale del contratto giunga al suo termine senza essere in concreto modificata per effetto delle disposizioni dell’art. 71 della detta legge sull’equo canone e la nuova durata prevista per il rapporto dalla clausola di rinnovazione non sia inferiore a quella minima legale prevista dall’art. 27 della legge sull’equo canone (nel caso concreto si trattava di un contratto di locazione di albergo stipulato il 30 novembre 1971 per la durata di nove anni, con clausola di rinnovazione, in mancanza di disdetta, per un eguale periodo).

Nel caso ora in scrutinio la durata di un anno prevista dalla clausola di proroga convenzionale era inferiore a quella legale di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 27, sicchè non sussisteva la seconda delle due enunciate condizioni di deroga al principio generale della sopravvenuta inoperatività della clausola stessa e della conseguente applicabilità dell’art. 1596 c.c., comma 1.

4.- Il ricorso è respinto.

Le spese possono essere compensate, ravvisandosene giusti motivi nella difformità tra le decisioni di merito e nella ulteriore circostanza che in controricorso è esclusivamente ed infondatamente addotta l’inammissibilità del ricorso, ma non è svolto alcun argomento volto a contrastarne la fondatezza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 16 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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