Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il ricorso in esame, ritualmente notificato e depositato, il sig. O.V. espone di essere proprietario di un edificio adibito ad uso produttivo, con annesso locale, esistente da tempo immemorabile, utilizzato esclusivamente come depositomagazzino di materiali e prodotti dell’attività esercitata nell’edificio principale.
Tale manufatto accessorio ha formato oggetto di un intervento di recupero, volto, secondo il proprietario, a rinnovare e sostituire parti anche strutturali del predetto locale, senza alterarne volume, superficie e destinazione d’uso.
Ciononostante il Comune ha ordinato la demolizione e il ripristino, in quanto sarebbero state compiute "opere di demolizione totale e ricostruzione di porzione di fabbricato in travature reticolari e pannelli in poliuretano espanso da adibire ad opificio in assenza di titolo".
Ritenendo, pertanto, illegittimo il provvedimento, il destinatario lo ha impugnato deducendo:
1. violazione dell’art. 7 della legge n. 241/90, per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento;
2. eccesso di potere per errore sui presupposti e violazione della vigente normativa, in quanto i lavori eseguiti non richiederebbero una concessione edilizia, bensì soltanto una denuncia di inizio attività o un’autorizzazione, dovendo essere qualificati come manutenzione straordinaria o, al più, ristrutturazione. In ogni caso l’assoggettamento al regime concessorio sarebbe escluso dalla qualificazione del manufatto come pertinenza al servizio di edificio già esistente.
Si è costituito in giudizio il Comune intimato, rappresentando come l’area in questione fosse sottoposta a vincolo ex art. 1, lett. c) della legge n. 431/85, nonché a servitù idraulica ex R.D. 25 luglio 1904, n. 523 e come, proprio in ragione di ciò, i lavori di demolizione totale e ricostruzione della porzione di fabbricato in questione siano stati sospesi con ordinanza n. 7/98 del 24 marzo 1998. A tale provvedimento ha fatto seguito l’ordinanza n. 23/98 del 9 luglio 1998 con cui al sig. O. è stata ordinata la demolizione di ben sette opere eseguite in assenza di titolo, tra cui quella oggetto del provvedimento impugnato con il ricorso in esame.
Tale provvedimento non è mai stato impugnato.
In data 9 aprile 1999 il Genio civile della Regione Lombardia, con nota prot. n. 5494/A264, segnalando la servitù idraulica insistente sull’area di proprietà del sig. O. ed in conseguenza dell’accertata occupazione di area demaniale ha richiesto al Comune di ordinare la demolizione dei manufatti non autorizzati.
Ne è scaturita l’ordinanza n. 45/99 con cui, in assenza di alcuna nuova ed ulteriore valutazione, è stata nuovamente ordinata la demolizione sulla sola scorta dell’accertata persistenza dei manufatti.
In ragione di ciò, secondo la difesa comunale, il ricorso sarebbe inammissibile, per effetto della mancata tempestiva impugnazione della precedente ordinanza n. 23/98, rispetto a cui l’ordinanza n. 45/99 si palesa come meramente confermativa.
In ogni caso il ricorso sarebbe infondato, considerato che in materia di abusi edilizi non è previsto l’obbligo della comunicazione di avvio del procedimento, attesa la natura vincolata dell’attività e che l’intervento in questione attiene ad un manufatto rispetto alla cui realizzazione non è mai stato acquisito un titolo legittimante (anche in sanatoria) e comunque non suscettibile di sanatoria in quanto ricadente in area soggetta a vincolo a tutela del preminente interesse ambientale (legge 431/85) e della fascia di servitù idraulica e comunque satura per esaurimento delle proprie potenzialità edificatorie.
Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2010 la causa, su conforme richiesta dei procuratori della parti, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, così come sostenuto dall’Amministrazione resistente.
La natura meramente confermativa del provvedimento impugnato con il ricorso appare di fatto dimostrata dalla circostanza per cui riferimenti e richiami sono gli stessi del precedente atto e dalla lettura del provvedimento non risulta possibile desumere alcuna ulteriore e rinnovata valutazione degli interessi ed esercizio del potere, tant’è che la nuova ordinanza si riferisce agli stessi lavori abusivi, poggia sui medesimi presupposti istruttori (il già richiamato verbale di accertamento del marzo 1998) e sulla medesima motivazione.
Ne discende che il ricorrente non può ritenersi avere alcun interesse concreto ed attuale ad impugnare il secondo provvedimento sanzionatorio, in quanto il suo annullamento non farebbe venire meno l’efficacia e la valenza del precedente, che esso si limita a reiterare.
Diversamente opinando il proprietario che ha posto in essere l’intervento abusivo si vedrebbe avvantaggiato – in violazione del principio della consolidazione degli effetti del provvedimento in ragione della sua mancata tempestiva impugnazione nel termine decadenziale fissato per la notificazione del ricorso – dalla semplice solerzia con cui il Comune ha dato riscontro alla richiesta del Genio civile di provvedere al ripristino, reiterando l’ordine, anziché limitandosi ad intimare l’adempimento dell’ordinanza già notificata, rappresentando la possibilità, in caso di uulteriore inerzia, dell’esecuzione in danno.
Ne discende l’inammissibilità del ricorso avverso l’atto con cui il provvedimento lesivo è stato meramente reiterato, senza determinare alcuna nuova ed autonoma lesività nei confronti del destinatario.
Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida, a favore del Comune, in Euro 2.000,00 (duemila/00), oltre ad IVA, C.P.A. e rimborso forfetario delle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente
Stefano Tenca, Primo Referendario
Mara Bertagnolli, Primo Referendario, Estensore
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